Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

La luce verbale - Considerazioni su fotografia e illuminazione

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 18:18
OFFLINE
Post: 529
Sesso: Maschile
12/03/2008 18:38


Sguardi e Visioni. La luce verbale nel cinema di David Cronenberg

“Che cosa è la realtà, se non la percezione della realtà”
David Cronenberg – Videodrome

Esistono frangenti di tempo, esperienze, attimi di breve inconsapevolezza in cui la realtà, come essa sembra volerci apparire, tende a perdere i limiti sensoriali della percezione sino a tramutarsi in un misterioso, quanto profondo, collegamento con l'universo onirico. Tutto ciò che rientra nell'emisfero dei sensi più intrinsecamente legati alla nostra natura di esseri viventi diviene ignaro del suo rapporto con il reale, sembrando diradarsi e perdersi in una dilatazione visiva e percettiva tipica dei sogni. Sono, questi, momenti in cui la linea di demarcazione tra esistente ed immaginato perde il suo valore di confine assumendo il ruolo di tramite. Si muove a cavallo di questa sottile linea David Cronenberg che, lungo la sua ricerca, insieme ontologica e cinematografica, pare voglia cercare di fissare questi attimi, invitandoci ad indugiare in uno stato di semicoscienza, raggiungendo lo stadio, probabilmente il solo, in cui ci è dato di sottoporre ogni nostra certezza ad una sorta di criterio di falsificabilità. L'opera di David Cronenberg procede incessantemente per costrizioni ed improvvise dilatazioni. In questo suo cammino di scoperta, si serve di due tra i più tangibili segni evidenti del nostro vivere: la luce e la parola. Da questo connubio nasce il cinema di Cronenberg. Nello stretto legame tra colori e segni verbali si cela, a mio avviso, il cuore dell'universo filmico del geniale regista canadese. Guardando indietro, verso le sue opere, è difficile non accorgersi di quanto egli abbia cercato di carpire il segreto di una luce in grado di restituire pienamente le sfumature che intercorrono tra il sogno e la realtà. Studiando ed osservando la corporeità e la fisicità materica di ogni fascio di luce, ha scolpito incubi, paure, o, semplicemente, schegge di realtà, imbrigliando noi spettatori in un continuo e perpetuo gioco d'equilibrio tra il senso ed il suo contrario. È lecito, dunque, parlare, nel cinema di Cronenberg, di due diverse sceneggiature: Luce e verbo. L'una imprescindibile dall'altra, ma, al contrario, confluenti tra loro. I colori diventano, quindi, linguaggio da
organizzare, da scomporre e ricomporre senza posa, simboli che mutano, assumendo spesso il ruolo di presagio per poi abbandonarlo nel suo esplicitarsi. A questa forma di sceneggiatura visiva, Cronenberg affida la parte più cifrata e, di conseguenza, veritiera della sua metafisica. Da qui, si fonda lo spazio del suo cinema. Uno spazio altro, confuso ed in bilico tra un materialismo quasi lascivo per la sua concretezza ed un mondo non materico in cui, però, è proprio l'uomo visto nella sua essenza di carne e sangue ad esserne protagonista.
In Dead Ringers (Inseparabili - 1988) tutto ciò che appartiene al mondo del reale è dipinto con toni di ghiaccio. Pochi sono i momenti in cui è possibile avvertire una qualche forma di calore. Cronenberg rende il film un processo claustrofobico all'interno della psiche dei due gemelli, servendosi di una luce le cui emanazioni implodono all'interno della struttura spaziale, da lui costruita, perdendo il loro valore vitale, ma, al contrario, generando echi di un'angoscia, malvagiamente onnivora, che stringe dentro il suo gelido abbraccio l'esistenza dei personaggi. In un capovolgimento degli universi, poi, vi sono, nella splendida, quanto inquietante, sequenza onirica, in cui avviene la distruzione del cordone ombelicale, simbolo principe ed espressionista del legame che intercorre tra i due fratelli, tracce di quel colore che, pur abbracciato ad un senso di terrore e di smarrimento, mostra segni e rappresentazioni di quella vitalità di cui, nel mondo reale, non si trova indizio. La metrica del colore di Cronenberg è, dunque, di importanza essenziale per riuscire a comprendere i difficili teatri delle creazioni del regista.
In Crash (1996) si ritrova questo uso, evocativo di morte, del colore. Non vi è sequenza che non restituisca l'asetticità di sentimenti e la mancanza di penetrazioni esistenziali a fronte di una serie di amplessi che, spogliati del loro valore d'osmosi, divengono collisioni umane. Nel parallelismo tra incidenti d'auto e rapporti sessuali si esplicita ancora una volta il pensiero di un'esistenza ormai costellata solo da atti meccanici, una sorta di rituali privi di riflessione e, proprio per questo, descrizioni perfette del depauperamento mentale e personale cui l'essere umano è giunto oggi, in cambio di una omologazione che vede nello scontro tra due auto l'accendersi di una nuova possibilità, la speranza di un rimedio contro una noia sempre più madre e carceriera dell'animo umano.
Ancora più straordinario il coinvolgimento della luce all'interno di Naked Lunch (Il Pasto Nudo - 1991). Nell'esplorare il momento della creazione artistica, Cronenberg ci introduce in un mondo in cui la luce sembra esistere solamente per delineare le ombre, le figure mostruose ed allucinanti che si incontrano durante il film. La pellicola è come ingabbiata da una penombra dal valore assai semantico. L'uomo è gettato in una condizione di indecifrabilità esistenziale in cui non c'è spazio per una luce bianca e pura, ma solo per un fascio contaminato e contaminante che tutto avvolge, lasciando la realtà priva di trasparenza, ingabbiata in una coltre di colore che sembra voglia, ancora di più, mostrare l'essere umano schiacciato dalla e nella sua condizione. Tutto è ambiguità ed ogni singolo elemento appare avvolto da una coperta scura a cui spetta il compito di dirigere il senso psichicamente claustrofobico del film. Cronenberg non vuole darci indicazioni. Ci presenta il posto, ci invita ad iniziare un graduale smarrimento all'interno di un mondo di segni volutamente indecifrabili, svincolati dalla necessità di un legame reciproco. Simboli individuali a cui ci viene concessa la libertà di accostarci come meglio crediamo. Ama darci questa libertà il regista, forse perché consapevole della natura contaminata di questa sua opera, a metà tra l'opera letteraria da cui è tratta (The Naked Lunch di William Burroughs - 1959) e la contaminazione subita non appena venuta in contatto con la sua interpretazione.
Il cinema di David Cronenberg è cinema ricco di interrogativi. Punti di domanda a cui non viene data risposta. Il senso di inadeguatezza, di un'inquietudine vicina al fastidio, che può generare è il regalo più grande che il regista possa farci, ingabbiando la nostra mente davanti orrori e spettri che appartengono a noi tutti, ma che, per scelta ovvia ma illusoria, decidiamo di tralasciare. La luce dei suoi film è la luce dei nostri incubi. La prima effige di un pensiero che unisce vita e morte, sogno e realtà, illusione e speranza.
Salvatore Salviano Miceli, close-up.it
[Modificato da |Painter| 10/06/2010 18:18]
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Cerca nel forum

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 21:57. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com