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Camera (2000)

Ultimo Aggiornamento: 01/12/2011 17:51
OFFLINE
Post: 529
Sesso: Maschile
11/04/2008 15:28

CAMERA
(2000)
Regia: David Cronenberg
Soggetto e sceneggiatura: David Cronenberg
Fotografia: André Pienaar
Montaggio: Ronald Sanders
Scenografia: Carol Spier
Musica: Howard Shore
Costumi: Denise Cronenberg

Produttori:
Niv Fichman .... executive producer
Jody Shapiro .... producer
Jennifer Weiss .... co-producer


Cast:
Leslie Carlson ... The Actor
Marc Donato ... Lead
Harrison Kane ... Lead
Kyle Kass ... Lead
Natasha La Force
Katie Lai
Daniel Magder ... Director
Chloe Randle-Reis
Stephanie Sams
Camille Shniffer... Lead


Distribuzione:
Criterion Collection (USA)

Specifiche tecniche:
Camera: Panavision Camera and Lenses (last shot)
Film negative format (mm/video inches): 35 mm (Kodak) (last shot), DV (Fuji)
Cinematographic process: DV, Spherical (last shot)
Printed film format: 35 mm
Aspect ratio: 1.78 : 1
Durata: 6 minuti

Nominations:
2002 Best Live Action Short Drama (D. Cronenberg, J. Shapiro) - Genie - Genie Awards
2001 Best Cinematography Dramatic Short (A. Pienaar) - CSC Award - Canadian Society of Cinematographers Awards



***


Cortometraggio commissionato per le celebrazioni del 25esimo anniversario del Toronto Film Festival, Camera è una riflessione teoretica sul cinema, sull’attore e sull’immagine.
csc-cinematografia.it



Un attore veterano disprezza il mondo del cinema e della recitazione attuale. Un gruppo di ragazzi con una camera Panavision riprende l’appartamento dell’attore per farne un film.
traduzione da imdb.com



Come molti dei suoi film, Camera è un lavoro astuto. In apparenza mostra gli effetti della luce, dei movimenti di camera, dei formati di registrazione, della performance e dei costumi.
Camera sembra essere il lavoro più caldo e umano di Cronenberg. Ma è molto ricco nella sua durata e, ad un’indagine più attenta, è un sedativo a proposito della sottomissione alla dipendenza.
Il corto di sei minuti (creato nel 2000 in onore del 25esimo anniversario del Toronto International Film Festival) parla di reminiscenza, invecchiamento, morte, di creatività e curiosità della giovinezza, dei film in se stessi, di progresso tecnologico, ansietà, del golfo tra il vecchio e il nuovo, e della recitazione. Il suo chiaro punto di vista consiste nell’evitare che il film perda di significato con il posizionamento di sequenze identiche una vicina all’altra.
L’inquadratura è praticamente la stessa; il dialogo varia soltanto di una parola.
Nella scena di apertura si vede un vecchio (Lesile Carlson), calmo ma disgustato, che si lamenta: “Un giorno i bambini portarono a casa una vecchia cinepresa. Non so dove l’abbiano avuta.”
Nella scena di chiusura si vede un anziano (Lesile Carlson) che sorride: “Un giorno i bambini portarono a casa una vecchia cinepresa. Non so dove l’abbiano trovata.”
La prima scena è ripresa con una telecamera a mano digitale, in luce naturale, con contrasto medio. L’operatore si avvicina progressivamente per enfatizzare l’età dell’uomo – in particolare le sue occhiaie. È un attore che non recita più molti ruoli al giorno d’oggi, e spiega la sua disapprovazione alla cinepresa: “Se la guardi in una luce fredda, la fotografia è morte. Tutto è morte. Ricordo e desiderio, vecchiaia e morte… Quando registri il momento, registri la morte del momento… I bambini e la morte sono una brutta combinazione.”
Egli si riferisce ad un sogno nel quale guardava un film ed invecchiava rapidamente, e questo è l’unico momento in Camera in cui sono visibili le tipiche ossessioni di Cronenberg: “Ho preso un certo tipo di malattia dal film,” dice l’uomo, “e mi faceva diventare vecchio, portandomi sempre più vicino alla morte. Il sogno è diventato reale.”
Ma dice che non avrebbe potuto raccontare ai bambini cosa pensava veramente: “Portate fuori da casa quella dannata cinepresa. Ci avvelenerà tutti. Ci causerà un danno irreparabile.” Piuttosto li lascia giocare con essa, e il monologo continua, vediamo i bambini preparare le macchine, spostare l’attrezzatura, preparare le sopracciglia dell’uomo e applicargli il makeup…
Dopotutto, I bambini si divertivano,” dice apparentemente rassegnato. “E sembravano puri e innocenti, lontani come quelle cose per sempre pure o innocenti”.
Resta in silenzio quando I bambini si posizionano nella cucina. La pellicola inizia a scorrere. Un bambino dice, tranquillamente: “Azione.”
La ripresa di chiusura, nel film, è immersa in una luce calda, e l’uomo indossa un foulard. La sua espressione è un sogghigno.
Cronenberg vuole chiaramente far capire allo spettatore come percepire le riprese d’apertura e di chiusura, e capire come gli elementi tecnici del film-making influenzino la risposta al film.
Ma questo può essere colto ancora più facilmente e intensamente mettendone una subito dopo l’altra.
Invece, separa le due sequenze, e nello spazio tra esse posiziona un contesto e un contenuto per cui la presunzione di uno schietto meta-film deve essere riconsiderata. L’effetto di chiusura non è dato solo da una luce soffice che allontana l’ansia dell’uomo come strumento da film comune ; è anche il protagonista- un attore nella vite reale, e un attore nel film- che deliberatamente controlla i muscoli facciali, le sue inflessioni, e il tono della voce, tutto ciò è sottolineato dalla discussione a proposito della sua professione. E la sua apparente tenerezza è posta in netto contrasto dal suo attuale stato mentale -agitato ed impaurito.
Una visione casuale di Camera suggerirà che l’attore sta meramente viziando i bambini: “Dopotutto, i bambini devono divertirsi…”
Ma questa è una scusa frivola, chiaramente in disaccordo con la profondità del suo odio per la cinepresa: “Ci avvelenerà tutti. Ci causerà un danno irreparabile.”
Quindi perché dovrebbe accettare la cinepresa in casa, pensando che succhierà loro la vita? E perché è di fronte a due cineprese: quella che i bambini portarono a casa, e quella – a cui si rivolge direttamente – che registra il suo monologo?
Egli è un attore I cui ruoli sono ormai rari. Ma è ancora un attore. Deve recitare. Ha bisogno della cinepresa. Ne ha bisogno così disperatamente che morirebbe per essa.
Cede ad essa ed è brevemente ma notevolmente rianimato, e – per la durata della ripresa – felice.
In altri termini, è cosciente d’esserne assuefatto, sapendo ma non curandosi del fatto che la cinepresa potrebbe ucciderlo. Deve possedere la fretta, l’eccitazione, la superiorità. Doveva contrarre malattie dai film
O, forse, non crede in una parola di quello che dice. Lui è, dopotutto, un attore, e il suo lavoro è di far credere – o far sì che il pubblico creda.
culturesnob.com
traduzione Matt & Cris
[Modificato da |Painter| 01/12/2011 17:51]
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