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"eXistenZ" secondo Gianni Canova

Ultimo Aggiornamento: 22/05/2011 10:45
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Sesso: Maschile
22/05/2011 10:45


eXistenZ secondo Gianni Canova

eXistenz non si scrive con la maiuscola iniziale. Le maiuscole, si sa, servono a marcare l’inizio della frase e a segnare […] quel principio di “identità” […].eXistenZ rifiuta tanto l’idea di essere l’inizio di qualcosa (o di avere comunque un inizio) quanto la pretesa di assumere una qualsivoglia identità riconosciuta e riconoscibile. […] Gli unici “picchi” – grafici e semantici – sono costituiti da un’incognita (X) e da una variante (Z). Come dire: eXistenZ è un rebus percettivo. […]
Cronenberg ha dichiarato che lo spunto […] gli sarebbe stato suggerito da un incontro con Salman Rushdie […], colpito da una fatwa islamica per aver osato riscrivere problematicamente la storia del profeta, obbligando i credenti a mettere in discussione la loro concezione geocentrica della realtà. […] Anche Allegra Geller, protagonista di eXistenZ, viene colpita da una condanna analoga: i “realisti” la vogliono morta perché con i suoi giochi ha osato mettere in discussione il discrimine fra allucinazione e realtà. Un po’ quel che accade da tempo – del resto – allo stesso Cronenberg […].
Uno dei modi possibili per accostarsi a eXistenZ […] è quel vecchio racconto di Jorge Luis Borges che si intitola Le rovine circolari. […] Anche i personaggi di eXistenZ funzionano così: non si sa mai (né si può sperare di sapere) se sono […] giocatori “reali” di un nuovo gioco “virtuale”, o i personaggi (le “icone”) del gioco stesso, o i giocatori trasformati in personaggi […]. Mette in scena le “rovine circolari” della razionalità occidentale. […]
Il tema dell’obsolescenza del corpo e della sua inadeguatezza rispetto alle possibilità aperte dalle nuove tecnologie viene sottolineato con forza fin dalle prime battute del film. […] È la tendenziale scomparsa dell’hardware come dispositivo a sé, separato dal corpo di chi ne fa uso: le macchine per giocare non sono più “altre” dal corpo, piuttosto ne fanno parte, ci entrano dentro. […] Con effetti allucinatori di portata pervasiva: “A quanto pare, tutto era qualcos’altro” dice a un certo punto un personaggio del film (o del gioco?), individuando proprio nell’indecidibilità scopica la vera fonte del disagio trasmesso da questo film (come dai precedenti Crash e Il Pasto Nudo) allo spettatore. […] Non c’è nessuno scarto cromatico o luministico a suggerirci la diversità degli universi di riferimento. Il reale e il virtuale combaciano, si fondono […]. Non basta neppure mettere il gioco in “pausa” […] per avere la garanzia di un ritorno alla realtà: anche quella sospensione potrebbe essere un trucco del gioco, una sua trappola astuta e insinuante. […] Come già Crash, non ha sviluppo narrativo, si configura come eterno ritorno dei medesimi gesti […]. Quello che colpisce piuttosto, in questo contesto, è il registro di visibilità messo in atto da Cronenberg […]. Il mondo del liscio e del levigato […] a cui in genere associamo l’idea di tecnologia è totalmente assente, sostituito da una pesante invasione di segni e tracce di corporeità […]. David Cronenberg si conferma come uno dei cineasti contemporanei che con maggior lucidità e problematicità provano a riflettere sulle possibili “mutazioni” che ci attendono.
tratto da: Gianni Canova, David Cronenberg (ed. Il Castoro, 2007)
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