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Crash, la principessa Diana, Thelma & Louise - analisi

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 20:47
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Post: 529
Sesso: Maschile
03/02/2010 15:09


Crash, la principessa Diana, Thelma & Louise

Nell’ultima scena del controverso Crash (Crash, 1996) di David Cronenberg (dal racconto del 1973 di James Ballard), dopo una rovente caccia automobilistica all’inseguimento della propria legittima moglie, il protagonista maschile riesce finalmente a portare a buon fine la meta(l)morfosi cui ha sempre aspirato, provocando un catastrofico incidente stradale. Mentre la polvere si deposita su una scena di metallo contorto e desolazione corporea, il marito si volta verso la moglie e si informa: “Sei venuta?”. La femmina della specie, tuttavia, rimane mestamente chiusa entro i confini del suo organismo corporeo rivestito-di-pelle. Non tanto a causa della sua biologia, ma per via di ciò che alla sua biologia è stato fatto dal significante fallico, è costretta ad ammettere, sconfitta, che no, non è venuta. E poi, in quello che potrei descrivere soltanto come un momento di amore sublime, il marito la accarezza con impareggiabile tenerezza e promette: “Forse la prossima volta”. C’è ancora speranza. Non la speranza fondata sulla nostalgia dell’umanesimo vecchio stile, non la speranza perversa della perversità che la psicoanalisi ha definito polimorfa: la semplice speranza di una trasmutazione qualitativa del corpo umano in organismo postumano. Quest’interfaccia cibernetica con la tecnologia consente velocità e un impatto violento con altri umanoidi rivestiti di metallo.
C’è molta tetraggine industriale e postmoderna nel racconto tecnoporno di Ballare; come dice Bukatman (1993: 41): “Le città, le giungle, le autostrade e le periferie della fiction ballardiana sono inesorabilmente claustrofobiche, eppure vuote; spettacolari, ma non seducenti; implacabilmente dotate di significato, eppure resistenti alla logica. La ripetizione e l’ossessività di queste opere sospendono la temporalità restringendo lo spazio”. La speranza espressa dal già-(trans)-mutato marito è che la donna riesca, a sua volta, a evadere da questo universo claustrofobico, dalla sua monotonia e prevedibilità. Sottrarsi alla camicia di forza del normale significa alla lettera sottrarsi alla propria pelle, squarciare l’involucro di ciò che un tempo era il margine che incorniciava l’umanesimo corporeo del soggetto. Cambiare fa male, le trasformazioni non sono pure metafore.
In Crash, le cicatrici sono luoghi dove la carne si ricompone, sutura e riassembla una volta subito l’impatto con il metallico altro. Questo tipo di interazione è celebrato come una nuova frontiera, erotizzata e infranta. Le cicatrici segnano le nuove topologie di corpi che sono già meta(l)morfizzati in un nuovo regime di piaceri e dolori: “Aperture sessuali praticate dalla frammentazione di parabrezza e scale del cruscotto in un impatto ad alta velocità” (Ballard 1973: 179). I corpi che hanno già subito il trauma di uno scontro automobilistico sono – come i mostri descritti da Arbus – un’aristocrazia esistenziale. Sono già passati attraverso un nuovo stadio di metamorfosi e come tali sono oggetto di invidia per i soggetti incarnati che ancora devono passarci. Nel film, come nel romanzo, i corpi coperti di cicatrici sono intensamente erotizzati, perché portano le tracce visibili del loro accoppiamento con l’altro tecnologico – sono tatuati per via di impatto con il corpo dell’automobile (Ballard 1973: 28).
“Osservandomi giunsi a concludere che la conformazione delle mie ferite avrebbe permesso a un tecnico automobilistico di ricostruire con esattezza il modello e l’anno di fabbricazione della mia macchina. La struttura del cruscotto così come il profilo del volante mi si erano infatti impressi nel torace, incastonati nei ginocchi e nelle tibie.”
Ogni cicatrice è, di conseguenza, un confine che può essere superato – una zona di limite, un oggetto di ammirazione di aberrazione, irresistibilmente attraente. In Crash, accanto alle cicatrici, altre forme di modificazione corporea esprimono pari desiderio sessuale, in particolare il tatuaggio, l’automutilazione e il percing. Ma l’automobile trionfa come strumento di mutazione percettiva, che insegue il piacere fino all’estremo limite: la morte.
E’ in atto una sorta di promiscuità molecolare dei corpi con l’altro organico e inorganico. Tale promiscuità traspone latitudinalmente e longitudinalmente i soggetti su un altro piano – al di là della natura umana e degli imperativi del codice genetico. Ballard coglie perfettamente questa mutazione (1973: 179):
“Immaginai altri incidenti suscettibili di ampliare codesto repertorio di orifizi, di correlazionarlo con altri elementi dell’ingegneria automobilistica e con le sempre più complesse tecnologie del futuro. Quali ferite avrebbero creato le possibilità sessuali delle tecnologie invisibili delle camere di reazione termonucleare, delle sale controllo rivestite di mattonelle bianche, dei misteriosi scenari dei circuiti elettronici?”
Crash parla di una mutazione nell’ordine della sessualità umana e della differenza sessuale, che è pluristratificata, ma anche elementare. E’ un cambio di marce, un mutamento di velocità, un’accelerazione che catapulta gli umani fuori dalle ultime vestigia della nostalgia postmoderna per l’integrità umanistica, o della malinconia dovuta alla sua perdita. Esorta a scavalcare qualitativamente gli ultimi dubbi e le ultime esitazioni che trattengono gli esseri umani dalla concertata realizzazione delle nuove incarnazioni virtuali, che le tecnologie contemporanee rendono possibili. In questo percorso evolutivo la donna è spesso rappresentata come soggetto che oppone resistenza, non facilmente preparato a lanciarsi verso la disincarnazione o le reincarnazioni virtuali. “Forse la prossima volta” suona come il riconoscimento di qualche impossibilità, un confine invalicabile, ma anche come la promessa della ripetizione, di un eterno ritorno. La donna in Crash trova difficile diventare-minoritaria, in parte a causa del superiore potere d’attrazione e dunque della concorrenza della macchina, dell’automobile, e delle posizioni-soggetto che essa consente.
Come ha fatto notare Salman Rushdie a proposito della morte della principessa Diana (1997), la nostra cultura erotizza e glamourizza le tecnologie del consumo, a partire dall’automobile. La morte di Diana in un incidente automobilistico è stata un “evento catartico per milioni di persone” (Becker 1999: 282), riferito ai e dai media. Come tale, porta alla luce alcuni dei paradossi centrali della tecnocultura contemporanea, quasi fosse una crudele illustrazione di tutto ciò che Ballard e Cronenberg stanno cercando di dimostrare. Il corpo infranto della principessa Diana acquista un significato semireligioso, come un collettivo rituale su ruote, trasmesso catodicamente in tutto il mondo (Ballard 1973: 109):
“Sedeva nella macchina sinistrata come una divinità occupante un tempietto a essa consacrato nel sangue d’un membro poco importante della sua schiera di adoratori. Sebbene io stessi a una decina di passi di distanza… i contorni unici del corpo e della personalità di lei sembravano trasformare il veicolo accartocciato… quasi che l’intera macchina si fosse deformata attorno alla sua figura in un gesto d’omaggio.”
Secondo Rushdie il romanzo di Ballard, sotto il segno di una potente nuova tecnosessualità, fonde i due feticci che dominano la nostra cultura: i beni di consumo (l’automobile) e la celebrità (la star). Essi si combinano con un’autoevidenza quasi oscena nella morte della principessa Diana. Il terzo personaggio dell’intreccio, decisivo per l’intera storia, è l’occhio della macchina fotografica – nel caso di Diana le luci abbaglianti dei paparazzi. Rushdie dichiara (1997: 68):
“Nel fatale incidente di Diana, la macchina fotografica (Cronista e Amante) va a unirsi all’Automobile e alla Star, e il cocktail di morte e desiderio diventa persino più forte di quanto non sia nel libro di Ballard… L’oggetto del desiderio, nel momento della sua morte, vede le falliche lenti avanzare su di lei, e scattare una foto dopo l’altra. Se la si pensa in questo modo, la pornografia della morte di Diana Spencer diventa evidente. E’ morta durante un’aggressione sessuale sublimata.”
Rushdie interpreta l’ultima, disperata corsa di Diana come un tentativo di esercitare qualche controllo sul proprio status di collettivo oggetto del desiderio, di emanciparsi trasformandosi dal bene di consumo in essere umano, di acquistare una qualche soggettività. Invano: non era al posto di guida.
Per converso, Thelma & Louise, il celeberrimo road movie in versione femminista, usa l’automobile come veicolo di delocalizzazione o deterritorializzazione. Opera uno spostamento di realtà, un cambiamento di dimensione. Oltre ad essere due mogli in fuga che hanno deciso di non rimanere al fianco dei propri uomini, Thelma e Louise si alternano alla guida, si scambiano di posto e guidano fino a spersonalizzarsi sempre di più. Si liberano della loro identità sociale e sessuale, si danno a atti di teppismo, sparano e fanno saltare in aria. Alla fine, nello spazio iperreale delle strade americane, si fondono nel paesaggio, diventando tutt’uno con la velocità con cui lo avevano attraversato. In definitiva non hanno un posto dove andare, la destinazione è immateriale: ciò che conta è essere mobili, nomadi. Potrebbero benissimo trovarsi sulle autostrade di Crash, o su un’astronave, dirette simultaneamente verso l’interno e verso l’esterno, fino all’apoteosi di un salto finale nel vuoto, cioè all’evaporazione del mito. Non significano alcunché, diventano, trasformando se stesse e noi lungo il percorso. Divenire-cyborg può essere virtuale, e tuttavia avviene per via sociale, attraverso un radicamento materiale – corpi situati e, fino in fondo, incarnati. Eppure tutta questa informazione ci arriva attraverso l’obiettivo di una cinepresa – viene trasmessa tecnologicamente. Il cinema e la tv sono i principali beneficiari di questo processo di divenire-macchina dei soggetti. Il loro potere di visualizzazione ha saturato la sfera sociale.

tratto da: Rosi Braidotti, In Metamorfosi. Verso una teoria materialista del divenire, Feltrinelli 2003
[Modificato da |Painter| 10/06/2010 20:47]
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