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"Brood" secondo Gianni Canova

Ultimo Aggiornamento: 15/05/2011 13:33
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Sesso: Maschile
15/05/2011 13:33


Brood secondo Gianni Canova

[…] È in questo film che Cronenberg fa i conti una volta per tutte con alcune delle ossessioni centrali di tutto il suo cinema: il tema della nascita e della maternità, la fobia della procreazione, l’orrore della riproduzione. Brood è infatti un film sulla paura, sul dolore e sul fascino del “generare”. […] Anche del generare immagini. Come quasi sempre accade in Cronenberg, anche Brood è al contempo un film e un metafilm. Cioè un film in cui l’autore riflette sul prodotto del proprio lavoro e sul suo senso. […]
Brood è un film interamente immerso in paesaggi nevosi […]. Illuminato da una fredda luce monocromatica, instilla una sottile e penetrante sensazione di malinconia. Tra i film di Cronenberg è sicuramente uno dei più “pessimisti”: […] sembra escludere ogni possibile via di scampo rispetto alla tragedia che mette in scena. […]
Ragan fa della psicoplasmica un’arte della rappresentazione: nelle sedute con Nola teatralizza la “scena primaria” nell’accezione freudiana, impersonando di fronte alla paziente via via i vari ruoli familiari. Né molto diversamente si comportano gli altri personaggi del film, […] ognuno fornisce una versione dei fatti puntualmente contraddetta dalle affermazioni e dal punto di vista altrui. […] Fa sì che Brood graviti tutto attorno alla rivelazione finale, […] che le “creature” assassine […] non sono che la materializzazione corporea – la mostruosa “progenie” – dei sensi di colpa, delle rabbie inconsce e dei furori istintivi del personaggio di Nola. […] La “forma del furore”, cioè come dar forma alla rabbia. […] È il problema ricorrente e ossessivo di tutto il cinema di Cronenberg: quello di mostrare il non-filmabile, di materializzarlo, di dargli un corpo. […]
Nella diegesi del film, i “deformi” partoriti da Nola anticipano in un certo senso quell’estensione mass-mediale del corpo a cui i protagonisti di Scanners arriveranno con la telepatia e che il Johnny Smith di La Zona Morta raggiungerà grazie alla sua “seconda vista”. La differenza sta nella centralità assunta in Brood dal tema della maternità: giacché i “deformi” sono propaggini del corpo materno nello spazio […]. Nola partorisce l’orrore: lo espelle da sé, lo fa altro, lo rende autonomo. E lo scarica su coloro (i padri simbolici) che l’hanno generato. […] Ma se l’orrore è una “creatura”, anche l’immagine è tale. E Cronenberg la “partorisce” allo stesso modo in cui Nola dà vita ai suoi deformi nanetti. Che possono essere visti, ancora una volta, proprio come una “corporeizzazione” (e una metafora) del cinema […].
Cronenberg […] fa di Brood l’ennesima occasione per riflettere oltre che sui suoi film, anche sul cinema in generale. […] A differenza delle fotografie, che in Brood sono usate […] quali “segni” visuali illusoriamente oggettivi […], il cinema – legato al divenire e non all’essere – non possiede alcuna oggettività, alcuna stabilità. […]
Di fatto, nel bellissimo e inquietante finale, anche Candice […] è già infetta, anche lei partorirà mostri. Forse i suoi figli deformi saranno i telepati di Scanners. […]Brood e Scanners finiscono esattamente allo stesso modo, con un’inquadratura ravvicinata dello sguardo del (o della) protagonista […]: perché i due film – un altro dittico del cinema cronenberghiano – si ripetono l’un l’altro. Visualizzano corpi capaci di andare oltre i confini fisici del corpo.
tratto da: Gianni Canova, David Cronenberg (ed. Il Castoro, 2007)
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