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La televisione è la realtà - due analisi

Ultimo Aggiornamento: 28/03/2011 10:41
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Sesso: Maschile
28/03/2011 10:29


"La Televisione è la realtà, e la realtà è meno della Televisione"

Fermi tutti!!! Che nessuno osi portare a termine il periodo corrente senza prima essersi attentamente riletto la menzione sopra riportata... Perché?!? Ma semplicemente perché in quelle 12 paroline c'è tutto il significato di "Videodrome"...
E' innegabile che la frase in questione appaia oggi come oggi, vale a dire a ventidue anni di distanza dalla prima volta che venne pronunciata, semplicemente banale, scontata, trita e ritrita, ma paradossalmente questo serve solo a rafforzare la profondità del film che Andy Warhol non esitò a definire "l'Arancia Meccanica degli anni '80".
Se l'uomo moderno è ormai assuefatto all'idea di una "realtà televisiva assoluta" questo non può che spingerci a riconoscere il genio profetico di David Cronenberg: ciò che nel 1983 era pura fantascienza oggi è una realtà.
La trama
Max Renn (James Woods), presidente di un canale pornografico della TV via cavo, è l'immagine esemplificativa del moderno uomo d'affari, disposto a tutto pur di ottenere il successo.
Durante una comune indagine di mercato sulla programmazione delle emittenti concorrenti, intercetta uno spettacolo di torture chiamato "Videodrome".
Attratto dalle potenzialità commerciali del prodotto, Renn dà il via a un'estenuante ricerca per ottenere i diritti per la programmazione dello show. Ma la realtà supera di gran lunga l'incubo e il viaggio verso l'inferno, per altro popolato da personaggi tanto ambigui quanto affascinanti (come Brian O'Blivion il guru dei media, la sua splendida e disincantata figliola Bianca, e infine Nicki, l'amante di Max), sembra far sfiorare allo spettatore l'inarrivabile e impalpabile concetto di "infinito".
Che cos'è Videodrome?
Nel 1983 la natura del piccolo schermo mutò radicalmente nel suo più intimo aspetto funzionale e nella sua essenza filosofica in risposta alla nascita di due invenzioni tra loro antitetiche: la prima, puramente pragmatica, è identificabile col telecomando; la seconda, decisamente più concettuale, la si può trovare solo nei significati di Videodrome.
Prima di procedere con l'analisi di un testo filmico molto complesso è doveroso ricordare (soprattutto nei termini di un'improbabile premessa di garanzia nei confronti dei metodi di indagine) che al termine della realizzazione del film lo stesso Cronenberg dichiarò: "Mi stavo davvero cimentando su un terreno nuovo; non ho mai visto niente del genere neanche io".
Come accennato nella prefazione, il senso più profondo di Videodrome è in larga parte riassumibile nella frase pronunciata dal professor O'Blivion: "La televisione è la realtà, e la realtà è meno della televisione".
Ciò che maggiormente colpisce in questo periodo non è tanto il contenuto, in ogni modo innegabilmente notevole, quanto più l'evidente errore sintattico, tangibilmente pianificato e ricercato nei minimi dettagli. Se il rapporto tra il mezzo televisivo e la realtà è infatti direttamente proporzionale nella prima parte della locuzione, esso tende a pendere in favore della TV col procedere del discorso. Questo avviene in risposta a una visione apocalittica che pone i tre elementi formali fin qui esaminati (ossia: la frase, la storia e la quotidianità dell'osservatore) in una dimensione sinergica dove gli stessi riescono a progredire in parallelo. Ma andiamo per ordine.
Videodrome si apre con l'immagine del risveglio di Max in un appartamento particolarmente disordinato, dove i colori dominanti sono il blu e il nero. Passano pochi minuti e già abbiamo elementi sufficienti per definire Renn un uomo spietato ma con le idee chiare e capace di districarsi in un mondo complesso; ciò che fa riflettere è che col progredire della pellicola i fattori cromatici virano su tonalità rosso/brunastre e il caos si concentra nella mente del protagonista, mentre nell'ambiente circostante tutto appare regolato da un ordine quasi "prestabilito". Il regista si serve di queste trovate stilistiche per imbrogliare l'osservatore: la confusione dei luoghi, contrapposta all'ordine mentale di Max e le gradazioni scure riportano alla freddezza della quotidianità e sembrano suggerire che ciò a cui assistiamo stia effettivamente accadendo; ma quando tutte le costituenti vengono stravolte, lo spettatore viene improvvisamente catapultato in una dimensione dove gli eventi sembrano essere funzione della fantasia del protagonista.
D'altro canto le ricorrenti allucinazioni di Max non fanno altro che valorizzare il lato illogico nella continuità dell'azione, questo a discapito di un qualsiasi atteggiamento interpretativo: Cronenberg riesce in sostanza a modellare il punto di vista di chi osserva sullo stampo creato dalla mente contorta di Renn, mettendolo nella posizione di non poter comprendere la prospettiva narrativa.
La mummia di David
"... nelle tombe egizie erano collocate statuette di terracotta che avrebbero dovuto fungere da mummie di ricambio per sostituirsi al corpo, qualora questo fosse andato distrutto: la funzione primaria nelle origini religiose della statuaria era salvare l'essere mediante l'apparenza... con la fotografia l'immagine diviene modello: diviene l'oggetto stesso liberato dalle contingenze temporali... in questa prospettiva il cinema, e quindi la TV, appaiono come il compimento nel tempo dell'oggettività fotografica..." (André Bazin - Complesso della mummia).
È innegabile che, nel corso della propria carriera, Cronenberg sia riuscito a dar vita ad alcuni dei personaggi più suggestivi e indimenticabili della storia del cinema: penso, ad esempio, a Seth Brundle, ai gemelli Mantle, a Bill Lee o allo stesso Max Renn.
Tuttavia, nessuna tra queste figure arriva a sfiorare i tasti emotivi nel subconscio dell'osservatore come l'immagine del professor O'Blivion.
Considerato il "guru dei programmi televisivi", egli si mostra esclusivamente attraverso collegamenti dal proprio studio e diviene il primo nome nella lista di Max tra quelli associabili al programma "Videodrome".
Nel film di Cronenberg, la verità su O'Blivion rappresenta "l'incidente nella quotidianità" (passaggio comune a tutte le opere testuali) che stravolge il mondo del protagonista e dà il via al crescendo narrativo che culminerà nello sconvolgente finale: dalle parole di Bianca, figlia del professore, Max apprende che O'Blivion è solo una registrazione su un nastro; è l'immagine di un uomo deceduto che continua ad esistere grazie al mezzo televisivo.
Difficile credere che, con questa figura, il buon vecchio David non abbia deliberatamente strizzato l'occhio al padre della Nouvelle Vague...
La tv provoca il cancro!
Il dialogo tra Renn e Bianca O'Blivion, racchiude, in realtà, un altro passaggio narrativo indispensabile per la continuità dell'azione: esso rappresenta il vero crocevia, da cui ripartire dopo le premesse iniziali, per il completamento delle fasi riconoscitive e l'individuazione delle costituenti alla radice del processo investigativo.
Da tale discussione si evince che Brian O'Blivion è stato contemporaneamente ideatore e primo martire del progetto "Videodrome"... Quest'ultimo, infatti, non è semplicemente "uno show di torture" (come Max, e quindi lo spettatore, è stato portato a credere fino a questo momento), ma un segnale televisivo di nuova generazione, esprimibile solo attraverso programmi audiovisivi, in grado di indurre lo sviluppo di neoplasie cerebrali negli spettatori...
L'espansione encefalica dei tumori, a sua volta, può stimolare allucinazioni di natura patologica che portano la vittima in una condizione di totale incapacità separativa tra realtà e finzione...Ed ecco spiegate le ricorrenti visioni di Renn: egli, intercettando quello spettacolo di efferatezze, si è inconsapevolmente esposto al segnale assassino, e da cacciatore è divenuto vittima del sistema. Max diventa l'emblema del "cliente televisivo medio"; egli è guidato da istituzioni che gli concedono solo l'illusione di poter applicare il libero arbitrio sulle proprie scelte.
Nel film di Cronenberg queste istituzioni si identificano nell'impresa che ha deciso di dare forma all'idea di O'Blivion: la Spectacular Optical... Per questa azienda "Renn si fa macchina"; egli si trasforma nel soldato perfetto che esegue gli ordini (impostigli sottoforma di videocassette, introducibili in un'apertura sul ventre) senza tentare di operare una scelta umana, e questo per un semplice motivo ontologico: egli non è più umano, ha l'aspetto di un umano ma è un prodotto del mercato, un'arma del sistema; è, in definitiva, la morte del libero pensiero.
Sex & violence
Temi non certo nuovi al "Barone del Sangue", così viene spesso soprannominato David Cronenberg, sono l'erotismo (una vera e propria ossessione) e la ferocia (che ricorre in tutti i suoi titoli).
In Videodrome il rapporto tra sesso e violenza trae le fattezze di un improbabile "ermafroditismo tecnologico" di cui diviene vittima lo stesso Renn: la doppia natura dell'apertura sul ventre di Max, che assume valore di organo genitale femminile e mezzo d'interfaccia attiva con i nastri videodrome, si contrappone all'ambiguità di una pistola fusa con la carne stessa del protagonista.
Nella cultura Cyberpunk il mezzo di congiunzione tra la carne ed il metallo è spesso raffigurato dal cervello, simbolo della razionalità e quindi strumento di interconnessione tra l'uomo e la macchina... In Cronenberg l'encefalo è qualcosa di nettamente superiore: è il lato divino nella bestialità; è l'elemento comune a carne e anima.
Spetta quindi alla sessualità e alla violenza, che hanno in comune profonde caratteristiche passionali, il compito di mediare la fusione materiale tra le due sostanze antitetiche rappresentate dallo strumento (la porzione organica) e dal prodotto (la componente inanimata).
The new flesh
La Nuova carne, mito della cultura Cyberpunk e fulcro attivo nel finale di Videodrome, può essere paragonata ad una sorta di "corrispettivo/antitetico" del feto astrale Kubrickiano: una concettulizzazione pragmatica dell'ideale evolutivo che si materializza attraverso la fede religiosa.
Nel film di Cronenberg, Max non sceglie liberamente di divenire nuova carne; egli viene indotto a farlo attraverso una "riprogrammazione" degli ideali, effettuata nei termini di uno scambio di videotape all'interno del corpo stesso del protagonista.
La sequenza in questione racchiude una profonda critica sociale che cela, a sua volta, un violentissimo attacco alle istituzioni religiose.
La fede, presa in esame sottoforma di dottrina imposta, diventa il più forte strumento di controllo nelle mani "dei potenti" e Renn, forte delle sue convinzioni, la subisce in tutte le forme possibili, arrivando al punto di "eliminare" la sua vecchia carne per divenire egli stesso carne nuova.
Cronenberg decide di non mostrare le conseguenze del gesto di Max allo scopo di avvalorare le determinanti alla base del concetto di "credo" (aver fiducia in qualcosa senza sapere il perché) e al contempo con l'intento di attaccare l'ignoranza che circonda qualsiasi forma di culto.
La "preghiera" pronunciata da Renn nell'ultima sequenza del film è un po' il sunto di questa tesi:
"Morte a Videodrome, gloria e vita alla nuova carne"
filmscoop.it



***

Film assai complesso, "vivo" e "pulsante" ancora oggi, grazie al suo libero flusso d'immagini e idee, Videodrome, come il programma TV omonimo, ha una sua filosofia: istillare negli spettatori il dubbio di poter essere manipolabili o addirittura già manipolati tramite i mass media. David Cronenberg, qui una fusione di O'Blivion e Convex, agisce brutalmente sul nostro sistema nervoso per "aprirci" la mente, per curarla, per "svegliarla" infine nel mondo reale: può l'immagine essere usata come un'arma? Cos'è la realtà, se non una percezione elaborata dal nostro cervello? È possibile trasformare una persona in un videoregistratore umano e condizionarlo, "telecomandarlo" a proprio piacimento? Queste sono le premesse e l'ispirazione geniali di questo coraggioso film d'avanguardia, insuperato manifesto del cinema horror del regista che horror però non è mai stato: Cronenberg fa più che altro un cinema artisticamente affine a quello di Lynch e altrettanto inclassificabile, dal quale purtroppo si sta sempre più allontanando, cedendo alle lusinghe di Hollywood. Ma ieri, nell'82, l'urgenza di trasmettere un monito sui pericoli del "controllo" televisivo da parte di un qualsivoglia potere politico, era assai forte e genuina.
Videodrome è molto più di un programma televisivo sovversivo, è un prototipo di guerra psicologica futura, inquietante poiché possibile: è provato infatti che alcune frequenze di onde elettromagnetiche possono interferire con le funzioni cerebrali.
Che cosa sia esattamente Videodrome e chi si celi davvero dietro questo fantomatico segnale TV non lo sapremo mai; insieme a Max iniziamo un viatico di doloroso affrancamento dalla nostra personalità (e dal nostro corpo) per divenire altro, e parte di qualcos'altro. L'angoscia nella visione di questo film risiede nell'assenza di informazioni e nella nostra inesorabile identificazione col protagonista, pedina in un (video)gioco più grande di lui, manovrato fin dall'inizio e progressivamente privato di umanità e volontà. Scivoliamo nell'insicurezza, inquadratura dopo inquadratura, allucinazione dopo allucinazione, consapevoli solo di essere oggetto di un oscuro, orribile esperimento.
Per catturare lo spettatore-vittima-paziente, per garantire la sua attenzione totale, l'operazione Videodrome del diabolico "mad doctor" Convex fa leva sui peggiori istinti umani, mostrando una pornografia sado-masochista; ma in realtà chi guarda vede ciò che vuol vedere, soggettivamente: la "frequenza" è identica per tutti, ognuno ha però una propria personale percezione dello show. Il "contagio" (o l'inizio della "cura") tramite il segnale televisivo avviene proprio in quel momento, durante la visione del "programma" in grado di alterare permanentemente la struttura cerebrale. Il risultato è cumulativo, cresce con l'esposizione, e crea un varco a devastanti allucinazioni controllate da una fantomatica fazione politica decisa a "rieducare" (dominare) l'umanità usando, tanto per cominciare, la TV di Max.
Le allucinazioni sono funzionali all'assoggettamento di Max, e chi come lui viene esposto al segnale diventa condizionabile, uno strumento (rappresentato metaforicamente come "videoregistratore" programmabile, in carne e ossa) a fini politici nelle mani del "potere", con una missione da compiere. Questo solo intuiamo e tanto ci basta per riflettere intensamente sul ruolo dei media, oggi più che mai.
Perdiamo giustamente anche noi il lume della ragione e il filo della trama, che si sfilaccia sempre più, ma i cui vuoti sono riempibili dalla nostra personale esperienza col mezzo televisivo. Le masse vanno salvate dai loro appetiti perversi, e Videodrome è una medicina assai efficace - come traspare dal dialogo tra Max e il viscido Convex - ma non possiamo non pensare che insieme a ciò ci sia dell'altro, e cioè una manipolazione radicale anche delle nostre idee.
Nel futuro rappresentato nel film (e quindi oggi), abbiamo la possibilità di vedere, vedere sempre di più e più in profondità (a nostro rischio e pericolo) - nella realtà soprattutto tramite Internet -, rischiando la totale (video)dipendenza dal "visibile", diventando noi stessi videoregistratori, fruitori passivi di immagini e messaggi in grado poi di agire sulla nostra psiche riprogrammandola per compiere azioni e strategie altrui.
Alla fine del film, abbracciare la religione "catodica" della Nuova Carne è l'unica via di salvezza: attraverso il suo suicidio-sacrificio, Max potrà transustanziarsi in immagine televisiva raggiungendo l'amata Nicky in una nuova dimensione dello spirito, lontano dalle tentazioni della "vecchia carne".
Luigi Bonizzato, terrediconfine.eu
[Modificato da |Painter| 28/03/2011 10:41]
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