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Come suggerire la metafora? - analisi

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 19:31
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Sesso: Maschile
10/06/2010 19:31


Come suggerire la metafora?

New York, 1953. Bill Lee stermina per mestiere gli scarafaggi, grazie ad una polvere gialla, utilizzata invece da sua moglie Joan come stupefacente. Visto l’abbondante abuso che ne fa la donna, Bill rimane presto sprovvisto di polvere. Quando prova a richiedere ancora polvere al suo capo, Bill viene arrestato da due agenti della squadra narcotici. In cella l’uomo viene avvicinato da un enorme scarafaggio parlante. L’insetto racconta a Bill una storia strampalata: secondo lui, Bill sarebbe al centro di un complotto spionistico di cui farebbe parte anche Joan. L’insetto, assicurandogli che la moglie altri non sarebbe che una spia nemica, lo intima di ucciderla. Bill riesce a scappare. A casa l’uomo trova la moglie in piena crisi d’astinenza e decide di rivolgersi al misterioso dottor Benway. Il dottore gli fornisce uno strano composto. Una volta rientrato Bill scopre Joan a letto con due giovani scrittori, Hank e Martin. Bill le inietta “l’antidoto” e i due decidono di giocare al "Guglielmo Tell". La moglie si posiziona sul capo un bicchiere e Bill impugna una pistola. Ma l’uomo sbaglia e Joan resta uccisa. Sconvolto, Bill fugge e, rifugiatosi in un bar, incappa in una nuova strana creatura vagamente antropomorfa. Il “Mugwump” (è così che la creatura si chiama) gli ordina di recarsi nella “Interzona” – Tangeri – per conto della misteriosa Organizzazione. A Tangeri Bill entra in contatto con diversi scrittori in esilio, i quali sembra vivano strani e ambigui rapporti con le loro macchine da scrivere. Ma anche la macchina da scrivere di Bill non è delle più comuni: sembra infatti avere le sembianze di una grossa testa di insetto parlante. Bill, tra gli scrittori, conosce la coppia Frost, Tom e Joan. Quest’ultima ha nome e sembianze della defunta moglie di Bill. A Tangeri Bill scrive quotidianamente rapporti all’Organizzazione. Intanto Hank e Martin lo raggiungono e leggono qualche pagina degli incomprensibili rapporti di Bill: il testo è quello di è The Naked Lunch. Bill scopre che Joan Frost è sparita ed inizia ad aggirarsi per le zone più oscure della città, accompagnato dal giovane amante Kiki. Alla continua ricerca di Joan si sovrappone l’ombra del dottor Benway, l’unico che potrebbe far luce sulla cospirazione. Il nome che salta fuori è quello di Fadela. Quando però, infine, riesce a scovare a Medina Joan e Fadela, Bill scopre che quest’ultima altri non è che lo stesso dottor Benway, capo di una rete di spionaggio avversa. Il dottore propone a Bill di recarsi ad Annexia e di lavorare per lui. Bill accetta e porta con sé Joan. Alla frontiera per Annexia due guardie – gli stessi agenti della narcotici – chiedono a Bill di dimostrare d’essere uno scrittore. Bill propone a Joan il gioco di Guglielmo Tell. Di nuovo, Bill sbaglia la mira e Joan muore sul colpo. Lo scrittore è ammesso ad Annexia.

Scrivere qualcosa di interessante. Evitare le banalità. Fare mente locale su quanto è stato già detto sul Naked Lunch cronenberghiano. Non è facile. Per niente… Idea! Potremmo cominciare con un incipit brillante e provocatorio. Potremmo dare una svolta interpretativa a uno dei film più complessi degli anni ’90, tratto da un romanzo che i più considerano illeggibile. Sarebbe coraggioso, da temerari… Niente da fare…
Cominciamo invece col dire che Naked Lunch non è il film più burroughsiano di Cronenberg. Il regista canadese si interroga non su come fare un film sul romanzo di Burroughs ma piuttosto su come far rivivere la tecnica di scrittura di questi. Un film sullo scrittore? In parte sì, considerando che il film è pregno di riferimenti biografici sulla vita di Burroughs. Un adattamento cinematografico del libro? Anche stavolta, in parte, la risposta è affermativa. Ma siamo lontani anni luce dal più sterile e sicuro La Zona Morta. Ma non ci provo nemmeno ad accostare Burroughs e Stephen King. Allora cosa? Il film è la difficile fusione – a freddo – di due universi immaginari, uno letterario ed uno virtuale. David Cronenberg: “scrivere [filmare] significa vedere fino a che punto si può far sì che qualcosa si produca” – M. Kermode, David Cronenberg’s Interview, Sight & Sound. Come affrontare la questione della fisicalizzazione della metafora? Pur essendo un punto centrale della poetica di Cronenberg, la risposta più esauriente – a mio parere – è quella offerta da Il Pasto Nudo. Se la metafora è elemento decisivo in letteratura allora lo è anche sullo schermo. Come suggerirla quindi senza forzature tecniche? Cronenberg: polimorfia. Macchine da scrivere-teste di scarafaggio; incarnazioni della sessualità sottoforma di lombriconi ermafroditi; lo sdoppiamento della moglie-amante Joan Lee/Joan Frost: ogni immagine, ogni allegoria, in Cronenberg è un tentativo di incanalare e di organizzare sullo schermo la carne e la sua espressività autentica. Un approccio che vede ancora una volta uscire vincitore il regista.
Se si analizza con questo metodo tutta la filmografia di Cronenberg, è evidente – tanto per tornare all’inizio – che l’opera che più si avvicina ad una concezione burroughsiana è Videodrome, dove metafora, degenerazioni visionarie e carnalità plastiche si fondono più (in)coerentemente che in nessun altro episodio. Facciamo tuttavia una considerazione: se in Videodrome l’immagine è padrona della metafora, allora ne Il Pasto Nudo la metafora è padrona della storia. In altre parole, quello che Videodrome riesce a raggiungere solo a picchi – nelle sequenze visive più allucinanti, vedi i televisori di carne - The Naked Lunch lo raggiunge nella sua essenza, affrontando la metafora ad litteram.
“La gente si lamenta perché i miei romanzi non hanno intreccio. Ma un romanzo picaresco non ha intreccio. E’ semplicemente una successione di incidenti.” (William S. Burroughs)
Il Cronenberg regista deve adattarsi ed reinterpretare anche la meccanica del suo idolo giovanile Burroughs. Per un regista dalla freddezza e dalla lucidità del Nostro è una sfida anche questa –insieme a Spider è stato uno dei più difficili, nonostante gli adattamenti. Le scene, di conseguenza, non scorrono fluide, procedono invece a scatti, con brusca determinazione, come pagine di diario strappate alla rinfusa. Un tentativo di cattura del cut-up di Burroughs? Scommettiamo di sì.
Il film come metafora della scrittura. Bill Lee è morbosamente attirato dagli scrittori e a Tangeri trova pane per i suoi denti. Nonostante egli annunci glaciale di aver smesso di scrivere all’età di dieci anni perché troppo pericoloso, in realtà nel suo intimo Bill si sente a suo agio tra gli scrittori, tra i suoi simili. Nella sua vita pre-Tangeri è uno sterminatore di scarafaggi, un disinfestatore che lotta contro “l’infezione” alla normalità. Per ovvi motivi, l’impiego non dura a lungo e Tangeri offre ben miglior ispirazione. Siano forse gli scrittori gli ultimi eroi della società, seppur spesso in balia della loro stessa vena poetica?
Bill è un esempio di “eroe” cronenberghiano. Freddo, impassibile e a tratti catatonico, Peter Weller è il corrispettivo noir di Bill Murray. Algido e artico, si impegna quasi da far paura, drogato – ebbene sì, ho finalmente detto drogato a poche righe di distanza dal nome di Burroughs! – ed allucinato dalla sua macchina da scrivere, assuefacente elemento di piacere.
La figura della donna – un ruolo ambivalente in Cronenberg, ricordiamo la Geena Davis madonna salvatrice ne La Mosca ma anche la castratrice Geneviève Bujold di Inseparabili – ha stavolta una valenza particolare. Se nel Pasto Nudo romanzo non c’è traccia di una personalità femminile forte, nella visione cronenberghiana assume risvolti inaspettati. La donna si immola, la donna è oggetto di lotta, la donna è musa ispiratrice e compagna. Il tema omosessuale non è ossessivo come in Burroughs, le tendenze sadiche nel romanzo sono appena accennate nel film. Pur essendo fedele alle ispirazioni dal libro, Cronenberg non prova gusto nel raccontare la violenza inutile, né nel sadismo della sessualità né nella morte e la reincarnazione di Joan/Judy Davis. Proprio quest’ultimo episodio è un sacrificio necessario alla sopravvivenza dell’uomo (e dello scrittore).
Altro personaggio caratteristico dell’universo Cronenberg, il dottor Benway si pone accanto a Seth Brundle, Dan Keloid, al dr. Raglan e ai fratelli Mantle – La Mosca, Rabid – Sete di sangue, Brood e Inseparabili. Roy Scheider sa essere eloquentemente misterioso – se perdonate il paradosso – ed interpreta uno “scienziato pazzo” che ricorda un “cattivo” da noir. Proprio il noir – aldilà della tendenza fantascientifica del film – è il genere strapazzato stavolta da Cronenberg.
La storia, che evita le ridondanze e le ripetizioni pur giocando spesso sui rimandi, non può non affascinare. L’atmosfera di Tangeri è resa molto bene anche dalla fotografia di Suschitzky, che già in Inseparabili aveva fatto un ottimo lavoro. Il film riesce a giocare sempre sul filo di un’ironia sottilissima, ben sottolineata dalla splendida colonna sonora jazz di Coleman.
Cronenberg compie un ulteriore passo verso il suo scopo: l’estrapolazione dell’essenza dell’essere umano. Non possiamo che essere felici per lui. Basterebbe capire cosa intende il canadese per “essenza”. Continuiamo a crescere insieme ai suoi film.
Paolo Castronovo, lankelot.eu
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