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Le interviste internazionali (pt.2)

Ultimo Aggiornamento: 03/07/2013 23:54
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03/07/2013 23:54


COSMOPOLIS
LE INTERVISTE INTERNAZIONALI
PARTE 2



Congratulazioni per Cosmopolis, David. È un film meravigliosamente strano, persino per i [Ride] Grazie.

[…] Parlando dei dialoghi nel film, questa è la sua prima sceneggiatura dai tempi di eXistenZ [1999]. Che cos’è che l’ha spinta a scrivere questa? Ha sentito un’affinità con lo stile di DeLillo?
In realtà, non pensavo di stare scrivendo la sceneggiatura. Ciò che stavo facendo era pensare che i dialoghi fossero fantastici […] Quindi ho pensato, “Lasciate che trascriva questi dailoghi, parola per parola, così come sono, in sequenza, e chi li metta sotto forma di sceneggiatura con i personaggi, e così via -- e poi la leggerò e vedrò se mi sembrerà un film”. […]

Quindi stava imitando DeLillo, per così dire?
Di sicuro. Beh, non era esattamente imitare, perché era una relazione molto diretta con gli aspetti specifici del libro. Al contrario del Pasto Nudo [1991], in cui cercavo di imitare Burroughs, perché quello che stavo scrivendo non era esattamente Il Pasto Nudo il romanzo, ma Il Pasto Nudo: La storia di William Burroughs che scrive il romanzo. Era diverso. Sembrava più come imitare. E inventavo molti dialoghi per il film Il Pasto Nudo, anche se sembra molto Burroughsiano, per via dell’imitazione. In questo caso Cosmopolis non era così. Era qualcosa di molto diretto.

Ci sono stati molti commenti su quanto pesanti siano i dialoghi nel film, ma ciò che ho trovato affascinante è che il dialogo diventa una sorta di rumore, e molto cinematografico sotto un certo punto di vista. Lei era preoccupato riguardo alla quantità di dialoghi mentre stava girando il film?
[…] Non ho mai pensato che avrei compromesso ciò per renderlo “più accessibile”, perché pensavo semplicemente che avrebbe distrutto la ragione principale per cui stavo girando il film. […] Ad un certo punto, il pubblico non dovrebbe preoccuparsi di cogliere ogni parola e capire ogni colpo di scena, perché è quasi impossibile. Penso che se si vede il film un paio di volte tutto abbia senso, ed è veramente interessante: le meditazioni sul futuro del Capitalismo e su come tutto si rifletta sul presente, il futuro del denaro, eccetera – frasi come “Il denaro ha perso la sua potenza narrativa” sono difficili da assorbire subito. Ma se il pubblico lascia che ciò gli scivoli addosso – quasi come musica, piuttosto che come dialogo – e non lotta contro di esso, allora credo che si divertiranno di più, piuttosto che essere frustrati e confusi in altro modo. […]

[…] Quel che è interessante nel film è che ciascuno sembra parlare ad un altro, senza tuttavia connettere su nessun piano emotivo.
Sì. È corretto. […] Nessuna di queste persone si relaziona su un normale livello umano. Hanno creato una sorta di strana astrazione, una bolla, un vuoto, e che in qualche modo rappresentato dalla limousine – è uno spazio strano e scollegato da tutto. […] È in qualche modo interessante il fatto che uno dei produttori del film sia un vero miliardario francese; voleva entrare in empatia con il film e ha detto che era assolutamente fedele [alla realtà] – lui ha spesso a che fare con persone che sono esattamente come Eric Packer. […]

Il protagonista sembra relazionarsi con le persone solo ad un livello primordiale, e spesso violento – che sia sesso, omicidio…o farsi tagliare i capelli. Sembra l’unico modo in cui egli riesce a dare un taglio al resto. È così che sviluppa il desiderio di autodistruggersi?
[…] Lo dice, alla fine, al personaggio di Paul Giamatti [Benno Levin], "Penso che la mia vita sia cambiata nel corso della giornata" – ed è davvero così. Sta andando a tagliarsi capelli, ma sta anche andando a farseli tagliare dal barbiere che lo ha fatto per primo quando era bambino, e che era solito tagliare i capelli a suo padre, e credo che il suggerimento sia che lui sta provando a distruggere la sua vita presente, in modo di tornare alle sue origini e magari riassemblarle in modo diverso. Ma non funziona. […] Credo che all’inizio, quando lui sta seduto sulla sedia del barbiere, è come un bambino. La cosa bella della performance di Rob è che vedi la sua fragilità […]. Ma [alla fine] non funziona, e l’attuale Eric Packer ha il sopravvento. Egli deve compiere gesti estremi per sentire qualcosa, entusiasmarsi, sentirsi vivo. Ecco cosa lo porta all’ultima scena con Paul Giamatti.

[…] So che lei è restio ad analizzare la sua filmografia come un tutt’uno, ma una cosa che ho notato è che il finale del film sembrava essere un’inquietante eco di quell’inquadratura finale di Videodrome [1983].
Sì.

È stato qualcosa di consapevole, oppure qualcosa che è filtrato? Sembrava che il personaggio di Paul Giamatti fosse l’equivalente, per Robert Pattinson, della “mano-pistola” che James Woods ha in Videodrome.
Sì, ne ero consapevole. E tuttavia, la differenza, in Videodrome, è che senti lo sparo. [Ride]. […] Con Cosmopolis era diverso nel fatto che amavo molto l’idea che loro fossero, in un certo senso, congelati insieme in quell’eterno momento di animazione sospesa, in cui non sai davvero cosa succederà. […] Nel libro, ha certamente la sensazione che Eric muoia alla fine. In qualche modo, non ce l’avrei fatta a farlo. [Ride] E mi piace quella sorta di momento sospeso. Quindi è un po’ l’opposto Videodrome, in un certo senso; e tuttavia, la struttura è la stessa – e ne ero consapevole. Non stavo cercando di replicarla, anche se è avvenuto tutto molto naturalmente e molto similmente a com’era descritto nel libro, devo dire.
Intervista per rottentomatoes.com [Agosto 2012]



***

[…] Cosa, nello specifico, l’ha attirata dei dialoghi?
[…] Amavo il fatto che andasse in tante direzioni allo stesso tempo e che fosse così stranamente meccanico e deumanizzato, e tuttavia così ossessivo e appassionato al di sotto. […] La realtà umana è sepolta sotto la grammatica e la tecnica del linguaggio. […] Per quanto bello o brutto si pensi che sia il romanzo, non era realizzato del tutto finché veri esseri umani pronunciassero i dialoghi. Pensavo che l’umanità – una vera faccia con una voce specifica – avrebbe completato ciò che Don [DeLillo] aveva cominciato.

[…] È molto interessante, perché in termini sia del romanzo che del film, ciò che la gente non gradisce sono i dialoghi.
Non sarebbe stato un progetto senza il dialogo. Lo stile visivo del film viene dal dialogo. […] C’è stato un critico che ha detto “Il dialogo mi sta facendo pensare ‘uccidetemi, uccidemi ora, non ce la faccio più’ ” , e io ho pensato “Sì, sarei felice di ucciderla ora, nessun problema”. È il modo in cui le persone sono abituate a reagire ai film. […] Penso che il dialogo li frustri, perché non possono fare ciò che normalmente fanno.

Non credo che [i dialoghi] siano così pesanti al punto che le persone non riesce a seguirli o non capisce ciò che viene detto, per quanto pensino che la gente non parli in quel modo. Ma le persone nei film non parlano come le persone parlano nella vita reale, anche in film che sembravano realistici nel momento in cui erano fatti.
[…] Per me, il fallimento di molti film è che il parlato è esattamente ciò che la gente si aspetta, anche se stai facendo un film in costume in cui le persone non parlano come parlano oggi, o un film di fantascienza, dove stai immaginando una società futura. Prendi Avatar, un film di fantascienza di enorme successo, ma lì ognuno parla come si parla in film ambientati nella contemporaneità. Tutti parlano di quanto sia fantasioso, ma io dico che, su un livello base, non lo è abbastanza. Il linguaggio evolve. Sto leggendo proprio ora, mi vergogno a dirlo, Vita di Samuel Johnson di Boswell. È fantastico, e dimostra che le persone non interagivano verbalmente come fanno ora. Ma se volessi replicare il modo in cui parlavano, la gente direbbe “Le persone non parlano così”. No, non parlano così adesso, ma certamente parlavano così allora. Ho fatto un po’ qualcosa del genere in A Dangerous Method, in cui i discorsi, anche se sono selvaggi, sessuali ed intellettuali, avevano una formalità tipica dei tempi. E senza quella formalità, sarebbe come se li vestissi con abiti moderni o facessi ascoltare loro musica rock. Quindi per me, non è una critica, è solo un’osservazione dire che le persone non parlano in quel modo. E, in un altro senso, parlano in quel modo. Forse non quando Samantha Morton parla del futuro – anche se ci sono persone che scrivono in quel modo. Ma quando le persone nel film] dicono “Non lo sai?”, beh, ho sentito persone usare quell’espressione. […] Ancora, è un concetto artistico il fatto che tutti parlino con lo stesso stile, anche in ambientazioni attuali. Se guardi un film di Cassavetes, in cui le persone improvvisano, dal punto di vista culturale vengono tutte dallo stesso posto, e suonano tutte allo stesso modo. Mentre se vai ad un festival del cinema e siedi a tavola con persone di tutto il mondo, parlano tutte inglese, ma non suonano proprio allo stesso modo. Questo sarebbe realistico, ma non ti darebbe quella coesione che puoi realizzare in un’opera d’arte, avendo persone che provengono da uno stesso luogo. In questo film, tutti quelli che interagiscono con Eric, ad eccezione forse dell’assassino pasticciere [Mathieu Amalric], hanno le stesse radici culturali, che è l’ossessivo mondo del denaro e dei mercati. Anche il personaggio di Paul Giamatti [che vuole uccidere Eric]. Non è un anti-capitalista. Lui ama Eric. Ama il Baht—era la sua specialità. L’approccio di Paul al personaggio era che era innamorato di Eric ed è come un innamorato respinto. Quindi sono tutti della stessa micro-cultura.

[…] Ma la stilizzazione del discorso di una particolare sotto-cultura si collega a qualcos’altro che è centrale nel film: l’attenzione per l’astrazione. L’astrazione nell’arte e l’astrazione del denaro e il rapporto tra esse. È sottinteso nel film – e forse nel libro – che l’astrazione della finanza è “cattiva”, ma l’astrazione nell’arte risulta nei dipinti sublimi di Rothko, che Eric desidera.
E anche l’astrazione in Pollock. [I titoli di testa sono la simulazione digitale di dipinti nello stile di Pollock che si formano]

E Rothko si è suicidato, cosa che Eric è fortemente determinato a fare – anche se non se ne rende coscientemente conto finché è troppo tardi.
E Pollock, per così dire, si suicidò anche lui.

Quindi la questione dell’astrazione si erge sul film in molti modi.
Se il grado di astrazione della finanza sia da caratterizzarsi come “cattivo”, non lo so. Ancora una volta, è un’osservazione. Edouard Carmignac, un miliardario francese conosciuto come French Warren Buffett, ha investito nel film, e ho passato un po’ di tempo con lui.

Perché ha investito [nel film]?
Ha cercato di comprare i diritti del romanzo, per scoprire che Paolo [Branco] li aveva già comprati. E Paolo gli ha detto che poteva essere coinvolto come investitore. Così è successo. Egli credeva che [il film] fosse assolutamente preciso, poiché lavora con persone che sono esattamente come Eric Packer in termini della loro astrazione. […]

[…]Ci sono un paio di riferimenti ad altri suoi film che mi interessano. Il luogo in cui Eric finisce -quel palazzo sporco e abbandonato in cui vive il personaggio di Paul Giamatti - è un po’ come la barca fatiscente nel finale di Videodrome.
Ero davvero consapevole del fatto che in Videodrome avevamo chiuso con un colpo di pistola. […] Ma qui, non volevo sentirlo. […] Sarebbe stata una cosa abbastanza facile da fare, ma avrebbe avuto un’enorme ripercussione, perché tutti avrebbero saputo che [Benno] aveva ucciso Eric.

Che cosa l’ha spinta ad eliminare l’ultima sequenza del libro, in cui Eric si vede riflesso come cadavere all’interno del suo orologio da polso?
Penso che avrebbe avuto un impatto differente rispetto al romanzo […]. Anche prima, quando Eric dice “Perché vedo cose che non sono ancora accadute?” abbiamo provato a mostrarla in uno degli schermi, ma non ha funzionato. Sarebbe diventato un film di fantascienza, cosa che il libro non è. […]

Come ha deciso il modo in cui le proiezioni digitali che si vedono dalla macchina dovevano sembrare? Sono molto hitchcockiane nel senso che sembrano surreali, come scene da sogno, piuttosto che qualcosa che si potrebbe vedere da dietro un vetro.
Funzionano meglio che in Marnie, non credi?

Le piace Marnie?
Sì. […] Non so se [Hitchcock] sapesse quanto sembrasse falsa quella roba. […] Ma quando lui ha cominciato a girare film, l’unico modo in cui poteva fare qualcosa del genere era con uno schermo, una proiezione dietro. E la gente lo accettava perché era molto inesperta di tecnica cinematografica. Ricordo di aver visto le linee blu e sapevo che stava accadendo qualcosa di divertente, ma non sapevo cosa. Hitchcock sapeva quanto tutto ciò sembrasse falso ed era parte del suo piano? Dunque, le retroproiezioni erano la migliore cosa che potevi fare a quei tempi, ma non erano buone come lo schermo verde che puoi usare oggi. Ho usato molto lo schermo verde, la migliore tecnologia che potevamo usare con il nostro budget. Ho tentato di renderlo il più realistico possibile. Non stavo assolutamente tentando di non farlo sembrare reale.

Eccetto che si tratta del posto sbagliato. È palesemente Toronto la città che vediamo dai finestrini della limousine.
Beh, lei dice questo, ma alcune cose – come Times Square – sono stati girate a New York, in realtà. E i contatori dei parcheggi di New York sono esattamente come quelli di Toronto. […] Ma la mia parte razionale deve dire, così come ho fatto con Tangeri del Pasto Nudo, che quella non è mai stata davvero New York nel romanzo, in ogni caso. È un’archetipica visione di New York. Una volta che decidi che la limousine è davvero completamente isolata, in modo che non si sente nulla del mondo esterno o anche dei meccanismi della macchina, questo è già un distacco dalla realtà […]

E il mondo del film è compreso in schermi, all’interno di schermi, all’interno di altri schermi.
È quello che dice il personaggio di Samantha Morton: “Non ci sono più luoghi”. Questo è il mondo in cui Eric è i suoi servi vivono. E questo è, naturalmente, un altro livello di astrazione.

Per cambiare argomento, come le è venuto in mente di attaccare i film di Batman di Christopher Nolan? I suoi fan sono la gente più fanatica del web.
[…] Qualcuno mi ha detto “Ora che i cinecomics sono stati elevati alla più alta forma d’arte e di cinema, prendereste in considerazione l’idea di farne uno?” e io ho risposto “Di cosa stai parlando? È un tizio che va in giro con un mantello. Non è la più alta forma di cinema.”. E mentre il budget che ha [a disposizione] per realizzarli, poiché sono cinecomics, gli permette di fare cose molto interessanti tecnicamente, io non penso che nessuno dei film di Batman sia interessante quanto Memento. Non ho mai detto niente di male su Christopher Nolan, anche se i titoli sostenevano che l’avessi fatto. Ho solo detto che i film di Batman sono adolescenti nel loro nocciolo, e questo è il loro fascino, ma non ho mai detto che sono brutti. E ho anche detto che pensavo che Memento fosse il suo miglior film.

L’unico motivo per cui li ho visti è per Gary Oldman.
Ho anche detto che la performance di Gary Oldman è la migliore interpretazione di sempre di quel tipo di personaggio, ma hanno riportato questa parte? No, ovviamente no.

[…] Lei ha cominciato a fare film quando sembrava che il cinema fosse la forma più potente di rappresentazione – che tutto poteva essere detto nei film. Pensa che sia ancora vero? Non mi riferisco al passaggio dalla pellicola al digitale. I film sono ancora la più potente forma in cui segnare l’esperienza della storia e della cultura?
Per prima cosa, dovremmo chiederci se sia sempre stato vero. Ho sempre percepito che la forma letteraria potesse fare cose che non puoi fare nei film. […]

Leggerebbe libri se non avesse deciso di scriverne uno?
Oh, sì. Penso che sia ancora “nutrito” dai libri, in un modo in cui non lo sono dai film. E credo viceversa. Non si sostituiscono a vicenda. […] Guardare film può essere un’esperienza solitaria come leggere, anche se penso che siano abbastanza differenti da soddisfare diverse parti della mia mente. […]
Intervista per Film Comment (Amy Taubin) [Agosto 2012]



***

[…] Spesso si è parlato di quanto lei si basi sul design in fase di produzione e su altri aspetti delle persone con cui collabora mentre gira il film, perché non ha una storyboard e non ha un'idea di come girare il film finché non è effettivamente sul set. Ma c'è qualcosa in Cosmopolis, in alcune delle inquadrature e dei tagli, che lo rende davvero un raffinato connubio di contenuto verbale e visivo. E mi chiedevo quanto, semmai, il vostro metodo di lavoro si è evoluto nel corso degli anni, nel modo di scrivere e di concepire, nel tagliare le scene, se è cambiato in qualche modo. Se mai è cambiato.
È cambiato. Sono più sicuro, fondamentalmente. Il mio direttore della fotografia, Peter Suschitzky, dice che giro in modo molto diverso rispetto al 1988, quando abbiamo fatto il nostro primo film insieme, Inseparabili. È solo che io non giro tanto come in passato. So meglio quello che voglio e quello che mi serve. E questa è solo esperienza. Non credo che sia qualcosa di diverso da quello. Ma è sempre stato così - la ragione per cui io non voglio davvero pensare a cose come storyboards, a meno che non si tratti di una scena d'azione molto fisica e complessa, o una scena con effetti speciali; ho solo fatto un paio di storyboards per La Mosca ma non proprio da allora, e questa è solo una questione di effetti speciali - è perché voglio che gli aspetti visivi vengano direttamente ed organicamente fuori dalla scena da sé, mentre è recitata da quei determinati attori, mentre pronunciano quei determinati dialoghi. Per me, il dialogo in questo film dà veramente forma all’aspetto visivo. Naturalmente, ho lavorato sul design per l’interno della limousine e cose simili, e fai molto in fase di preparazione, il che è l’equivalente del visualizzare idee di regia, perché ti stai preparando per certe inquadrature e certe prospettive ecc., nel modo in cui sistemi il set. […] Ma, sostanzialmente, voglio sentire gli attori pronunciare i dialoghi. […] È molto intuitivo, ma per me deve scaturire dalla realtà di quel momento. E così, in uno strano modo, […] si implica un certo elemento documentaristico […]. Io e il mio cameraman rispondiamo a ciò che avviene di fronte a noi in quel momento.

[…] Molte persone non hanno colto l’ironia o l’atteggiamento satirico dietro al fatto che lei e Pattinson abbiate suonato la campanella al the New York Stock Exchange.
Sì, lo so, alcuni hanno pensato che stessimo tradendo il film facendo ciò. Io ho pensato “No, no, non avete capito niente”. Era così perfetto. Non potevo credere che ce l’avessero chiesto. Ma è stata la perfetta espressione del capitalismo. Sono stati molto gentili lì […], dopotutto stavamo vendendo un film e “vendere” è tutto ciò che loro sanno fare. […]
Intervista per somecamerunning.typepad.com (Glenn Kenny) [Dicembre 2012]



***

Lei ha diretto Fast Company (1979), Crash (1996), e ora Cosmopolis. Che cosa c’è di così sensuale nelle auto […]?
La macchina qui è molto metaforica. È una macchina del tempo. È una capsula del tempo. È una nave spaziale. Ed è una tomba, in un certo senso. È un mausoleo per [il personaggio di Cosmopolis, Eric Packer]. Per me ha veramente un significato più metaforico che reale.

L’avere come protagonista un attore facile da vendere come Robert Pattinson l’ha aiutata a far finanziare Cosmopolis?
Non è solo Rob, questa era una co-produzione franco-canadese, così attori come Juliette Binoche e Mathieu Amalric hanno davvero contribuito molto alla forza che hai quando sei in cerca di finanziamenti. Ciò che conta è, hai un buon attore che lavora con te?

[…] Lei è fatto le ossa con il “body horror”, con film come Brood – La covata malefica e La Mosca. Pensa che tornerà mai al genere horror / fantascientifico?
Non è che ho coscientemente voltato le spalle a qualsiasi genere o a temi e immagini, ma non voglio annoiarmi. Non voglio neanche annoiare il mio pubblico, ma, cosa ancora più importante, non voglio annoiarmi. Un sacco di sceneggiature che mi vengono inviate sono quasi dei remake dei miei vecchi film e, a volte, sono letteralmente dei remake dei miei vecchi film. Perché dovrei farlo? Mi annoierei.

A che punto è la sceneggiatura-gemella di La Mosca che ha scritto?
Dovresti chiederlo alla Fox. Per quanto ne so, è morta. Tecnicamente, la Fox potrebbe scegliere di avere qualcun altro per dirigerlo o riscriverlo. Ma, per quanto ne so, è morta.

Una volta lei era stato perso in considerazione per Il ritorno dello Jedi. Ora che c’è un nuovo film in lavorazione, qualcosa del genere potrebbe interessarla?
No, non mi interessava nemmeno allora, e certamente non mi interessa ora. Non ho nemmeno visto gli ultimi tre film [di Star Wars].

Si è dilettato a dirigere per la TV in passato. Non le interesserebbe fare qualcosa di più?
Ho provato molte volte e si annaspa sempre. Molto recentemente c’è stato un progetto in cui ero coinvolto, chiamato Knifeman. È stato sviluppato da Rolin Jones che ha sviluppato Weeds e Friday Night Lights, un uomo di grande esperienza e talento. Ma non riuscì a farlo finanziare nemmeno lui. La televisione sicuramente mi interessa, ma nonostante il fatto che si stia facendo qualcosa di buono, è la mia sensibilità e quella dei dirigenti a non essere in sintonia.
Intervista per details.com[Gennaio 2013]

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