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Ballard & C(r)o - analisi

Ultimo Aggiornamento: 16/08/2010 21:07
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Post: 529
Sesso: Maschile
16/08/2010 21:07


BALLARD & C(R)O


«Le sganciai l'apparecchio della gamba sinistra: percorrendole con le dita il profondo solco da fibbia, sentii la pelle corrugata calda e morbida, e la trovai più eccitante di una membrana vaginale. Quel depravato orifizio, quell'invaginazione d'un organo sessuale ancora allo stato embrionale della sua evoluzione, mi fece pensare alle lievi ferite del mio corpo, che continuavano a essere impresse nei contorni del cruscotto e dei comandi».
Siamo nel vivo del congresso erotico tra Gabrielle e James Ballard, protagonista di Crash, omonimo dello scrittore. Il car crash è all'origine della ri-configurazione sia del corpo che del desiderio di Gabrielle, la "giovane storpia" ripresa di spalle nel frame d'apertura, intenta a premere il pube sulla fiancata di una sensuale Mercedes coupè, eccitata. I punti nominali di congiunzione sessuale - seno e pene, ano e vulva, capezzolo e clitoride - non sono più fonte di libidine per lei. Ballard esplora il suo corpo, facendosi strada tra ganci di metallo e bretelle di lingerie, verso vicoli ciechi sconosciuti, strane declinazioni di pelle e muscolatura, lattice e strumenti ortopedici, alle prese con un'antologia in divenire di potenzialità perverse. Ogni deformità della donna fa capolino quale «possente metafora degli eccitamenti di una violenza nuova», matrice di «possibilità sessuali ancora da crearsi in cento e cento scontri automobilistici sperimentali», mentre il suo più depravato orifizio - la depressione della coscia che le scorre lungofemore - appare nell'universo di Cronenberg come una sorta di preludio della vagina addominale di Videodrome (id., 1983) e delle bioporte di eXistenZ (id., 1999), sulla via del ri-modellamento tecnologico della carne.
«Voyeurismo, disgusto di sé, la base infantile dei nostri sogni e dei nostri desideri - questi mali della psiche sono ora culminati nella perdita più atroce del secolo: la morte del sentimento. Questa dipartita della facoltà emotiva ha spianato la strada a tutti i nostri piaceri più concreti e delicati - quelli delle delizie del dolore e della mutilazione; del sesso come arena perfetta, come brodo di coltura di sterile pus, per tutte le veroniche delle nostre perversioni; della libertà morale di attendere alla nostra psicopatologia come a un gioco; dell'apparente illimitatezza delle nostre capacità di concettualizzazione».
Questo assunto di Ballard (tratto dalla propria introduzione a Crash) è lo sfregio storico da cui suppura il romanzo, un romanzo che, nelle intenzioni dell'autore, non si limita a radiografare una catastrofe immaginaria, ma si occupa di un «cataclisma pandemico» istituzionalizzato che riguarda tutte le società industriali, dove sull'asfalto ogni anno sgorga il sangue di milioni di persone. L'automobile secondo Ballard non è soltanto il simbolo del connubio nefasto tra sesso e tecnologia, ma anche il campanello della «messa in guardia dal mondo brutale, erotico, sovrilluminato, che sempre più suasivamente c'invia il suo richiamo dai margini del paesaggio tecnologico». È così che - in quello che appare come il primo romanzo porno-tecnologico - la pornografia libera un contenuto politico altamente eversivo, nella misura in cui parla del nostro reciproco sfruttamento nella «più insistita e crudele delle forme». La relativa presa di distanza dalla fantascienza (che Ballard attua in Crash) corrisponde a un'esigenza di maggiore realismo nella resa dell'ambiguo «matrimonio tra ragione e incubo che ha dominato il XX secolo». Per esprimere l'invasione (erotica e morale, paesaggistica e sociopolitica) dei freddi ultracorpi tecnologici nell'umido della sessualità, Ballard ha dovuto far saltare la linea di demarcazione convenzionale tra paesaggio interiore e paesaggio esteriore, inventarsi uno spazio interno (alla maniera dei surrealisti ma centrato sul presente) dove s'accoppiassero, fondendosi immaginificamente, realtà e spirito, oggetto e soggetto. In tale impresa, se Ballard ha un maestro, questi è William Burroughs, idolo tanto suo quanto di Cronenberg. In un articolo per “New Worlds” del 1964, Ballard definisce Mr. "Pasto nudo" l'autore del «primo ritratto del paesaggio interiore del mondo postbellico». E si tratta di un'ammirazione reciproca. Per Burroughs la grandezza di Ballard sta nello sviscerare con precisione chirurgica le radici non sessuali della sessualità, andando più a fondo di qualsiasi scrittore hardcore.
«La conseguenza che ne scaturisce necessariamente è la psicopatologia del sesso, e le relazioni sono così lunari e astratte che la gente diventa una pura estensione della geometria delle varie situazioni. Il che permette l'esplorazione di ogni aspetto della psicopatologia sessuale, senza che ciò implichi alcuna traccia di colpevolezza».
Questo brano di La Mostra delle Atrocità (romanzo ballardiano prefato da Burroughs) ci porta al cuore dell'operazione effettuata da Cronenberg in Crash (id., 1996), la cui visione viene definita da Ballard (nel backstage del film, contenuto nel dvd italiano), un'esperienza potente e sconvolgente, «like a car crash in slow motion». Rispetto al romanzo - vorticoso e virulento, sporco e lacero, intriso di muco rettale e liquido refrigerante come in un tripudio di arcobaleni spezzati ed emorragie di soli - Cronenberg imprime un effetto ralenti al ritmo e raggela il profilmico, contenendone le dissipazioni fluide. Così facendo, accentua la distanza (una distanza intesa come separazione e straniamento) tra il nostro occhio desiderante e figure ancora umane del desiderio che ci appaiono alla stregua di prototipi semi-organici disegnati dalla Porsche. Il tutto in un sistema di segni che ha fatto suo il potenziale di seduzione proprio delle perversioni in gioco (perversioni dove il dato psicopatologico confluisce in una familiare schizofrenia del quotidiano), in un gioco (est)etico dove gli elementi di repellenza sono sistematicamente virati in una sensualità da rivista glamour (un glamour però le cui consuete attrattive sono neutralizzate dall'accumulazione desensibilizzata di riti sessuali che ne svelano il coefficiente ferale). In poche parole: il sex appeal del tecnologico riveste i significanti filmici come alcantara. Il cineasta trasforma così i corpi e i volti in superfici levigate del vuoto emotivo che incarnano, in algidi paesaggi erotizzati di un mondo che sboccia inferite (Ballard), mentre la perversione (che è sfida gelida) sterza nella corsia della seduzione (che è sfida vivente), come le distingue Jean Baudrillard. Corpi come carrozzerie. Cheloidi come ammaccature. Amanti come propaggini amorali di geometrie criminali, come piloti di circuiti spiroidali dove la convergenza liberatoria tra Eros e Thanatos tende a un continuo rinvio. Coiti (interrotti) come autoscontri mortali (differiti). Piccole morti come assaggi della Grande, una grande eiaculazione fantasmagorica di sperma e benzina su lamiera cotta al sangue. «Forse la prossima volta», è la frase che chiude il film, proferita da Ballard alla moglie da lui appena investita, complice ferita sull'erba dov'è sbalzata, accanto all'auto cappottata. «Forse la prossima volta», ripete Ballard, prima del totale che riprende gli amanti in procinto di accoppiarsi nello scenario ancora fumante dell'ennesimo incidente, che si augurano essere il penultimo. L'erotismo, secondo Bataille, è «l'approvazione della vita fin dentro la morte». Ma in questa rincorsa della morte da parte di un desiderio incattivito che travolge i passanti e straccia ogni rosso, Cronenberg via Ballard ribalta l'affermazione di Bataille. È così che l'erotismo riplasmato dalla tecnologia violenta - quella che più affascina e terrorizza - diviene un'approvazione della morte fin dentro la vita.
Jonny Costantino, Cineforum n.477
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