00 06/10/2007 12:12

RASSEGNA STAMPA


Gli inquilini di un modernissimo complesso residenziale sono alle prese con minuscoli vermetti che s'introducono nei loro corpi, scatenando aggressività e un'irrefrenabile libidine. Intanto un esperto di sifilopatia strangola una ragazza, la sventra con un bisturi, le versa dell'acido nel ventre e si uccide. Due medici indagano sull'omicidio-suicidio. 3° lungometraggio del canadese Cronenberg, il 1° che fu regolarmente distribuito. Sono già presenti i temi principali del suo cinema fantastico-orrorifico-metaforico: la congiunzione sesso/cibo/morte; il contagio; le mutazioni del corpo; l'umorismo nero; il radicale pessimismo apocalittico; il sottotesto psicanalitico. L'ironico, inquietante finale è eloquente. “Il mondo di Cronenberg è un universo senza gioia abitato da vittime” (Robin Wood). Circola anche in copia di 77´. Distribuito anche come Shivers, They Came From Whitin, Frissons.
Il Morandini 2007 (Zanichelli)



***

They came from within, Shivers, The parasite murders: tre titoli all’estero, a scelta. Da noi conosciuto come Il demone sotto la pelle. E’ il primo vero lungometraggio del futuro genio Cronenberg, in cui già s’intuiscono le tematiche alle quali resterà sempre legato il regista canadese: le mutazioni “a vista”, la “nuova carne”, la sessualità sfrenata che uccide… (tutte idee riprese poi in Rabid – Sete di sangue ad esempio). Film di culto per molti, grazie anche a una critica fin troppo benevola nei suoi confronti. Infatti, se da una parte è innegabile la straordinaria sete di novità e l’abilità tecnica del regista, e non da meno la sopraffina serietà di fondo che tanto ha stimolato l’intelletto della critica meno smaliziata, non si può non sottolineare l’eccessiva lentezza narrativa che finisce per farci aprire gli occhi su ciò che in realtà il film è: un incrocio tra gli zombi di Romero e i mostriciattoli assassini protagonisti di svariati b-movies. Tuttavia il sangue sparso da Cronenberg è tantissimo, le sequenze raccapriccianti si sprecano, e non dobbiamo dimenticare che è grazie a film simili che lo “splatter” ha cominciato la sua era. Ottima anche la solare ambientazione nel megacomplesso “Arca di Noè”e l’idea di rallentare improvvisamente alcuni momenti del film soffermando la nostra attenzione. Apocalittico il finale in piscina, ma il vero Cronenberg deve ancora nascere. Se sopportate i “polpettoni” non perdetevelo.
davinotti.com



***

Canadese di lingua inglese, nato a Toronto nel 1943, fornito di buoni studi universitari, David Cronenberg è in perpetua polemica con le autorità del suo paese che non gli accordano sovvenzioni per film come The Parasite Murders. Si tratta di una severa metafora, in linea con il programma di un cineasta che vuoi diventare il Roger Corman canadese, e cioè svolta come un film orrorifico. Siamo a Starliner Tower, un grattacielo per esurbati di lusso che si eleva solitario su un’isola a 12 chilometri da Montreal. Mentre nel palazzo si svolge la vita di tutti i giorni, assistiamo a scene di inaudita violenza: un vecchio strangola una donna travestita da ragazzo, la denuda e le pratica la la paratomia; però qualcosa che è annidato nello stomaco del cadavere balza sul viso dell’assassino e vi si attacca: senza perdere un minuto, e con lo stesso bisturi servito a squarciare la vittima, l’uomo si taglia la gola. Il demone sotto la pelle è un parassita che si trasmette per via orale e provoca inarrestabili accessi di frenesia sessuale: nonostante i tentativi per fermano l’ignobile verme conquisterà Starliner Tower e domani il mondo. Cronenberg è l’anti-Reich, un narratore di favole convinto che la libertà sessuale - sia il gran male del secolo e fattore di orrende rovine. Lo trasmettono soprattutto le donne, quindi guardiamoci da loro: atrocemente bizzarro, questo Mm è un incubo da seminario d’altri tempi. Divertiamoci pure, ma non lasciamoci convertire: la vittoria del parassita non sarà tanto brutta come la dipinge Il demone sotto la pelle.
Tullio Kezich, Il nuovissimo Mille film. Cinque anni al cinema 1977-1982 (Mondadori)



***

A Montreal, nel moderno complesso residenziale "Arca di Noè", il dottor Hobbes strangola una studentessa e, dopo averla sventrata a colpi di bisturi e cosparsa di acido, si uccide. Hobbes sembra aver agito in preda a raptus, ma il dottor St. Luc, entrato in possesso dei suoi appunti, scopre che i suoi esperimenti hanno prodotto un mostruoso parassita vermiforme capace di far scattare una sfrenata esaltazione erotica e, insieme, un'incontrollabile furia omicida. St. Luc comprende che Hobbes, resosi conto di aver generato un mostro, ha tentato disperatamente di distruggerlo massacrando Annabella - la ragazza assassinata - che era la sua cavia, ma il contagio sta ormai dilagando: tra gli inquilini del residence si registrano i preoccupanti sintomi dell'infezione che si manifesta in repellenti escrescenze pulsanti all'altezza dello stomaco e ben presto l'intero edificio è scosso da una spirale di violenza. Il giorno dopo, mentre la radio diffonde le prime notizie sui focolai di una inesplicabile esplosione di violenza, una lunga fila di macchine guidate da persone in stato catatonico si allontana dall'"Arca di Noé" per invadere il mondo.
Il primo film di Cronenberg ad essere regolarmente distribuito nei circuiti cinematografici suscita subito un vespaio di polemiche: salutato come opera innovativa per stile e contenuti al Festival di Cannes del 1975, è stroncato violentemente dalla critica canadese conservatrice che grida allo scandalo e al deprecabile spreco di soldi.
Costruito con indubbia crudezza, il film sviluppa un concetto ambivalente di repulsione e attrazione morbosa per il disfacimento fisico. La paura per la malattia (taluni recensori, con il senno di poi, hanno ritenuto il film profetico del flagello dell'AIDS), abbinata con l'orrore per la perdita dell'identità, sviluppa l'idea di un contagio che si veicola nel cibo, nel contatto e nel sesso, che scardina le regole della vita sociale e svela l'impotenza della ragione di fronte alla componente animalesca dell'uomo: la corruzione - fisica e morale, concreta e psicologica - è latente nel corpo e la concretezza oggettiva contiene in sé le prospettive di un proprio doloroso superamento. La dialettica di Cronenberg è già ben definita, ma, sperimentandosi ancora tra i meccanismi del fanta-horror (nel film si possono legittimamente cogliere riferimenti agli stereotipi dello scienziato pazzo e spunti ripresi da L'invasione degli ultracorpi o dalla Notte dei morti viventi), non vuole risolversi né per un pessimismo apocalittico né per una contro-utopia del diverso.
"L'arca di Noé", la "casa" nella quale l'incubo prende corpo, è, in qualche modo, disegno e forma dell'uomo: esteriormente solida e mirabilmente architettata, internamente scossa da spinte contrapposte che intrecciano e confondono sete di libertà con autodistruzione.
fantafilm.net, a cura di Bruno Lattanzi e Fabio De Angelis



***

Primo vero lungometraggio del giovane David Cronenberg e subito un tuffo sgradevolissimo, ma con molto stile, nel territorio dell'orrore. Ne Il demone sotto la pelle dominano la fisicità sessuale e l'eccesso orgiastico, forse anche a causa del produttore del film, attivo nei primi anni '70 come creatore di alcuni interessanti e singolari esempi di "sexploitation". Il film è semplicemente l'iniziale e traumatico esempio di gusto per il ributtante; dell'insostenibile visione (insistente) della repulsione del contatto fisico; della malattia come contagio; insomma tutte le ossessioni e le fobie che perdureranno, in forme più o meno latenti, nell'opera di questo geniale autore.
L'angoscia cieca, la fobia animale permea ogni fotogramma di quest'opera sporca, malata e assolutamente imperfetta. Non c'è quasi premessa narrativa, né tantomeno spiegazioni pseudoscientifiche. Il contagio per Cronenberg è come la paura, che cresce dentro di noi e preme per uscire, fino ad esplodere in un terrificante urlo e propagarsi in un qualsiasi condominio di periferia. L'ambientazione, squallida e claustrofobica, non è troppo lontana da quelle di Scanners, di Brood - La covata malefica, né di La Zona Morta dove sembra nascere l'evoluzione della creatività di Cronenberg, destinato non più a chiudersi in spazi mentali ristretti, ma aperti ad ogni pur inimmaginabile fisicità.
Marco Martani, Cineforum n.326



***

Correva l’anno 1975 quando un giovane cineasta canadese esordiva, certo in modo tutt’altro che timido, alla regia nel lungometraggio commerciale. Infatti Il demone sotto la pelle (Shivers, in originale), diretto dall’allora trentaduenne David Cronenberg e prodotto dall'altrettanto giovane connazionale Ivan Reitman, fece all’epoca gridare allo scandalo, bollato come puro e semplice oggetto di disgusto, quando non tacciato di esplicita pornografia. Nessuna sorpresa, si direbbe ora, visto l’anticipo sui tempi così usuale nel cinema di Cronenberg che sarebbe seguito.
La storia ridotta all’osso: in un complesso residenziale extra-lusso fuori città chiamato “L’Arca di Noè” un esperimento scientifico andato decisamente male diffonde un gran numero di parassiti striscianti. Questi ultimi penetrano negli orifizi umani scatenando irrefrenabili pulsioni sessuali e portando alla follia gli sventurati contaminati di ogni età.
Ovviamente c’è moltissimo d’altro. Il film inizia con una voce fuori campo che, con chiari intenti pubblicitari, magnifica le lodi de “L’Arca di Noè”. La fuga dalla società corrotta, il desiderio d’isolamento per preservare a tutti i costi il proprio benessere fisico ed economico. Egoismo dunque. Del tutto inutile. Perché il male ce lo portiamo dentro, al di là del “macguffin” dei parassiti, che peraltro danno il là ad alcune scene di culto come quella, citatissima nel corso dei tempi, che vede protagonista la regina del terrore Barbara Steele nella vasca da bagno con una delle creature ad insinuarsi tra le sue cosce. Il delirio sessuale, genialmente virato in chiave velatamente parodistica grazie al suo evidente parossismo, che esplode a causa degli “intrusi” non ha assolutamente nulla di scandaloso, a parte un tanto fugace quanto agghiacciante accenno ad una pedofilia di cui peraltro sono tristemente piene oggigiorno le cronache. Quello che colpisce, semmai, è la totale regressione umana a livelli meramente istintuali. Appena dietro l’angolo.
Il demone sotto la pelle (assurdo, tanto per cambiare, il titolo italiano. Di quale demone si parla?) è anche un’acuta metafora socio-politica del periodo in questione, gli sfaccettati anni settanta. Si scontrano infatti da un lato la richiesta sempre più pressante di una autentica liberazione sessuale, dall’altro, per riflesso quasi pavloviano, l’inasprirsi del controllo da parte del Potere, qui simboleggiato sia dall’autogoverno de “L’Arca di Noè” che dall’utopia di una Scienza che crea inavvertitamente il parassita afrodisiaco nel tentativo di vincere le malattie e prolungare l’esistenza umana nel benessere fisico e sessuale ma anche e soprattutto per fini economici (la permanenza nel complesso costa parecchio ai residenti…); tale corto circuito porterà al disastro, con l’epidemia che - s’intuisce nel finale dell’opera - diverrà inarrestabile, primo segno di quel pessimismo assoluto che diventerà tratto distintivo della poetica cronenberghiana. […]
Daniele De Angelis, cineclandestino.it



***

Con Il demone sotto la pelle, a metà dei Settanta, comincia a muoversi nel mondo del cinema un eccentrico regista canadese che da subito mostra, attraverso storie angosciose dalle immagini inquietanti, la sua visione tutt’altro che positiva del mondo in cui vive. Storie che – volutamente – non definiscono mai un confine netto tra realtà e fantasia (mondi più che mai da incubo), non concedendo salvezza ai personaggi, non contemplando la possibilità di un riscatto o di una via di fuga. Stiamo ovviamente parlando di David Cronenberg e del suo mondo (di celluloide, non dimentichiamolo mai) d’orrore, morte, ma soprattutto mutamento, fisico e psichico. Questa prima pellicola, in tal senso, è già emblematica ed esemplificativa di ciò che ho tratteggiato in via d’introduzione.
A Toronto, in Canada, viene costruito un immenso residence denominato l’Arca di Noé, in cui vengono a stabilirsi decine e decine di famiglie. La propaganda pubblicitaria trova il suo appeal principale nel favoleggiare ai potenziali affittuari una vita a misura d’uomo, lontana dal caos di una società ipertecnologica e iperindustrializzata, cosi restituendo verità e bellezza, a distanza di sicurezza dalla routine comune ai più. Ogni tipo di conforto è a disposizione, piscine, campi da tennis, drugstore, negozi di abbigliamento, centro medico privato, ampio garage e uomini che garantiscono la sicurezza; tutto ciò di cui si può necessitare per estraniarsi dal resto, eccetto il lavoro, naturale. Nell’immenso edificio vivono più famiglie, come detto, i rapporti sembrano cordiali e la quiete assicurata, anche se… C’è uno strano omicidio-suicidio che altera la pace del luogo, una ragazza molto giovane è stata uccisa da un noto medico ricercatore, che dopo l’atto efferato si toglie la vita, molto più anziano e suo amante, il quale stava conducendo improbabili studi sulla possibilità di ovviare al trapianto di organi con l’ausilio di un parassita. E non è tutto, più di un uomo del palazzo aveva avuto rapporti sessuali con la ragazza deceduta, ed ognuno di essi aveva strane fitte e gonfiori allo stomaco. Il medico del residence, ex allievo dell’anziano ricercatore, aiutato dalla giovane e avvenente (oltre che sua fidanzata) assistente, comincia a indagare; tramite l’acquisizione di carte che palesavano l’abominevole ricerca del medico suicida, e con l’aiuto di un collega, arriverà ad una verità inquietante: il parassita immesso nel corpo della ragazza morta, usata evidentemente come cavia, non serviva a rigenerare organi morenti, ma a risvegliare in lei, negli esseri umani, l’istinto più animalesco e primordiale, una pulsione sessuale incontrollabile che annichilisce la coscienza di ogni individuo. Gli abitanti dell’edificio vengono progressivamente contagiati, la folle corsa del medico per arginare l’epidemia sarà vana. Il dramma diventa delirio, follia collettiva, per un finale tra i più agghiaccianti della pur terrificante cinematografia cronenberghiana.
Cari amanti di Cronenberg (categoria a cui mi iscrivo senza particolari riserve), se non avete sentito parlare, né tantomeno visto questo film, rimediate, mi raccomando. Rimediate perché in questo B-Movie d’esordio (di questo, tecnicamente, si tratta, con attori e mezzi adatti alla categoria) sono già lampanti tutti i classici temi cronenberghiani. Critica sociale e di sistema, mutamento dei corpi, visività eccessiva e straniante, morbosità, voyeurismo, erotismo, pulsioni di morte. No, non c’è né sadismo né gratuità, nel restituire un universo cosi cupo e inquietante, spesso al limite dello stomachevole e del rivoltante, ma sempre acuto, tagliente, affatto banale, incisivo e destabilizzante. Un cinema che destabilizza dunque, nel quale, nella fattispecie, la componente erotico-sessuale diventa evidenza principe, filmata rifuggendo volutamente qualsiasi forma d’empatia e d’armonia. Il tema nascosto o, sarebbe meglio dire, meno visibile, è quello della critica di sistema, qui palesata attraverso la stigmatizzazione delle nefandezze della “ricerca” medica, allargando il discorso alla sperimentazione che implica mutamenti corporei e psichici. È un tema, quello della critica alla manipolazione delle identità (fisiche e psichiche, come ripeto), che Cronenberg ha brillantemente riproposto in quasi tutta la sua successiva filmografia, fortificandolo attraverso l’artificio visivo (le schifosissime mutazioni corporee per cui i suoi film sono tanto amati-odiati) e le corrosive sceneggiature. E ciò, a parecchi spettatori poco attenti, può sembrare un paradosso, in quanto il nostro fa talmente uso dell’effetto deformante che sembrerebbe quasi “ideologicamente” sottoscriverlo, sottoscrivendo in sostanza le mostruosità che contraddistinguono e hanno contraddistinto tanta sperimentazione di laboratorio (medica e non) contemporanea. L’ inganno possibile, la confusione, sono presto risolti, a ben guardare, dallo stesso Cronenberg, che aggiunge forti dosi di humor nero ai suoi drammi, costruendo personaggi e situazioni surreali, demistificando in sostanza la “solennità” dei mutamenti che impietosamente ci mostra. Anche Il demone sotto la pelle, horror dalle venature melodrammatiche, non sfugge a questo sistema di narrazione, trovando maggiore compiutezza nella seconda parte, allorché il contagio trasforma gli inquilini in zombie erotomani e antropofagi.
La visione di fondo del cinema fenomenico di Cronenberg è comunque pessimista, il rimando-omaggio a La notte dei morti viventi e alle serialità “zombistiche” ci dice, in sostanza, che non c’è possibilità alcuna di salvezza per gli inquilini dello stabile. Di più, non c’è salvezza per l’umanità, infestata da morti viventi che si mescolano senza troppi problemi alle persone “normali”. Nonostante il contagio, si svegliano la mattina, vanno in ufficio, affollano le città, vagano per il mondo: stuprando, uccidendo, “nutrendosi” cosi dei loro simili. Questo è l’epilogo, ancorché solo intuito. La metafora terrificante e apocalittica del primo Cronenberg (ma continuerà anche dopo…) è evidente quanto inquietante: il pericolo maggiore per l’umanità siamo noi stessi, quando siamo vinti dal “demone sotto la pelle”, un parassita che rischia di albergare in noi quando ci lanciamo in pericolose derive che alterano la nostra natura originaria. Noi umani, sempre a rischio di contaminazione.
Per stomaci forti, dunque, questo Cronenberg prima maniera, straniante e visionario, trasforma un potenziale B-Movie in un viaggio allucinato e senza ritorno nel corpo e nell’anima. Che non lascia indifferenti. Da vedere.
Léon, lankelot.eu



***

“Persino la morte è un atto d’erotismo”, dice l’infermiera al dottore, protagonista di questa pellicola. In questa affermazione dai contorni quasi spaventosi risiede quello che è forse l’assunto principale di questa pellicola e di quella che sarà poi la tematica principale di tutte le pellicole a venire del regista canadese: il binomio sesso-violenza, in questo caso più che mai al suo apice d’espressione. Un binomio che diventa palesemente un trinomio con l’aggiunta di un elemento che è il cibo, altra “fissa” del regista (Ho fame d’amore…sei mio!!). Prima pellicola ad essere distribuita del grande regista (in realtà sua terza fatica), Il demone sotto la pelle (conosciuto anche come Shivers) contiene già quello che sarà un vero e proprio chiodo fisso, il leit-motive ricorrente in tutta la filmografia di Cronenberg (senza escludere gli ultimi film che sono comunque frutto di una consistente “virata”) e cioè il mutamento psicologico che si esplica sostanzialmente con un vero e proprio, il più delle volte mostruoso, mutamento del corpo e della carne. L’uomo diviene quasi un mostro per riuscire ad affermare i pensieri, i sentimenti, le pulsioni, gli istinti più reconditi della sua mente e a quel punto è una vera e propria lotta all’affermazione di una personalità che scalcia per potersi delineare nella sua reale natura. Tutto questo lo troviamo già in questa pellicola dai contorni perversi, erotici, sensuali, ma al tempo stesso allucinanti e inquietanti. Nonostante la scarsità dei mezzi (in fin dei conti stiamo parlando di un b-movie che però è un vero e proprio cult, perlomeno per gli amanti del genere) e l’impossibilità di avvalersi di un cast di attori conosciuti (ad esclusione di Barbara Steele), Cronenberg riesce a dare vita a tutti i suoi incubi che poi diventano anche i nostri, grazie ad una regia già inconfondibile che si esplica in tutta la sua particolarità e originalità in alcune sequenze piuttosto che altre, soprattutto nella seconda parte del film nella quale il virus è ormai scoppiato creando il caos più inimmaginabile sfociante nel dilagare delle più sfrenate pulsioni sessuali degli abitanti del condominio. Ed è così che assisteremo sempre più impressionati a sequenze di inaudita violenza con un alto livello di splatter nelle quali il sesso assumerà dei contorni a dir poco “malati”: esplosioni orgiastiche al limite dell’assurdo sfocianti anche nell’incesto, nella pedofilia, nell’omosessualità (anche se in questo caso parlare di atteggiamenti malati è sbagliato), nella gerontofilia e via dicendo. Il condominio intero è ormai spacciato, non si è salvato nessuno, ad eccezione del dr. Rogers che tenta in tutti i modi di scoprire l’origine del virus e di distruggere una volta per tutte il verme, e la sua infermiera nonché amante, che lo aiuta fino a quando anche lei non soccombe suo malgrado alle “forze del male”. Quello che più colpisce di questa pellicola dai contorni fortemente horror, nonostante la fotografia pulita e lineare sembra farci pensare tutto il contrario, è il fatto che il virus si trasmette per via orale con un semplice bacio (l’elemento più “puro” della sfera sessuale), a dimostrazione del fatto che la perversione, il marcio, si nascondono proprio dove meno potremmo mai pensare, come del resto viene sottolineato proprio dalla scelta dei protagonisti, borghesi che decidono di vivere in un condominio isolato, ultra-moderno, ultra-lussuoso, ultra-sicuro. Ma ben presto essi si dimostreranno per quello che sono in realtà, paleseranno la loro più recondita essenza: un uomo converserà con il verme all’interno del suo corpo, il quale si muoverà da un angolo all’altro quasi a voler comunicare in qualche modo; un signore tenterà di far “accoppiare” sua figlia col Dr. Rogers, non prima di averlo fatto egli stesso; una bambina affamata di sesso si lancerà come assatanata su un uomo assalito dagli altri abitanti del condominio. Nonostante qualche momento di stanca, il film riesce a tenerci col fiato sospeso fino a portarci verso un finale straordinario che ci lascia senza speranza alcuna che ci possa essere una via d’uscita. Ma siamo sicuri che sia proprio così? Siamo sicuri che gli abitanti de L’arca di Noè non siano in realtà migliorati dopo il contagio? Che siano finalmente liberi di esprimere se stessi e i loro appetiti sessuali, senza bisogno di nascondersi o reprimersi? Il regista ci lascia con l’interrogativo sospeso, offrendoci l’opportunità di decidere quale sia la risposta migliore.
ale55andra.splinder.com



***

Il primo film di Cronenberg, che è pure conosciuto con il titolo They came from within (USA) e Frissons (Canada), è una di quelle piccole gemme che riassumono in sé tutte le tematiche che saranno presenti nei seguenti lavori del regista. Non una cosa che arriva innocua agli occhi dello spettatore: c'è sangue, c'è sesso, ci sono i parassiti che assomigliano (non casualmente) alle feci. In più c'è la critica alla scienza (punto un po' onnipresente nei lavori di Cronenberg), la mutazione della carne ed il contagio, cose che ritroveremo anche nella seguente opera del regista, ovvero Rabid. Nel film, anche se non si rinuncia a momenti lievemente comici (penso alle due anziane che passeggiano e ricevono sull'ombrello il parassita), e a parti in cui il dialogo ha una parte fondamentale (intendendo con questo momenti più lenti, specie all'inizio), la proposta di situazione decisamente erotiche (il bacio saffico della Steele) e di tocchi decisamente splatter rendono questa pellicola molto appetibile sia a coloro che cercano un horror un po' più ricercato e cerebrale, sia a coloro che mira al mero SFX ed all'intrattenimento. Notevolissima una delle scene finali, con il protagonista braccato da tutti gli inquilini dello stabile che lo circondano imponendoglisi davanti come gli zombi di Romero: in verità questi "zombi" di Cronenberg sono esseri vitalistici, morti solo a livello della morale e della censura, ma vivissimi per quanto riguarda la pulsione e l'istinto. Questa rilettura del regista del mito dei morti viventi è di sicuro una delle cose più originali e notevoli in questo Shivers. Memorabile l'immagine dei due bambini nudi alla catena come cani, citazione del contemporaneo Salò di Pasolini, o forse semplice casualità? Boh! Ciò che rimane è un buonissimo prodotto, soprattutto per il fatto che si tratta del primo lungometraggio del regista regolarmente distribuito, forse un po' datato visto con gli occhi del 2005 ma ancora un pezzo di cinema dal quale si può rimanere positivamente colpiti. Gli attori fanno tutti, più o meno, una bella figura ma da segnalare è sicuramente la presenza della super-ex-scream-queen Barabara Steele, nota alle masse per le sue partecipazione in film horror italici e non (basti citare La maschera del demonio, 1960) che in questa pellicola ci regala un'interpretazione breve ma intensa, comprensiva di bacio saffico e di bagno in vasca disturbato da un parassita che le entra nel corpo via vagina (non si vede...si intuisce). Concludendo direi che Shivers, più interessante e meno noioso del successivo Rabid, è un piccolo must per gli appassionati e qualcosa di cattivo gusto per i mainstreamers. Fate voi (il che vuol dire...guardatelo).
exxagon.it



***

Vi troverete in un moderno paradiso terrestre.
La nostra Arca di Noè rimarrà fedelmente ancorata ad una vita di verità e bellezza che sarà la vostra nuova vita.
Il mondo migliore che sognate è qui, ed è pronto ad accogliervi. Non rinunciate a ritrovare un'esistenza veramente a misura d'uomo.
Ad aprire il film è una sequenza di diapositive, che introduce subito lo spettatore a quelle che sono le vere protagoniste del film: le Starliner Towers (in italiano curiosamente ribattezzate "Arca di Noè"). Queste non sono altro che un complesso di appartamenti di lusso autosufficienti, con le infrastrutture di una piccola comunità. Quest'immenso residence che si erge nei cieli di Toronto non si limita ad offrire ai propri clienti ogni sorta di moderna e lussuosa comodità, ma si propone come una sorta di mondo perfetto e utopico: una terra promessa. Una ricostruzione scenica di questo tipo, volutamente asettica e sterile quasi fossimo in una sala operatoria, è tipica di molti film successivi del regista canadese.
Le torri, cosi concepite, diventano terreno fertile per il proliferare di quello che sarà il loro antagonista all'interno del film: un parassita. Originariamente sviluppato per replicare organi malati e con qualche ingrediente afrodisiaco, al fine di controbilanciare l'eccessiva cerebralità a cui il genere umano è giunto, questi impazzisce e trasforma gli umani ospitanti in individui violenti, in balia di irrefrenabili pulsioni sessuali.
L'unico modo di proliferare per il parassita è per mezzo di “attacchi” sessuali dell'individuo contagiato verso le altre persone, in modo da potersi intrufolare attraverso ogni orifizio disponibile. Tutto il film descrive la lotta emblematica fra le Torri e il Parassita, l'ordine e il caos, la forma geometrica definita che tende verso l'alto, come una moderna babele, in un'aperta e luminosa chiarezza di intenti, contro l'informe e oscuro che parte dal basso risalendo gli anfratti.
E gli esseri umani? Non sono altro che il campo di battaglia, il territorio di conquista. Cronenberg stesso in questa lotta sembra strizzare l'occhio ai parassiti, e non potrebbe essere altrimenti visto che nel film sono loro i mutanti.
Shivers è uno dei primissimi film di Cronenberg, il primo con una distribuzione degna di essere chiamata tale.
Secondo le parole dello stesso regista l'idea del film nasce da un suo sogno in cui un ragno usciva dalla bocca di una donna durante il sonno. Ed è proprio il tema dell'intrusione corporea che ricorre ossessivamente nel corso di tutto il film e della successiva filmografia del regista canadese, come il sesso in tutte le sue forme, ma in particolare il cibo o meglio ancora l'atto d'inghiottire.
Durante tutto il film si trovano spesso i protagonisti nell'atto di mangiare, bere, inghiottire pillole, chiedere cibo: "Cosa preferisci mangiare?" ha appena chiesto lei all'uomo che ama, che le risponde: "Te" con una banalità amorevole, ma che nel contesto del film può essere intesa in senso letterale.
Con tutte le sue imperfezioni e “pacchianate”, Shivers è un film che colpisce e rimane impresso, come lo stesso Scorsese ammise dopo averlo visto ad un festival. Inizialmente non gli diede troppo credito, ma fu costretto ad ammettere di essere rimasto ossessionato da alcune scene del film in particolare dall'apocalittica scena finale nella piscina.
È un film molto naif, che trasuda purezza e una certa gioia selvaggia. Quello di Cronenberg è un universo senza felicità popolato solo da vittime, in cui l'anormale diventa normale.
Nel finale del film, nonostante l'infrazione di ogni tabù, gli abitanti dell'Arca di Noè escono sulle loro automobili calmi e sereni per riprendere la loro vita normale nelle “più” normali delle condizioni.
Sono gli uomini e le donne di sempre, quelli che conosciamo.
Come me e come voi, come tutti noi.
filmscoop.it
[Modificato da |Painter| 17/09/2012 19:32]