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Stereo - RECENSIONI

Ultimo Aggiornamento: 17/04/2011 12:19
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Post: 529
Sesso: Maschile
07/10/2007 13:34

Di Stereo e Crimes of the Future racconta Cronenberg stesso in Cronenberg su Cronenberg (pt.2).
Si rimanda anche all'approfondimento sulla tematica sessuale.


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[...] Stereo (1969), girato in 35 millimetri con pellicola in bianco e nero e senza [...] banda sonora. [...] Le "voci" [...] parlano di "cibernetica sociale umana" o di "induzione biochimica dello spirito alla comunicazione di telepatica". E contribuiscono a rafforzare quell'atmosfera cupa e misteriosa che grava su tutto il film. [...] In una delle rare scene di Stereo ambientate in esterno, [...] nel terreno [...] si intravede un buco [...]. Dietro (o dentro) il buco c’è un occhio […]. Lo spettatore non può non restarne colpito: quell’occhio lo ha guardato. […] In quell’occhio animale Cronenberg ha condensato probabilmente il seno e il segreto del film: che è come uno sguardo undeground – o una visione dal sottosuolo – sul complesso universo della razionalità umana. Come se Cronenberg volesse dirci che sotto tutti gli esperimenti condotti sui meccanismi di funzionamento della mente umana c’è sempre uno sguardo animale che veglia. E che è con quella animalità che dobbiamo sempre fare i conti, anche quando crediamo di poterci isolare “a porte chiuse” in uno spazio asettico e totalmente razionale com’è quello in cui si svolge il film.
[…] Nella sua sintassi volutamente sconnessa e "scucita", nei suoi trapassi analogici e antinarrativi, nella sua assenza di dialoghi e - in fondo - di "personaggi", Cronenberg non solo esperimenta con originalità il linguaggio delle avanguardie (c’è molto Godard, in Stereo; c’è una sensibilità architettonica che deve qualcosa ad Antonioni […]), ma imposta anche il repertorio iconografico delle sue immaginazioni future: l’abbraccio trinitario […] in Inseparabili, la figura dell’uomo che osserva il proprio corpo e le sue anomalie [...] di Il demone sotto la pelle o di La Mosca, l’idea di una comunità pansessuale libera dalle inibizioni psico-sociali sarà ripresa anch’essa in Il demone sotto la pelle, mentre tutta la riflessione sul fascino e sul pericolo della telepatia diventerà l’ossatura portante di Scanners. Ma l’importanza di Stereo [...] sta anche e soprattutto nella sensazione di disagio che Cronenberg riesce a trasmettere con la forza astratta e formalizzata delle sue immagini […], dal contrasto fra un décor fondato sulla negazione dell’istinto e una corporeità che dell’istinto prevede invece il prepotente (ed “eterno”) ritorno. […] Uno dei pochi film della storia del cinema fondati sulla separazione della banda-video dalla banda-audio […], a dimostrazione di come – fin dall’esordio – Cronenberg fosse mosso dalla consapevole volontà di rivisitare il cinema […].
Gianni Canova, David Cronenberg (Il Castoro edizioni)



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Durante il periodo in cui la conoscenza cinematografica e cinefila di David Cronenberg si raffina passando giornate intere a visionare film d’essai europei nelle sale cittadine, lui, Iain Ewing, Bob Fothergill ed il più fortunato Ivan Reitman fondano la Toronto Film Co-op. Interessante sapere che nelle sale sopra citate venivano proiettati anche i primi due corti di David Cronenberg, che ricordiamo essere rispettivamente Transfer e From the Drain. Mentre al contempo gli studi per la laurea di dottorato in lettere proseguono per l’intraprendente aspirante regista, a cui vengono concessi 3.500 dollari dal Canada Council per la realizzazione del progetto finora più importante che David si sia mai proposto di fare.
Stereo nasce da un forte stato d’animo vissuto in età adolescenziale dal giovane Cronenberg, che ha sempre cercato di mischiare le carte in tavola quando centrava il tradizionalismo formativo e intellettuale. Infatti il grande interesse rivolto alla scienza questi ha sempre cercato di conciliare con quello relativamente sconosciuto del lato umanistico appartenente all’uomo, il quale sembra dirigere sempre maggiormente la propria attenzione verso stati di astrazione e comunicazione subalterna. Proprio la telepatia come medium comunicativo assume per Cronenberg immanente rilevanza, analizzata esteriormente da una voce off che ne descrive le potenzialità e la metodica (utile introduzione all’universo applicativo della telepatia in Scanners), una sintomatologia simile proposta empiricamente attraverso il cinema equivale ad un raro caso di “estetica cerebrale o viscerale”. In questo senso Cronenberg è riuscito per la prima volta nell’intento di fondare un personale binomio tra scienza dell’anima e psicologia carnale. Emblematica in questo senso la sequenza dell’amplesso telepatico, nella quale un uomo (il feticcio Ron Mlodzik) sfiora le forme di un manichino utilizzato a scopo scientifico, e fa ansimare una donna nuda che a pochi metri di distanza e con una benda sopra gli occhi sembra trasporsi nella figura del busto plastico. La biochimica consente in Stereo la ricerca erotica, ambiente accademico in cui si collocano le scenografie del primo lungometraggio cronenberghiano, e per la quale ogni sessualità e sensibilità corporea viene traslata a terzi corpi, asettici e inestinguibili come le pulsioni che le provocano. Come il grande complesso in cui si svolgono gli esperimenti sugli otto soggetti sperimentali anteposti ad interventi di chirurgia cerebrale si rivela essenziale, grigio, geometrico e oscuro (simile architettonicamente al Somafree Institute del dottor Raglan in Brood), così le psicologie e la sessualità dei personaggi si rivelano nulle o complete, senza discriminazioni di sorta correlate al mondo reale o solamente conoscibile della percezione umana. Il futuro presentato e ricercato dal regista si dimostra in tutta la sua carenza di verità filosofiche o anche solo intraducibilmente spirituali, e mostra altresì la voluttuosità esteriore del dato statistico e della parola rettangolare. Simile percezione del medium verbale si riallaccia ad una visione mcluhaniana del messaggio in quanto tale, e dell’effetto come dato statistico, uniforme e pigro di una causa oggettivante e specialistica. Indi è comprensibile come il suicidio conclusivo di due degli otto uomini assoggettati all’esperimento assuma più rilevanza psicologica che scientifica, a causa dell’improvvisa assenza del professor Stringfellow i soggetti sperimentali si trovano ora dipendenti dal vuoto e dalla mancanza clinica del genitore-sperimentatore, e la loro inter-dipendenza li conduce presto alla degenerazione dei sensi. Inoltre la reciproca dipendenza sperimentatore-soggetto sperimentale rimanda il caso ad uno stadio sociale prominente quale quello dell’influenza televisiva, il controllo eterno e scambievole degli input provenienti dal medium e degli output ad esso diretti. I dati non ancora analizzati e l’ormai degenerato esito antropologico dell’esperimento, fanno dedurre una valutazione di medium in quanto potere allucinatorio destinato allo sterminio umano. Ancor prima che la telepatia venga riconosciuta ufficialmente come medium.
Opera prima destinata alle proiezioni festivaliere (Edimburgo e Adelaide) ed autofinanziate, ma che attira l’attenzione del Museum of Modern Art e della International Film Archives entrambe di New York.
Davide Ticchi, positifcinema.com



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Nei futuristici laboratori della "Canadian Academy for Erotic Inquiry" un gruppo di volontari, tra loro sconosciuti, si sottopone ad un esperimento di induzione biochimica cerebrale teso a sviluppare le potenzialità telepatiche del cervello, rendendo superfluo l'uso della parola. Coordinato dal dottor Luther Stringfellow (che, peraltro, è assente durante il test) e monitorato dai computer, il progetto mira a liberare la psiche umana dalle pastoie inibitrici del comportamento quotidiano, aprendo prospettive infinite all'espressione, alla percezione e alla creatività. Gli individui prescelti, sotto l'effetto di droghe e afrodisiaci, esaltano i propri impulsi sessuali, ma scoprono, al tempo stesso, la capacità di nascondersi l'un l'altro proiettando un ego fittizio. L'esperienza è traumatizzante, rischia di condurre alla schizofrenia e non consente ritorno: due uomini, incapaci di eliminare il bisogno della dipendenza psichica, si suicidano.
Dopo aver firmato due cortometraggi (Transfer e From the Drain) Cronenberg realizza un soggetto più articolato con la collaborazione degli amici di università che si prestano ad interpretarlo. Il regista si autofinanzia e riesce a presentare il film in alcuni festival d'avanguardia fino a richiamare l'attenzione della International Film Archive di New York. La pellicola, girata in 35 mm, è tutta risolta in immagini: l'unica voce è quella del narratore che introduce la storia e commenta, con un bizzarro liguaggio scientifico (il titolo stesso allude ad una forma di comunicazione multidirezionale) le fasi dell'esperimento. Anche se il racconto è permeato di un morboso gusto per l'orrore e di istanze intellettualistiche, gli angosciosi temi cronenberghiani del dualismo intelletto/materia cominciano già a delinearsi con rigorosa coerenza.
fantafilm.net, a cura di Bruno Lattanzi e Fabio De Angelis



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Dopo Transfer e From the Drain, cortometraggi minimi di 6 e 14 minuti in 16mm, il promettente canadese David Cronenberg si cimenta col 35mm e di nuovo con un cortometraggio, questa volta più consistente (poco più di un’ora). Girato in bianco e nero, Stereo si segnala subito per l’assenza totale dell’audio: un elicottero atterra nei pressi di un edificio futuristico dell’Ontario senza provocare alcun rumore. Ne scende una sorta di Dracula biondo che cerca d’introdursi in ogni modo nell’edificio, che scopriamo essere un centro per telepati. All’interno, tra architetture gelide e avanguardistiche, troviamo la comunità di telepati e sentiamo finalmente un suono. È una voce fuori campo, che ci accompagnerà per tutto il film interrompendo qua e là gli interminabili silenzi. Sì, perché in Stereo non uno degli attori parla, non uno degli oggetti contenuti provoca rumore e, in questo senso, il concetto di telepatia viene effettivamente ben reso. Peccato che seguire un’ora di proiezione in simili condizioni sia un’esperienza sì straniante ed originale, ma anche torturante. Oltretutto quasi mai il commento segue quanto vediamo sullo schermo, e ci tocca sentire solo tediose osservazioni sullo stato della telepatia nella comunità (che segue le idee di un fantomatico dr. Springfellow). Considerazioni scientifiche, biologiche, comportamentali, con abuso di termini tecnici. Un’opera coraggiosa, innovativa, ma allo stesso tempo fruibile solo in particolarissime condizioni e predisponendosi a un’ora di telecamera spesso immobile e mutismo semiassoluto. Ci vuole coraggio.
davinotti.com

[Modificato da |Painter| 17/04/2011 12:19]
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