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"Il Pasto Nudo" secondo Gianni Canova

Ultimo Aggiornamento: 22/05/2011 10:42
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Sesso: Maschile
22/05/2011 10:42


Il Pasto Nudo secondo Gianni Canova

“Non ho mai pensato di voler essere fedele all’originale. Il Pasto Nudo è un mio sogno su William Burroughs e sul suo libro. Un sogno in cui ho inserito tutte le mie ossessioni e le mie idiosincrasie”. […] Cronenberg l’ha letto a vent’anni e vi ha visto, da subito, la forma “estrema” del romanzo moderno. […]
Risulta evidente che il film mette in scena la genesi di una scrittura con l’intento di riferirsi però alla creazione artistica in generale, compresa quindi quell’attività di “scrittura per immagini” che da sempre è al centro degli interessi di Cronenberg. […] A Cronenberg interessa soprattutto il “riflesso” della scrittura nello sguardo […]. Visualizzare la scrittura, rendere visibile il Verbo: questa è la “vera” scommessa di Il Pasto Nudo. Che è, per l’appunto, un film sul verbo che si fa carne. O sul cinema che – ancora una volta – si fa corpo, per lasciarsi incidere e imprimere e tatuare gli allucinati alfabeti che danno origine a ogni scrittura. […]
Immerso in una spessa luce color tabacco o color caffè, tutto dissonanze e sbandamenti, quasi del tutto privo di profondità di campo, Il Pasto Nudo è un vero e propriotrip psico-visivo che diventa a poco a poco il romanzo di formazione di uno scrittore trasgressivo. […] “Interzone”: forse il luogo “mostruoso” della bellezza interiore dei corpi, invano cercato dai gemelli ginecologi protagonisti di Inseparabili.
Anche Il Pasto Nudo riprende il tema “gemellare” del precedente film: tutto è doppio e ambiguo, tutto si ripete. I due poliziotti di New York diventano le guardie di frontiera di Annexia, il giovane omosessuale che frequenta i sordidi bar americani diventa il Kiki di “Interzone”, la moglie di Lee uccisa a New York si reincarna in Joan Frost […]. Solo Bill Lee non è “doppio”, solo lo scrittore sperimenta nella solitudine e nell’isolamento la deriva dell’individualità alla ricerca della scrittura. Il mélo dei precedenti film diventa tragedia: […] la rinuncia all’amore (l’uccisione delle due Joan) diventa la conditio sine qua non per accedere all’universo allucinatorio […]. Solo distruggendo i propri possibili oggetti del desiderio, solo vietandosi il sesso e il coito l’eroe cronenberghiano accede alla sublimazione dello scrivere e del creare. E Bill Lee non è il primo a farlo: “macchine celibi” dell’universo cronenberghiano erano già stati, ad esempio, Johnny Smith in La Zona Morta o il dottor St. Luc in Il demone sotto la pelle.
[…] Il risultato è un film che sicuramente non segue la tecnica del cut-up cara a Burroughs […] ma che – forse per la prima volta – consente di usare questa tecnica allo spettatore […]. Lo spettatore può entrare e uscire da Il Pasto Nudo senza altro ordine che quello dettato dal proprio desiderio e dal proprio corpo. A differenza del labirinto di quell’altro grande film sulla scrittura che è Shining, il labirinto burroughs-cronenberghiano di “Interzone” è un luogo in cui non si deve aver paura di perdersi, perché il disorientamento e la perdita vi sono previsti, quasi necessari. […]Il Pasto Nudo è forse il primo iper-testo della storia del cinema. […] Nelle parole di Burroughs, il “pasto nudo” è “l’attimo congelato in cui ognuno vede cosa c’è sulla punta della forchetta”. L’attimo congelato della visione estrema: forse Il Pasto Nudo […] esprime il bisogno di poter congelare in quell’attimo tutto ciò che Cronenberg non è ancora riuscito a filmare: la visione di quel che accade alla bistecca nel tragitto che la porta da una casula all’altra in La Mosca.
tratto da: Gianni Canova, David Cronenberg (ed. Il Castoro, 2007)
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