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Cronenberg secondo Grunberg (pt.2)

Ultimo Aggiornamento: 29/12/2010 12:08
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Sesso: Maschile
29/12/2010 12:08


DAVID CRONENBERG
di Serge Grunberg

(Parte 2)



Il corpo macchina

A colpire, nell’opera di Cronenberg, è soprattutto la volontà di prendere le distante dalla visione tradizionale del corpo proposta dall’arte. […] Il museo allestito da Seth Brundle ne La Mosca si presenta, in qualche maniera, come il “repertorio di storia naturale” di un corpo del passato che la sperimentazione scientifica ha definitivamente superato […] L’ossessione dei personaggi di Cronenberg rappresenta proprio quella “nuova carne” alla quali tutti freneticamente aspirano.
Contrariamente a quanto avviene nel cinema dell’orrore tradizionale, i corpi, sempre minacciati dalla mostruosità, non si trasformano in modo superficiale (i due poli della metamorfosi nel “gotico” sono rappresentati dal mostro di Alien di Ridley Scott […] estraneo, come indica il nome, a ogni umanità, e il protagonista di The Elephant Man di David Lynch che, sotto apparenze mostruose e animali cela un’anima nobilmente umana) ma sono attirati in maniera irresistibile dal superumano, in particolare dal “divenire-macchina” […]: essa infatti fin dalle origini (homo faber) fa parte delle sue estensioni. […] Non è altro che un utensile complesso e sofisticato. La nota definizione del lavoratore moderno come “semplice appendice della macchina” indica chiaramente il rapporto dialettico che può esistere fra l’uomo e gli utensili che si è dato per “conquistare il mondo”. […] Aggiunge Cartesio, “[…] se vi fossero macchine simili ai nostri corpi, che ne imitassero le azioni quanto è praticamente possibile avremmo sempre due mezzi certissimi per riconoscere che non per questo sarebbero dei veri uomini: […] mai potrebbero usare delle parole e […] anche se facessero parecchie cose bene quanto noi, immancabilmente in qualche altra cosa fallirebbero, dando modo di scoprire che non agiscono in base a conoscenza ma solo in base alla disposizione dei loro organi”. [1]
[…] In quanto macchina da illusione, il cinema si presenta come il luogo nel quale ogni riflesso chimico-ottico è dotato di parola […], noi proiettiamo (si potrebbe dire che il cinema proietta, nell’accezione freudiana del termine, per noi) sullo schermo che ci sta di fronte un’immensa gamma di sensazioni e di emozioni che si cristallizzano negli attori, nelle scenografie, nella colonna sonora […] E’ su quelle frontiere, sulla “disposizione degli organi” […] che Cronenberg fa leva. […] Ogni film di Cronenberg è così dedicato a un organo o a una funzione: il sesso. Ne Il demone sotto la pelle e Rabid – Sete di sangue per “esteriorizzazione” somatica; […] in Brood – La covata malefica tutto ruota, a un primo livello, intorno alla sovversione di un cliché tra i più abusati: “la riproduzione sessuale, nell’uomo, si associa all’amore”. Nel film in questione, diversamente, a provocare la filiazione è l’odio. A un livello più profondo, tuttavia, la sceneggiatura ruota intorno a quelle malattie psicosomatiche […] nelle quali l’isteria, analizzata da Charcot e quindi da Freud, resta il modello di partenza. Ma Nola […] anziché prodursi nelle consuete “gravidanze isteriche” darà alla luce una progenie mostruosa, effimera, asessuata […] aventi come unica funzione la punizione, […] una macchinazione di cui Nola (ecco il centro tematico del film) è solo parzialmente responsabile in quanto è dalla natura stessa del nucleo familiare che discende la generazione di una simile maledizione […].
Il “corpo-macchina”, dal quale non si può assolutamente dedurre l’esistenza di un’anima immortale, si oppone risolutamente alla Natura: alla natura delle cose e alla natura umana. […] Il cervello […] è solo un organo periferico, una sorta di baca dati dei sensi, capace a malapena di trasmettere le disfunzioni di organi divenuti autonomi e che nulla e nessuno è in grado di controllare. Il cervello non è assolutamente il centro o la sede dell’anima. […] Si giunge così all’Interzona di Il Pasto Nudo, un no man’s land collocata fra la realtà e il fantasma, in una scenografia-cervello […] Un universo in cui l’uomo non sarebbe altro, nell’ipotesi più ottimistica, che una “macchina molle” contaminata mortalmente dal virus-immagine e dal virus-parola [2].
In Scanners, il cervello diviene in pratica il solo organo in grado di funzionare dei due figli del professor Ruth. […] In Videodrome il corpo non è altro che un canale video […]. Il corpo di Max è chiaramente un'appendice del televisore. […] In Cronenberg la scenografia svolge spesso un ruolo metonimico: il cargo arrugginito è chiaramente sinonimo di invecchiamento, di morte annunciata: la scenografia-corpo contamina tutta la sequenza.
Ne La Zona Morta al centro dell'attenzione è la relazione fra mano e cervello […], la mano attiva una visione ipertrofica delle potenzialità degli esseri: di contro, Johnny diventerà cieco nei confronti di se stesso. La mano, il tatto, non è più, come per l'artigiano, l'estremità fisiologica della strumentalizzazione del mondo, ma un nuovo organo di percezione sovrumana, tipico dell'“artista”. Una simile visione, che si presenta come un tema tipicamente cronenberghiano, attribuisce poteri che isolano un individuo del tutto ordinario; il cineasta d'altra parte confessa che si tratta di un simbolo della marginalità dell'“artista”. E la cosa magnifica del film è proprio la solitudine di Johnny: uscito dalla zona morta nella quale ha passato cinque anni di coma profondo, si ritrova escluso dalla comunità degli uomini […]. Mai forse Cronenberg aveva espresso così bene l'orrore del divenire macchina, dell'essere “programmati” per uno specifico compito. […] Johnny si ritrova “veggente” senza volerlo, […] si scopre metamorfizzato in una sorta di telecamera a raggi infrarossi […] che trasmette a un cervello impotente e recalcitrante visioni del passato e del futuro […].
Certo, se si assume il punto di vista un po' perverso di Cronenberg – il “sospetto” che Johnny alla fine sia soltanto un individuo fortemente traumatizzato, uscito da un lungo coma, le cui visioni sono soltanto allucinazioni – Johnny non è posto di fronte a nessuna scelta. Si tratterebbe, in tal caso, dell'ennesimo eroe cronenberghiano, manipolato dal proprio inconscio, manipolato dall'ordine del mondo […]. Del resto, decide (sceglie) di agire solo dopo aver realizzato il suo sogno (unirsi a quella donna, cosa che il suo puritanesimo gli impediva di fare); forse, sembra suggerire Cronenberg, i due sogni, la consumazione dell'atto carnale (il corpo “normale” che finalmente funziona) e del delitto (il corpo “veggente” che funziona volontariamente) sono una cosa sola […]. Al fatto che la vita è solo illusione si deve aggiungere che i nostri sensi non hanno altra funzione se non quella di ingannarci, di “farci vedere”, in fantasie di onnipotenza che inevitabilmente si traducono in pulsioni di morte o di autodistruzione, l'insopportabile vacuità di un mondo in cui tutto è sempre “stran(ier)o” e “simile”. […] L'appello alla “nuova carne”, all'ultima metafora rappresentata dalla morte, si presenterebbe, in fin dei conti, come il desiderio di disinserire l'automa che è in noi e che vediamo (in uno specchio, un televisore, un “telepode”, o in un fratello gemello) continuamente e “stupidamente” in funzione, con la stessa tristezza che ci prende quando guardiamo dall'“alto” le formiche intente a eseguire meccanicamente una determinata mansione, con l'unico scopo di garantire la sopravvivenza al formicaio. […]
Negli animali, la percezione […] è sempre funzionale. La percezione umana, sottoposta all'intellezione e ai diktat della libido, ha perduto invece ogni sua funzionalità. Da ciò derivano i sogni, le allucinazioni, i percorsi erratici […]. Un simile approccio, specie in ambito cinematografico, assume il significato di una rilevante riflessione sull'estetica. […]
Ne Il Pasto Nudo, Cronenberg porta al più alto livello un movimento senza dubbio metaforico ma del quale non si può certo negare il realismo: l'uomo è una macchina, ma una macchina che sogna di essere uomo, di incarnarsi e soprattutto, forse, di superare l'orrore della condizione umana attraverso la creazione. Cronenberg concepisce un simile superamento nei termini non dell'apoteosi romantica ma della necessità vitale.

L'onnipotenza del pensiero

[…] Personalmente, penso che per riuscire a comprendere come Cronenberg violi deliberatamente la tradizione personalistica e psicologistica del cinema americano, sia necessario definire in termini chiari la natura della sua originalità […]: è sempre presente un narratore che è allo stesso tempo il narratore onnisciente della tradizione romanzesca e una personalità a pezzi. […] L'universo mentale di Cronenberg, è bene ripeterlo, è un universo mentale. I rapporti fra i personaggi non hanno alcuna realtà ma sono piuttosto allegorie, idee, concetti, ossessioni, pulsioni, desideri e paure […].
Nel gioco raffinato e violento che oppone Cronenberg al cinema commerciale, è sempre presente il suo desiderio di imporre, malgrado tutto, un'apparenza di normalità […] (una sceneggiatura apparentemente lineare, in altre parole, una bella storia, personaggi dei quali lo spettatore possa fidarsi) […] ma alla maniera di un baro geniale che di nascosto lascia vincere l'avversario per prendergli tutto all'ultima mano. I personaggi di Cronenberg, pur avendo in generale una personalità passe-partout, non sono mai stereotipati. Sullo schermo, tutto ciò si traduce in una direzione degli attori esemplare [..]. E' possibile affermare che, progredendo nella regia, Cronenberg abbia dedicato una cura tutta particolare nell'affidare i ruoli principali (e anche quelli secondari) agli attori più adatti; d'altra parte non si può negare che abbia offerto ad attori brillanti la possibilità che nessun regista aveva loro concesso: recitare il paradosso stesso dell'attore, approfittare di tutte le ambiguità di un personaggio cinematografico, far entrare l'illusione nella performance drammatica […], divenire l'incarnazione di un'idea inseparabile dal corpo, ciò che senza dubbio rappresenta, per un attore, la più gratificante e complessa delle prestazioni. […]
Cronenberg non si stanca di ripetere di non riconoscere alcuna influenza cinematografica. Tale affermazione deve essere letta come una manifestazione non tanto di uno smisurato orgoglio quanto di un itinerario atipico per l'ambiente hollywoodiano e di un metodo originale. […]
[…] L'opera del cineasta canadese, nel suo complesso, descrive un nuovo uomo, del quale ogni film specifica la fisiologia. Ne Il demone sotto la pelle, è il sesso, o la stessa sessualità, a essere descritta come organo esteriore al corpo, come virus […]. In Rabid – Sete di sangue, la situazione è più o meno la stessa, ma il sesso-pungiglione [...] non è un invasore ma un nuovo organo. […] E' con Brood – La covata malefica che Cronenberg affronterà per la prima volta una delle sue principali ossessioni, la nascita, l'origine […]; in ogni caso, non parla che di incarnazione. La rabbia s'incarna, il verbo si fa carne e la mente devastata di una madre (necessariamente cattiva?) genera mostri che il suo bisogno di vendetta esige. […]
Solo ne La Zona Morta l'ipotesi di partenza non è razionale: il protagonista, in seguito a un grave incidente, è dotato del potere di “sentire” il futuro. Analogamente al protagonista di Scanners, l'incidente lo ha trasformato in una sorta di deviante, di emarginato perso […]. Il dono, i poteri paranormali, sono percepiti non come benefici ma come handicap […].
Con Scanners, ci troviamo di fronte al quadro di un cervello letteralmente onnipotente, di una sessualità assente. Ma quel cervello che sembra in grado di raggiungere i vertici della superumanità è allo stesso tempo un'arma mortale, il frutto di un'intossicazione, la fonte di sofferenze infinite. In Videodrome, è ormai solo carne da macello masochista mentre l'allucinazione rimane la sola funzione operativa della mente. Il corpo non ha più un'esistenza reale ma è divenuto un'immagine, un'illusione […]. L'organo messo in discussione è senza dubbio l'occhio: specchio dell'anima o del vuoto assoluto? […]
Ne La Mosca, a essere messa in discussione è la carne, il corpo nella sua interezza […]. La mente, da parte sua, deve passare attraverso fasi contraddittorie, divenire angelo (Scanners) o divenire bestia (La Mosca); ma esiste una terza via: la mente può fondersi con la macchina che, in fin dei conti, non è che una sua estensione.
In Inseparabili [...] il corpo di un gemello è nemico dell'altro gemello. I corpi sono opposti in tutto in quanto simili, mentre le loro menti sono diverse. […] Ne Il Pasto Nudo, infine, si alza il velo: non esistono più organi.
Il protagonista de La Zona Morta soffre soprattutto nella propria testa […]. La decisione di uccidere il paranoico candidato alle elezioni presidenziali, di mettersi dalla parte del bene, assume quindi il significato di una scelta in qualche modo obbligata, imposta dalla condizione dolorosa in cui si svolge la sua esistenza. Tanto più che ogni “veggenza” gli fa perdere un po' di vita. La sua azione sembra dunque motivata non tanto dallo spirito di sacrificio quanto dal desiderio di morte. Il protagonista, in questo caso, si fa portatore di un messaggio. Cronenberg ingoia la pillola di questa tipica convenzione yankee con la dovuta reticenza, avvalendosene però per sviluppare uno dei suoi temi prediletti: l'onnipotenza del pensiero.
In una strana regione in cui l'onnipotenza si confonde con l'allucinazione, […] il controllo (alto tema burroughsiano) non può più funzionare […]; la rivelazione della superumanità assume sempre il significato di una catastrofe. […] Il mutante non è sfruttabile dai suoi simili [...]; il capitalismo più malefico può utilizzarlo come prototipo, come oggetto di sperimentazioni […]. In Inseparabili, l'idea forza della tematica cronenberghiana è spinta fino al limite più estremo: il mostro è l'altro, e il vertice della mostruosità è […] la similitudine.
[…] Così, in opposizione alla dannazione ridotta a cliché abusato dal cinema fantastico, la dannazione psicosomatica di Cronenberg è da ricondurre prima di tutto al decentramento. L'uomo scopre di non essere al centro dell'universo (la mente e soprattutto il corpo, un vero e proprio continente inesplorato, gli sfuggono, lo superano, lo tradiscono), l'io cosciente non si rivela assolutamente all'altezza dell'evoluzione. […]
Da quanto detto possiamo trarre almeno due conclusioni: contrariamente all'antica dicotomia cartesiana, Cronenberg non opera alcuna separazione fra il corpo e la mente. All'opposto, la sede dell'anima è la carne, la vecchia carne […]. Il corpo, allo stesso tempo antiquata e inutile spoglia, carne da macello e soprattutto vettore di ogni contagio, di ogni manipolazione e di ogni esperienza, non costituisce il luogo dell'individualità. E' attraverso il corpo […] e la riproduzione sessuata, dunque per il tramite della famiglia, che si trasmette quello che Burroughs definisce il “virus umano”. […] La carne non muore mai: in primo luogo a causa della numerosa progenie che può avere. […]
Se si analizza l'opera di Cronenberg dal punto di vista del fantasma polimorfo del romanzo familiare (tutti i personaggi, in tal modo, risulterebbero essere sfumature proiettate di un solo individuo: il narratore), alcuni film risultano molto più radicali di altri (Freud analizza il “romanzo familiare” come desiderio di attribuirsi altri genitori – in genere figure mitiche, re e regine – ma anche, in ultima istanza, di essere il proprio genitore, ossia di non averne alcuno). […] Nei personaggi di Cronenberg, se si considera La Scienza come l'istanza del superego della società contemporanea, la struttura è spesso la stessa. […] Sono, nella maggior parte dei casi, figli della scienza, se non addirittura la scienza stessa. […]
L'interno, un continente da sempre occultato. Un interno che non è solo quello del corpo, ma anche il significante simbolico del ritorno al mittente, del ritorno al ventre materno, tema caro a Edgar Allan Poe e tradizionalmente americano. L'universo di Cronenberg è l'anti-America, l'incubo americano “climatizzato”, l'America della sconfitta, della regressione, dell'involuzione, l'America di Poe e anche di Hawthorne, Henry Miller, Burroughs, ecc […].
Una solitudine ontologica quindi: senza genitori, senza nome, l'eroe cronenberghiano tenta ti fabbricarsi […] un'essenza ricorrendo a un incantesimo tecnologico.

Gli specchi del sesso

[…] Cronenberg, cresciuto alla scuola dell'underground, realizzò nel corso degli anni Setttanta opere dal contenuto omosessuale decisamente provocatorio (Stereo e Crimes of the Future). Presa la decisione di passare al cinema commerciale, non esitò a varare, appoggiato da una piccola casa di produzione di film porno, il suo “manifesto” reichiano, Il demone sotto la pelle, che incitava quasi apertamente all'orgia generalizzata. Ma, ecco la prima ambiguità […] è un medico pazzo a concepire in laboratorio un'autentica epidemia fulminante di priapismo che si materializa (si somatizza?) sotto forma di uno stronzo-fallico predatore e ultracontagioso. Molti furono coloro che al tempo manifestarono profondo disgusto nei confronti di una parabola inquietante da tutti i punti di vista: era un puro principio sessuale a introdursi, in seguito a una manipolazione, negli organismi, sviluppandosi come un parassita […]. Lo stesso non si può dire, evidentemente, per le opere successive. In Cronenberg, infatti, l'orrore […] scaturisce sempre dal di dentro e si definisce come orrore “interno”, senza giungere a oggettivarsi totalmente come ne Il demone sotto la pelle […].
Non accade forse che in quanto “cineasta di idee”, Cronenberg ci offra, si potrebbe dire allo stato di natura, la sua immagine della sessualità, vista come una cosa senza dubbio consustanziale all'uomo, ma che agisce tramite una volontà autonoma, che agisce l'essere umano e lo agita in incomprensibili convulsioni facendolo andare più in là di quanto vorrebbe? […] La sessualità, come in Burroughs, è descritta nei termini del virus e del contagio […]. Esaminiamo da vicino, così come lo stesso Cronenberg ci invita a fare, l'“utero trifido” di Claire Niveau. La cifra tre, per la sua stessa designazione, sembra presentarsi come l'affermazione di un enigma. A causa di quella malformazione (che Cronenberg afferma essere un prodotto del suo immaginario), Claire Niveau non può avere figli. La malformazione appassiona il gemello Beverly, che ne trae una teoria (le donne sono in corso di “mutazione”) nella quale si può individuare l'elemento scatenante della sua deriva psicotica. Come mi suggeriva lo psicanalista Gérard Szwec, essendo Bev un medico, si assiste a un fenomeno tipico dell'ambiente medico: “la feticizzazione di un caso clinico”. In tal senso, Inseparabili […] rappresenta la formula chimicamente pura della visione cinematografica di Cronenberg. Il film infatti fa leva continuamente non tanto sulla rappresentazione classica dell'allucinazione (in Inseparabili non si vede nulla di realmente orribile) quanto sulla frustrazione feticista dello spettatore cinematografico. […]
Abbozziamo un'altra ipotesi: […] Bev e il fratello trovano nell'attrice Claire Niveau la madre mostruosa che avevano sempre cercato per scotomizzarla, negarla, rimuoverla. Non sarà quindi attraverso la morte della donna (come in Rabid, Brood e Il pasto nudo) che potranno risolvere l'orribile equazione della vita; sarà invece necessario un doppio suicidio. Bev, dopo aver “operato” mortalmente il fratello, si reca in una cabina telefonica per verificare la reale esistenza dell'allucinazione suprema – chiama Claire – e quindi risale nell'appartamento devastato per suicidarsi vicino al corpo del fratello, e non in una posizione qualsiasi ma in quella della Madre che sorregge il cadavere martoriato del figlio. […]
Cronenberg appartiene alla generazione di intellettuali del periodo della “liberazione sessuale”, per la quale la sessualità è “per definizione perversa polimorfa£, per la quale, senza dilungarsi, la libertà sessuale era ritenuta un dato ormai acquisito. Si può dunque immaginare come l'aldilà della carne così spesso evocato nella sua opera, che tanto sconvolge i neozdanovisti, rappresenti, a livello di manifesto, una sorta di appello per l'avvento di una superumanità, tipica dei libri di fantascienza, e talvolta per il superamento del fisiologico attraverso una fusione con la macchina. […]
Nel duello finale di Scanners, per esempio […] quella giostra sessuale, nella quale si deve letteralmente liquefare l'altro, termina, non senza ambiguità, con la fusione di una mente (quella di Cameron, lo scanner buono) e di un corpo (quello del “cattivo”, Daryl). E' in questa occasione che ho preso per la prima volta sul serio un'affermazione più volte ripetuta dall'autore, secondo la quale i suoi film sarebbero “ottimisti”. Se si confronta quel coito mostruoso con l'idillio descritto in La Mosca, nel quale un giovane genio della scienza, Seth Brundle, si innamora di una giornalista e insiste affinché si fonda con lui entrando in uno dei due “telepodi”, si potrà isolare una costante. E' inoltre necessario ricordare che Seth (descritto all'inizio del film come una sorta di vergine solitario), sarà rapidamente metamorfizzato dall'animalità della mosca (forza muscolare sovrumana e soprattutto, forse, prestazioni sessuali superlative) […] come se il ritorno di una sessualità istintiva e animale rappresentasse la definitiva acquisizione di ciò che è sommamente desiderabile.
[…] Cronenberg, filmatore di idee, non possiede una vena sociologica. Ai suoi occhi la famiglia è in primo luogo un mistero, che affronta come un bambino, attraverso domande che non hanno risposta e che quindi danno luogo a teorie aberranti. […] Sono poche le opere di Cronenberg che non vertono sull'enigma della famiglia. I suoi personaggi, infatti, pur limitati da uno specifico ambiente sociologico, sono spesso dei solitari, e l'assenza di ogni riferimento familiare finisce per ingannare lo spettatore, come una mancanza inquietante […].
Il “romanzo familiare”, l'ossessione per la nascita mostruosa e l'assenza di lignaggio o di primogenitura (in inglese brood) fanno parte di un'immensa fantasia messa all'opera (secondo una tradizione che si ricollega a Perrault e Swift). Max Renn non ha né padre né madre. E lo stesso i fratelli Mantle. Seth Brundle non possiede praticamente nulla, a parte una serie di vestiti identici. Johnny Smith sfugge a una simile indeterminazione, ma poi si scoprirà che la cosa non è casuale (lo stesso vale per Nola Carveth […]). I fratelli nemici di Scanners hanno solo il padre, ma esso non si riconosce e rifiuta persino di rivelarsi come tale […]. La Rose di Rabid – Sete di sangue è una pura creatura senza creatore. Il solo padre presente ne Il demone sotto la pelle è il dottor Emil Hobbes, che ha inventato una nuova malattia venerea, così come Baudelaire un “nuovo vizio”. Il problema della famiglia è dunque sempre quello delle origini, che spesso si confonde con la figura dello scienziato, […] ma è anche e soprattutto un problema sessuale.
[…] Concepire i rapporti sessuali come attività assolutamente scissa dalla riproduzione non significa assumere una “posizione ideologica” (e ancor meno, è bene precisarlo, esprimere una tendenza personale). Una possibile spiegazione, se così si può dire, ci viene offerta in Brood – La covata malefica: la famiglia è il terreno di coltura della mostruosità, il trauma che essa, in quanto tale, rappresenta si trasmette come il peggiore dei virus. Propriamente parlando, d'altra parte, si tratta più o meno dello stesso stato d'animo che regnava nella generazione di David Cronenberg, fortemente segnata dall'antipsichiatria e dagli scritti di William Burroughs. […]
Solo a partire da Videodrome il cineasta riuscirà ad affermare, senza complessi, l'originale radicalità che i primi film underground lasciano intravedere. Era dunque necessario il passaggio attraverso un film incentrato unicamente sull'immagine, e quindi sulla problematica della creazione, attraverso un manifesto estetico caratterizzato da un'importante progenie, per metter Cronenberg nella condizione di “prendersi sul serio”, di diventare un autore che non esita ad affermare le proprie ossessioni come universali. […] Non esiste seduzione (le donne sono immediatamente attratte dagli uomini, e viceversa), pochi sono i colpi di scena. […] Ma perché, in un cinema che rifiuta ogni forma di psicologismo, è presente una tale verità e un tale realismo? […]
I fratelli Mantle, soprattutto Bev, vivono solo strumentalizzando l'esterno, la loro apprensione del mondo è meramente strumentale e tecnologica […]. Il ginecologo è un uomo che per professione penetra le donne, […] in teoria, senza né desiderio né piacere. Vive per professione nella distanza sessuale. Per i fratelli Mantle – e questo è il problema – il fatto che una donna sia morta o viva non ha alcuna importanza. Non è la prima volta che Cronenberg ci presenta degli scienziati irresponsabili, ma in Inseparabili Beverly è diventato veramente folle: la sua invenzione è un'autentica opera d'arte, non ha alcuna finalità; ma Claire Niveau, a dire il vero, presenta una mostruosità inedita, di conseguenza non stupisce che Beverly, anche nella logica della sua deriva psicotica, cerchi di trovare un'apertura (il break-through caro a Cronenberg) nello stesso corpus della scienza, per risolvere un problema inedito.
Lo stesso dilemma si impone a Brundle: riprodurre spostando (come nel lavoro del sogno). Ma come comprenderà una simile struttura? Veronica glielo suggerisce attraverso una metafora tutt'altro che innocente: la carne è l'oggetto che si desidera quando si ha voglia di “mangiare un bambino”. Sarà quindi necessario passare attraverso il mistero della carne (nel senso più classicamente cattolico), attraverso l'eucarestia (una sorta di cannibalismo sublimato), per giungere alla transustanziazione. […]
Nel cinema “fantastico” […] lo spettatore non partecipa ma assiste. Diversamente, il cinema di David Cronenberg ci trasforma in complici. E, nello stesso tempo, ci fa dubitare dei nostri sensi, di quella che potrebbe essere, in seguito, la nostra eventuale testimonianza. […] Contrariamente all'ideale hitchcockiano […] di perdere lo spettatore in un dedalo dalle dimensioni dell'inconscio, Cronenberg, a causa della sua esigenza di verità e in nome di una ricerca ossessiva della disillusione, ci lascia una sorta di libertà totale della quale, inconsciamente, rifiutiamo la vertigine.
[…] Nei film di Cronenberg l'eroe non ritorna mai. Se muore, non muore guarito. L'eroe di Cronenberg è un semidio, che manifesta una folle audacia o almeno una certa incoscienza nei confronti dell'ignoto. Anche le sue aspirazioni sessuali sono delle avventure senza ritorno, delle sperimentazioni selvagge. […] Nicki è una donna totalmente disponibile, il suo masochismo, quasi “troppo bello per essere vero”, ha un carattere universale […]. Essa è la donna ipnotica (quella sognata dai fratelli Mantle, il cui obiettivo sembra consistere nell'entrare nel mistero della donna, per non uscirne più) […].
Prendiamo Vale e Revok […]. Le loro vite sessuali sono così vuote senza dubbio perché trovano il piacere altrove, nell'uccisione e nel controllo mentale. […] La relazione tra i due fratelli ha forse un carattere “omosessuale”? Sì, se per omosessualità si intende l'amore dello stesso: così avremo, oltre a Vale e Revok, i gemelli di Inseparabili, il Seth Brundle de La Mosca, innamorato della propria immagine, e anche il Max Renn di Videodrome, innamorato e schiavo del suo doppio televisivo. […] Cronenberg conficca il chiodo dell'adagio burroughsiano: l'uomo e la donna appartengono a due specie differenti. [3]
[…] La solitudine dell'eroe ha il solo scopo di contagiare lo spettatore […] dalla “verità delle immagini”, astuta trappola che il regista predispone proprio per noi, ciò avviene soprattutto a causa dell'espressività delle fantasie […]. “E' evidente”, dice il regista senza preoccuparsi di celare il suo narcisismo, “che esiste un piacere per procura nello sguardo gettato sul proibito”.
[…] Con Il Pasto Nudo, il suo film-summa, giungerà al culmine della tematica sessuale a lungo elaborata nei film precedenti.

Note:
[1] R. Cartesio, Discorso sul metodo
[2] Burroughs si è ampiamente espresso in proposito, in particolare rispetto ai codici maya, la cui trascrizione ideografica gli appariva come il culmine del controllo esercitato da una casta di sacerdoti su un insieme di contadini analfabeti. Con ogni evidenza, Cronenberg nel concepire la “nuova carne” ha tratto spunto da quanto scrive Burroughs alla fine di Le ultime parole di Dutch Schultz: “Bisognerebbe praticamente inventare una nuova parola”.
[3] Negli anni Settanta, Burroughs scriveva articoli entusiasti sulla clonazione, che a suo parere avrebbe permesso di riprodurre la specie umana (gli uomini) senza passare attraverso le donne. […] Cronenberg, da parte sua, vi aggiunge il suo caratteristico senso dell'umorismo, anche se il fatto di dichiararsi eterosessuale rende la posizione da lui sostenuta ancora più disperata. [...]

Tratto da David Cronenberg, di Serge Grunberg (Shake edizioni, 1999)

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