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La voce dell'Altra - analisi

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 19:30
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Post: 529
Sesso: Maschile
14/09/2009 12:22


LA VOCE DELL'ALTRA

Il film di Cronenberg collega il tema di scrittura e morte alla figura femminile, richiamandosi a molta della letteratura maudite dalla fine del secolo scorso a oggi. Il personaggio femminile è un doppio, ispirato a due figure ideali: Joan Vollmer, moglie di William Burroughs, che è stata realmente uccisa dal marito in un incidente simile a quello descritto nel film, e Jane Bowles – rappresentata come Joan Frost, moglie dello scrittore americano Tom residente a Tangeri – anch’essa uccisa da Burroughs sia pur metaforicamente nel suo romanzo.
A Jane egli si ispira molto liberamente, modellando l’attrice Judy Davis su di lei (forse sulla base delle immagini incluse nella biografia di Dillon), e ne riproduce atteggiamenti, espressioni e pettinature, oltre alla forte personalità; l’uso della droga e dell’alcool, la promiscuità sessuale, la mancanza di convenzionalità sono parte di un’immagine di femme fatale legata all’ossessione della morte. I fantasmi onirici dell’immaginario di Cronenberg diventano qui insetti giganteschi e mostruosi, che si trasformano costantemente nelle macchine da scrivere dei due scrittori, e viceversa. Jane, scrittura e mostruosità sono un triangolo inestricabile nel mondo onirico di questo “incubo” cronenberghiano. Alle macchine da scrivere occidentali, Clark Nova e Martinelli, si aggiungerà quella araba, una Mujaddin, l’unica cui nel film avrà accesso il personaggio femminile.
E’ straordinario notare come questi simboli si riflettano in un irreale gioco di specchi, dalla realtà alla fantasia, e più spesso dalla fantasia alla realtà con un’anticipazione temporale e spaziale, uno slittamento. Le anticipazioni del romanzo di Bowles, scritto in gran parte ancor prima che Jane arrivasse in Africa, ne sono un esempio, così come l’orrida previsione della fine di Jane in Burroughs; bizzarra e macabra circostanza è che durante i quindici anni della sua malattia, che le causò il progressivo impedimento a parlare e scrivere e la perdita di una parte del campo visivo, Jane dipendesse completamente dalla macchina da scrivere per qualunque tipo di scrittura, anche la più elementare.
Non mancano riferimenti specifici agli effettivi avvenimenti della vita di Jane: i suoi vagabondaggi con il marito a Tangeri, la sua volontà di penetrare il mondo e la cultura marocchina, in particolare il suo legame con una donna marocchina qui chiamata Fadela, e non manca la già citata pianta malefica. La figura di Fadela è dominante nel film, icona ambivalente tra le femminili vesti arabe e il completo da cavallerizza o l’uniforme coloniale maschile; con i suoi riferimenti alla magia, alla crudeltà, al travestitismo e all’ambiguità sessuale, ella esprime temi essenziali all’immaginario cronenberghiano, che sono diventati centrali nel suo film successivo, M. Butterfly. L’immagine di Fadela che si toglie la sua pelle di donna e si tramuta nel machiavellico Dr. Benway è l’immagine forte del film, a sottolineare l’ambiguità tra colonizzata e colonizzatore, tra donna e uomo. Il legame tra le due donne non è in primo piano, poiché Joan/Jane, e in modo diverso Fadela, ancora una volta vengono viste come centro e tratto di meditazione dei rapporti maschili, come simbolo dell’angoscia e dell’impotenza dell’artista Burroughs/Bowles/Cronenberg, e così via in una lunga galleria maschile…
Bill, il protagonista del film, richiama Guglielmo Tell. La morte di Joan è ispirata al “gioco” della mela: ella docilmente a comando si mette un bicchiere in testa, Bill spara e la colpisce, mentre il bicchiere pur cadendo a terra rimane intatto. Ma, nella sua seconda personificazione, egli è anche Orfeo, che va alla ricerca della sua Euridice e la perde di nuovo perché si volta indietro, nel momento in cui sta per portarla al sicuro nel paese dell’utopia, insieme alla sua scrittura ritrovata e come simbolo di essa. Quando le guardie di frontiera gli chiedono di dimostrare la sua identità di scrittore, egli si volge alla donna per il loro “gioco”. Avrà via libera non appena ella muore. La pistola fa posto alla penna, la donna alla scrittura. Va notato che si parla sempre e solo del blocco della scrittura maschile, e non di quello di Jane che doveva essere ben noto al regista. Ambedue gli intrecci del film terminano con la morte di Jane, con la sua uccisione da parte dello scrittore in crisi; la donna va sacrificata perché la fiamma dell’ispirazione maschile si accenda, consegnata all’assenza per essere immortalata. Egli l’ama, ma deve ucciderla perché la sua scrittura esista: “un uomo deve, ha bisogno, vuole / una volta nella vita far fuori una ragazza”, come dicono i versi di T.S. Eliot.
tratto da: Lidia Curti, La voce dell’Altra, Meltemi Editore 2006
[Modificato da |Painter| 10/06/2010 19:30]
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