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Lo scandalo - Rassegna Stampa pt.1

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 20:34
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Post: 529
Sesso: Maschile
21/01/2009 17:11


Nel 1996 Crash fece uno scandalo. Catturò l'attenzione dei media per settimane, prima all'anteprima al festival di Cannes in maggio e poi all'uscita in novembre nelle sale italiane (e britanniche). Ho raccolto la rassegna stampa dei principali quotidiani italiani, di cui è disponibile un archivio online, proponendo qui di seguito lo squarcio complessivo di ciò che fu detto a proposito di questo film “depravato”.
Molti articoli suscitano risate, è il caso di dirlo; altri articoli sembrano rendersene conto ed espongono sensate critiche (più che al film, alla situazione parossistica che si era creata).
Per comodità ho diviso gli articoli per testata. Accenni a queste polemiche si trovano anche nelle recensioni e nelle interviste già pubblicate.
Buon divertimento...
Matt – davidcronenberg.tk



***

PARTE PRIMA


“La Repubblica”


HOLLY HUNTER: UN FILM PER RISVEGLIARE CHI HA PAURA DEL SESSO

Nel perbenismo educato del 49 Festival, dove anche le più torbide passioni femminili paiono fremiti immaginari di figlie di Maria, piomba finalmente un film scandaloso: questo termine, spesso sostituito dalla più fisica parola shock, viene ormai usato per eventi di massima tranquillità, tanto per rianimarli un po', come è successo qui qualche giorno fa con il film inglese Trainspotting. Ma per tutta la giornata di ieri il Festival ha provato quelle emozioni antiche e quasi dimenticate che sono il turbamento e l'indignazione. Come ai tempi candidi di La grande bouffe di Ferreri, de L'Impero dei sensi di Oshima, di La maman et la poutain di Eustache, Crash, di Cronenberg, audacemente in concorso, ha gettato nella massima disperazione anche i cinefili più appassionati. Venerate nel passato le sue provocazioni cerebrali, le sue contorsioni psicologiche, la sua visionarietà temeraria, è parso questa volta insopportabile il suo modo di raccontare il sesso, il sesso sporcaccione e sublime come non si era mai visto e soprattutto ascoltato in un film: con immagini e parole e gesti e deliqui disperanti per chiunque non se li ricordi più, o li ritenga troppo intimi e veri per essere raccontati. Quindi, massimi boati alla proba proiezione per i giornalisti, applausi frenetici alla conferenza stampa per sapienti e scanzonati intervistatori, pareggio di applausi e boati alla proiezione per il pubblico. Si immagina che da oggi inizieranno raffiche di proteste e iniziative e tavole rotonde per salvare le anime buone degli spettatori abituati a vederne di ogni colore, ma solo nel ramo della violenza anche più efferata che non conosce censura, dal ben più temibile inferno dei sensi. Cronenberg, il diabolico peccatore, è un signore dai capelli grigi, compito e sereno, circondato affettuosamente da James G. Ballard, autore cult inglese del romanzo da cui il film è tratto, e dalle sue coraggiose signore, la conturbante bionda Deborah Hunger che (nel film) adora essere sodomizzata soprattutto dopo un sanguinoso incidente di macchina, la macabra (nel film) Rosanna Arquette, fracassata e chiusa in una protesi punk di acciaio e pelle che fa faticosamente l'amore solo in automobile, la dominatrice (nel film), Holly Hunter, che appena può si mette a cavalcioni dell'uomo che le ha ammazzato il marito in uno scontro d'auto. Cronenberg parla con passione della sua Ferrari testa rossa e del prossimo film dedicato a Enzo Ferrari e alla Formula 1, Hunter parla della sua BMW dodici cilindri: insieme cercano di convincere delle ragioni salvifiche di Crash. Hunter (la meravigliosa protagonista di Lezioni di piano): "Dovrebbe provocare un risveglio vitale in chi ha paura del sesso e lo cerca in solitudine attraverso per esempio la comunicazione elettronica: se questa è la condizione attuale, perché non potrebbero essere proprio le automobili, la loro fragile fisicità che si sgretola negli incidenti, a diventare il tramite per una nuova sessualità?". Cronenberg: "Il sesso dovrebbe essere finalmente libero, visto che non è più forzatamente legato alla procreazione: il cinema credo debba cercare di esplorare la sua nuova dimensione, anche perché ormai l'erotismo è diventato solo tema da talk show, mentre nella vita privata la gente ne ha sempre più paura". Qual è la differenza tra Crash e un film definito pornografico? "Un film pornografico ha lo scopo, lodevole, di eccitare lo spettatore: il mio può anche essere erotico ma tende a tutt'altro. A far riflettere per esempio sul fatto che noi abbiamo accettato un effetto che chiamerei di disconnessione dalla tecnologia, che ci isola, che ci fa sentire irresponsabili verso le macchine, dall'auto al computer: chi uccide con l'automobile si sente meno responsabile, se non addirittura del tutto innocente, perché è la macchina, e non lui, che ha compiuto il delitto". Tra le ragioni di fastidio per il suo film, compreso il feticismo per le cicatrici più spaventose e le scene di disastro multiplo autostradale, con teste mozzate, visi devastati, cagnolini spiaccicati, ci potrebbe essere l'oltraggio che lei fa alla divinità automobile? "Al contrario, io l'auto la esalto, perché ha liberato una sessualità che prima non esisteva: ancora oggi, per un adolescente, arrivare ad avere l'auto è un segno di potere".
Natalia Aspesi, La Repubblica (18 maggio 1996)




[…] È stato con un certo sollievo misto a irritazione (si sa, i critici per deformazione professionale tendono ad immaginarsi giurati e a vivere passionalmente consensi e dissensi) che ho sentito annunciare da Francis Ford Coppola, ad apertura della cerimonia della premiazione cannense, un premio "for audacity and daring", per l'audacia e il coraggio, a Crash. Sollievo perché di più al film fintamente provocatorio, deliberatamente morboso e autenticamente noioso di Cronenberg non sarebbe certo andato. Irritazione perché gli andava comunque un premio. […]
Irene Bignardi, La Repubblica (21 maggio 1996)




Figuriamoci gli applausi interminabili, i volti commossi, l'ovazione tutti in piedi per Pascal Duquenne, il giovane Down tenuto per mano dal popolare attore francese Daniel Auteuil. Figuriamoci i boati invece per il premio a sorpresa, come inventato apposta per far dispetto a tutti quelli che l'avevano esecrato, dato all'erotico-visionario-catastrofico Crash del canadese David Cronenberg. Il premio aggiunto dalla giuria per dimostrare che a loro il sesso violento non li fa precipitare nello spavento, è stato sostenuto soprattutto dalle signore, e assegnato "per l'audacia, l'originalità e la carica di sfida" che certo ha sconvolto il probo Festival ma lo ha anche riportato ai vecchi tempi delle passioni contrastanti e degli scontri tra cinefili.
Natalia Aspesi, La Repubblica (21 maggio 1996)




FERMATE CRASH SESSO E VIOLENZA

L'unica cosa su cui tutti sembrano essere d'accordo è che Crash, il film di David Cronenberg presentato lo scorso maggio a Cannes e ripresentato a distanza di sei mesi al London film Festival dopo mesi di scaffale e di ripensamenti dei produttori - l'unica cosa che mette tutti d'accordo, si diceva, sono i titoli dei giornali, che parlano ironicamente di "auto erotismo". E non c'è dubbio, visto che l'erotismo (se c'è) di Crash - accolto come un capolavoro eversivo da un'ala della critica e come un film morboso e pericoloso da un'altra ala (tra cui mi iscrivo, con l'aggiunta che lo considero anche noioso e fasullo) - è un erotismo, come sa chi ha letto il romanzo di G.J. Ballard da cui il film è tratto e chi segue le cronache cinematografiche, legato agli incidenti d'auto, allo stato di pericolo e di orrore generato dal rischio automobilistico. Ma, a parte questa consonanza di titoli giornalistici, alla sua prima uscita pubblica dopo Cannes (nonostante Cronenberg sia una gloria locale, al Toronto Film Festival hanno ritenuto più opportuno non mostrare il film, e se in Canada è uscito da qualche giorno con un buon esito di pubblico, negli Stati Uniti stanno considerando che cosa farne) Crash ha suscitato immediatamente il vecchio e terrificante fantasma della censura, aprendo un dibattito che finirà per ridisegnare gli schieramenti: in altre parole, costringerà anche i nemici del film a prenderne obtorto collo le difese in nome del caro vecchio fantasma della libertà. È successo cioè che Virginia Bottomley, ministro della Cultura, ha invitato i consigli locali a proibire il film, definito "depravato", nella loro circoscrizione nel caso Crash passi il vaglio della censura. Con il risultato che magari Crash non si vedrà nel West End - ma si vedrà a Croydon o nel Surrey, con un improvviso successo turistico delle due zone... Di fronte a questo conflitto tra il fantasma della libertà e l'incubo della violenza indotta dal cinema, l'operazione più intelligente l'ha fatto l'Independent, pubblicando, accanto a un pezzo laudativo di Martin Amis, un lunghissimo stralcio della sceneggiatura di Crash, quale assaggio in base al quale decidere se si ha voglia o no di vedere il film. Così andrebbero le cose nel migliore dei mondi possibili: perché in realtà il battage costruito sul caso sta facendo il gioco del film. Sul cui senso non c'è completo accordo neanche tra i due autori, J.G. Ballard e Cronenberg, che ieri, al National Film Theatre, hanno fatto uno show congiunto il cui scopo precipuo sembrava essere quello di prendere per i fondelli i giornalisti che hanno criticato il film, accusati di essere i "veri psicotici". Anche se il gatto (Cronenberg, molto seducente, pacato e convincente) e la volpe (Ballard, più aspro, ma complice) tubavano su quanto sono bravi, affiorava il contrasto tra il romanziere, convinto di aver scritto (nel lontano 1973) non un'affermazione di psicopatia ma una "cautionary tale" - una favola didattica contro la degenerazione delle ossessioni erotiche ("sono stato coinvolto in un incidente d'auto, e non ho provato nessuna libidine) - e il regista, che negava ogni addebito di pornografia (e ha ragione, Crash con i film pornografici ha in comune solo la ripetitività e la noia), sostenendo di aver fatto un film di fantascienza, collocato in un imprecisabile futuro, sugli sviluppi inestricabili della sessualità e della tecnologia. Ma si contraddice da solo: nel film, dice, non c'è un giudizio morale. Appunto: "inventare" una storia di perversioni estreme, che collega l'erotismo alla morte e alla deformità, e aderirvi in un contesto volutamente serioso, è diverso - e più pericoloso - che registrare senza "cornice morale" l'esistente. Si può solo sperare che l'ironia e il distacco di cui è sprovvista la terrificante love story di Cronenberg l'abbiano invece gli spettatori.
Irene Bignardi, La Repubblica (12 novembre 1996)




DACCI OGGI IL NOSTRO SANGUE QUOTIDIANO

Considerato il ritmo parossistico con il quale si succedono le tendenze culturali, è oramai una old wave quella che allaga di sangue, sperma e droga il cinema e la letteratura recente, continuamente aggiornata, come le pagine gialle, da nuove voci e rantoli. Ultimo il film di Cronenberg (gran regista, tra l'altro) sul disastro automobilistico come suprema opportunità d'orgasmo, una specie di Impero dei sensi indifferente all'air-bag. I critici, i lettori e gli spettatori avranno il loro bel daffare a distinguere i bravi (ce ne sono parecchi) dai furbi (ce ne sono tantissimi), gli innovatori dai manieristi, perche naturalmente Cronenberg non è Brizzi che non è Trainspotting che non è la Santacroce, ne gli incubi da indigestione di ragù di alcuni tra i minori splatters nostrani hanno a che fare con le asciutte nevropatie, mettiamo, di uno Stephen King. (Certe spensierate turbe della recente narrativa italiana fanno pensare più ai peti di Alvaro Vitali che ai volti allucinati di Anthony Perkins o Jeremy Irons). I moralisti, poi, si occuperanno di stabilire quanto queste lezioni di anatomia potranno suggestionare "i nostri ragazzi", come è noto dediti alla lettura di Jacopone da Todi e dunque molto traumatizzabili dagli spettacoli violenti. Quello che resta, lasciando da parte le esigenze della critica e quelle della pedagogia, è un impressionante dato quantitativo. L'immaginario "nero" - nelle sue infinite varianti, che vanno dall'apocalittico al manicomiale, dall'epica dell'emarginazione a quella della soddisfazione - dilaga ben oltre gli specializzatissimi generi fin qui conosciuti, fino ad impregnare di se gran parte del paesaggio "comune" e diventare comune esso stesso. E parlare di "immaginario" è quanto mai opportuno se si considera che la gran parte di queste opere di così dissestata fantasia sbucano fuori dalle realtà sicuramente meglio smussate e tutelate e nutrite del pianeta, da noi altri insomma, e non dall'Africa nera o dal mondo povero, che anzi quando può (cioè raramente) ci si manifesta, nei libri e nei film, con ben minore cruenza: e non si dica che una rivolta di strada a Los Angeles, per quanto trasmessa via satellite e replicata duemila volte, è più angosciante e sanguinosa di un bel genocidio tribale. Lasciando stare il mercato (che certo è di una raffinatezza inaudita quando si tratta di soddisfare, come nei luna-park, la fame di spaventi e raccapriccio che ci concediamo come dessert), è forse utile e magari divertente, piuttosto, notare come la "psicologia" di certi film e certi libri sembri direttamente ispirata da certi discorsi da strada e da autobus non proprio "giovani". Ognuno (in tutto l'Occidente, penso) ha almeno una zia anziana che intercala quasi ogni suo intervento con la desolata constatazione che "al giorno d'oggi i ragazzi sono tutti delinquenti e drogati"; che "oramai non si può più uscire di casa"; che "c'è in giro una violenza che prima non s'era mai vista". Sarà lei che scrive certi risvolti di copertina? E non era davvero ante-litteram lo splatter involontario della zia, immaginato e detto senza nessuno dei conforti tecnici e formali dei linguaggi moderni, umilmente coltivato in timorati tinelli assediati dai telegiornali e dalle cronache nere? Certo è la sintonia tra generazioni, per questa via, gode di un'insperata fase di recupero. La torva idea che "non si sa dove andremo a finire" accomuna scrittori e popolo, nipoti e zie, divisi solo sull'opportunità di chiamare o meno la polizia (dettagli, in fondo). In questo senso, allora, le terrifiche visioni funebri, ansiogene e disperate che si rincorrono tra le pagine e sugli schermi rispondono bene, per chi ci crede, al compito dell'arte di interpretare e illustrare come meglio sa e può l'epoca corrente. Non è vero che gli scrittori orroristi e i cineasti violenti parlano d'altro, magari per il vizio incongruo di scandalizzare un pubblico che non sa più, sazio com'è, scandalizzarsi. Parlano proprio, evidentemente, delle nostre società terrorizzate da un benessere che più li cura e meno li rassicura. In più, magari, c'è il pigro e dubbio gusto di alimentare a dismisura un senso della morte che è appena appena terrore di morire - un po' poco, rispetto a quanto è stato scritto in proposito negli ultimi tremila anni. Dopotutto niente di orrendo è stato mai programmato sugli schermi o scritto sulle pagine, rispetto ai volti di certe vecchie americane mummificate dal lifting (penso a una foto della mamma di Sylvester Stallone che nessun Satyricon di nessuna decadenza, neppure la più efferata e cinica, avrebbe mai saputo reggere senza indietreggiare). Magari, ecco, riuscire a scorgere, chi può, qualche timido segno di vita che non sia artefatta, drogata, coatta, serva della paura o della sopraffazione, questo sì, sarebbe interessante. Ma non tutti in una volta, in gruppo, per moda, come si può già adesso temere che avvenga, esaurita l'ondata funebre. C'è già chi ha riscoperto e celebrato i centrini, le ricette e le massime della zia (o era la nonna?), magari la stessa zia che odia il mondo e dice che i giovani sono tutti drogati; e in un ridicolo remake dei siparietti politici prende forma un desolante match tra arte "cattivista" e "buonista". Ma allora forse è fuori, via lontano dalla nostra claustrofobia, che si possono andare a cercare un po' di storie nuove, e d'aria libera.
Michele Serra, La Repubblica (13 novembre 1996)




FERMATE CRASH CORROMPE I GIOVANI

Unanimi contro Crash. I consiglieri comunali di tutti i partiti hanno firmato un ordine del giorno, con il quale chiedono ai magistrati di impedire la proiezione del film di David Cronenberg. Contro le sue macchine assassine e il presunto auto-erotismo si trovano d'accordo Alleanza Nazionale e Pds, Forza Italia e Rifondazione comunista. E non finisce qui la crociata partita da Napoli contro la pellicola, ritenuta "pericolosa" anche dal ministro della Cultura britannico, Virginia Bottomley: il responsabile dell'educazione di Legambiente, Angelo Scudieri, lo scorso settembre ha inviato un esposto alla Procura Circondariale di Napoli per chiedere il sequestro del film su tutto il territorio nazionale. L'atto è stato trasmesso d'ufficio alla Procura della Repubblica e oggi, alle 16,30, l'ambientalista andrà al cinema insieme con il giudice Gaetano Eboli titolare del fascicolo. Si vedranno al botteghino per il primo spettacolo in un cinema di Mergellina, il President. Ciascuno pagherà il suo biglietto. "A fine proiezione - spiega Scudieri - il giudice deciderà se le motivazioni che mi hanno spinto sono giuste o meno". Supposizioni, più che motivazioni. Perché né il responsabile di Legambiente, nè il consigliere comunale dei Verdi, Carmine Attanasio primo firmatario dell'ordine del giorno, hanno visto il film. Impressionati dalla trama? Il film racconta la storia di un uomo (l'attore protagonista è James Spader) che, reduce da un incidente stradale, ha bisogno di fantasie mortuarie - in particolare incidenti stradali molto violenti e molto sanguinari - per eccitarsi. Insomma, è l'estasi dello scontro frontale. L'orgasmo del testa-coda. Il godimento del cranio sfracellato contro il parabrezza. Non è proprio il soggetto a scatenare la levata di scudi. Al portavoce di Legambiente sono bastate le critiche negative espresse da molti giornali. E il boato con cui è stato accolto al Festival di Cannes. Mentre il consigliere Verde, Attanasio, è rimasto impressionato dai trailers: "Violenza gratuita e stupida - spiega - che potrebbe diventare un modello per i giovani. Soprattutto per quelli più deboli. Non bastano le scene trasmesse a qualsiasi ora in televisione?". Attanasio è convinto che qualche ragazzino in cerca di emozioni possa veramente buttarsi sotto un camion per praticare il sesso estremo narrato da Cronenberg. "Se un paese notoriamente tollerante come l'Inghilterra solleva il problema - spiega - qualche motivo ci sarà. Meglio agire prima, senza aspettare che qualcuno perda la vita per imitare l'attore protagonista o il personaggio che interpreta". Non teme che un intervento della censura sia comunque pericoloso, anche se la posta in gioco sono 'i giovani'? "Non è il caso di porsi il problema della censura - minimizza - io lo chiamerei legittimo controllo. Legittima difesa nei confronti di attacchi violenti che arrivano dal piccolo e dal grande schermo". Oggi deciderà il giudice Gaetano Eboli. Se dovesse avviare le procedure per il sequestro della pellicola di David Cronenberg, darebbe finalmente una vittoria agli ambientalisti napoletani in tema di auto. Da anni, con poca fortuna, si battono contro il traffico.
Daniela D’Antonio, La Repubblica (15 novembre 1996)




CRASH, SEQUESTRO RESPINTO

Ha finito per prevalere il buon senso: Crash, il discusso film di David Cronenberg, non sarà sequestrato. Almeno non lo sarà per iniziativa della Procura di Napoli, che era stata chiamata ad esaminarlo in seguito a un esposto presentato da Angelo Scudieri, presidente di un circolo partenopeo di Legambiente, e a un ordine del giorno sottoscritto da diciotto consiglieri comunali, da Alleanza nazionale a Rifondazione comunista. Non si conoscono le ragioni per cui la denuncia non è stato accolta (saranno rese note solo fra un paio di settimane) ma è probabile che il magistrato, il pm Gaetano Eboli, abbia valutato che i dubbi contenuti di Crash (che peraltro è già vietato ai minori di diciotto anni) non si discostino molto da quelli di altri film ampiamente in circolazione. Venerdì, prima di consultarsi con il Procuratore capo, Agostino Cordova, e decidere, Eboli aveva osservato che "a volte un'azione dura può ottenere l'effetto opposto a quello che si desidera, suscitando curiosità là dove il giudizio del pubblico potrebbe essere quello idoneo". La preoccupazione di creare una curiosità morbosa attorno al film 'proibito' può essere stata dunque un'altra delle ragioni a monte della decisione. Via libera, dunque, a Crash, ma anche alle polemiche aperte all'interno della sinistra partenopea, che si è trovata involontariamente dalla parte di chi invoca la censura. Legambiente nazionale (nella persona del presidente Ermete Realacci) prende le distanze da Scudieri, bollando come iniziativa "assolutamente personale" la richiesta di ritirare il film dalle sale, e prendono le distanze anche le segreterie cittadine dei partiti (come il Pds e Rifondazione) le cui sigle compaiono in calce all'ordine del giorno comunale accanto ai nomi di alcuni consiglieri. Prende le distanze da se stesso persino il verde Carmine Attanasio, che era il primo firmatario: "La nostra è stata una provocazione".
E.B., La Rpubblica (17 novembre 1996)




VOGLIA DI CENSURA

Tira una brutta aria dalle nostre parti, se è vero che il promotore dell'esposto che chiedeva alla magistratura napoletana di sequestrare il film Crash è un esponente di Legambiente. Già il fatto che un cittadino voglia impedire a chiunque altro di vedere e giudicare un'opera dell'ingegno, appare inquietante. Per di più, un'opera che l'aspirante censore stesso dichiara di non conoscere. Che la richiesta di un provvedimento così radicale venga poi da un ambientalista (il quale si presume sia persona cosciente di abusi e soprusi perpetrati nei confronti di una vittima inerme come la natura: non potrebbe preoccuparsi anche dell'arte?) rende ancora più allarmante la vicenda, che diventa un ulteriore segnale della confusione etica e, persino, politica in cui siamo precipitati. Della rappresentazione dell'orrore e delle cause della sua moltiplicazione hanno parlato ampiamente su queste pagine due laici come Eugenio Scalfari e Michele Serra. E di un orrore fisico e metafisico, brutale e sgradevole, raccontano sia il libro di James Ballard che il film di David Cronenberg, da cui è ricavato. Ma non è adesso in questione il contenuto - contestabile, condivisibile o repellente che sia - delle due opere. Il problema che si pone, ancora una volta da secoli a questa parte, è la liceità di rappresentare, con forme più o meno artistiche, gli aspetti meno nobili o più controversi del nostro vivere. Un quesito sfuggente, complesso, non riducibile ad affermazioni assolute, se non da parte di chi è in grado di alzare davanti a sé la barriera di morali forti come quelle nate da una fede religiosa. Ma è lecita la preoccupazione di chi - anche laico, quindi compagno del dubbio - pensa che mezzi potenti come cinema e tv possano avere effetti deleteri su certi tipi di pubblico: un film come Crash, proprio per il tema svolto, conterrebbe germi 'pericolosi' (rischio di emulazione?). Da qui, però, a mettere in dubbio la possibilità stessa di trasformare in espressione artistica alcuni argomenti esiste una sola strada costellata di segnali pericolosi che si chiamano 'zdanovismo' , 'arte degenerata' o i mille altri nomi che la storia ha voluto assegnare alla censura, ovvero il tutore al quale si affida una società quando non vuole scegliere. Per fortuna il giudice napoletano, archiviando l'esposto, sembra aver dimostrato maggiore saggezza di chi aspira a un'arte sterilizzata, inoffensiva e inutile.
La Repubblica, 17 novembre 1996




CONSIGLI PER VEDERE CRASH

Carico di amore e morte, che oggi vengono definiti sesso e violenza, Crash è destinato ad attirare le piccole folle appassionate del ramo, che usciranno dal cinema o scossi, o annoiati, o leccandosi i baffi, o indignati: ci sarà, come è già capitato da parte di brave persone che il film non l'avevano neanche visto, chi ne chiederà scandalizzato il sequestro, (ma il pretore di Napoli, investito del problema, non l'ha accordato), chi abbandonerà per sempre l'automobile diventando podista, chi si chiederà disperato come mai non gli è ancora capitata una bella signorina vogliosa che senza mutande ma con reggicalze peccaminosamente bianco, gli sussurra all'orecchio le massime lusinghiere porcherie. Affinché la si smetta di parlare del film del soave regista canadese David Cronenberg, per lasciare spazio a dotte discussioni sui film di Natale (con efferati serial killer, poliziotti corrotti drogati e feroci, disastri planetari spaventosi, puttanone di carne abbondante per far ridere, e forse l'ultimo Giulietta e Romeo con Capuleti naziskin e Montecchi gangster e spacciatori), vorrei passar parola, per facilitare la scelta di andare, o non andare, a vedere il film, a seconda della propria sensibilità, curiosità, idea del divertimento. Il film mette insieme tre ossessioni contemporanee. Il sesso esasperato, su cui leggiamo continuamente inchieste sbalorditive, da cui risulta che lo si fa in otto, anche venti volte la settimana, con il babbo e la zia, che c'è il trionfo del sedere ambosessi, che anche i preti lo fanno e non sempre col sagrestano, per non parlare degli appassionati di piccini, che devono essere una valanga. L'orrore e l'attrazione per la morte, che si vuole ignorare e si cerca in ogni modo, che lascia indifferenti quando sono cento, mille, centomila morti tutti in una volta, ma è molto apprezzata quando riguarda personalità singole anche deplorevoli, ed è diventata pure un genere letterario, da quando Harold Brodkey, morto di Aids agli inizi dell'anno, ha scritto, con grande successo ovviamente postumo, La storia della mia morte. E l'automobile, che non è più come negli anni Settanta l'unico vero amore, quando la si lavava e strofinava e ammirava e baciava con più trasporto erotico che la propria signora, ma resta una protesi senza la quale non si è certi di vivere, anche per i sensi di colpa sociali, perché se non ne compri una nuova ultimo modello, Torino trema. Per esempio sconsiglierei la visione del film ai dirigenti e concessionari Fiat, perché la vista di tutte quelle lamiere spiaccicate dagli scontri soprattutto nei disastri autostradali multipli, che nei telegiornali non fanno più impressione ma nel film, completi di cagnolino decapitato, morti a pezzi e feriti che vagano sanguinando, potrebbe incidere sul loro entusiasmo lavorativo. Lo sconsiglierei anche ai nuovissimi giovani scrittori italiani pulp, tipo Santacroce, Ammaniti, Campo, Caliceti, e i loro seguaci, che con tutti i loro stupri e scopate e splatter, non sopporterebbero forse il vero horror: sia quello atroce di Ballard, dal cui romanzo di culto del '73 il film è tratto e che aveva intitolato i capitoli di un suo precedente libro “Perché voglio scopare Ronald Reagan” e “L'assassinio di John Kennedy come corsa automobilistica”, che quello levigato e ironico di Cronenberg. Non andrei a vedere Crash neanche se fossi uno delle migliaia di manifestanti delle varie marce antitasse, sia leghiste che poliste, sia a Roma che a Milano che ovunque, perché malgrado la violenza spesso allegramente sporcacciona dei loro striscioni si capisce benissimo che in tutti i casi si tratta di persone timorate, che le mani le usano per nascondere al fisco i loro guadagni e non hanno tempo per fare uno solo dei gesti inequivocabili con cui quando non guidano, i personaggi di Crash se la spassano. Battendo le mani solo a se stessi e non a Bossi o al quartetto a capo del Polo perennemente in tournée. Credo che potrebbero vederlo con gusto, senza annoiarsi né scandalizzarsi, altre categorie di spettatori: per esempio quelli che ai loro tempi, che possono anche essere il presente, ne hanno fatte, ne fanno, vorrebbero farne di tutti i colori, e sono contenti che la bellissima e severa Deborah Unger lo faccia e soprattutto lo dica selvaggiamente per loro. Quelli che abitualmente lo fanno in macchina e che devono ancora essere una moltitudine, a contare le automobili ferme lungo le stradine meno frequentate, perché potrebbero ricavarne utili proposte di sfruttamento dell'abitacolo. Quelli che amano la nuova corrente d'arte che opera sul corpo e corrono a vedere a Roma l'artista francese Orlan che si sottopone a interventi chirurgici trasformandosi per amore dell'arte in un'aliena: troveranno del tutto plausibile che James Spader, troppo carino per essere attraente, si incapricci di Rosanna Arquette che in seguito a disastri automobilistici è tutta rifatta e tenuta insieme da protesi di pelle e acciaio. Quelli che guidano sbadatamente, e che possono imparare a stare più attenti, rendendosi conto che in seguito a uno scontro, non solo possono volare fuori dal finestrino per entrare nella macchina dell'altro protagonista dell'incidente, ritrovandosi stecchiti, ma anche che la loro vedova, che in questo caso è l'inquartata Holly Hunter, proprio a causa delle ferite riportate, diventa un bocconcino da erotismo al volante e non versa una sola lacrima di rimpianto per il defunto. Quelli che il sabato sera e i giorni feriali aspirano alla strage guidando come pazzi, e potrebbero accorgersi di autofregarsi, perché persino in Crash il piacere lo si trova ad auto ferme e gli inseguimenti hanno come solo scopo scemo la morte. In questo caso poi, inutile darsi da fare, perché il meglio l'hanno già fatto Ballard e Cronenberg, con il personaggio interpretato dal mostruoso Elias Koteas, tutto una cicatrice, che ricrea come spettacolo l'orribile fine in automobile di James Dean e Jayne Mansfield, che morì decapitata.
Natalia Aspesi, La Repubblica (18 novembre 1996)




LONDRA VIETA CRASH, TROPPO VIOLENTO – Niente Crash nella maggior parte dei cinema del West End londinese: le autorità locali di Westminster, un vasto quartiere nel cuore della metropoli britannica, hanno bloccato ieri l'uscita del film del canadese David Cronenberg che è invece in circolazione in Italia. I responsabili municipali di Westminster non hanno tollerato tre scene-choc dove gli incidenti stradali, con corpi feriti e maciullati, vengono presentati come un ottimo, stimolante viatico sessuale. Temono che 'giovani impressionabili' siano spinti ad emulare 'la degradazione e la violenza' del film.
21 novembre 1996


SPOLETO, IL PUBBLICO SCEGLIE CRASH – […] La giuria popolare ha premiato il promo di Crash di Cronenberg.
24 novembre 1996


CRASH IN ITALIA NON ANDRA' MAI IN TV – Niente tv per il film scandalo di David Cronenberg Crash: a rivelarlo è il distributore italiano Filmauro. "Il film non passerà mai in tv - dice Giampaolo Cantini, responsabile homevideo Filmauro - la pellicola è vietata ai minori di 18 anni quindi sarebbe potuta passare solo con dei tagli. Non ce la siamo sentita anche perché la storia sarebbe stata stravolta". Intanto a Londra - dove Crash uscirà il 2 giugno - il film non sarò proiettato nei cinema del centro.
29 maggio 1997


[…] Nei corridoi della Time Warner echeggiano ancora i commenti moralisti di Ted Turner di fronte alle scene di sesso esplicito contenute in certe pellicole. Si infuriò quando la New Line, consociata della Time Warner, fece uscire Crash di David Cronenberg come NC-17, considerandolo un tradimento rispetto alla linea della compagnia. Le pellicole a sfondo sessuale incontrano spesso il rifiuto dei distributori, restii a mettere in circolazione film vietati ai minori. […]
08 agosto 2003




MA NESSUNO HA VISTO CRASH IN AMERICA

È una piccola notizia, lo ammetto, e l'ho trovata per caso. Ma forse vale le poche righe che seguono. Crash, il film maledetto che il Consiglio comunale di Napoli voleva abolire per eccesso di indecenza, non è mai esistito in America. Mai visto su uno schermo di quel paese neppure in visione privata. Nessuno ha mai pensato di distribuirlo. Nel vasto subcontinente non c'è traccia di recensione. Il sospetto è nato nel chiedere pareri ad amici americani, poi a esperti. Mai sentito. C'è un punto di verità suprema del cinema americano, il giornale Variety che esce in due versioni, quotidiana e settimanale. Variety, incuriosito, accetta la ricerca e trova un solo articolo. È una citazione di Ted Turner. Oltre all'impero televisivo Cnn e a molte affiliate, Turner controlla una delle maggiori reti di distribuzione degli stati Uniti, la Fineline. "Mai sui miei schermi", è la citazione attribuita a Turner dopo che era stato visionato il film del regista canadese Cronenberg. Si sa che Cronenberg è un autore noto (The Fly), uno che incassa e che ha avuto in passato buone recensioni e rispettabile reputazione. Si sa anche che Ted Turner è un attivissimo uomo d'affari, senza pregiudizi o preoccupazioni extraprofessionali. Perche no, allora? "Junk", è stata la sua risposta, nella corrispondenza estiva di Variety. Vuol dire "da buttare". Il fatto che Crash abbia avuto un premio speciale a Cannes non sembra avere lasciato tracce non solo nel mondo della distribuzione, dunque degli affari di cinema, ma neppure in quello della cultura. Il mondo viaggia, viaggiano le videocassette, ma l'eventuale contatto con il film del regista canadese non ha lasciato traccia nell'immaginario americano. Suppongo che ciò sia avvenuto perche chi ha visto il film ha avuto la stessa sensazione di Ted Turner, "junk". Intriga il clamoroso sbarco in Italia. I produttori nord-americani devono avere pensato quello che pensa ogni giorno la Philip Morris. "Se gli americani smettono di fumare, facciamo fumare di più i cinesi". Ogni giorno che passa i polmoni americani sono meno inquinati, e all'espansione del mercato provvedono i robusti fumatori di Shanghai. Per il cinema, l'Italia. Siamo sempre stati il secondo mercato del mondo per il cinema americano, e questo fatto ci ha consentito spesso di vedere buoni film "made in Usa" quasi in tempo reale. Adesso, forse, inizia un altro fenomeno. Quel che non funziona per il pubblico americano o quello che il pubblico americano non accetta viene prontamente esportato e messo in vetrina da noi come nuovo nei circuiti di prima visione. Ovvero ci dicono che è la nuova frontiera della cultura di quel paese. Contano su una nostra reazione curiosa. Se il film non è italiano, prontamente disattiviamo la strumentazione critica, che con la nostra produzione è implacabile. Ricordate le proteste quando si era profilata la minaccia che un premio Oscar toccasse al Postino, l'ultimo film di Troisi? Non che la nostra tradizione di ospitalità culturale non ci faccia onore, benche segnata dalla mania di attribuire automaticamente un valore aggiunto ai prodotti di importazione. In altri tempi ci siamo accorti del valore di Jerry Lewis quando gli americani lo consideravano un poveretto. Ma in quest'epoca di grandi costi, grandi produzioni e grandi mercati, dispiace scoprire che siamo stati designati, come i fumatori di Shanghai, a sostituire i consumatori americani. Mercato di serie B per recupero di prodotti di scarto? Può darsi che sia un episodio isolato, ma propongo di stare attenti. Se il caso si ripetesse, invece di invocare censure che sono sempre sbagliate, potremmo rispettosamente rinviare il pacco di scarto al mittente.
Furio Colombo, La Repubblica (26 novembre 1996)




SORRENTO - Arriva dall'Inghilterra la risposta 'puritana' al tanto chiacchierato Crash di Cronenberg. Il film s'intitola La Passione ed è stato scritto e prodotto da Chris Rea, musicista pop inglese di origini italiane, con la regia di John Hobbs. La Passione è stato presentato in anteprima agli 'Incontri di Sorrento' , dove abbiamo incontrato Chris Rea. Come in Crash, il rapporto automobile-sesso è molto stretto, anche se di segno opposto rispetto al film di Cronenberg... "Non ho visto Crash ma il mio film racconta la storia di un sogno. Il sogno di un bambino, figlio di italiani, che vive nell'Inghilterra del nord all'inizio degli Anni 60. È innamorato della Ferrari, è stregato dalla figura del pilota Wolfgang Von Trips, rimasto ucciso a Monza nel 1961. Nel film c'è anche il sesso, ma è ovviamente un sesso sognato, non vissuto. Viene rappresentato il modo in cui un bambino può vivere questi due miti, il sesso e le auto da corsa". […]
Antonio Tricomi, La Repubblica (4 dicembre 1996)
[Modificato da |Painter| 10/06/2010 20:34]
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