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Le interviste di Venezia 2011

Ultimo Aggiornamento: 01/11/2011 17:18
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Post: 529
Sesso: Maschile
11/09/2011 11:02


Di seguito una raccolta degli interventi di David Cronenberg e del cast durante il Festival del Cinema di Venezia (più una precedente intervista a Fassbender).
A Dangerous Method, inizialmente tra i favoriti per il Leone d'Oror e accolto da un lungo applauso, ha fatto discutere la critica. Il Leone dell'edizione 2011 è poi andato a Aleksandr Sokurov (Faust).


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David Cronenberg: La motivazione nascosta dietro a qualsiasi film biografico - dice Cronenberg - è il desiderio del regista di riportare in vita i personaggi raccontati nel film, in modo da farli respirare, vivere, parlare di nuovo. Quando si ha a che fare con personaggi come Freud, Jung, Spielrein e Gross, facendoli rivivere, viene il desiderio di immergersi nei conflitti etici e nelle passioni intellettuali di un'intera epoca. Ma questa resurrezione per sua natura è imperfetta. Siamo tormentati dai nostri bei simulacri. Sono abbastanza reali? Sono fedeli? Ci perdoneranno?
ansa.it


Cronenberg: Con A Dangerous Method ho cercato di fare un film elegante che parlasse di abissi emozionali, ma non perdesse la capacità di sedurre lo spettatore - ha dichiarato il regista canadese -. Mi hanno stimolato alcuni insoliti dettagli intimi della vicenda, che sono illuminanti per comprendere i tre protagonisti, e che restituiscono il senso di un viluppo di legami intellettuali e carnali capaci al tempo stesso di intrappolare e liberare le loro coscienze. Era un strano mènage à trois, non che Sabina abbia avuto alcuna relazione sessuale con Freud, ma comunque c’è stato amore in ogni parte del triangolo, anche tra Freud e Jung; c’era grande affetto e amicizia fra loro.
spettacoli.tiscali.it


Vincent Cassel: È la seconda volta che lavoro diretto da Cronenberg e con Viggo, dopo l’esperienza del thriller La Promessa dell’Assassino. Meglio non poteva andare: un soggetto molto interessante e un set di grandi professionisti e di rapporti rodati. Mi diverte molto l’idea di starmene a Venezia per qualche giorno e di poterla conoscere meglio. Sono un veterano del Festival di Cannes, questa invece sarà soltanto la mia seconda volta in Laguna. Cannes è soprattutto mercato, una passerella folle, schizofrenica, con tempi concitati, di vero consumo. Venezia è più intima, soignée e sfumata, imperniata sul cinema nel suo più alto senso culturale. I ritmi sono blandi, sospesi, filtrati dalla luce lagunare e dal mare e dal cielo di fine estate, dalla stessa esistenza surreale e spiazzante della Serenissima.
cinetvmania.it



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Venezia: David Cronenberg e il cast presentano A Dangerous Method

Sala stampa affollatissima questa mattina per la conferenza di A Dangerous Method, "non ho mai visto tanta gente," ha commentato la moderatrice. Presenti, oltre al regista David Cronenberg (il più applaudito, quando è arrivato), anche Sara Gadon, il produttore Jeremy Thomas, Viggo Mortensen, Vincent Cassel, Michael Fassbender e una raggiante Keira Knightley.
La conferenza stampa che è seguita si è rivelata piuttosto interessante (più della media, per lo meno):

Come vi siete comportati riguardo al materiale originale (le lettere, i fatti storici, il libro di John Kerr ma soprattutto la piece teatrale di Christopher Hampton, sceneggiatore del film, ndr)?
Keira Knightley
: Per quanto riguarda la ricerca, quando ho saputo che avrei interpretato questo personaggio ho chiesto aiuto allo sceneggiatore Christopher Hampton: lui mi ha sommerso di materiale, tra lettere e documentazione, grazie al quale sono riuscita a calarmi in un ruolo così difficile.
David Cronenberg: Mi piacerebbe molto se la famiglia Jung fosse così gentile da pubblicare le altre lettere della Spielrein, vorrei davvero vedere le lettere che non sono ancora state rese pubbliche. Ma c'è già moltissimo materiale nelle lettere rese pubbliche, bisogna tenere presente che in quel periodo a Vienna si consegnava la posta otto volte al giorno, si poteva mandare una lettera alla mattina e ricevere la risposta nel pomeriggio. Ci sono moltissime lettere tra i personaggi, con loro che si citano a vicenda: è un sacco di materiale a disposizione, la sceneggiatura è precisissima a riguardo e ricostruisce quella che penso sia stata la realtà proprio perché si basa su questo materiale originale.
Michael Fassbender: Christopher ha scritto una sceneggiatura estremamente precisa, che cerca di tirare fuori una versione "concentrata" di questi personaggi storici (tranne lei, che non è molto famosa). Per noi il copione era come una partitura, è per questo che abbiamo dovuto fare così tante prove. Per quanto mi riguarda, ho trovato un mucchio di informazioni su Jung su un bigino per ragazzi!

Keira, quanto è difficile per una attrice interpretare una pazza?
Knightley
: Essendo una attrice sono già pazza, quindi non è stato così difficile! Anzi, mi sono divertita.

Com'è stato per voi recitare il ruolo di personaggi così leggendari?
Mortensen
: Per noi prima di tutto c'è stata la piece teatrale: il film si basa principalmente su quello. Quando si interpreta un personaggio storico che la gente pensa di conoscere già, personalità come Jung o Freud, l'importante è non pensarci perché non si riuscirebbe a lavorare bene, non ci si riuscirebbe a divertire. Un aspetto chiave è stato il fatto che Cronenberg conoscesse così bene la materia: molti altri registi sarebbero rimasti intrappolati nella necessità di dover riprodurre quei personaggi, mentre David si è focalizzato soprattutto sul rapporto tra queste persone, i loro difetti, l'umorismo anche non intenzionale dato dalle loro divergenze di idee. Molti di voi si saranno anche divertiti: non si tratta infatti di un documentario, ma di una fiction, a volte diverte e a volte è tragedia. Non tratta solo la questione accademica: David ci ha fatto interpretare delle persone le cui divergenze erano più sulla carta che nella realtà. Il campo freudiano ha elementi condivisibili così come quello jungiano. Nel film capiamo che le loro posizioni intellettuali erano simili: dietro a tutto c'era l'orgoglio, o altri elementi che venivano a galla. Si comportavano anche in maniera infantile, come tanti loro pazienti. Può sembrare strano, ma ci siamo divertiti a girare un film su Freud!
Fassbender: A dire il vero io ero terrorizzato!

Da Spider a oggi il suo modo di fare cinema è cambiato. Cosa può dirci di questa evoluzione?
Cronenberg
: Intanto vorrei specificare che si tratta della 68esima edizione del festival e che io ho 68 anni. Inoltre il film di apertura era Le Idi di Marzo, il mio compleanno! Alla mia età, dopo aver fatto così tanti film - anche se non quanti Woody Allen! - la mia comprensione del cinema è cambiata. Per esempio una volta riprendevo molto, oggi giro meno pellicola e faccio montaggi più veloci, all'inizio esploravo il linguaggio cinematografico. Ma ho un principio base: è il film a dirti di cosa ha bisogno, e io gli dò questo. La gente mi chiede se trasformerò il mio prossimo film in un film cronenberghiano, ma onestamente non ho mai fatto questo: una volta scritta la sceneggiatura di un film come A Dangerous Method, a me non resta che rimanervi aderente e lavorare in funzione di esso.

Viggo, cos'è la mascotte che hai lì davanti? (l'attore ha un pupazzetto davanti al microfono […])
Mortensen
: Me l'ha dato un fan qui fuori, è una mascotte della squadra argentina di San Lorenzo. Possiamo fare della terapia attraverso di lui se volete, parlerò attraverso di lui! [ride]
[…]

Qual è il vostro atteggiamento nei confronti della psicanalisi? La considerate una scienza?
Cronenberg
: Direi che il nostro cast ne ha bisogno! Io li ho ingaggiati perché volevo introdurli dolcemente all'idea che hanno seriamente bisogno d'aiuto! Sono persone migliori adesso, prima erano nella confusione più totale...
Mortensen: Ora siamo in grado di vestirci da soli!
Cronenberg: In realtà è una questione enorme, ma ancora una volta ripeto: è importante fare ricerche. All'epoca in cui è ambientato questo film c'era un concetto diffuso dei progressi dell'uomo a livello tecnologico e culturale, c'era una interpretazione positiva di questo percorso, tipicamente mitteleuropea: si era convinti che l'uomo stesse passando da animale ad angelo. Freud ha rivelato che non era vero, che si trattava della superficie, e che sotto questa superficie ci sono cose che la razionalità non riesce a risolvere. L'inconscio irrompe in maniera disastrosa: era la vigilia della prima guerra mondiale, che ha finito per infrangere questo sogno europeo. Chi credeva in quest'ordine globale non accettava le teorie di Freud. Ora la psicologia si è evoluta, un mio amico mi ha spiegato che negli ultimi anni le teorie di Freud sono diventate molto attuali.
Andrea Francesco Berni, badtaste.it



Questo è il tuo primo film in costume. Nel corso della sua carriera ha creato mondi visivi totalmente originali e volti al futuro. Stavolta com'è stato lavorare sul passato?
Cronenberg
: In realtà questo non è il mio primo film in costume. Il Pasto Nudo era ambientato negli anni '50 e anche M. Butterfly e Spider, a loro modo, sono film in costume. Per me questa non è una cosa insolita e conosco la procedura. Si fanno ricerche sulla location. E' una sfida appassionante perché non si può mettere le persone in costume sul set e poi riprenderle. Occorre catturare qualcosa di magico. Keira è una regina del genere, è bravissima a interpretare donne del passato, ma vi sono alcuni attori che nei film d'epoca non funzionano. Un tempo il cervello umano era diverso. E' cambiato grazie alla tecnologia e a molti altri fattori. Girare un film ambientato all'epoca di Alessandro Magno è difficilissimo perché per noi il modo di pensare degli antichi è incomprensibile, sono alieni. Anche il loro sistema nervoso era diverso.
a cura di Valentina D'Amico, movieplayer.it



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David Cronenberg ci parla di A Dangerous Method

David Cronenberg è l’opposto dei suoi film. Una persona particolarmente tranquilla e pacata, estremamente ordinato e ragionevole, capace di parlare di sé e del proprio cinema con una consapevolezza che raramente si incontra negli altri registi. Questa volta ha anche girato un film che agli eccessi carnali del passato sostituisce la logica delle argomentazioni.

Stavolta alla forza delle immagini ha voluto sostituire la forza delle parole?
Le cose che cerco sempre di filmare di più sono gli uomini e anche in questo caso ho girato immagini potenti dei volti dei miei attori. Il mio approccio al lavoro è: dare al film quel che vuole. Non posso e non voglio cronenberghizzare ogni mia opera mettendo una mia impronta o facendo cose strane, non è la mia mentalità, io guardo lo script e cerco di tirarne fuori il succo. E poi anche in Inseparabili c’erano molte parole.

Si ma anche molte immagini potenti...
E qui pure ci sono! I costumi, il lago e la ricostruzione del film. Credo che tu abbia sottovalutato certi elementi come il lago. Le location sono impressionanti! Nel film abbiamo ricreato davvero l'ufficio di Freud e la trovo una cosa fantastica! Insomma, non credo di aver fatto un film di parole.

Cosa l’appassionava di Freud e Jung?
Spesso nei miei film ci sono scienziati che fanno una scoperta e sono preoccupati da quel che questa scoperta riverserà su di loro, come in La mosca, se vuoi quindi puoi vedere questo film in questa prospettiva. Ma io davvero ero interessato a Freud e quando ho letto la sceneggiatura di partenza ho visto che aveva il cuore e l’emotività che volevo per il film.

Immagino si sia anche documentato parecchio.
Ho fatto molta ricerca dopo essere entrato in contatto con lo spettacolo teatrale che costituisce la base del film. Conoscevo Freud e ho sempre apprezzato il suo stile di scrittura, è bravissimo. Ho letto i suoi libri e ovviamente tutte le lettere che si scambiava con Jung, dalle quali emerge davvero quanto quell'amicizia fosse intensa, una storia d'amore. Bisogna considerare che a Vienna all’epoca consegnavano la posta anche 5 volte al giorno, praticamente come le email.

Quale crede fosse il punto nella relazione tra i due psicoanalisti?
Freud viveva nella Vienna dell’impero austroungarico, un'era di forte antisemitismo e benché tutti si sentissero parte di una società organizzata e vedessero un progresso dallo stadio animale a quello angelico grazie alla razionalità, lui diceva che sotto tutto questo invece macinano forze potenti e primitive. Ovviamente poi l’arrivo della prima guerra mondiale ha dato ragione a lui, ma lo stesso si sentiva attaccato ed era molto preoccupato di aver scoperto qualcosa di vero, che però poteva essere seppellito dai pregiudizi dell'epoca su sessualità ed ebrei.
Il motivo per cui voleva mandare avanti Jung era per il suo non essere un ebreo, così facendo avrebbe tirato fuori la psicoanalisi dall'accusa di essere una cosa tutta ebrea.

Quale crede sia oggi il retaggio di Freud?
Mi sorprende che l'analisi freudiana sia diventata molto popolare in Cina, dove sembra funzionare moltissimo. E’ una cosa fantastica, viste le differenze culturali e il fatto che a tal proposito Jung disse che credeva che lo stile freudiano funzionasse solo sugli ebrei...
Gabriele Niola, badtaste.it



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Cronenberg e il triangolo Freud-Jung-Spilrein: "Mostrarono al mondo eros e forze distruttive"

VENEZIA - David Cronenberg, regista solitamente visionario a maledetto, descrive A Dangerous Method - storia dei complessi rapporti tra Sigmund Freud, Gustav Jung e la sua paziente isterica Sabina Spilrein - come "un menage a trois intellettuale", castigato dal punto di vista visivo ma "molto sensuale". Ma la pellicola, di scena oggi in concorso qui al Lido, è anche qualcosa di più. Perché mostra al pubblico un momento di svolta nella storia del pensiero, in cui "la certezza di un mondo ordinato e in continuo progresso fu spezzata dall'apparire della psicoanalisi: teoria che parlava di eros, di forze distruttive, di uomini rimasti a livello di tribù e capaci di compiere gesti orrendi".
Seduto a un tavolino nella cornice esclusiva e appartata di Foscari 3, a poche centinaia di metri dalla ressa della Mostra, Cronenberg parla così della pellicola, applaudita alla proiezione stampa di questa mattina. Tutto comincia con l'incontro tra Jung (l'emergente Michael Fassbender, che rivedremo dopodomani nel film scandalo Shame) e l'ebrea Spilrein (una meno convincente Keira Knightley): lui, sposato con una donna ricca, la cura, poi iniziano una relazione con elementi sadomaso. Tra loro però c'è anche l'ombra di Freud, cui Jung finisce per ribellarsi. Mentre Sabina, diventata a sua volta psichiatra, si schiera dalla parte di Freud; influenzandolo, anche, con la sua teoria sull'istinto di morte. Nel cast c'è anche Vincent Cassel nei panni di un altro discepolo del maestro, decisamente sessuomane.
Cronenberg e la psicoanalisi.
Dopo aver sottolineato, sia nel film che all'intervista, la componente antisemita nella resistenza a Freud e alla sue teoria, Cronenberg spiega che quella disciplina in qualche modo è valida ancora oggi: "Il problema - spiega - è che è costosa, perché è diventata lunga. Freud non avrebbe mai immaginato un Woody Allen che sta in analisi trent'anni: lui i pazienti voleva guarirli con una limitata serie di sedute. Adesso invece si preferisce usare i farmaci, più veloci ed economici. Ma perfino le risonanze magnetiche mostrano una parte di attività cerebrale che non conosciamo: e che cos'è, se non l'inconscio?". Quanto alla scelta di uno stile visivo molto sobrio e rigoroso, nel raccontare una storia con elementi anche morbosi, nega di essersi "ammorbidito", al contrario di tante sue precedenti pellicole-shock: "Qui la ricchezza visiva l'ho concentrata sui costumi, sulle ricostruzioni d'epoca. E poi non esiste uno stile Cronenberg: il mio approccio è sempre stato 'dai al film ciò che il film richiede'. La violenza c'è solo se è necessaria, così come lo scandalo'".
[…]
Claudia Morgoglione, La Repubblica



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Farò scontenti i fedeli dell'uno e dell'altro

«Non sono mai andato in analisi, non ne ho avuto bisogno forse grazie al cinema. Spesso un film, e l'arte in generale, ti porta a scoprire aspetti nascosti della condizione umana. Non dico che l'arte sia una terapia, ma può essere terapeutica», dice David Cronenberg. Il regista canadese è consapevole del rischio di polemiche che il suo A Dangerous Method (nelle sale italiane dal 30 settembre con Bim) potrebbe suscitare. «Ci saranno scontenti sia da parte degli junghiani che dei freudiani, ma spero che tutti riconoscano il valore del film: riporta in vita due grandi personalità,è come una resurrezione». Da cineasta «provo empatia per tutti i personaggi del film. Come persona, anche se quando ero giovane Jung era molto popolare, ho sempre pensato che fosse Freud il vero conoscitore dell'animo e della condizione umana, per me Jung era soprattutto un leader religioso. Durante le ricerche per il film l'ho rivalutato». Nella lettura del carteggio tra Freud e Jung, Cronenberg è stato affascinato «dalla complessità tormentata del loro rapporto. Jung era l'allievo preferito di Freud, che lo aveva destinato a succedergli. La relazione di Jung con la paziente Sabina Spielrein ha cambiato le cose, è cominciata una rivalità sottile». Tra i momenti più divertenti del film, c'è il confronto tra le condizioni economiche. «Freud doveva lavorare molto per mantenere la famiglia, Jung aveva sposato una donna ricca. Ci sono anche piccole vendette, Freud che rifiuta di raccontare il suo sogno o il pettegolezzo lanciato da Jung su un rapporto di Freud con la cognata». Venezia 68, Cronenberg ha 68 anni, li ha compiuti il 15 marzo, le "idi di marzo", titolo del film d'apertura: «Le chiamo coincidenze junghiane ma scherzo. In realtà Freud è stato il primo a dire che non esistono le coincidenze».
Maria Pia Fusco, La Repubblica



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Cronenberg, psicanalisi da Lido
Il regista di “A Dangerous Method” racconta Freud e Jung: la ragione arriva solo fino ad un certo punto.


Senza conoscere Freud e le sue teorie non si può essere artisti nel senso più pieno del termine. Anzi, aggiunge David Cronenberg, per la prima volta in gara alla Mostra con A Dangerous Method, i due mestieri presentano diversi punti in comune: «Artisti e psicanalisti fanno in fondo la stessa cosa, scavano sotto la superficie per scoprire le cose più nascoste e farle venire a galla». Spettatori come pazienti e autori come analisti, il cinema di Cronenberg, da Videodrome alla Mosca, da Inseparabili a A History of Violence, è sempre una provocazione a cui è impossibile non reagire: «La psichiatria ha naturalmente influenzato tutti i miei film, anche se, fino a questo momento, a differenza di altri registi, non l’avevo mai affrontata direttamente». E nemmeno, fa sapere l’autore, personalmente sperimentata: «Non sono mai andato in analisi, quando si racconta una storia non è necessario averla vissuta in prima persona». Le scoperte di Freud, del suo allievo Jung e della paziente poi divenuta analista Sabina Spielrein, interpretati rispettivamente da Viggo Mortensen, Michael Fassbender e Keira Knightley, hanno impresso svolte irreversibili nella cultura del mondo moderno: «Per chi è cresciuto in quest’epoca è impossibile prescindere dal carisma e dal potere di una figura come quella di Freud». E soprattutto dalle sue intuizioni: «Molte delle cose che noi oggi diamo per scontate, il ruolo della sfera irrazionale, le caratteristiche della sessualità, l’importanza della fase infantile nell’evoluzione degli esseri umani, si devono a lui».
Per parlarne Cronenberg ha scelto, partendo dal testo teatrale dello sceneggiatore Christopher Hampton The Talking Cure, la prospettiva «di un triangolo, un ménage intellettuale a tre», due uomini, e al centro una donna con un «carattere misterioso» capace di far esplodere contraddizioni tra studiosi molto legati: «Sabina era appassionata, creativa, colta, dotata di una grande forza distruttiva, completamente fuori dagli stereotipi». Caratteristiche che, all’epoca, giocavano solo a suo sfavore. Quando Sabina entra per la prima volta in scena è una ragazza sofferente, affetta da tremende crisi isteriche, fortemente aggressiva: «Abbiamo parlato a lungo con la Knightley del modo con cui andava rappresentata, bisognava fermarsi al punto giusto, così da scongiurare il pericolo dell’effetto involontariamente comico». In ospedale Sabina sperimenta la «terapia delle parole» e riesce, negli incontri con Jung, a superare il trauma del padre violento: «Un po’ pazza, forse, lo sono davvero - dice Knightley -comunque prima di girare mi sono molto documentata sui rapporti tra Jung e la Spielrein». Mortensen ha messo tutta la sua irresistibile flemma nella rappresentazione di un dottor Freud già adulto e all’apice della carriera: «Nelle sue lettere e nel suo modo di presentarsi c’è un certo formalismo, nella conversazione diretta con Jung i suoi modi erano invece più affabili e spiritosi». Fassbender, che divide con Knightley le scene erotiche più forti, soprattutto gli amplessi accompagnati da lunghe frustate, si è divertito a interpretare pulsioni di personaggi «brillanti, animati da un grosso ego, eppure guidati dagli stessi appetiti e dalle stesse gelosie di tutti gli altri esseri umani». Fondamentale, nel quadro dipinto da Cronenberg, anche la figura di Otto Gross, sullo schermo Vincent Cassel, psichiatra con approccio molto più estremo rispetto a quello dei suoi più celebri colleghi: «Otto è veramente disturbato, la frase che ne riassume le scelte di vita è "non reprimere mai nulla". Lui segue sempre i suoi istinti, e questo lo rende una sorta di nichilista».
Rispetto ad altri film di Cronenberg, segnati spesso da un clima ansiogeno carico di ambiguità, A Dangerous Method, in sala il 30 settembre con il marchio Bim, è, a dispetto degli argomenti trattati, più prevedibile, più convenzionale: «Lo stile cambia a seconda delle cose che si raccontano - dice il regista -. Se dovessi avvicinarlo ad alti miei lavori direi che somiglia a Crash perché anche lì, al centro della vicenda, c’è un gruppo di persone considerate distruttive rispetto al resto della società in cui vivono». Sulle convinzioni freudiane e sul modo in cui hanno trovato seguito in Europa e in America, Cronenberg ritiene che abbia molto pesato il fatto che Freud fosse ebreo: «A un certo punto Jung lo dice chiaramente "la psicanalisi è una cosa da ebrei", associarla alla radice ebraica era una maniera per screditarla, Freud ne era consapevole». La sua diffusione, aggiunge l’autore, è stata ostacolata dall’«antisemitismo, dalla II Guerra Mondiale, dal fatto che in Europa la cultura cattolica con il suo tipo di approccio alla sessualità sia molto più forte che negli Stati Uniti. Non è un caso che New York sia la città più psico-analizzata del mondo».
Fulvia Caprara, La Stampa



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Viggo Mortensen: La psicanalisi? Meglio parlare a un tassista

Viggo Mortensen tira fuori dalla tasca un taccuino con la foto classica, anziana e barbuta, di Sigmund Freud. «Capisce perché all'inizio non ne volevo sapere del ruolo? Non mi ci vedevo, fisicamente». Malgrado le reticenze iniziali, l'attore feticcio di David Cronenberg ha poi accettato di incarnare il padre della psicanalisi (con l'aiuto di protesi e molto trucco) in A Dangerous Method, applauditissimo film in concorso alla Mostra. Mortensen, che cosa le ha fatto cambiare idea? «La voglia di tornare sul set con David per la terza volta. E il fatto che nel film Freud non è il vecchio malato di cancro che tutti conosciamo. È un uomo di cinquant'anni, pieno di vita ed energia. Tutti i personaggi del triangolo del film, Freud, Sabina Spielrein e Gustav Jung, sono raccontati come esseri umani. Grazie alle loro lettere, molte delle quali purtroppo ancora non divulgate, abbiamo ricostruito tre personalità in conflitto più per orgoglio che per teorie scientifiche. Infantili come i loro pazienti». Lei ha scelto la chiave dell'umorismo. «Era accennato in sceneggiatura, io ci sono balzato sopra. Ci ho costruito il personaggio, intorno a quella ironia secca e sottilissima. L'umorismo implica il sentirsi a proprio agio, potersi permettere di ridere. L'ironia di Freud era figlia della cultura ebraica, del sentirsi in svantaggio, perseguitati. Per questo le sue battute erano veloci. Invisibili a molti, irresistibile per chi le coglieva». Lei che rapporto ha con la psicanalisi? «Una ventina d'anni fa feci un tentativo, in un momento difficile. Non funzionò. Era come parlare a un tassista. Ma la mia terapia è stata fare il cinema, che è nato più o meno insieme alla psicanalisi». A Dangerous Method è dato per favorito dai bookmaker per il Leone d'Oro. Lei è competitivo? «Nel calcio molto. Nell'arte no. Né vorrei mai fare il giurato. Il concetto di vincente e perdente mi mette a disagio. Non amo gli attori e i registi che fanno il calcolo di quanto i premi possano essere utili al film. Per me i Festival sono l'occasione di scoprire opere emozionanti. Sono ansioso vedere il Faust di Sokurov».
Arianna Finos, La Repubblica



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Cronenberg: Circa un paio di anni fa ho letto l'opera di Christopher Hampton intitolata The Talking Cure, che trattava le tecniche di psicoanalisi freudiane, e mi sono reso conto che accarezzavo l'idea di realizzare un film su Freud già da un po' – ovvero da quando facevo il regista – ma non ero mai riuscito a trovare la struttura drammaturgica adeguata. Non si può dire semplicemente “facciamo un film su Freud” perché qualcuno lo ha aiutato a morire, perché ha avuto una lunga e complessa carriera. Quella non è una struttura drammaturgica. A Dangerous Method è basato sull'opera di Hampton che presenta un triangolo molto interessante, quasi un mènage a trois intellettuale con Jung e Freud ai vertici. Senza dubbio i due si amavano, la loro era più che una normale amicizia, era molto intensa e intima. C'è poi Sabina Spielrein, prima paziente di Jung, poi sua amante divenuta a sua volta psicoanalista insieme a Freud. Questo triangolo ci ha messo a disposizione una struttura drammaturgica da cui sono poi potuto andare a esplorare non solo la vita di Freud e Jung ma anche la loro epoca – i primi anni del XX secolo, che a Vienna e in Europa è stata un'epoca piena di importanti avvenimenti. Il bello di tutti questi personaggi – quattro o cinque in totale, non solo i tre protagonisti – è la loro estrema articolazione, la passione con cui parlavano di concetti intellettuali astratti, tutti attraversati da una minacciosa tensione sessuale, anche perché la teoria di Freud si basava proprio sulla sessualità che si è successivamente rivelata un problema anche per Carl Jung. Una miscela importante di elementi: intelletto ed emozioni. Ciascun personaggio doveva decidere in che modo fondere in sé queste due componenti, e ciò dipendeva anche dalla loro personalità. Sabina è un'ebrea russa, piena di passioni, ossessioni e forza. Carl Jung, tedesco, è una persona che si trattiene molto, ha il controllo di sé ed è estremamente represso. Freud, ebreo di Vienna, aveva invece un carattere a metà strada tra gli altri due.
La sceneggiatura che Christopher ha scritto era davvero bella e parlava di un'epoca molto complessa – quella della psicanalisi brutale, costellata di personaggi molto interessanti ed eccentrici che hanno vissuto gli albori della psicanalisi e facevano parte del circolo di conoscenze di Freud e Jung. La struttura drammaturgica che ha filtrato tutto ciò è stata proprio la sceneggiatura di Christopher. Lui è un ottimo scrittore ma è anche un bravissimo sceneggiatore e la sua arte è quella di far coesistere tutte queste sfaccettature in soli quattro o cinque personaggi principali pur mantenendo vivo lo spirito dell'epoca della psicanalisi brutale. Credo che per qualsiasi film indipendente che non gode di una distribuzione massiccia come le produzioni dei grandi studi hollywoodiani, essere presente al Festival di Venezia, tra i quattro o cinque maggiori festival mondiali e credo anche il più antico, sia estremamente importante, in quanto è necessaria una piattaforma per poter lanciare il film. A Venezia vengono da ogni parte del mondo per vedere il tuo film specialmente se è in concorso. I riflettori sono puntati sul tu film e l'emozione è davvero tanta, anche perché se il tuo film non piace tutto il mondo lo verrà a sapere. E' un'incognita ovviamente, che si deve però affrontare visto che i film sono fatti per il pubblico e al pubblico devono essere presentati. Venezia è il posto ideale per farlo.

Mortensen: E' la terza volta che ho l'occasione di lavorare con Cronenberg ed è sempre un piacere. Ormai ci conosciamo anche molto bene e ci divertiamo a lavorare insieme. […] Avevo la certezza che ci saremmo divertiti a lavorare su questo film. La cosa è un po' strana, visto il tema serio che il film affronta, ma ci siamo davvero divertiti. Se un altro regista mi avesse chiesto di interpretare Sigmund Freud da cinquantenne probabilmente glia avrei dato del pazzo non ritenendomi l'attore adatto al ruolo. Ma se è lui a chiederlo, allora si potrebbe anche pensare che la cosa possa funzionare. […] Per interpretare Freud mi sono preparato leggendo tutto quel che ha scritto più volte e ho riletto anche tutto quel che avevo letto su di lui in passato filtrandolo con un nuovo punto di vista, non solo pensando a quel che voleva dire ma anche pensando di essere io a dire quelle cose. […] Prima delle riprese sono riuscito anche ad andare a Vienna un paio di volte per vedere dove ha vissuto, i luoghi per cui girava, le librerie in cui leggeva e i libri che lo interessavano. Sono andato nella Repubblica Ceca, dove è nato, e a Londra, dove è morto. Ho fatto questo genere di cose. Ho lavorato anche molto sull'oratoria, informandomi sul modo in cui parlava, sul tono della sua voce, il suo senso dell'umorismo e quel genere di cose. Quella è stata la vera sfida per me, la riproduzione del suo modo di parlare, anche perché solitamente ho sempre avuto ruoli in cui parlavo poco. […] Cronenberg è un po' così, non proprio come Freud ma c'è qualcosa di molto colto e intelligente in lui, un senso dell'umorismo molto sottile, che si dice anche Freud avesse. A grandi linee posso dire di aver avuto un modello proprio davanti ai miei occhi. […]
[Il rapporto tra Jung e Froid] in un certo senso rispecchiava la classica dinamica padre-figlio o allievo-maestro, un maestro molto intelligente e uno studente altrettanto intelligente, e quindi un conflitto – come con l'allievo o un figlio – era inevitabile visto che lo studente prima o poi desidera fare le cose a modo proprio, e la ricerca della propria identità implica anche il rifiuto del padre o della figura autoritaria. La parte triste è che non abbiamo potuto assistere alla loro riconciliazione. Quel che è triste ed interessante – dal punto di vista drammaturgico – allo stesso tempo è che, da spettatore, ci si accorge quanto alla fine il loro punto di vista sulle cose non fosse tanto diverso, e il loro fosse un problema di egocentrismo e di, in un certo senso, infantilismo. […]
Credo che gli attori abbiano bisogno di avere delle crisi di identità di tanto in tanto e che ne abbiano una al termine di ogni loro lavoro, quando si chiedono se ce la faranno, così come ne hanno una ogni volta che non ottengono un ruolo e si chiedono perché non ce l'hanno fatta. Credo che un attore che si senta già arrivato non fa del suo meglio sul lavoro, non si mette alla prova. Bisogna sempre essere un po' tesi e nervosi per fare un buon lavoro.

Fassbender: E' stato fantastico. Mi ha dato l'opportunità di lavorare con David Cronenberg, in primo luogo, Viggo Mortensen, Keira Knightley, Vincent Cassel, gente di grandissimo talento ma allo stesso tempo estremamente gentile. […] La maggior parte del lavoro si svolge prima, perché una volta sul set c'è poco da fare e non è bello farsi cogliere impreparati. […] Ho cominciato a prepararmi leggendo qualche libro […]. Ho anche trovato delle riprese di Jung su Youtube. Ma poi mi sono semplicemente concentrato sulla sceneggiatura leggendola più e più volte – 250 volte, credo – di modo che, una volta sul set, il primo giorno di riprese, conoscevo già la sceneggiatura a memoria ed ero dunque pronto a qualsiasi scena mi venisse chiesto di girare. A riprese del film in corso si ha poi modo di rilassarsi un pochino e si vive un po' “di rendita” grazie alla precedente preparazione che ti permette di tirare il fiato e gestirti il personaggio in diversi modi, dato che il grosso è già stato fatto – almeno per me – prima.
Credo che di Jung mi abbia colpito il periodo precedente alla scrittura del Libro Rosso, in cui è stato vittima di vari collassi nervosi, e la sua decisione di immergersi totalmente nella pazienza e nel pragmatismo per cercare di guarire, come se volesse ricostruirsi dopo essere caduto a pezzi. Anche il fatto che abbia previsto l'imminenza del primo conflitto mondiale è stata un'assoluta novità per me. E poi ha pubblicato questo fantastico Libro Rosso che ha rappresentato per lui l'uscita dal tunnel del crollo nervoso. Il libro è pieno di fantastiche illustrazioni, schemi e molte altre deliziose verità.
interviste di Silvia Rossi, youtube.com/user/televisionet



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Cronenberg parla di A Dangerous Method.

Christian Bale e Christoph Waltz nel cast originale - Cronenberg usa un divertente gioco di parole (“Waltz waltzed and Bale bailed”) per dire che Christian Bale si è ritirato dal progetto ancora prima che gli venisse offerto ufficialmente il ruolo, mentre era Christoph Waltz ad insistere per partecipare al film. Suo nonno, infatti, era stato un pupillo di Freud e l'attore avrebbe tenuto moltissimo a indossare i panni del grande psicanalista. L'impegno precedentemente preso per Come l'acqua per gli elefanti, però, glielo ha impedito. E con lui si sono volatilizzati anche molti finanziamenti tedeschi.
Il budget del film - A Dangerous Method è costato 20 milioni di dollari, un budget molto alto per un film d'essai. Il finanziamento proveniva principalmente da tre soggetti tedeschi distinti: dalla prevendita organizzata dal produttore Jeremy Thomas della HanWay Films, da Telefilm Canada, e dalla divisione tedesca di Universal. Al momento dell'inizio delle riprese però i giochi erano ancora tutti aperti. E Cronenberg li descrive così: “È come la trapunta di Frankenstein. 15 differenti finanziatori erano stati coinvolti e tutti dovevano firmare nello stesso momento”.
Viggo Mortensen entra in gioco - Viggo Mortensen, attore feticcio di Cronenberg dopo A History of Violence e La Promessa dell'Assassino, all'inizio non voleva partecipare al progetto adducendo come scusa “i problemi di salute dei miei genitori” e “non riesco proprio a vedermi nei panni di Freud”. L'attore ha poi accettato dopo che nel progetto erano già entrati Michael Fassbender e Keira Knightley.
Un ricordo dei tempi passati - Le riprese in Germania sono state facili rispetto alle prime esperienze sul set di Cronenberg. Durante le riprese di Scanner, infatti, uno dei suoi primi film, il regista ha assistito alla morte di due donne che si erano fermate in autostrada a guardare la troupe. “Hanno rallentato, mentre il tizio dietro di loro non l'ha fatto e la sua auto è piombata addosso a quella delle donne” ha raccontato Cronenberg. “Il mio macchinista è corso subito a tirarle fuori dalle lamiere ma ormai era troppo tardi. Ed era soltanto il primo giorno delle riprese. Se si può superare uno choc simile si può affrontare qualsiasi cosa”.
badtaste.it



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Keira Knightley: "Ecco perché ho accettato di spogliarmi"

L'attrice rivela qualche retroscena della sua interpretazione.
La bella attrice Keira Knightley in questi giorni torna al cinema con A Dangerous Method (nelle sale dal 30 settembre), pellicola che si concentra sui rapporti tra lo psichiatra Carl Jung (Michael Fassbender), il suo mentore Sigmund Freud (Viggo Mortensen) e Sabina, una giovane donna molto tormentata (Keira Knightley).
A proposito di un ruolo così impegnativo e delle scene forti che ha dovuto interpretare, tra cui anche un nudo, Keira, intervistata da “The Hollywood Reporter”, ha raccontato alcuni retroscena davvero inediti, primo tra tutti il fatto che abbia bevuto una vodka doppia prima del ciak più impegnativo.
“Quando ho letto la sceneggiatura ho pensato che fosse davvero affascinante e avevo molta voglia di lavorare con David Cronenberg, ma ho anche visto che c'erano almeno due scene molto crude, e ho subito pensato che io non fossi in grado di interpretarle” ha spiegato l'attrice.
Ad “A” di questa settimana, invece, la Knightley parla del nudo: “All’inizio avevo rifiutato: non me la sentivo di affrontare il nudo”. Ma dopo essersi documentata sulla vita intensa della protagonista e aver parlato con il regista Keira ha accettato: “A quel punto mi sono 'buttata', cercando di leggere e di vedere tutto quello che resta di lei, dei suoi scritti, della sua vita finita tragicamente”.
E poi ha anche ammesso: “Nelle settimane in cui sono stata Sabina la mia sessualità coincideva con la sua”. Parlando invece della masturbazione l'attrice racconta: “Le donne all’epoca in cui si ambienta il film si masturbavano molto, perché non potevano vivere altrimenti il proprio desiderio erotico (…). E io ripeto anche quei gesti, così 'particolari'”.
Come detto, invece, per avere la giusta sicurezza e fiducia nel girare una scena in cui si vede uno schiaffo molto violento, Keira ha optato per l'alcol e a “The Hollywood Reporter” ha spiegato: “Ho dovuto prendere un paio di bicchierini di vodka in anticipo, e poi alla fine mi sono bevuta due bicchieri di champagne per festeggiare il fatto di non dover girare di nuovo un ciak così impegnativo”.
rumors.it



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Intervista a Michael Fassbender (marzo 2011)

Ora stai interpretando Carl Jung insieme a Viggo Mortensen-Freud nel film A Dangerous Method di David Cronenberg. Sembra un progetto affascinante.
Lui è un mostro di tecnica oltre che un artista, è così preciso – e molto simpatico, luminoso, un gran senso dell'umorismo, porta un'atmosfera piacevole sul set, anche se alcune volte i film sono abbastanza oscuri. Ho tentato di imparare il più possibile su Jung come uomo, e quindi conformarmi alla sceneggiatura. E' una sceneggiatura molto descrittiva, servono diverse riletture per cercare di prendere il ritmo della piece nel modo giusto, di entrare nella musica, che sono le parole. Lavorare con Viggo è stato molto speciale, è un essere umano straordinario oltre ovviamente un attore brillante, e Keira [Knightley] penso che molta gente si metterà seduta e prenderà nota di quello che fa in questo film. La sua performance è straordinaria, e lei è sempre adorabile, e ultra-preparata.

[…] Leggere della psicoterapia di Jung ha avuto effetto su di te oltre a formare il personaggio? Ha cambiato la tua percezione?
Più o meno, però mi stai facendo una specie di domanda filosofica. E' sempre interessante pensare a qual'è il punto centrale della tua vita, e qual'è la tua posizione, e cose così. L'approccio junghiano è effettivamente interessante, se lo si usa per la recitazione. Usi parole come “introverso” ed “estroverso”, vari strati di personalità. […] E gran parte di questa roba è nell'uso comune nella nostra società, quelle frasi – introverso ed estroverso – che da lì effettivamente provengono. La gente nel primo 900 non parlavano di queste cose, non ne erano consapevoli.
Sam Adams, avclub.com (traduzione: Matt)


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Video:

www.youtube.com/watch?v=o3eF88va99g

www.youtube.com/watch?v=ljEQ_AtGMFA

video.corriere.it/applausi-il-freud-cronenberg-/628c917a-d589-11e0-b96a-5869...

www.youtube.com/watch?v=DAjpVgvLHIg&feature=relmfu

www.youtube.com/watch?v=mR1SFXISMbs&feature=relmfu

www.youtube.com/watch?v=xKqbaGjOzxE

www.youtube.com/watch?v=J_hiASVXukM
[Modificato da |Painter| 01/11/2011 17:18]
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