"Scanners" secondo Gianni Canova

Scanners secondo Gianni Canova

[…] Scanners è in realtà un film intimamente cronenberghiano: non più un periplo attorno al corpo, ma un tentativo di entrare “dentro” i misteri e i segreti della testa dell’uomo. […] Il personaggio protagonista di Scanners appartiene a quella tipologia di eroi (o “antieroi”) cronenberghiani che potremmo definire “santi e martiri”. […] Assume addirittura una sorta di valenza “cristologica”: con le braccia aperte in forma di croce, mentre il suo corpo “incontaminato” erutta sangue e fuoco […]. Cameron si transustanzia nel suo avversario, entra nel suo corpo e si “muta” in lui per riscattarlo. Questo “messianismo”, beninteso, non necessariamente assume un connotato positivo […], nasconde anzi una sorta di ambiguità che rischia continuamente di rovesciare l’altruistica moralità del personaggio nel suo contrario. […] E se cercasse semplicemente di prendere il suo posto? […] Il dubbio non è solo legittimo, ma è apertamente sollevato dall’ambiguo epilogo del film. […]
Cronenberg ci spinge, insomma, ancora una volta, […] a mettere in discussione lo statuto di verità delle immagini. Che sono proprio come la testa delle persone che abbiamo visto nel corso del film: ci può sempre essere qualcuno o qualcosa che vi è “penetrato” dentro. […] Tutto Scanners, a dispetto dell’esibita “castità” del suo intreccio, ruota attorno a questo gesto […].
Come in un apologo cerebralizzato e dercorporeizzato sulla fenomenologia della “penetrazione”, Scanners deposita poi il segreto del suo intreccio […] proprio nell’effetto potenzialmente “ingravidante” della penetrazione stessa: Revok e Vale sono fratelli […]. Cronenberg riflette sulle analogie formali che legano la telepatia alla sessualità in quanto pratiche di infiltrazione di un qualcosa in un qualcos’altro. […] Mostra come anche le immagini cinematografiche abbiano a che fare con uno statuto “invasivo”. Mai come in Scanners la macchina da presa di Cronenberg penetra in un décor concepito e costruito esattamente come un corpo […].
Che il set sia prima di tutto un corpo […] trova conferma nella splendida sequenza in cui […] Cameron entra con Pierce in una gigantesca testa umana fatta di gesso o di cartapesta e costruita dallo scultore proprio per essere abitata. […] Darryl Revok, lo “scanner” cattivo e malvagio, arriva al punto di forare il proprio cranio […] per fornire una valvola di scarico all’eccesso di voci e di corpi che si affollano nella sua testa. […] Cronenberg visualizza tutto ciò con una significativa sequenza di “cinema nel cinema”, cioè attraverso il filmino in bianco e nero che il dottor Ruth mostra a Cameron […]. Il cinema per Cronenberg non è che uno sguardo artificiale che si incunea nei corpi per arrivare ai pensieri […] sognando di riuscire prima o poi a rendere visibile quell’entità non-filmabile che è – secondo l’utopia dei gemelli Mantle in Inseparabili – la “bellezza interiore dei corpi”. […]
Alla fine i due “scanners” più potenti sono entrambi ciechi, non vedono più. E quello che di loro sopravvive […] non ha più neppure il segno del “terzo occhio” in mezzo alla fronte. Cronenberg inquadra gli occhi del superstite in dettaglio […]. Anche il cinema smette di vedere nel momento in cui il pensiero cessa di fluire fuori dalla testa: splendida metafora di congedo con cui Cronenberg ribadisce ancora una volta la propria intima vocazione a un cinema “mentale” […]. Per ora resta solo un’utopia, e Cronenberg lo sa: il cinema è condannato a mostrare l’esterno.