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Cyborg e tecnocorpi - due analisi

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 19:07
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Sesso: Maschile
27/03/2010 13:50


IL CYBORG MEDIATICO

Abbiamo visto emergere il cyborg, nell’immaginario popolare del Novecento, come una figura ambigua e inquietante; […] ancora immersa in una dimensione prevalentemente fantastica, espressione di aspirazioni, di preoccupazioni, di incubi che nascevano nel quotidiano ma se ne distaccavano subito, per proiettarsi nello spazio “irreale” dell’immaginario e, apparentemente, restarvi.
Se consideriamo più attentamente, però, lo sviluppo storico di questa figura, notiamo che essa, a partire dagli anni Sessanta, si avvicina a una dimensione più domestica, più legata alla vita reale. […] L’intelligente intuizione di Fritz Lang in Metropolis (1926), cioè che il robot possa assumere una forma perfettamente umana, resta a lungo isolata e solo nel 1956 verrà ripresa da Don Siegel in L’invasione degli ultracorpi […]. Il robot umanoide (alias aneroide, alias replicante, la copia indistinguibile dall’originale insomma), che troviamo in Asimov fin dagli anni Cinquanta e in Dick qualche anno dopo, per celebrare la sua apoteosi nel cinema dovrà attendere il 1982, con Blade Runner. […]
L’immaginario hollywoodiano, impadronendosi del termine “cyborg”, ha immediatamente equivocato, facendone un sinonimo di “aneroide”, ma ha comunque registrato, in qualche maniera, le nuove costellazioni culturali e tecnologiche che autorizzavano l’idea di una penetrazione diretta della tecnologia nell’uomo. […] Nello stesso anno di Blade Runner sugli schermi cinematografici era apparso, con molto minore successo di pubblico, un cyborg assolutamente inedito, un cyborg non hollywoodiano (se non proprio antihollywoodiano), un corpo la cui integrazione con la tecnologia non era frutto di una scelta deliberata, non era l’esito programmato di un’operazione chirurgica o di una produzione ad alta tecnologia, ma era il risultato, per così dire, spontaneo – e non per questo meno eccezionale e sorprendente – di un processo sociale, di una particolare configurazione del flusso comunicativo. In Videodrome di David Cronenberg (1982) per la prima volta è direttamente la società, e in particolare quell’apparato sociale essenziale per la modernità che è il sistema dei media, a secernere l’ibrido spaventoso tra uomo e macchina: e lo produce direttamente dalla sua quotidianità, dal suo funzionamento abituale. La dimensione mista antropo-tecnologica non nasce in questo caso dalla guerra tra uomini e macchine, tra passato e futuro (Terminator), non dalla collisione/collusione tra la violenza della criminalità e la violenza delle istituzioni in una metropoli isolata (Robocop), ma da un segnale televisivo clandestino a bassa definizione, il Videodrome appunto, che si insinua nell’etere tra gli altri segnali e fa affiorare le immagini psichiche più profonde di individui particolarmente ricettivi come Max Renn (James Woods), l’inquieto produttore televisivo in caccia di programmi pornografici sempre più realistici e violenti. Con quello che è stato definito un “montaggio invisibile”, senza “nessuna magia o atmosfera gotica”, Cronenberg ci mostra un mondo che è inequivocabilmente il nostro – pur se all’ennesima potenza – con una televisione pervasiva, morbosa ma domestica, elemento costitutivo della nostra vita quotidiana ma al tempo stesso catalizzatrice di pulsioni così potenti da trasformare il mondo attorno a noi, da cancellare ogni confine stabile tra l’esterno oggettivo, dato al di fuori di noi, e l’interno del vissuto psichico, delle fantasie sessuali e delle pulsioni di morte. “La lotta per il possesso delle menti in America,” dice il professor O’Blivion, una sorta di esaltato McLuhan a cui Cronenberg affida in qualche modo l’impianto filosofico del film, “dovrà essere combattuta in una videoarena, col Videodrome. Lo schermo televisivo è ormai il vero unico occhio dell’uomo. Ne consegue che lo schermo televisivo fa ormai parte della struttura fisica del cervello umano. La televisione è la realtà, e la realtà è meno della televisione”. Mentre Max si trasforma in una “macchina da allucinazione” anche il mondo attorno a lui cambia, sempre senza che lo spettatore sia mai in grado di decidere se questa alterazione dipenda dallo stato di coscienza alterato di Max o se abbia, all’interno del mondo del film, un carattere oggettivo: le cassette provenienti da Videodrome si agitano e fremono prima di entrare nel videoregistratore, lo schermo della televisione si fa morbido e gonfio, si dilata, le labbra di Nicki (la diva della radio che attira e traghetta Max nel mondo di Videodrome) non sono più un’immagine piatta, ma si protendono nella stanza, avvolgono e assorbono il protagonista. Ecco che, divenuto ormai quasi senza accorgersene un elemento di Videodrome, nel corpo di Max si manifestano le stimmate del cyborg. Nel suo ventre si apre una fessura, nella quale egli introduce la videocassetta che innescherà il processo di traslazione: dalla stessa fessura, più tardi, Max estrarrà una pistola vischiosa di fluido organico, direttamente saldata alla mano, con la quale giustizierà coloro che hanno tentato di trasformarlo in una pedina del loro gioco. Tutto ciò non è il risultato di un’operazione effettuata da qualche agente umano o macchinico, Cronenberg non ci mostra alcuna tecnologia specifica che opera quella trasformazione: essa avviene sotto gli occhi dello spettatore in modo spontaneo, anche se ovviamente raccapricciante, è direttamente “l’effetto” della televisione. La fusione della mano di Max con la pistola avviene all’interno del suo corpo, con un processo che la sceneggiatura non si preoccupa di spiegarci, e il risultato è un’immagine molto più legata all’organico di quelle tradizionali del cyborg cinematografico e fumettistico. Proprio perché Max Renn sembra sfuggire alle usuali categorie del cyborg, ho proposto di definirlo un “cyborg mediatico” o “cyborg del codice”.
La figura dell’ibrido, come sappiamo, è una delle figure centrali del cinema di Cronenberg. Ma che l’ibridazione uomo-macchina (e cioè il cyborg) sia uno dei temi preferiti dal cineasta canadese è dimostrato, oltre che da Crash (1996), anche dal suo ultimo film eXistenZ […]. eXistenZ riprende, a poco più di quindici anni di distanza, la stessa tematica di Videodrome (questa volta con riferimenti più espliciti e insistiti a Philip K. Dick): lo scivolamento tra “mondo reale” e mondi virtuali e l’impossibilità, per chi vi è coinvolto, di distinguerli. Solo che questa volta non è più la televisione il medium che crea questo slittamento, ma (comprensibilmente, visto che il film è stato realizzato alla fine degli anni Novanta) i videogiochi. Come sempre in Cronenberg, però, il tema della virtualità non è presentato a livello puramente onirico, con la sola rappresentazione delle percezioni alterate che segnano l’ingresso negli universi paralleli generato dai vari media. Da Il demone sotto la pelle, Rabid – Sete di sangue e Brood – La covata malefica fino a Inseparabili e La Mosca, l’attenzione di Cronenberg è costantemente focalizzata sui processi biologici come origine, tramite, centro organizzatore e campo di battaglia dell’immaginario. Come in Videodrome il corpo di Max Renn reca i segni visibili e traumatici del suo ingresso nella nuova dimensione (e parallelamente la televisione, nella potente scena finale, scoppiando rivela un interno di sangue e visceri), così eXistenZ è un gioco artificiale ma vivo, il Game-Pod, fatto di una carne sintetica, la MetaFlesh, che entra in contatto diretto con il sistema nervoso del giocatore tramite un connettore inserito nella sua spina dorsale all’altezza della vita, il Bioport. Questa “connessione”, sparata da una apposita pistola, ha tutto l’aspetto di un orifizio sessuale (come altre volte in Cronenberg: basti ricordare la vagina nell’ascella di Rose in Rabid e la lunga cicatrice sulla gamba di Gabrielle, con cui James fa l’amore in Crash). Così il giocatore, per poter entrare nel gioco, deve necessariamente diventare un essere umano modificato, riconfigurato, deve accettare dentro di sé una presenza organica ma esogena, artificiale, deve entrare in simbiosi con il Game-Pod: deve diventare un cyborg, anche se organico e non elettromeccanico.
Già nel 1982, quindi, Videodrome rimescolava le carte nell’universo cyborg e segnalava, con un certo anticipo sui tempi, un mutamento nell’immaginario relativo al rapporto tra uomo e macchina. C’è nel film una scena che, vista a distanza di anni, risulta singolarmente profetica: nella sede dell’azienda che produce Videodrome a Max viene fatto indossare un casco con il quale i tecnici potranno esaminare le sue allucinazioni. Ma la struttura visiva della scena e il montaggio suggeriscono, in qualche modo, che il casco sia qualcosa di più che un “registratore” di immagini, che sia quasi un tramite attraverso il quale Max evoca e visualizza le sue fantasie sadiche su Nicki. Nel 1982 il termine “realtà virtuale” non si era ancora diffuso, ma quando, qualche anno dopo, si cominciarono a vedere – prima nelle fiere e nei convegni specializzati, poi nelle sale giochi, negli ospedali, nei centri di ricerca – gli head-mounted displays, i caschi della realtà virtuale, gli appassionati di Cronenberg ricordarono quella scena con compiaciuto stupore. […]
Tratto da: Antonio Caronia, Il cyborg. Saggio sull'uomo artificiale (Shake edizioni, 2008)



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TECNOCORPI E NUOVE MASCOLINITA'

[…] L’immaginario sociale in tema di tecnocorpi è tentato da una fantasia di fuga dal corpo. Ciò riduce le donne a sito di reinscrizione del naturale, per lo più nel suo formato material/materno. Infatti, se il manufatto tecnologico viene collocato nello spazio trans-sessuale e se la femminilità viene associata, ancora una volta, al naturale, il principale corpo sessuato è quello maschile ed è attorno alla mascolinità che si focalizzano le discussioni sulla identità individuali.
Osservando come la cultura dei media ricostruisca oggi la mascolinità, non si può fare a meno di rimanere colpiti da quanto essa ci sia familiare. Prendiamo, per esempio, la mascolinità nella versione Cameron-Schwarzenegger o secondo Cronenberg. Cameron e Cronenberg sono i grandi ricostruttori del soggetto maschile postumano. Essi rappresentano due tendenze opposte: Cameron si tuffa in profondità in quella che Nancy Hartsock chiama la “mascolinità astratta” proponendo un corpo maschile iperreale in formato Schwarzenegger. Cronenerg, d’altro canto, fa esplodere la mascolinità fallica in due direzioni divergenti: da una parte il serial killer psicopatico e, dall’altra, la nevrosi isterica del maschio superfemminizzato: il transessuale e l’isterico.
Showalter (1990) descrive Cronenberg come il regista più esplicitamente interessato all’orrore e all’invidia maschili per il processo riproduttivo. Egli si serve della creatività degli scienziati, degli ingegneri di sesso maschile e delle tecnologie da loro prodotte contro la schiacciante e perciò incontrollabile e mostruosa capacità riproduttiva femminile. Tale invidia della matrice si esprime nel feto insettiforme di La Mosca, nella sacca estrauterina di Brood – La covata malefica, nei mostruosi ferri chirurgici di Inseparabili (1988) e negli adorabili ibridi di eXistenZ (1999).
Se Cronenberg affronta in ogni suo film il tema della fisicità del linguaggio, in Videodrome parla senza mezzi termini della costruzione del corpo come testo. In quest’opera, la televisione ha il sopravvento sulla realtà; vi è un’embricazione reciproca di reale, tecnologizzato e simulato; il linguaggio è ipertecnologizzato, ma antirazionale. Già in La Mosca il cineasta aveva mostrato, attraverso una serie di scorciatoie genetiche, il crollo dell’egemonia umana. I suoi film sono caratterizzati da un diffuso antiumanesimo, “come dimostra il ricorrente timore di ogni forma di contatto umano, sessualità o fisicità” (A. e M. L. Kroker, 1987: 202).
Tema dei film di Cronenberg sono i limiti dell’azione umana: le strutture di potere e controllo esterne cui l’individuo è soggetto. Ciò si collega alla crescita di nuove tecnologie. In Videodrome, il corpo maschile subisce una serie assai variegata di metamorfosi. Videodrome è un canale video specializzato in film snuff, pellicole dove la pornografia si tinge di realismo horror. Attraverso queste scene, i programmatori manipolano il cervello degli spettatori – incluso un tumore cerebrale descritto come un “organo extra”, che rende ricettivi al segnale di Videodrome. L’interessante è che il confine tra realtà e l’immagine televisiva è così sfocato che diventa indistinguibile dalle allucinazioni di Renn.
Per dirla col professor O’Blivion, “la battaglia per la mente del Nord America si combatterà nell’arena del video” – il Vidrodrome. Lo schermo televisivo è la retina dell’occhio della mente. Pertanto lo schermo televisivo è parte della struttura fisica del cervello. Questo film mostra un mondo dove la televisione si è impadronita della realtà, tanto che è impossibile dire che differenza vi sia tra l’immagine simulata e il reale. Videodrome esplora l’effetto manipolatorio delle immagini video e il loro diretto impatto sulla mente: la televisione programma i propri spettatori, li fa agire in determinati modi. Provoca inoltre un tumore al cervello, causando allucinazioni che vengono registrate e usate per ricattare chi vi è coinvolto. Le persone non sono altro che cassette programmate, che vengono riutilizzate da mani manipolatrici. I tumori sono descritti come una nuova evoluzione del cervello umano, capace di provocare nuove sensazioni – per lo più allucinazioni e fantasie s/m. Il loro effetto più immediato, tuttavia, è di addomesticare il corpo maschile e di renderlo disponibile, usa e getta, manipolabile, esattamente come il corpo femminile è sempre stato. L’immagine che Cronenberg sceglie per rappresentarlo è quella della sua penetrazione attraverso lo stomaco. L’uomo viene dotato di una cavità interna attraverso la quale può essere penetrato; ciò che in lui si deposita è un programma, un messaggio, un ordine. Tutti gli ordini che riceve sono di uccidere. Secondo le critiche femministe la ferita che si schiude nel corpo di Renn quando egli si trasforma in videoregistratore è una ferita aperta, vaginiforme, che rappresenta dunque il suo divenire-donna (Modleski 1986). Creed sostiene che, in una prospettiva femminista, tale divenire-donna può essere letto criticamente (1990): la dislocazione delle categorie dell’alterità è in atto, però non ne emerge alcuna alternativa autentica. Ciò che se ne ricava è un uomo che viola se stesso in quanto donna, e il masochismo è il tema dominante di Videodrome. In questo senso, il divenire-donna della Maggioranza ripete le caratteristiche peggiori del regime fallologocentrico: è un esercizio di umiliazione e un tirocinio di automutilazione. L’uomo subisce ciò che le donne hanno dovuto patire per secoli: è uno scenario estremo di impotenza e violazione del corpo e contrassegna, nella migliore delle ipotesi, un generalizzato divenire-sadiani. I suoi nemici possono “suonarlo” – inserendogli nel corpo una videocassetta che lo programma di uccidere tutti i loro nemici. Il suo “sistema mnemonico” è dunque controllato dalla maggioranza e questo maschio incarnato diventa non meno androide dei “replicanti” di Blade Runner. Diventando attivamente penetrabile, il suo divenire-donna è completo. A paragone del machismo high-tech di Terminator, Videodrome è un film più interessante, poiché non riafferma i classici stereotipi di genere, ma mette in dubbio la linea di demarcazione che li separa.
Ciò che fa di Videodrome un classico è il fatto che affronta la questione della fisicità e della corrispondente malleabilità del corpo maschile, e in tal modo mostra anche quanto il corpo sia costruito, facendo risuonare una nota antiumanistica. Di particolare rilievo sono le scene in cui lo schermo video/televisivo si anima, prima in forma di seducente corpo femminile, poi come corpo sanguinante, morente, torturato, e alla fine come massa di organi sanguinolenti. La plasticità dello schermo, unita alla perdita di profondità o realtà organica del corpo del protagonista, rende possibile l’interpenetrazione dell’umano e della macchina e di organico-inorganico.
Tratto da: Rosi Braidotti, In Metamorfosi. Verso una teoria materialista del divenire, Feltrinelli 2003
[Modificato da |Painter| 10/06/2010 19:07]
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