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RECENSIONI - Rassegna Stampa / 4

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2011 10:27
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Sesso: Maschile
29/12/2008 20:53


RASSEGNA STAMPA PARTE 4


Ritrova il calore della materia pulsante, il cinema di Cronenberg. Ritrova il colore un po' caldo un po' putrescente delle sostanze organiche - carne, legno, ossa, viscosità, mucose. Ritrova la sostanza di un cinema che era andato mutando l'orrore del desiderio nel desiderio dell'orrore (dove l'orrore altro non è che l'aberrante abisso dell'essere umano). Ritrova il destino finale di un corpo che non necessita più della sua sostanza per praticare la sua fisicità: dai bozzoli del teletrasbordo di Seth Brundle al Game Pod di Allegra Geller, passando per le visionarie assenze del Pasto nudo, il corpo diviene sempre di più l'evanescenza di un desiderio immateriale prima del quale, oltre il quale Cronenberg pensa la sua realtà.
eXistenZ è un Videodrome nella mente, spinto nell'indefinita realtà virtuale (ma virtuale rispetto a cosa, ci si chiede…) di un gioco da giocare nella mente. Allegra Geller è la sacerdotessa di questo nuovo culto, creatrice del rivoluzionario virtual game che dà il titolo al film, incastrata in un disputa tra multinazionali che si contendono il mercato, scampata a un attentato che dà il via alla sua fuga in compagnia di Ted Pikul, un assistente ancora "vergine" rispetto al gioco, ma disposto a spingersi oltre le barriere del reale pur di non abbandonare la sua protetta.
Cronenberg cortocircuita il suo cinema in quest'opera che ne raccoglie tutti gli elementi e le ossessioni e le spinge in avanti. eXistenZ è un film "sporco" come un B-movie e asettico come un'idea, ma sia da un versante che dall'altro pulsa di sensazioni che ne slabbrano la portata sino a farla aderire alle immateriali ossessioni dell'autore. La mutazione come frontiera estrema dell'appartenenza a se stessi, il corpo come porta aperta sull'astrazione del desiderio, il sesso come copulazione allucinatoria tra carne e idea. L'assetto basso di un film come questo consente a Cronenberg di aprire nuove frontiere: come dire una summa spinta verso nuovi universi. Tutti da esplorare.
Massimo Causo, sentieriselvaggi.it



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In realtà si scrive eXistenZ, con l’iniziale minuscola e due sole consonanti maiuscole. Dichiarazione d’intenti, sfida immediata, capovolgimento di regole, per uno dei lavori più complessi della filosofia della carne che impregna l’opera al nero di David Cronenberg. Realtà terrena e realtà virtuale, corpi fisici che si espandono e scompaiono, per poi ricompattarsi e ricomparire sotto nuova forma, nuova materia organica. O forse no? In eXistenZ uomo e macchina pongono in essere la fusione totale di particelle e sostanze, anima e alienazione, celebrando il game pod come strumento di passaggio da un mondo all’altro. Tutto è sfumato e incerto, nessun confine trova la sua effettiva sostanzialità, e i personaggi di questo gioco iper-futuristico trascendono se stessi per porsi come oggetti di pura rappresentazione onirica. Jennifer Jason Leigh e Jude Law sono esseri reali o trasposizioni dell’immaginario ludico? Icone o persone? Quando vivono la realtà terrena essa è autenticamente ciò che sembra? Dove inizia e dove finisce il gioco? Quale è il concetto cardine di una sceneggiatura apparentemente senza struttura in cui finiamo coinvolti in un vortice di indeterminatezza e turbamento, inseriti come monetine nel sistema nervoso dei protagonisti attraverso una pulsante consolle che reca in sé gli estremi di un’allucinazione senza uscita? Domande (ir)risolvibili come enigmi la cui risposta non ha una forma ben definita.
Il corpo smaterializzato e ricreato in un’identità ibrida ne La Mosca, il corpo drogato e fuso in una macchina da scrivere che muta e rinasce come scarafaggio nel Pasto Nudo, il corpo-bocca che inghiotte la realtà massmediologica di Videodrome, il corpo tagliato, spezzato e sodomizzato di Crash, qui non esiste più. C’è solo un videogame, con i buoni e i cattivi, i vivi e i morti, la sfida e la lotta, la fuga e il ritorno. Di tangibile non vi è nulla, se non la definitiva decostruzione cronenberghiana del corpo umano come organismo fisico incapace e inadatto ad adeguarsi alla realtà in divenire. Un processo ineluttabile, inseguito dal regista canadese fin dai tempi de Il demone sotto la pelle, e ora giunto alla sua spiegazione ultima. All’estremo di un cinema che (opportunamente) divora la propria essenza per trasformarsi in straordinaria e radicale analisi socio-biologica del malessere del mondo.
Alessio Gradogna, sentieriselvaggi.it



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eXistenZ si scrive così. X maiuscola, Z maiuscola. Ed è un gioco iper-reale che azzanna le viscere e il cervello, che oltrepassa i limiti dei vecchi sistemi tattili e visivi e sensoriali in genere. Adesso alla realtà virtuale si ascrivono altri fattori: le conseguenze del gioco possono avere ripercussioni anche sulla vita reale e non c’è conseguenza del gioco che non si adatti a un nuovo giocatore; il programma traduce le caratteristiche psicofisiche di ogni persona e le installa nella nuova partita che il gruppo o il singolo si apprestano a cominciare, cosicché gli utenti connessi possano riconoscersi nella nuova dimensione come se stessi e come personaggio da interpretare.
Per accedere a questo mondo innovativo è necessario installare, alla base della spina dorsale, una bio-porta, un connubio di tessuti organici e tecnologia, indispensabile per approdare a eXistenZ e ai suoi epigoni. L’altro elemento essenziale per la connessione è il game-pod, una sorta di joystick composto dalla sistematizzazione artificiale di organi e di tessuti animali. Non necessita di batteria, si alimenta dal corpo umano attraverso un cordone ombelicale collegato alla bio-porta.
Il game-pod è molto sensibile agli sviluppi del gioco e alle cariche neuro-psichiche del giocatore, la vita del game-pod non prescinde dagli eventi che si succedono nella nuova dimensione: per la forma che possiede e che assume nel corso degli avvenimenti virtuali e per la tipologia connettiva, è una specie di appendice umana. Qualcosa che connota la nuova ideologia di una società incline al sogno artefatto e al surreale meccanico, alla nuova realtà elettronica e virtuale, che non discrimina le mutazioni, le combinazioni biologiche, l’inter-connessione tra macchina e uomo, conscia di raggiungere una nuova consapevolezza, un nuovo scibile extra-sensoriale. Anche la bio-porta apre canali segreti dell’intelletto umano: l’inserimento del cavo ombelicale al suo interno provoca un amplesso silenzioso, nuove sensazioni fisiche.
A sedici anni da Videodrome David Cronenberg imbocca, ancora una volta, il suo sentiero postmoderno, contrassegnato dalla perdita di un centro, da protagonisti dissociati che hanno smarrito le loro proverbiali coordinate esistenziali e dalla compresenza osmotica di due mondi agli antipodi tra loro e paralleli – allucinazione/realtà, macchine/uomini, animali/uomini. Ma stavolta il regista di Toronto opta per una variante, la matrioska. Un gioco include un altro gioco, il quale a sua volta ne include un altro, sino alla “scocca” finale. La confusione determinata da questo sistema di domini e di insiemi provoca una sorta di collasso mentale che interdice ai protagonisti il ritorno alle proprie origini “reali”, al momento esatto in cui il gioco è cominciato.
I protagonisti della realtà virtuale non riusciranno più a discernere le loro azioni reali e consapevoli da quelle effettuate nella nuova vita parallela. Come in Videodrome, le macchine e la tecnologia si impadroniscono dell’unico elemento vitale che permette all’uomo di essere tale, la coscienza. In tal senso è esplicativa l’ultima sequenza del film: i due protagonisti commettono un omicidio formulando una frase che riecheggia nei vari insiemi e sottoinsiemi del gioco, ma mentre si accingono ad eliminare un altro personaggio, prima di premere il grilletto, questi li interroga: “siete sicuri che questo sia un gioco?”
Leibniz, lankelot.eu



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Ci risiamo. Quando ci troviamo di fronte ad un film di Cronenberg, dobbiamo essere consapevoli di avere a che fare con qualcosa di assolutamente fuori da ogni logica e soprattutto dal normale e dal reale. E alla fine, nonostante questo, riusciamo a catapultarci nei suoi incredibili viaggi nel corpo e nella mente dei personaggi che mette in scena e ad entrare nei meccanismi e nei messaggi che tramite queste folli e inusuali storie si insinuano anche nelle nostre menti e quasi nei nostri corpi (che hanno quasi reazioni sensoriali). Questa pellicola è a dir poco allucinante, estrema, impressionante, assolutamente fantascientifica, ma con la tipica tematica cara al regista e cioè quella dello sdoppiamento e della metamorfosi, in questo caso la “persona” che diventa “personaggio” di un videogioco (un vero e proprio alter-ego), attraverso il quale compiere tutte quelle scelte e quelle azioni che nella vita reale non è concesso compiere, risultato di una, forse esagerata, applicazione del libero arbitrio, che distingue l’uomo dagli altri essere viventi.
Tra mutanti anfibi le cui carcasse assemblate divengono joypad, pistole fatte di ossa e sangue con denti umani al posto dei proiettili, bioporte impresse sul corpo con la forma di uno sfintere nel quale collegare il pod tramite una sorta di cordone ombelicale; c’è da essere forti di stomaco e lucidi di mente per riuscire a cogliere quello che si nasconde dietro queste trovate discutibili, ma sicuramente molto originali e potenti dal punto di vista visivo e soprattutto evocativo e metaforico.
Allegra Geller (una carismatica Jennifer Jason Leigh) è un’importante creatrice di videogiochi virtuali attraverso i quali i giocatori riescono ad estraniarsi dal proprio corpo che rimane nella postazione di gioco e ad entrare in un mondo parallelo, che pare essere assolutamente reale e nel quale è possibile compiere le scelte più disparate. La sua ultima creazione eXistenZ sta per essere testata da un gruppo di persone che sembrano venerare la donna come se fosse una rockstar. Mentre si accingono a prendere posto, un gruppo di insurrezionalisti armati con una pistola di ossa e sangue, tentano di uccidere Allegra proprio perché sono fautori del “realismo” e si oppongono strenuamente all’eXistenZialismo. La donna riesce a scappare anche grazie all’aiuto di un uomo che diventa presto la sua guardia del corpo, Ted Pikul (un acerbo ma soddisfacente Jude Law) che riesce a portarla lontano in una camera d’albergo. Il pad di Allegra (lo strumento tramite il quale è possibile entrare nel gioco collegandolo tramite una sorta di cordone ombelicale alla bioporta del giocatore, situata nella parte bassa della spina dorsale) è rimasto danneggiato e la donna è decisa a tutti i costi a sistemarlo e a rientrare nel gioco per sfuggire ai suoi attentatori. Ma per giocare c’è bisogno di una persona amica. E chi meglio del povero ed ignaro Ted, che non ha nemmeno una bioporta installata nel suo corpo? L’uomo, dapprima riluttante, decide di aiutare la sua amica e si fa installare la bioporta da uno strambo personaggio che pare venerare Allegra, il meccanico Gas (uno straordinario ed inquietante Willem Dafoe), che in realtà si rivela essere un traditore, anche se non riuscirà a fermare la corsa dei due protagonisti che per sistemare il pod si rivolgono ad un vecchio amico di Allegra, Kiri Vinokur (il sempre ottimo e caratteristico Ian Holm) che fa una sorta di operazione sul pod permettendo ai due ragazzi di poter finalmente entrare nel gioco.
Allegra e Ted si ritrovano quindi in un altro mondo, e dopo aver superato lo spaesamento iniziale (soprattutto da parte di Ted che non aveva mai fatto una cosa del genere), cominciano a muoversi per capire quali mosse compiere e come procedere per non lasciarsi raggiungere dalla resistenza realista e per vincere quindi il gioco. Numerosi i personaggi con i quali dovranno interagire: commessi di supermarket tecnologici, impiegati di strane fabbriche che costruiscono proprio i pod, camerieri cinesi da eliminare a sangue freddo, spie, traditori e quant’altro.
Non sempre sarà facile riconoscere gli alleati dai nemici e non sempre sarà semplice rimanere ancorati al gioco senza pensare ai propri corpi “parcheggiati” altrove. Ed è così allora che si mette il gioco in pausa per andare a dare un’occhiatina al proprio corpo e per essere sicuri che non abbia freddo o fame ed è così che la mente quasi non riesce più a distinguere tra gioco e realtà, tra la finzione e la vera vita, ed è così che si assiste al susseguirsi del gioco nel gioco e della vita nella vita o del gioco nella vita e della vita nel gioco.
I due protagonisti faranno di tutto per proteggere il pod tanto amato da Allegra e giungeranno ad un epilogo nel quale tutte le certezze di entrambi crolleranno per lasciare spazio ad un unico vincitore che si risveglierà in un’altra realtà…
“Il mio pod ha bisogno di cure”, dice Allegra al suo amico Ted, rivolgendosi all’”aggeggio”, come se fosse un essere vivente a tutti gli effetti, segno questo dell’estrema immedesimazione dell’uomo nella finzione, immedesimazione (con questo film ben espressa e comunicata) che lo spinge a desiderare di entrare nel gioco stesso, di esserne parte viva, reale. Ma siamo sicuri che non sia poi il gioco a voler entrare nelle nostre vite? A volte non si sa neanche perché si vuole giocare, ma l’impulso si impossessa dell’uomo inducendolo a compiere le azioni più strane e inspiegabili: “Devi partecipare al gioco, per scoprire perché partecipi al gioco”. Ed è così che Ted fa fuori un cameriere cinese, perché tanto è solo un personaggio del gioco, o mangia in preda ad un impulso un piatto fatto di carcasse di animali non ben identificati. I vari personaggi che si incontrano nel videogioco, vanno quasi in stand-by se non gli si dice la parola giusta o non li si chiama con il loro nome corretto e questo contribuisce a rendere l’atmosfera ancora più surreale e sopra le righe di quanto già non appaia grazie alle scenografie corredate con elementi grotteschi e sicuramente “schifosi”. Nel gioco è possibile esercitare all’estremo il libero arbitrio compiendo azioni che non si avrebbe mai il coraggio e la forza di compiere nella vita reale, proprio perché come ripete Allegra allo spaventato e spaesato Ted “niente panico, è solo un gioco”. Ma quanto siamo sicuri che la nostra mente non si faccia quasi rapire e intrappolare in questo gioco? O il gioco è forse l’unico mezzo che abbiamo per esprimere la nostra vera personalità repressa e nascosta dalle restrizioni della realtà? Su questo binario scorrono le divergenze tra i “realisti” e gli “eXsistenZialisti” che si contendono il primato sul campo di gioco, ma che poi si rivelano estremamente reali. Non mancano oltre alle elucubrazioni filosofiche e ai messaggi subliminali soprattutto di stampo sessuale (la bioporta assomiglia moltissimo ad uno sfintere, elemento presente in molte altre pellicole del regista, e in effetti i protagonisti godono quando questo viene penetrato dal cordone ombelicale che li unisce al pod e viene anche stimolata dalle dita dei due ragazzi e via dicendo), i colpi di scena, i complotti, le spie, i nemici sanguinari e gli amici utili (come in ogni videogioco che si rispetti): “Il succedersi di colpi di scena mi ha fatto stare male”, dice infatti Ted alla fine del gioco.
La confusione si impossessa dei protagonisti (e ad un certo punto anche dello spettatore che è parte integrante di questo gioco che Cronenberg mette in scena) proprio perché ad un certo punto non si distinguono più realisti da eXistenZialisti, dato che nessuno sembra appartenere realmente ad una fazione piuttosto che ad un'altra e soprattutto perché alla fine, con l’ultimo grande colpo di scena, tutte le “certezze” che avevamo avuto fino ad allora vengono smontate da un ribaltamento dei ruoli e dei punti di vista, davvero inaspettato e sicuramente funzionale dal punto di vista cinematografico e narrativo. Quindi coloro che recitavano/giocavano la parte degli eXistenZialisti erano in realtà dei sostenitori del realismo e viceversa? Voi da che parte state?
ale55andra.splinder.com



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Ecco un riconoscibilissimo Cronenberg che gioca ad autocitare tematiche precedentemente trattate (Videodrome, 1983) e che delizia ed intriga lo spettatore con piccole creazioni tecnologiche tipiche del suo discorso sull'ossessione del corpo. Il gamepod di materia organica metà tecnologico e metà rana mutata che fa versetti qundo lo si accende-stimola (sì, avete letto bene!) è un'idea geniale, così come la pistola sparadenti, la "presa" nella spina dorsale e gli altri ammennicoli presenti nel film. Cronenberg si prende in giro con un sottile humor e prende per i fondelli i protagonisti e lo spettatore shiftando fra una realtà ed un'altra (più di quanto abbia fatto Matrix), alcune volte forse in modo un po' incoerente, ma sempre per non rivelare qualche particolare che sarà detto poco più avanti, con il risultato di tenere incollato lo spettatore al video. Nonostante il finale a sorpresa (ma molte sono le sequenze a sorpresa), la finalità di Cronenberg non è quella di sviluppare un soggetto per buttare sullo schermo un finale shocj, ma bensì quello di spiazzare lo spettatore come lo sono stati i protagonisti per tutto il trascorrere della pellicola, confondendo le carte fino alla fine e lasciando confusi su cosa abbiamo visto, quando è accaduto e soprattutto in che mondo. Il regista è aiutato, chiaramente, dalla performance dei due attori che riescono benissimo nelle loro parti. Soprattutto Jude Law colpisce con il suo volto sempre ambiguo, confermandosi già al tempo come una delle più brillanti promesse del cinema dei nostri giorni. Al mitico Dafoe viene dato un ruolo marginale, quasi un cameo, che lo scafato attore gestisce alla stragrande. Brava anche la bella Leigh. Pellicola consigliatissima e passata un poco sottosilenzio in Italia. Consigliata a coloro che, guardando Matrix (bellissimo, fra l'altro...nulla da dire), hanno urlato al capolavoro di originalità.
FORSE TUTTI NON SANNO CHE...
-I due produttori del film sono ungheresi. Così non è un caso che nel titolo eXistenZ la X e la Z siano maiuscole, dal momento che le lettere fra queste formano una parola ungherese. "isten" significa "dio" in quella lingua.
-La Leigh e Jude Law, dopo aver fallito un assassinio mangiano qualcosa contenuto in una borsa che reca il nome "Perky Pat". Questa è una citazione di uno scritto di Philip K. dick, maestro della fantascienza, che appunto scrisse "In the days of Perky Pat".
-Nella scena in cui viene introdotto l'aggeggio eXistenZ, a Noel Dichter viene scannerizzata la carta identificativa. In basso sulla carta c'è un testo scritto in lingua babilonese antica.
-Il ripetuto uso della frase "Morte a...", come ad esempio "Morte al demone Allegra Geller!" e "Morte a eXistenZ", è un riferimento alla frase pronunciata in Videodrome (1983), in cui svariati personaggio gridavano "Morte a Videodrome".
-È verosimile che il personaggio di Allegra sia un riferimento ad un personaggio con lo stesso nome di cui si narra nella novella "The Star Pit" di Samuel Delany. In quel racconto, Allegra è una bambina prodigio con poteri paranormali tramite i quali può proiettare mentalmente ogni tipo di realtà le balzi in mente.
-Quando Kiri e il suo assistente operano il pod di Allegra, kiri dice: "Köszönöm, köszönöm, köszönöm", che è vuol dire "Grazie, grazie, grazie" in ungherese.
-Jennifer Jason Leigh aveva appena finito di girare la sua parte in Eyes Wide Shut (1999), quando si mise subito al lavoro in eXistenZ. Kubrick però aveva bisogno di rigirare quelle scene e a quel punto i due lavori interferirono l'uno con l'altro. La Leigh decise di rimanere a lavorare con Cronenberg e il suo ruolo in Eyes Wide Shut fu dato ad un'altra.
exxagon.it



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Cronenberg esplora il territorio della realtà virtuale con gli strumenti che gli appartengono dal tempo di Videodrome e che caratterizzano la sua cinematografia. Ne scaturisce un film forse non tra i suoi migliori ma comunque interessante e capace di interpretare il presente e di anticipare scenari prossimi venturi.
Allegra Geller presenta il suo ultimo video-gioco, eXistenZ, un ragazzo estrae una pistola realizzata con materia organica e la ferisce. Un uomo della sicurezza l’accompagna verso un luogo più sicuro.
I due proseguiranno la loro avventura in bilico tra mondo reale e virtuale.
Le tecnologie informatiche ed i loro derivati, come appunto la realtà virtuale, hanno preso ormai possesso delle nostre vite con le implicazioni psicologiche e sociali che ciò comporta: il corpo si smaterializza e viene proiettato in una dimensione altra, la nostra mente si fa creatrice di nuovi mondi.
In eXistenZ il passaggio dalla nostra realtà materiale a quella virtuale avviene attraverso uno strumento, il pod, che non è materia inanimata e tecnologica bensì materia vivente e pulsante e sancisce il recupero (quasi per contrappasso) di quella corporeità che stiamo abbandonando.
Il legame tra mente e corpo è assai stretto e l’illusione di lasciare l’uno per l’altra potrebbe essere pagata a caro prezzo.
La realtà virtuale del film appare convincente perchè mutuata dalla struttura dei videogiochi che oggi vediamo, con i suoi limiti e le sue incongruità: i personaggi di eXistenZ vanno in loop ed hanno bisogno di essere chiamati per nome per proseguire la trama del gioco; quest’ultimo, inoltre, lascia spazio alla coscienza (ingannevole) dei giocatori che vi partecipano.
Proprio la coscienza, cioè la consapevolezza di essere, è, insieme al corpo, uno dei temi principali del film.
I protagonisti sanno di trovarsi in un gioco, ma piano, piano questa loro certezza è corrosa fino a confondere completamente qualsiasi livello di realtà (o irrealtà) e noi spettatori li seguiamo con la loro stessa crescente incertezza.
E’ quello che ci accade ormai ogni giorno, spesso senza che neppure ce ne accorgiamo.
I personaggi finiscono col chiedersi se quello che sta accadendo loro sia vero oppure no e, ritenendo di trovarsi nella finzione, decidono che possono sparare a chi vogliono, tanto è tutto finto.
Una logica perfettamente aderente all’aforisma del filosofo arabo Hassan I Sabbah, citato spesso da William Burroughs che Cronenberg ben conosce (Il Pasto Nudo): “Niente è vero, tutto è permesso”.
Quando il nostro mondo perde consistenza e si mescola alla finzione tutte le certezze crollano.
In Videodrome avevamo visto come i paradigmi televisivi s’impossessano della nostra vita quotidiana, in eXistenZ vediamo come la nostra vita diviene progressivamente sempre più virtuale.
La realtà si dissolve, diviene sempre più difficile distinguere il vero dal falso, ammesso che questi concetti abbiano ancora senso, il bene ed il male perdono i loro confini: niente è vero, tutto è permesso. Le nostre vite vengono inghiottite da mondi immaginari che qualcuno ha creato per noi…
Ottima interpretazione dei due protagonisti Jennifer Jason Leigh e Jude Law, credibili anche nelle situazioni più visionarie del film. Breve ma intensa la parte di Willem Dafoe, incisivo come sempre.
Cronenberg ripropone, inoltre, il tema ricorrente dei suoi lungometraggi ossia il rapporto tra interno ed esterno dei corpi umani e non. Il pod, periferica organica, e la bio-porta connettono non solo mondi diversi ma anche corpi pulsanti e, a volte, infetti con evidenti richiami ad altre sue opere (Il demone sotto la pelle e Rabid).
eXistenZ è un’opera a più livelli che si presta a diverse chiavi di lettura con un finale circolare ma aperto, un film tipicamente cronenberghiano, quindi un ulteriore piccolo tassello nella poetica del regista canadese.
Andrea Muccini, scrittinediti.it



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David Cronenberg, profeta indiscusso della Metamorfosi nel Cinema, ritornato ad una sua sceneggiatura originale. La frase di William Burroughs che apriva Il Pasto Nudo “Nulla è vero, tutto è possibile” costituisce l’essenza di questa straordinaria opera, in apparenza l’ennesima variazione cinematografica sulla realtà virtuale o sul contrasto tra realtà e illusione, nella realtà un film complesso incentrato sulla crisi di identità dell’uomo moderno e l’angoscia che questa comporta, sulla relatività della percezione soggettiva e sulla necessità di non credere ciecamente alla verità delle immagini da cui veniamo quotidianamente bombardati.
Molto vicino al suo capolavoro Videodrome sia negli aspetti formali che in quelli contenutistici: dalla pistola di ossa e cartilagine ai caschi da allucinazioni del primo qui diventati consolle in metacarne connesse direttamente al sistema nervoso tramite un cordone ombelicale artificiale e una bioporta, nuovo pulsante ed intrigante orifizio del corpo umano.
Entrambi i film inquietano, spiazzano e confondono lo spettatore in quanto lo privano di ogni punto di riferimento e gli insinuano un dubbio mortale sulla verità delle immagini che sta vedendo, rimettendo radicalmente in discussione la nozione di realtà, così come viene comunemente intuita. La percezione dello spettatore viene destabilizzata attraverso la creazione di immagini virali di universi paralleli (forte l’influenza di Philip K. Dick), tutti ugualmente e plausibilmente (ir)reali.
Cronenberg sottolinea l’importanza di non perdere la capacità e l’abitudine al controllo critico e alla verifica delle immagini sia che queste derivino dalla televisione (15 anni fa in Videodrome) o dalla realtà virtuale (in eXistenZ), l’indispensabile è non smarrirsi psicoticamente nei passaggi fra i diversi piani di realtà come capita ai personaggi dei suoi film, ma mantenere i piedi per terra e la capacità di distinguere tra finzione e realtà.
Un cinema quello di Cronenberg assolutamente da esplorare, nella sua coerenza e ricchezza di sollecitazioni filosofiche, a volte inaspettatamente poetico altre provocatoriamente scandaloso, lontano dalle logiche del mercato, ma vicino a quelle dell’intelligenza, meravigliosamente appartato un gradino più in là...
“Lo schermo televisivo è ormai il vero unico occhio dell’uomo. Ne consegue che lo schermo televisivo fa ormai parte della struttura fisica del cervello umano.
La televisione è la realtà e la realtà è meno della televisione” (David Cronenberg)
scaglie.blogspot.com



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eXistenZ è un saggio sull’uscita dallo sguardo, un racconto che porta l’osservazione ad interrompere il flusso delle informazioni ottenute attraverso i media. L’informazione utilizzata per costruire il proprio mondo, adattata o riciclata, deformata o metamorfizzata, e poi decostruita per essere ancora assemblata, non arriva più da un dio tecnologico, un client collegato a chissà quale server remoto. Il gioco adesso assorbe la linfa dal nostro corpo perché è immagazzinato in una consolle organica che viene innestata, attraverso una sorta di cordone ombelicale, ad una bioporta ricavata direttamente sulla schiena del giocatore. Quindi il giocatore diventa l’interfaccia globale, ossia input e output contemporaneamente. La consolle è solo il cd col programma che interagisce e “gira” utilizzando direttamente il corpo umano. La tecnologia che conoscevamo (computer, hardware, lcd, plasma, laser, ecc.) non esiste in eXistenZ perché ormai il corpo umano si è trasfigurato direttamente nel virtuale e il virtuale s’è incarnato nell’essere. Pertanto lo sguardo perde la sua capacità visionaria, nel senso che cessa di collocarsi come (sur)entità trascendente al di fuori del visibile, per lasciare il posto al sistema sensoriale nel suo insieme (tatto, olfatto, gusto, vista, ecc.) divenuto un qualsiasi referente dell’evento (film o storia o brusio), un “normale” viaggiatore tra tanti, testimone dello smarrimento e dell’inesplicabile marginalità della propria collocazione. Relegato nella “storia” in qualità di parvenza smarrita, che popola forse anche i sogni degli altri, lo sguardo non vaga più intorno all’immagine, ma s’incarna incuneandosi dentro l’icona del progetto eXistenZiale, saturandone gli interstizi, trasformandosi in dio immanente ed evanescente, soggetto/oggetto. Soggetto del proprio “sentire” ma anche oggetto come proprietà di altri sguardi. Insomma la disgregazione che provoca una diminuzione dell’informazione (impossibilità di decifrare la complessità) può essere affrontata attraverso l’abbassamento del livello matematico-decifratorio dello sguardo a tutto vantaggio delle sensazioni corporee (appunto tattili, olfattive, sensitive) innalzandone l’azione dopante, ossia cercando l’informazione nelle pieghe di un'anti-entropia. Mi spiego meglio: l’innesto nella bioporta di eXistenZ immette direttamente l’emotività dentro l’oggetto, praticamente (utilizzo una frase molto ridotta e imprecisa) l’opera d’arte è fatta anche per essere annusata, oltre che fruibile può essere, ad esempio, anche edibile. Lo sguardo non ha più bisogno di un medium, perché è diventato un corpo che viaggia dentro un gioco. Così però c’è il rischio di una (con)fusione tra reale e virtuale. I personaggi di eXistenZ si preoccupano, durante il gioco, dei loro corpi “reali”(avranno fame o sete?). Ma dove sono i loro corpi? Sono mai esistiti? O sono parvenze proiettate nei sogni di un altro giocatore? Allegra (ideatrice di eXistenZ) fugge con Ted dagli antieXistenZialisti, ma poi si scopre che anche loro sono terroristi pronti a colpire l’inventore del gioco ulteriore (un altro livello superiore?) forse comprendente persino lo stesso eXistenZ: transCendenZ. L’esistenza dunque non è più immanente ma trascendente? C’è uno sguardo ulteriore che osserva tutti noi? Osserva noi che osserviamo lo schermo. È come vedere l’immagine di un paesaggio; poi si allarga il campo che ingloba l’osservatore del paesaggio, poi un altro allargarsi di campo che ingloba qualcos’altro, all’infinito come nelle scatole cinesi. Non si esce più insomma dal gioco, non è più possibile uscire dall’Hotel di Kubrick, proprio perché non c’è più un labirinto, ma una inarrestabile deriva dell’esistenza. Qui i fantasmi siamo noi. Siamo gli ectoplasmi di Edgar Morin(1), seduti comodamente sulle poltrone di una sala a vedere eXistenZ, sicuri (o insicuri) della nostra eXistenZa sospesa durante l’ora e mezza della proiezione. Siamo insomma “esterni” al film. Ma, attenzione, c’è transCendeZ che ingloba tutto: gli inventori che fuggono aggrediti in un livello del gioco, in un altro diventano gli aggressori. Alla fine lo sguardo resiste, perché i corpi di Cronenberg sono pronti a colpire con i loro proiettili-dente, sparati da pistole di ossa e carne capaci di superare i metal-detector e i rilevatori di plastica, chiunque cerchi di togliere il velo che cela la quarta parete (la parete del pubblico). Allora la bellezza del film è tutta nella frase che Allegra pronuncia al titubante Ted, che non vuole farsi innestare una bioporta: “E’ questa la gabbia che ti sei costruito, che ti tiene intrappolato e ti obbliga a muoverti per sempre nel più piccolo spazio concepibile. Rompi la tua gabbia, Pikul”. Rompiamo questa gabbia, proviamo a “vedere” conoscendo, usando pertanto tutti i sensi. Come direbbero i francesi il sapere (SAVOIR), ossia la conoscenza, comprende e ingloba il vedere (VOIR). Un film che mi ha profondamente segnato e influenzato.

(1) “Siamo noi che nella sala buia siamo i loro fantasmi, i loro ectoplasmi spettatori.[loro è riferito a ‘personaggi’]” (E. Morin, “Il cinema o l’uomo immaginario”).
Luciano, cinemante.blogspot.com



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Allegra Geller è una famosissima ideatrice di videogiochi che creano dei mondi paralleli a quello reale. Durante la prova della sua ultima creazione, eXistenZ, un gruppo di fondamentalisti "realisti" cercano di uccidere la donna, ma questa riesce a scappare con l'aiuto di un uomo, Ted, con il quale entrerà nel suo stesso gioco per salvarsi la vita.
Ci risiamo. Quando ci troviamo di fronte ad un film di Cronenberg, dobbiamo essere consapevoli di avere a che fare con qualcosa di assolutamente fuori da ogni logica e soprattutto dal normale e dal reale. E alla fine, nonostante questo, riusciamo a catapultarci nei suoi incredibili viaggi nel corpo e nella mente dei personaggi che mette in scena e ad entrare nei meccanismi e nei messaggi che, tramite queste folli e inusuali storie, si insinuano anche nelle nostre menti e nei nostri corpi, che arrivano ad avere quasi reazioni sensoriali.
Questa pellicola è a dir poco allucinante, estrema, impressionante, assolutamente fantascientifica, ma con la tipica tematica cara al regista e cioè quella dello sdoppiamento e della metamorfosi, in questo caso la "persona" che diventa "personaggio" di un videogioco (un vero e proprio alter-ego), attraverso il quale compie tutte quelle scelte e quelle azioni che nella vita reale non è concesso compiere, risultato di una, forse esagerata, applicazione del libero arbitrio, che distingue l'uomo dagli altri essere viventi.
Tra mutanti anfibi le cui carcasse assemblate divengono joypad, pistole fatte di ossa e sangue con denti umani al posto dei proiettili, bioporte impresse sul corpo con la forma di uno sfintere nel quale collegare il pod tramite una sorta di cordone ombelicale, c'è da essere forti di stomaco e lucidi di mente per riuscire a cogliere quello che si nasconde dietro queste trovate discutibili, ma sicuramente molto originali e potenti dal punto di vista visivo e soprattutto evocativo e metaforico.
Allegra Geller (una carismatica Jennifer Jason Leigh) è un'importante creatrice di videogiochi virtuali attraverso i quali i giocatori riescono ad estraniarsi dal proprio corpo, che rimane nella postazione di gioco e ad entrare in un mondo parallelo, che pare essere assolutamente reale e nel quale è possibile compiere le scelte più disparate. La sua ultima creazione eXistenZ sta per essere testata da un gruppo di persone che sembrano venerare la donna come fosse una rockstar. Mentre si accingono a prendere posto però, un gruppo di insurrezionalisti armati con una pistola di ossa e sangue, tentano di uccidere Allegra proprio perché sono fautori del "realismo" e si oppongono strenuamente all'eXistenZialismo.
[…] Non sempre sarà facile riconoscere gli alleati dai nemici e non sempre sarà semplice rimanere ancorati al gioco senza pensare ai propri corpi "parcheggiati" altrove. Si mette allora il gioco in pausa per andare a dare un'occhiatina al proprio corpo e per essere sicuri che non abbia freddo o fame ed è così che la mente quasi non riesce più a distinguere tra gioco e realtà, tra la finzione e la vera vita, assistendo così al susseguirsi del gioco nel gioco e della vita nella vita o del gioco nella vita e della vita nel gioco.
I due protagonisti faranno di tutto per proteggere il pod tanto amato da Allegra e giungeranno ad un epilogo nel quale tutte le certezze di entrambi crolleranno per lasciare spazio ad un unico vincitore che si risveglierà in un'altra realtà...
"Il mio pod ha bisogno di cure", dice Allegra al suo amico Ted, rivolgendosi all'"aggeggio", come se fosse un essere vivente a tutti gli effetti, segno questo dell'estrema immedesimazione dell'uomo nella finzione, immedesimazione (con questo film ben espressa e comunicata) che lo spinge a desiderare di entrare nel gioco stesso, di esserne parte viva, reale. Ma siamo sicuri che non sia poi il gioco a voler entrare nelle nostre vite? A volte non si sa neanche perché si vuole giocare, ma l'impulso si impossessa dell'uomo inducendolo a compiere le azioni più strane e inspiegabili: "Devi partecipare al gioco, per scoprire perché partecipi al gioco". Ed è così che Ted fa fuori un cameriere cinese, perché tanto è solo un personaggio del gioco, o mangia in preda ad un impulso un piatto fatto di carcasse di animali non ben identificati. I vari personaggi che si incontrano nel videogioco, vanno quasi in stand-by se non gli si dice la parola giusta o non li si chiama con il loro nome corretto e questo contribuisce a rendere l'atmosfera ancora più surreale e sopra le righe di quanto già non appaia grazie alle scenografie corredate con elementi grotteschi e sicuramente "schifosi". Nel gioco è possibile esercitare all'estremo il libero arbitrio compiendo azioni che non si avrebbe mai il coraggio e la forza di compiere nella vita reale, proprio perché, come ripete Allegra allo spaventato e spaesato Ted, "niente panico, è solo un gioco".
Ma quanto siamo sicuri che la nostra mente non si faccia quasi rapire e intrappolare in questo gioco? O il gioco è forse l'unico mezzo che abbiamo per esprimere la nostra vera personalità repressa e nascosta dalle restrizioni della realtà? Su questo binario scorrono le divergenze tra i "realisti" e gli "eXistenZialisti" che si contendono il primato sul campo di gioco, ma che poi si rivelano estremamente reali. Non mancano oltre alle elucubrazioni filosofiche e ai messaggi subliminali soprattutto di stampo sessuale (la bioporta assomiglia moltissimo ad uno sfintere, elemento presente in molte altre pellicole del regista, e in effetti i protagonisti godono quando questo viene penetrato dal cordone ombelicale che li unisce al pod e viene anche stimolata dalle dita dei due ragazzi e via dicendo), i colpi di scena, i complotti, le spie, i nemici sanguinari e gli amici utili (come in ogni videogioco che si rispetti): "Il succedersi di colpi di scena mi ha fatto stare male", dice infatti Ted alla fine del gioco.
La confusione si impossessa dei protagonisti (e ad un certo punto anche dello spettatore che è parte integrante di questo gioco che Cronenberg mette in scena) proprio perché ad un certo punto non si distinguono più realisti da eXistenZialisti, dato che nessuno sembra appartenere realmente ad una fazione piuttosto che ad un'altra e soprattutto perché alla fine, con l'ultimo grande colpo di scena, tutte le "certezze" che avevamo avuto fino ad allora vengono smontate da un ribaltamento dei ruoli e dei punti di vista, davvero inaspettato e sicuramente funzionale dal punto di vista cinematografico e narrativo. Quindi coloro che recitavano/giocavano la parte degli eXistenZialisti erano in realtà dei sostenitori del realismo e viceversa? Voi da che parte state?
A. Cavisi, filmscoop.it



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E minuscola, x maiuscola, z maiuscola: eXistenZ. Così si scrive il nome del nuovo gioco ideato e progettato dalla guru bio-ludica Allegra Geller che dà anche il titolo alla tredicesima pellicola del canadese David Cronenberg. Presentato come film in concorso alla Berlinale nel 1999, dove ha vinto l'Orso d'Argento, è stato insignito anche del premio come Miglior Film al Catalonian International Film Festival di Sitges, del Silver Scream Award all'Amsterdam Fantastic Film Festival e del Genie Award canadese per il Montaggio.
Con eXistenZ Cronenberg continua il suo percorso cinematografico tornando alla fantascienza orrorifica che lo aveva reso celebre con "La mosca", ma introducendo inoltre nel genere elementi ripresi dal concetto di realtà virtuale, che alla fine degli anni '90 stava riscuotendo un grande successo grazie anche a pellicole come Dark City, Matrix e Il tredicesimo piano. Ciò non significa però che il film di Cronenberg è una scopiazzatura dei suddetti, anzi è da marcare il fatto che se nei film di Proyas, dei fratelli Wachowski e di Rusnak il fulcro della narrazione è anche il principale punto di forza che consente di coinvolgere lo spettatore in una trama sci-fi originale, in eXistenZ la realtà virtuale è solo il pretesto che viene modellato per aderire alle tematiche e alle loro evoluzioni nella filmografia di Cronenberg. Insomma, assistendo allo sviluppo narrativo della pellicola lo spettatore rimane senza ombra di dubbio più e più volte spiazzato, intrigato e divertito dalla trama, dai personaggi e dai colpi di scena, ma comunque ciò che alla fine colpisce maggiormente è il modo in cui il regista gioca sotto il punto di vista tematico e metaforico.
Dunque, mi pare inutile mettere in evidenza che, come prima cosa, per riprendere l'elemento carne praticamente onnipresente nei suoi film, Cronenberg bandisce ogni ipertecnologico apparecchio per preferire un connettore alla realtà virtuale quasi totalmente biologico, un prodotto semivivente della tecnologia che si collega direttamente al corpo umano del giocatore. Le fabbriche di tali aggeggi, i cosiddetti gamepod, somigliano più a delle macellerie che a dei laboratori e al posto di chip e transistor sulle catene di montaggio scorrono dunque organi e sangue di animali geneticamente modificati utilizzati per la produzione. Se quindi nei primi lavori del regista il corpo mutava attraverso infezioni e virus, se quindi in Crash e in Inseparabili la carne si univa a protesi e a ferri medici, in eXistenZ è invece il collegamento coi gamepod a ribadire l'ossessione del regista per le mutazioni del corpo e per il loro riplasmarsi in qualcosa di (negativamente?) diverso. Ripensando anche all'unione gamepod-giocatore non è nemmeno un caso che il collegamento sia frutto della tecnologia più avanzata, ma abbia indubbiamente pure rimandi umanamente erotici (le bioporte vengono stimolate, si eccitano, vengono penetrate).
Cronenberg però va anche al di là della semplice tematica della carne e delle sue metamorfosi, perché la trasformazione in eXistenZ è sì fisica, ma anche mentale. E mentale lo è perché se pensiamo al fatto che durante il gioco la coscienza dell'uomo è trasferita per intero nella realtà virtuale, si ha una traslazione psichica (e psicologica) dei personaggi, che vengono estraniati dalla vera realtà per essere trasferiti in quella ludica. Il passaggio da qui ad una struttura a matrioska è breve, dato che anche nel gioco si può essere tranquillamente trasferiti in un gioco nel gioco e così via. Questo concetto è molto interessante perché, come anche il finale del film mette in evidenza, la percezione del mondo reale è in questo caso difficile, se non impossibile, da mantenere e dimostrare.
Inoltre, questi passaggi da un livello virtuale all'altro sono incredibilmente interessanti anche perché viene coinvolto l'elemento identità, così poco ben definito se l'uomo viene completamente trasformato da un individuo (il giocatore) ad un altro individuo (la sua controparte nel gioco). In pratica è un po' come la differenza che passa da un livello cinematografico all'altro fra l'attore e il suo personaggio. Giusto per ricollegarci a quanto detto più sopra, pensate poi se l'attore dovesse interpretare un personaggio che interpreta un altro personaggio che interpreta un altro personaggio, etc. (tema tra l'altro con cui ultimamente, nei suoi film, ha giocato molto David Lynch).
Concludo facendo notare come, se non vi foste ancora accorti, in questi passaggi da un livello virtuale all'altro viene tirato in ballo pure lo spettatore, col quale Cronenberg gioca in maniera geniale (dalla realtà al suo film, dal suo film al gioco, dal gioco a un altra finta realtà di gioco, e così via). Infatti non è certo un caso che, procedendo nella visione, chi guarda si trova sempre più coinvolto ed invogliato a proseguire (giocare).
Maurizio Macchi, pellicolascaduta.it
[Modificato da |Painter| 23/04/2011 10:27]
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