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Cut-up e condizione kafkiana - tre analisi

Ultimo Aggiornamento: 04/07/2010 14:24
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Sesso: Maschile
04/07/2010 14:24


La condizione kafkiana della diversità

La trama
“Niente è vero, tutto è permesso” Hassan I. Sabbah. “Invasori del mondo, esiste un Mark che non potrete combattere: il Mark che è dentro di Voi…” William S. Burroughs. New York City, 1953. Lo sterminatore William Lee, ex scrittore, finisce la polvere gialla che utilizza per ammazzare i vermi. In realtà egli la utilizza come droga assieme alla moglie che ne è la vera dipendete. In un bar i suoi amici scrittori Hank e Martin non credono che la polvere gli sia stata rubata. All’uscita dal locale due uomini della narcotici lo arrestano convinti che il veleno per insetti che ha nella sua valigia in realtà è droga. Per fare una verifica lo lasciano solo nella stanza con un enorme scarafaggio. La bestia si dice Ufficiale incaricato di controllare proprio lui, Bill Lee, un agente al quale affida il compito di uccidere la moglie, da quello ritenuta un agente dell’Interzona Incorporati. Convinto che sia un’allucinazione, Bill schiaccia il grosso insetto e fugge dall’ufficio. Torna dalla moglie e gli racconta quanto accaduto ma lei è preoccupata solo della sua dipendenza dalla polvere gialla. Un collega sterminatore, al quale voleva sottrarre un po’ di polvere, lo manda dal dottor Benway per risolvere il problema. Il medico gli da un antidoto contro la dipendenza dalla polvere gialla, composto da metà di questa e metà di polvere nera di millepiedi. Di ritorno a casa trova sua moglie che amoreggia con Hank, e si eccita facendo fare a Martin letture ad alta voce. Si chiude in camera e si fa una pera: è pronto per fare il Guglielmo Tell con la moglie, ma manca il bicchiere che ha sul capo, e la uccide con un colpo di pistola in piena fronte. In un bar conosce un mugwump, un essere mostruoso, un insetto gelatinoso che gli rivolge la parola consigliandogli di acquistare una macchina da scrivere e partire per l’Interzona da dove sarà corrispondente. Scambia così la pistola con una macchina da scrivere Klarknova e fugge ricercato per l’Interzona. Un uomo lo aggancia per la strada, Hans il suo nome, e con il pretesto di voler piazzare della roba buona al dottor Benway, lo porta a visitare la sua raffineria di polvere nera. Lee ne approfitta per provarla. Solo nella sua stanza, vede la sua macchina da scrivere trasformarsi nello scarafaggio che aveva cercato di uccidere nella stanza della narcotici. L’insetto lo obbliga a scrivere della sua omosessualità. In un locale per scrittori, Hans gli mostra una coppia di colleghi, Tom e Joan Frost, e chiede a Kiki, il suo ragazzo, di presentarli al signor Lee. La sera, infatti, Bill si presenta con Kiki ed altri ragazzi ad una festa dove ci sono anche i Frost e li consce entrambi. All’alba Ives Cloquet, un uomo che sostiene di aver partecipato alla stessa festa, lo raccatta sfatto dalla spiaggia e gli offre la colazione. Lee gli racconta di cosa ha provato la prima volta che si è scoperto omosessuale. Al caffè per scrittori Lee ritrova i Frost e scopre che Hans è stato deportato. Tom gli offre della polvere nera e la sua macchina da scrivere Martinelli per fare qualche esperimento e con la quale Lee scrive due richieste d’aiuto a Martin ed Hank. Lasciata sola, la macchina da scrivere Martinelli è attaccata ed uccisa dall’insetto Klarknova che comanda a Lee di sedurre Joan per scoprire il rapporto che quella sta scrivendo. Bill va da lei ed assumendo altra polvere nera si ritrova abbracciato a Joan a scrivere su una macchina da scrivere araba. L’eccitazione dei due trasforma l’oggetto in un verme sessuato che copula assieme a loro. Li interrompe la governante Fadelah che spingendo l’essere oltre la finestra lo fa cadere giù dal balcone. Anche la seconda macchina da scrivere di Tom è rotta. Joan e Bill vanno allora al mercato con la scusa di recuperare la vecchia Marinelli e quando trovando Fadelah, la donna decide di fermarsi con lei. Tom irrompe nella stanza di Bill e gli sottrae la sua Klarknova in cambio della Marinelli rotta. Hank e Martin vanno nell’Interzona per dirgli che l’editore è disposto a pubblicare il libro che ha steso, Il Pasto Nudo, ma lui dice di non saperne niente di quanto è stato scritto. Entrambi ripartono mentre lui decide di restare ancora nell’Interzona. Kiki lo ritrova, la sera stessa, ai bordi di una stradina e lo porta in un’officina dove, dai rottami della Martinelli, gli rifanno una nuova macchina da scrivere. Ne viene fuori una testa di mugwump con la quale in un primo momento Bill si trova benissimo. Questa gli dà una nuova missione: sedurre Ives Cloquet per sapere dove rintracciare il dottor Benwey. Concede allora Kiki, con il quale era appena andato aletto, ad Ives Cloquet che gli confida che per trovare il dottore bisogna rivolgersi a Fadelah. Prima di andar via, assiste al rapporto tra i due uomini che gli appaiono come insetti giganti. Convito che quella fosse una trappola organizzata dal mugwump, la offre a Tom in cambio della sua Klarknova. Tom gliela restituisce, dopo averla torturata. In punto di morte l’insetto gli dice che Fadelah si trova nella fabbrica di polvere nera. Lì, dove ci sono decide di mugwump appesi, la trova in compagnia di Joan. Fadelah in realtà è il dottor Benway al quale Bill chiede di poter avere Joan. Al confine con Annexxia, due ufficiali della dogana gli chiedono di dimostrargli che sia un vero scrittore e Bill è costretto di nuovo a fare il Guglielmo Tell con Joan. “Benvenuto ad Annexxia”.

Liberamente composto ed ispirato a particolari fasi della vita dell’autore William S. Burroughs (quando davvero cioè faceva lo sterminatore, quando uccise la moglie e quando gli amici Ginsberg\Martin e Kerouak\Hank cercavano di farlo pubblicare) e ad alcuni suoi romanzi e racconti quali Il Pasto Nudo e Interzona (e Queer e Sterminatore), il decimo film del canadese Cronenberg può essere assimilato solo con la stessa visionarietà ed eccentricità ermetica che ha contraddistinto la fonte d’ispirazione. Il regista Canadese infatti, attinge soprattutto dalla (bio)bibliografia più difficile ed ambigua dell’autore, considerata da molti addirittura illeggibile ed antiletteraria. Il Pasto Nudo film invece, comincia dove era terminato il lavoro precedente, dall’unione cioè di un doppio (“…il Mark che è dentro di voi…” le parole di Burroughs che evocano l’abbraccio fatale dei gemelli Mantle de Inseparabili) che aprono ad una porta (la prima vera immagine di questa pellicola, l’ombra di Lee), e finisce nella stessa maniera, sullo sguardo, triste, sofferente, addolorato, che è se stesso e doppio, così come in Inseparabili (1988), ma anche La Mosca (1986), Scanners (1981), prima ancora. Doppio anche il ruolo della donna, interpretata da Judy Davis moglie prima e Joan Frost dopo, entrambe forse oggetto edipico dello scrittore (“Le donne non sono umane”). Quello che Burroughs ha compiuto nella droga è stato un vero viaggio letterario che lo ha trasformato in insetto, la mutazione che Cronenberg non poteva non avvertire nell’impatto con suoi testi più rappresentativi (“Cos’è un viaggio letterario?” chiede Bill e la moglie gli risponde “Hai presente Kafka? Ti trasformi in un insetto…”). Ed in questa mutazione Peter Weller\William Lee (il cui volto ricorda molto quello di Burroughs da giovane) ci si immerge completamente, vivendola, ripudiandola, assuefacendosi. Ma a che cosa si va man mano assuefacendo Bill? Che cosa rappresenta veramente la polvere nera del millepiedi, la carne nera? È la carne stessa del tossico, Bill si assuefa alla sua condizione di tossico, “la Carne Nera è come un formaggio guasto, irresistibilmente delizioso e nauseante al punto che chi la divora mangia e vomita e mangia di nuovo finché non crolla esausto” come recita il testo originale (W.Burroughs – Pasto Nudo – Adelphi). Come spesso accadeva anche ne La Mosca (1986), ancora una volta il personaggio principale (Bill come Brundle) è costretto a guardarsi allo specchio per assistere alla sua mutazione, prenderne atto, conviverci. La macchina da scrivere\insetto, la condizione kafkiana di una diversità omosessuale, una mutazione della personalità sessuale che si sfoga sull’oggetto macchina da scrivere (l’orifizio che batte come se fosse il cuore vitale dell’insetto). Essa diventa sfogo vitale per lo scrittore, altrimenti ritornano ad esserlo le droghe (Martin che guarda nel sacco dove ci sono i resti della sua ultima macchina da scrivere e ci trova solo farmaci). Il mix di entrambe, coscienza diversa ed abuso di droghe, danno via a pagine allucinate di realtà dell’immaginazione. Le due fonti dell’ispirazione di Burroughs, l’omosessualità e la droga, sono infatti entrambe nelle parole di Joan e lo scarafaggio “Non ti andrebbe di strofinarmene un po’ sulle labbra?”, riferendosi alla polvere gialla entrambi, al desiderio. Cibo, sesso e morte s’incontrano invece nel confronto\racconto a colazione, tra Bill e Cloquet, il segreto ed il desiderio inconfessabili. Lotta tra macchine da scrivere, che muoiono, che si trasformano, che diventano tutt’uno o protesi degli scrittori, il difficile rapporto con la scrittura che Burroughs sconfigge (la morte della macchina da scrivere Martinelli e di quella araba) riscattando la propria, anche quando la sua coscienza letteraria da insetto è messa nel sacco (Tom Frost che gli sequestra la Klarknova). In questa pellicola Cronenberg sembra anche allontanarsi dalle prime letture freudiane che avevano caratterizzato in maniera più incisiva il suo percorso cinematografico, dice infatti Bill alla sua macchina da scrivere insetto “Risparmia la psicanalisi per i tuoi amici mangia erba”. Dentro il corpo umano, il dottor Benway che si trova dentro Fadelah, la più grande spacciatrice di polvere nera, quella che gestisce il mercato (Burroughs, il più grande tossico della letteratura, il miglior medico della scrittura). Nonostante le fonti letterarie e la capacità da sempre dimostrata di questo autore di alterare i piani d’interpretazione, ne Il Pasto Nudo si avverte una più complessa confusione di questi (possibili da leggere solo da parte di chi ha la chiave di lettura di Burroughs) e dove il regista mostra almeno l’apprezzabile impegno di intervenire con altri elementi, come il cambio sonoro sulle confessioni di Tom a Bill circa l’attacco all’autostima della moglie: il fuori sincrono della coscienza, quello che c’è dietro i discorsi e le frasi, dietro le parole scritte sul testo in superficie, oltre le labbra. Ancora una volta Cronenberg dimostra di non saper (voler) girare in esterni, ottenendo un effetto claustrofobico anche in set che dovrebbero essere di più ampio respiro (la spiaggia o il mercato) e peccando questa volta di non aver voluto rischiare con la m.d.p. (forse per scelta di rappresentare ogni inquadratura come fosse una pagina testuale da sfogliare), dimenticando il senso cinematografico delle immagini forse, troppo legato alla lunga esperienza televisiva. Davvero eccellenti gli effetti speciali di Chris Walas, già autore del sorprendente Brundlefly in La Mosca (1986). Costumi di Denise Cronenberg, musiche jazzate e be-bop del solito Howard Shore, questa volta con la collaborazione di Ornette Coleman. Fotografia di Peter Suschitzky che cerca arie da film noir. […] Naked Lunch - Il Pasto Nudo vince 8 Genie Awards tra i quali miglior film, regia e sceneggiatura. La National Society of Film Critics nominò Cronenberg come miglior regista ed il suo copione come migliore sceneggiatura. Il New York Film Critics'Circle e successivamente anche la Boston Society of Film Critics lo hanno premiato per la migliore sceneggiatura. “La situazione genera paradossi etici”.
Mario Bucci, cinemah.com



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Il cut-up di Cronenberg

Quando, nel 1981, David Cronenberg dichiara ad una rivista canadese di voler portare sullo schermo il testo sacro di più generazioni, quel Pasto Nudo pubblicato dopo innumerevoli rifiuti in Francia nel 1959, non sa che gli ci vorranno dieci anni per riuscirci. Incontra lo scrittore nel 1984 e l'anno dopo sono a Tangeri per i sopralluoghi, ma solo cinque anni dopo il progetto ottiene l'ok dai produttori e due anni dopo vede la luce. "Io mi sforzo di manipolare nel modo più preciso le parole e le immagini per produrre un'alterazione nella coscienza del lettore." Così, William Burroughs, si presentava programmaticamente alla rivista "Paris Review" negli anni sessanta, quando la sua opera cominciava a venire alla luce e sconvolgeva oltre che scandalizzare i lettori. E ancora oggi, leggere le sue opere, come Naked Lunch, Nova express, The soft machine (i primi esperimenti degli anni sessanta) fino alle ultime opere degli anni ottanta, è un'esperienza, che se forse non provoca "alterazioni nella coscienza" come egli stesso sperava, sicuramente colpisce. Più che romanzi, esperienze oltre la sperimentazione, work in progress tra i più radicali ed estremi che la letteratura del '900 ci abbia dato, inutile cercare intreccio o minimo contenuto, nelle inetichettabili sperimentazioni dello scrittore americano oltre ogni tentativo d'avanguardia letterario del secolo passato. Pure, difficile trovare artista più celebrato e venerato negli ultimi cinquant'anni di cultura americana: padre spirituale di tutto il gruppo di battuti/beati che girovagavano per il continente USA tra gli anni '50 e '60; punto di riferimento per la cultura rock dagli più fertili e creativi (i "Soft Machine" il nome lo prendono proprio da lui, ed è solo un esempio...) fino agli ultimissimi eroi del grunge (infinita la venerazione di Kurt Cobain per l'anziano scrittore tanto da incidere insieme una traccia); passando attraverso il punk, fino al cinema (Gus Van Sant lo ha voluto nel ruolo del prete nel suo primo film) in cui gli omaggi si sprecano.
William Burroughs, può essere considerato (per la sua opera, ma non meno che per la sua vita, leggendaria ) l'archetipo della controcultura americana, che attraversa dalle origini fino agli ultimi sviluppi, dal primissimo dopoguerra (i beat) fino agli ultimi anni della sua, incredibilmente lunga per come l'ha vissuta, vita (il grunge). Radicalità estrema, nell'opera quanto nella vita. Detto questo, l'incontro con Cronenberg era solo questione di tempo. Non c'è scrittore (anche se per burroughs, scrittore forse non è il termine più adatto, sempre che ci sia termine per identificare chi sia...) che con uguale determinazione abbia scandagliato la parte più oscura dell'animo umano (allucinazioni, ossessioni, incubi, così forse si possono sintetizzare i temi a lui più cari) "organizzandoli" in una forma che sperimentale, d'avanguardia o estrema non bastano a descrivere. Analogamente pochi registi si sono concentrati con tanta ossessiva ostinazione all'incubo, alle paure e angosce più profonde del nostro tempo, dando alla luce, film tra i più radicali e sconvolgenti degli ultimi vent'anni (in forme più appariscenti, La Mosca o più controllate ma ugualmente mostruose, M. Butterfly). La metamorfosi, la mutazione, l'incubo e l'allucinazione, in forma radicale ed estrema. Difficile dire se si stia parlando dello scrittore o del regista. Difficile trovare due autori così vicini: la mutazione fisica, l'invasione tecnologica, la dipendenza, il disgusto/attrazione per il corpo, temi che passano dall'uno all'altro. Se ci mette anni ad adattare il romanzo, tutti i film del regista canadese sono infestati, posseduti dallo spirito di Burroughs (che scrive: "Ci sono influenze e legami. Una delle ragioni per cui certi scrittori ti condizionano in questo modo, è che riescono a cristallizzare delle cose che sono già in te. Certe immagini di dipendenza e coscienza del corpo, diciamo... mie?, erano già in Burroughs”).
Ma Cronenberg non fa un adattamento del romanzo (del resto se non illeggibile, sicuramente infilmabile); ma compie egli stesso un Cut-up (il metodo dello scrittore, consistente nell'assemblaggio libero di parole, in linea con le principali tendenze dell'arte Usa contemporanea, per "aprire le porte della coscienza" per citare uno dei suoi tanta epigoni...); fondendo parte del libro con passi di altre opere successive, ed episodi della vita stessa di Burroughs scrittore e tossicomane all'ultimo stadio (che scrive il libro a Tangeri, assistito da Ginsberg e Kerouac che suggerisce lo strabiliante titolo, in fuga dal Messico, ricercato dalla polizia per aver ucciso, esito di tragico gioco sotto stupefacenti, la moglie, e tutto questo è nel film) creando più che un film da un libro, un film su un libro, su un autore. È uno spunto da cui Cronenberg ha la possibilità di omaggiare un suo maestro ma anche mettere in scena un mondo, un universo di un autore assolutamente vicino alle sue tematiche. Un viaggio allucinante e allucinato in un mondo di incubi e trip lisergici, che è una profonda riflessione sul mestiere di scrivere, sul processo di creazione artistica intesa come ossessione violenta, un ennesimo (nella carriera di Cronenberg) viaggio dentro il lato più oscuro della mente e dell'animo umano.
"L'atto dello scrivere non è molto interessante dal punto di vista cinematografico. È un atto interiore. Per comunicare l'esperienza della scrittura a chi non ha mai scritto, bisogna essere oltraggiosi. Bisogna capovolgerla e renderla fisica, esteriore." (D.C.) Mai al cinema l'atto della scrittura e della creazione letteraria è stata resa così fisica, esteriore (macchine da scrivere che si trasformano in insetti...) grazie all'immaginario del regista associata ai sorprendenti effetti speciali di Chris Walas. Non un adattamento, ma un mettere in immagini un mondo (quello folle e inquietante di un guru della controcultura); che condensa e comprende le ossessioni e le tematiche molto vicine anche al canadese. Un viaggio in cui (qui come in nessun altro film dell'autore) crollano e diventano irriconoscibili i confini tra finzione e realtà, incubo e follia, allucinazione e percezione oggettiva, mondo esterno e mondo interiore. Un'opera di Cronenberg su Burroughs, più che di Cronenberg da Burroughs. Del resto è lo stesso regista, sulla rivista "Esquire", a paragonare il suo rapporto con lo scrittore a quello del personaggio principale del suo La Mosca: "La mia idea è questa: Burroughs e io siamo stati fusi insieme nello stesso telepode. E il risultato è un brundlething, ovvero la mia versione di The Naked Lunch. È il risultato della nostra fusione, ed è qualcosa che nessuno di noi due avrebbe mai fatto da solo. Ormai non so più chi di noi due è la mosca e chi l'umano."
Guglielmo Maggioni, hideout.it



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Il verbo che diventa carne

"Non ho mai pensato di voler essere fedele all'originale. Naked Lunch è un mio sogno su William Burroughs e sul suo libro. Un sogno in cui ho inserito tutte le mie ossessioni e le mie idiosincrasie".
Alle prese col testo impossibile del più cibernetico e del meno filmabile fra gli autori della beat generation, Cronenberg ne trae un film ipnotico e scostante, un delirio ritmico-visivo che continuamente avvince e respinge, ammalia e stordisce, accarezza ed accieca. Immerso in una spessa luce color tabacco, tutto dissonanze e sbandamenti, Il Pasto Nudo è un vero e proprio trip psico-visivo.
Il Pasto Nudo non è quindi l'adattamento cinematografico del grande libro di Burroughs, peraltro inadattabile; è piuttosto, per usare la metafora proposta da Serge Grunberg, un "innesto": una contaminazione onirico-genetica fra il mondo di uno scrittore e l'universo di un cineasta, una visione a due teste e a quattro mani. Come se Cronenberg si fosse gettato sul cervello di Burroughs e l'avesse vampirizzato. Usandolo per realizzare il proprio film. Mentre alcuni aspetti del libro restano in ombra (l'omosessualità, la tendenza spiritualista), nel film in compenso entra anche il Burroughs che sta oltre The Naked Lunch. La sceneggiatura di Cronenberg mescola infatti eventi della vita dello scrittore (l'omicidio della moglie, l'esilio a Tangeri, l'amicizia con Kerouac e Ginsberg, rappresentati nel film da Hank e Martin) con brani e frammenti tratti da altri libri dell'autore: il nome del protagonista Bill Lee è il nome con cui lo scrittore aveva firmato il suo primo libro Junkie, la parte newyorkese del film deve molto alla novella di Burroughs intitolata Exterminator, mentre tutta la vicenda ambientata ad "Interzone" si ispira alle Lettere da Tangeri a Allen Ginsbeg, in cui lo scrittore, tossicomane all'ultimo stadio, narra dei suoi deliri e del suo incontro con i coniugi Bowles, rappresentati nel film dai personaggi di Tom e Joan Frost.
Più che con un libro, insomma, Cronenberg si "fonde" con la galassia-Burroughs. Lo fa all'insegna di quella frase di Hassan I. Sabbah che è posta, non a caso, in esergo al film ("Niente è vero, tutto è permesso"), e scatena, nel nome dello scrittore, la più radicale penetrazione nella "sostanza-letteratura" che il cinema abbia mai visto.
Il risultato è un film che si può guardare anche nel dormiveglia, che si può vedere con gli occhi chiusi: la struttura allucinatoria è tanto diffusa e pervasiva, il suo andirivieni fra gli incubi e i miraggi è così continuo e ininterrotto, che lo slogan iniziale del personaggio Bill ("Bisogna sterminare tutti i pensieri razionali") può davvero esser fatto proprio anche da chi guarda il film. Lo spettatore può entrare e uscire dal film senza altro ordine che quello dettato dal proprio desiderio e dal proprio corpo. A differenza del labirinto dell'altro grande film sulla scrittura, Shining, il labirinto di "Interzone" è un luogo dove non si deve aver paura di perdersi, perché il disorientamento e la perdita vi sono previsti, quasi necessari. Ci si deve perdere nel dedalo di cunicoli, anfratti, buchi e cavità uterine che è "Interzone": perché Il Pasto Nudo è forse il primo iper-testo della storia del cinema. Ognuno può costruirsi il suo film, senza la necessità di "vedere" tutto per "capire", senza l'obbligo di una decodifica razionale per interpretare.
"Non volevo che fosse un film sulle droghe, perché penso che Burroughs parli più di dipendenza, manipolazione e controllo che della droga in sé. Sapevo inoltre di volere che il film parlasse della scrittura: l'atto di scrivere e di creare qualcosa che sia per te rischioso. Questo non è un tema palese nel romanzo, è seppellito in esso. L'atto di scrivere non è molto interessante da un punto di vista cinematografico, si tratta di qualcuno che sta seduto. Magari è lui ad essere interessante, ma sostanzialmente sta seduto a battere i tasti di una macchina da scrivere. È un atto interiore. Per cercare di rendere comprensibile l'esperienza dello scrivere a chi non ha mai scritto, devi essere eccessivo. Devi rivoltare tutto: ciò che è all'interno deve diventare fisico ed esteriore, devi cogliere gli aspetti interni del procedimento. Questo è ciò che ho fatto nel film. Non puoi riuscirci usando un metodo naturalistico e realistico".
Staff Effettonotte, mentelocale.it/effettonotte

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