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Spider secondo Gianni Canova

47774. Il treno che conduce Dennis Cleg alla stazione di Londra, all’inizio di Spider, porta questo numero. Palindromo. Lo si può leggere indifferentemente da una parte o dall’altra […]: su quel treno viaggia una storia il cui inizio e la cui fine sono interscambiabili. […]
Se in eXistenZ Cronenberg impediva allo spettatore […] di distinguere fra reale e virtuale, in Spider dissolve invece i confini fra oggettivo e soggettivo, fra presente e passato, fra allucinazione e ricordo. In questo modo impedisce allo spettatore di rendersi conto, fino alla fine, se la storia a cui sta assistendo è la messinscena oggettiva della ricerca di un folle che fruga nel proprio passato o l’allucinazione soggettiva dello stesso personaggio che rivive il trauma della sua infanzia deformando la realtà […]. Chi ha ucciso la madre di Spider, […] è davvero la madre a essere stata uccisa? È davvero stato commesso un delitto? […] Un vero e proprio film ragnatela: una trappola, insomma, in cui lui (il regista) è il ragno. In cui il film è il dedalo di fili che intrappolano lo sguardo di chiunque intercetti la storia. […]
Serge Grunberg, sui “Cahiers du cinéma”, lo definisce non a caso una sorta di “oratorio dal lirismo disperato”: quasi un viaggio visuale dentro l’opacità del mondo e della memoria, un puzzle percettivo e cognitivo […]. Ralph Fiennes è straordinario nel dar vita a Spider: […] una dolente e toccante traduzione corporea, gestuale e prossemica del disagio mentale […]. Spider è una sorta di intruso kafkiano: un alienato di sé e da sé, estraneo alla sua stessa vita, illuso di poter fissare i ricordi nel taccuino che gelosamente custodisce […]. Intanto le figure femminili della sua vita si confondono, e rivelano lo stesso volto […], o forse è Spider che – perso nella ragnatela che egli stesso ha costruito – le confonde e le sovrappone. Fino alla consapevolezza che non c’è verità oggettiva da ricostruire […]. Forse Spider non è che un tentativo di rendere visibile – ancora una volta – il non-visibile assoluto […].
tratto da: Gianni Canova, David Cronenberg (ed. Il Castoro, 2007)