I figli d'arte sono all'altezza dei genitori? Vieni a parlarne su Award & Oscar.
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

"Pasto Nudo" di William Burroughs

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 19:29
OFFLINE
Post: 529
Sesso: Maschile
05/03/2008 21:08


Stralci dell'autobiografia di William S. Burroughs e un interessante commento critico di Fernanda Pivano sono proposti sul sito 24sette.it.
Su tesionline è possibile consultare tesi a proposito di Burroughs e la beat generation, nonchè sulle tematiche care a Burroughs, Cronenberg, Ballard ed altri (a questo proposito si veda il link tesionline già citato altrove).


***

Pasto Nudo (Naked Lunch) è un romanzo di William S. Burroughs. Si tratta del terzo romanzo da lui scritto, ma solo il secondo ad essere effettivamente pubblicato. Il libro fu pubblicato con il titolo Le Festin Nu in Francia nel 1959 da una casa editrice minore, la Olympia Press; un edizione americana pubblicata da Grove Press seguì quella francese nel 1962. L'edizione americana fu intitolata Naked Lunch e fu totalmente differente da quella francese. L'edizione americana infatti era basata su una revisione precedente del 1958, oggi in possesso di Allen Ginsberg. Il più famoso romanzo di William S. Borroughs, Pasto Nudo è il primo volume di una tetralogia che comprende anche La Macchina Morbida (1961), The Ticket That Exploded (1962) e Nova Express (1964).

Commento Critico
Letto il romanzo, non si fatica a credere all’autore quando confessa “Non ho un ricordo preciso degli appunti presi e ora pubblicati con il titolo Pasto Nudo”: nello snocciolarsi di un racconto di pura follia narcotica, si riconosce lo stile sognante e visionario del primo Kerouac, de I Sotterranei, di quell'America hipster del sozzume e delle acri immagini rimbaudiane; ma anche di quella libertà totale e totalizzante di ricerca pura e puro anticonvenzionalismo, che appaiono al comodo lettore borghese destabilizzanti e stomachevoli. Ma è probabilmente questo l'intento dell'autore: di raggelarci conducendoci nella lacerante dimensione autobiografica della tossicodipendenza dagli occhi vitrei e apatici del morfinomane, che, come sottolinea più volte nella narrazione, "è immune alla noia. Può guardarsi le scarpe per otto ore e starsene semplicemente disteso sul letto." Lo stile si articola in un'analisi acuta e clinica della società americana attraverso la depravazione più completa, per mezzo di un lessico prevalentemente gergale, fatto di immagini prepotenti e dirette. Un barlume di critica sociale, debito dell’ideologia “beat”, di cui Borroughs è un pilastro, e dell’influenza di autori come Herbert Marcuse e Norman O. Brown, si evince tra le righe nella suo boicottaggio al plagio delle autorità; a tal proposito si propongono dei passi dell'opera stessa:

"Conosci l'esperimento con i topi in cui li si sottopone a scariche elettriche e li si immerge nell'acqua fredda se fanno tanto di muoversi alla vista di una femmina? Così diventano tutti delle checche, i topi: l'eziologia è tutta lì. E se un topo squittisse: "Sono frooocio e mi sta beneee", oppure: "Chi è che te le ha tagliate via sgorbio con due buchi?" vorrebbe dire che è un topo regolare, per così squittire."

E ancora:

“Teppisti adolescenti invadono le strade di tutte le nazioni al ritmo di rock and roll. Irrompono nel Louvre e scagliano acido in faccia a Monna Lisa. Aprono zoo, manicomi, prigioni, fanno scoppiare le condutture principali dell’acqua con martelli pneumatici, […] entrano precipitosamente negli ospedali in grembiule bianco, carichi di seghe, accette e scalpelli lunghi un metro, somministrando iniezioni con le pompe delle biciclette […] mentre i turisti prendono d’assalto le frontiere, chiedendo asilo con inflessibile autorità per sfuggire alle “incresciose condizioni di vita della Repubblica di Terralibera”, mentre la Camera di Commercio si sforza invano di arginare la debacle. “Restate calmi per favore. È solo un branco di pazzi scappati da una gabbia di pazzi.”

Nella ricca e chiarificante appendice per “i lettori interessati”, tra le deposizioni di una minuziosità clinica, quasi trattatistica, sulle droghe, l’autore rivela l’origine del titolo, affermando che “mi è stato suggerito da Jack Kerouac. Non ho capito cosa volesse dire fino alla mia recente guarigione. Il titolo significa esattamente ciò che le parole esprimono: Pasto NUDO – l’istante, raggelato, in cui si vede quello che c’è sulla punta della forchetta.” Norman Mailer afferma che, con Pasto Nudo, William Borroughs si è rivelato “essere l’unico romanziere americano vivente a cui si possa plausibilmente attribuire genio.” E l’editore Adelphi aggiunge: “Scavando nelle proprie ferite con l’acume della paranoia e un’acrobatica inventiva stilistica, Borroughs disegna, sfrontato e perentorio, un ritratto dell’America all’acido fenico.”
Wikipedia.it



***

Quando Naked Lunch uscì per la prima volta a Parigi, nel 1959, William Seward Burroughs aveva quarantacinque anni, frequentava abitualmente poeti, ragazzi selvaggi, spacciatori e di certo non pensava di poter sopravvivere all’abuso di droghe fino al 23 agosto 1997, data della sua dipartita. Non si aspettava il clamoroso processo per oscenità messo in piedi tre anni più tardi in America, né di poter influenzare, in qualità di ‘fuorilegge della letteratura’, generazioni di scrittori, musicisti, cineasti in ogni parte del mondo. Pure, aveva già vissuto tutte le vite necessarie per scrivere il capolavoro che oggi torna nelle librerie italiane in una nuova, interessante traduzione di Franca Cavagnoli: Pasto Nudo, “L’istante, raggelato, in cui si vede quello che c’è sulla forchetta”. Più che un romanzo, un universo tentacolare generato dalla parola, da una sovrapposizione di realtà e delirio febbrile (allucinazioni prodotte dalla droga e dall’astinenza dalla droga), quindi da una metodica infrazione a tutte le regole del linguaggio.
“La parola è un virus che non è mai stato riconosciuto come tale perché ha raggiunto uno stato di relativamente stabile simbiosi con il suo ospite umano.”
Le diverse, disordinate stesure del manoscritto, costituiscono una leggenda a parte tra viaggi (Sud America,Tangeri, Londra, Parigi), titoli alternativi (Interzone; Word Hoard; Naked Lust), consulenze speciali (Allen Ginsberg e Jack Kerouac). Il libro contiene già i semi di tutte le opere successive di Burroughs: la lotta tra Bene e Male, i complotti, il tema del Controllo perpetrato da un potere infernale che mira all’annientamento psicologico dell’individuo attraverso la schiavitù di droga, sesso e potere in un futuro di tremende macchine di tortura per la carne e per la mente.
“Trapani elettrici che possono essere messi in moto in qualsiasi momento vengono infilati nei denti del soggetto, e gli si insegna a manovrare un Centralino Arbitrario (...)”
Vi regna sovrana la figura del Dottor Benway, sinistro emissario del Male, dittatore sadico, sorta di Virgilio nella discesa verso l’oscurità compiuta da Lee (protagonista e alter ego dello scrittore). Benway dirige il Centro di Ricondizionamento nella Repubblica della Libertà, luogo popolato da devianti (tossici e criminali), Parzialmente Ricondizionati e Simopatici, ovvero cittadini convinti di essere scimmie. Satira caotica, raccolta di pagine prive di una struttura precisa (come nota Norman Mailer: “Ciò che mi affascina è l’imperfezione della struttura del libro”), schermo sul quale si susseguono le immagini di un inferno sul mondo. Molti critici hanno sottolineato l’amore di Burroughs per Jonathan Swift e, per certi versi, è possibile accostare Pasto Nudo alle opere più caustiche del grande scrittore inglese. Burroughs era un cinico. Burroughs era lucido persino nei suoi giorni da tossico all’ultima fermata. Burroughs aveva un senso dell’umorismo nerissimo. Burroughs sparava parole come proiettili. Burroughs insinuava dubbi nella mente dei lettori. Burroughs, è noto, non faceva parte del Gotha degli scrittori salottieri. Origini borghesi (St. Louis, Missouri,1914), vita nei quartieri sordidi, omosessualità dichiarata. Un figlio ribelle della buona società laureatosi in antropologia ad Harvard, discendente del generale sudista Robert Edward Lee, assassino (in un incidente con arma da fuoco) della moglie Joan. Troppo, evidentemente, per i censori americani che per molto tempo hanno tentato di mandare al rogo un caso letterario unico nel suo genere (una prima anticipazione del libro uscì nel 1958 sulle pagine della rivista letteraria dell’Università di Chicago). Pasto Nudo è l’opera di un genio paragonato a Warhol, Rauschenberg, Lichtenstein, il tassello più importante di un uomo che in tutta la sua vita ha sempre preferito la compagnia dei gatti a quella dei suoi simili, infine un (doloroso) parto artistico che nella letteratura del Novecento ha la stessa importanza dell’Ulisse di James Joyce.
G.D.A., blackmailmag.com



***

"Niente è vero. Tutto è permesso"

Pubblicato nel 1959, scritto sotto l'uso di droghe, alcool e l'incoraggiamento dei due amici Kerouac e Ginsberg (gli altri due pilastri della beat-generation), questo libro è un lasciapassare per l'inferno a disposizione di tutti.
Scritto in buona parte con una tecnica anticipatoria del cut-up (estremizzazione del concetto di destrutturazione verbale, caratterizzato dal rimontaggio di un testo in modo apparentemente caotico e visionario fino a generare un effetto allucinatorio e a costringere il lettore a ricollegare in modo sensato frasi e parole, se non addirittura capitoli), affronta temi quali la morte, il cancro, la droga, la pena capitale, il controllo delle menti, senza che vi sia una trama: solo qualche personaggio-simbolo ricorrente (il crudele dottor Benway) che ci guida in un caleidoscopico mondo di orrore e violenza così estremo e ripugnante da risultare ad oggi insuperato.
La volontà politica di Burroughs di denunciare i soprusi del potere, della lobby medica, dei moralisti sessuali e i danni della droga (nonostante egli stesso ne avesse sperimentato di ogni tipo) lo spinse a scrivere un libro caustico e violento, in cui demolire visivamente l'apparenza falsa di un mondo incatenato e reso schiavo, di cui lui vuole mostrare tutto l'orrore.
Tra città ai confini del mondo reale (Annexia), dimensioni solo mentali (Interzona) e mostri che si nutrono di carne liquefatta, il lettore viene trascinato in una dimensione così allucinata e spaventosa che può sentire il rumore dei suoi schemi mentali mentre vengono frantumati da una scrittura frenetica, in cui spesso la punteggiatura è eliminata per lasciar sfogo ad un flusso ininterrotto di visioni annichilenti.
Processato per oscenità, questo libro divenne il punto di riferimento per buona parte di una generazione che rifiutava il concetto di sistema in ogni sua forma.
Il Pasto Nudo è l'istante raggelato in cui si osserva quello che rimane sulla forchetta. E Burroughs decise di usare le parole come tante forchette da piantare negli occhi e nel cervello dei lettori, per svegliarli od ucciderli, se non avessero sopportato questa febbrile descrizione della realtà.
Allen Ginsberg lo definì un romanzo sconfinato che avrebbe fatto perdere la testa a tutti, mentre Norman Mailer, durante il processo, lo definì "un semplice ritratto dell'inferno, è una visione di come l'umanità agirebbe se fosse completamente separata dall'eternità".
Un'umanità che non rivolge mai lo sguardo verso l'alto se non per esalare l'ultimo rantolo di una vita massacrata dalle macchine di tortura fisica e mentale che il sistema ha posto intorno a noi.
Cronenberg tentò l'impresa impossibile di trarre un film da questo magma letterario, mischiando elementi biografici della vita di Burroughs (l'ossessione per aver ucciso accidentalmente la moglie con un fucile da caccia, che ritorna in crudeli scene da cinico Guglielmo Tell, o il suo lavoro di disinfestatore) con personaggi e situazioni tratte dal libro, per raccontare la scrittura di Burroughs, in realtà un'estensione necessaria della sua vita, votata a descrivere campi inesplorati della psiche umana e a distruggere ogni tabù.
Le macchine da scrivere si trasformano in scarafaggi parlanti, in mostri stupratori od orride creature che al premere dei tasti secernono liquidi, da escrescenze tubiformi, gemendo di piacere.
Il confine tra la realtà della città di Tangeri e l'allucinazione di Annexia cade definitivamente, e alla fine non si distinguono più i piani inventati da quelli reali.
Il processo della creazione artistica come una sorta di droga organica che si nutre della nostra psiche fino a portarci alla follia.

"Non c'eravate per Il Principio.
Non ci sarete per La Fine.
La vostra conoscenza di quello che sta succedendo può essere soltanto superficiale e relativa".
William Bruno, culturagay.it



***

Quest'opera del "primo Burroughs" è rimasta la sua più celebre e citata, e ha conosciuto un rilancio anche editoriale in occasione del discusso film di David Cronenberg.
Si tratta di un romanzo piuttosto complesso, segnato da un immaginario profondamente personale e ulteriormente complicato dalla casualità dell'intreccio (dovuta, almeno in parte, alle sperimentazioni tecniche del "cut-up"). Burroughs vi riversa il caos della propria vita, che stava allora cercando di riordinare e che era stata segnata, tra l'altro, dall'abbondante uso di droghe, dall'uxoricidio, dal profondo - e fortunatamente per lui temporaneo - disagio nei confronti della propria omosessualità, che aveva invano tentato di curare mediante la psicanalisi, dai timori nei confronti di una società americana vista come spaventosamente vicina al totalitarismo.
Sono proprio questi gli elementi che sostanziano ogni pagina del Pasto nudo, capace ancora oggi di disorientare il lettore, anzi soprattutto oggi. Il lettore odierno, avvezzo ormai a un ritorno alla narratività e a un riflusso dell'avanguardia, non si troverà certamente a suo agio con l'esposizione di visioni violente, irrazionali e politicamente scorrettissime che Burroughs gli riserva. Sicché anche il lettore omosessuale saprà probabilmente orientarsi con difficoltà in questi meandri sadomasochisti dai toni cruenti e orrorosi, abituato com'è all'ondata di raccontini viceversa politicamente corretti sostanziati da amorini, passioncine, moderati erotismi, ritrattini generazionali propinati con raccapricciante serietà da "filosofi" poco più (quando non poco meno) che ventenni.
Per chi non ami questo tipo di produzione, Il Pasto Nudo può rappresentare paradossalmente una boccata d'ossigeno. Nonostante la sua disarticolazione, il suo stile ruvido, le sue immagini aggressive, le sue ossessioni così private, così (forse) datate, così difficilmente condivisibili.
L'ossessione è proprio la cifra stilistica del romanzo, ciò che lo domina e lo forma al di là di ogni apparente esigenza razionale. Non si spiegano altrimenti la sua destrutturazione narrativa, il ritorno asistematico di frasi, brani, immagini, la precisione di alcuni dettagli delle immagini che emergono da un magma sfumato e indistinto, ripetuti con maniacale morbosità (le scene di sesso, per esempio, sono costruite quasi sempre allo stesso modo, con gli stessi dettagli anatomici, le stesse fasi, gli stessi significati, persino le stesse sensazioni, e ovviamente il medesimo immaginario sadomasochista e vampiristico).
Ma l'immaginario di Burroughs è anche squisitamente ironico. Humor nero, certo, ma indispensabile a decodificare il romanzo, da questo punto di vista decisamente kafkiano (si pensi ad esempio alla persecuzione del gay alla fine, da parte degli interrogatori di Benway).
Inoltre il tessuto violento, allucinato, ossessivamente scatologico, non basta a dissimulare l'evidente finalità pedagogica del romanzo di Burroughs, scritto negli anni '50 con fini autoterapeutici. Il privato di Burroughs vi compare con impressionante trasparenza: la fascinazione per le droghe, l'odio per l'effeminatezza (considerata una colpevole concessione agli stereotipi repressivi della società americana), l'incubo del totalitarismo, della dittatura, della repressione, della politica e dei media come forme e strumenti di conservazione. Anche se queste fobie hanno risvolti privati (la paura del matriarcato e della dittatura come repressione sessuale omofoba), è evidente il riflesso politico degli anni in cui il romanzo è scritto, così come delle esperienze personali dei viaggi dello scrittore, in particolare di quelli in Sudamerica (benché Interzona rifletta soprattutto il suo soggiorno a Tangeri).
Di certo non è un romanzo per tutti.
Mauro Giori, culturagay.it



***

Un romanzo che probabilmente va letto con l'ausilio di qualche droga (possibilmente, più di una: se ne volete il catalogo, c'è, alle pp. 277-293) per essere in grado di apprezzarne la farragine d'immagini e frasi che si accavallano senza alcun filo conduttore (purtroppo per me, io lo posso leggere solo da sobrio...). L'autore stesso ammette: "Non pretendo di imporre né "storia" né "trama" né "continuità"... Fin tanto che riesco nella registrazione diretta di alcune aree del processo psichico posso avere una funzione limitata" (p. 242).
Pur con queste limitazioni, questo libro è stato un cult, anzi la bibbia di un'intera generazione di "scoppiati" (gay e non), probabilmente meglio attrezzati di me, se non proprio dal punto di vista culturale, almeno dal punto di vista chimico.
Non esiste una trama, solo un magma lavico d'immagini allucinate, ambientate nell'Interzona (trasfigurazione di Tangeri) che vertono per lo più sulla droga e su vari tipi assortiti di congiure cosmiche, con spruzzatine di fantascienza, ma anche, ossessivamente, sulla presenza di finocchi, checche e travestiti, per lo più ripugnanti.
Una lunga allucinazione ("La stanza dei giochi di Hassan", pp. 118-126) è una fantasia sadica che mescola sesso e impiccagione di ragazzi, un'altra, "Interzone" (pp. 201-223) descrive un lungo interrogatorio poliziesco che cerca di fare ammettere tendenze omosessuali al personaggio Carl, in bilico tra Kafka e Philip K. Dick.
Ma l'omosessualità e gli omosessuali (e i prostituti, indigeni e non) sono presenti praticamente in ogni pagina.
Nota a margine: "Andrew Keif", che appare nella sezione "Interzone" è un ritrattino al fulmicotone di Paul Bowles.
Si badi al fatto che il film di Cronenberg dallo stesso titolo è in realtà una biografia di Burroughs e non ha praticamente nulla in comune con questo libro, se non l'ambientazione nella stessa "Interzona" e qualche spunto e citazione qua e là.
Giovanni Dall'Orto, culturagay.it



***

BURROUGHS: TRE PASSI NEL DELIRIO

Domani, al Festival di Taormina, si proietta in anteprima per l'Italia la riduzione cinematografica di Il Pasto Nudo di William S. Burroughs, diretto dal suo amico David Cronenberg. In quell'opera, pubblicata nel 1959 (in Italia l'ha tradotta SugarCo), Burroughs aveva raccolto le fantasie e le ossessioni che lo avevano animato sin da adolescente. Testo difficile e maledetto, Il Pasto Nudo appartiene ormai alla leggenda. E il film servirà a far rivivere le atmosfere care ai ribelli di ieri. Qui raccontiamo l'epopea di quel libro, l'avventura che portò Burroughs al capolavoro. Precocemente in rivolta contro il conformismo della sua illustre famiglia Wasp ("bianca, anglosassone, protestante"), Burroughs già nel 1944, a trent'anni, si ritrovò morfinomane e senza fatica entrò nel mondo degli hipsters (o dell'"esistenzialismo americano" quale lo descrisse Norman Mailer nel suo libro Il negro bianco). Cominciò così la sua amicizia con Jack Kerouac, Allen Ginsberg, la futura moglie Joan Vollmer e Edie Parker, prima moglie di Kerouac e la loro convivenza in un appartamento diventato famoso. Passarono anni, arresti, tragedie, fughe, provocazioni, proteste non espresse, tutto costellato dagli incubi per il rientro dalla droga prima che Burroughs nel 1953, col mondo di Il Pasto Nudo già formato, si stabilisse a Tangeri con centinaia di pagine gialle di appunti che non aveva la forza di mettere in ordine. Trascorsero due anni prima che trovasse abbastanza fiducia in se stesso per cominciare a scrivere il libro, pensando che Tangeri, da lui chiamata "Interzone", potesse servire da ambiente per il romanzo, che in un primo momento intitolò Interzone poi Word Hoard e finalmente Naked Lust (Lust significa libidine) che, scrisse Kerouac alla fidanzata Joyce Johnson, Ginsberg lesse per errore in una lettera come Naked Lunch e così rimase Il Pasto Nudo appunto. Ma Burroughs voleva, come volle per tutta la vita, liberarsi della droga e nel 1956 andò a Londra a sottoporsi a una cura disintossicante ottenendo risultati quasi miracolosi. Quando subito dopo andò a Venezia a trovare Allen Ansen gli fece vedere sei episodi di Il Pasto Nudo e, tornato a Tangeri, cominciò a fare ginnastica e a remare, a scrivere ridendo per la sua stessa satira, aiutandosi soltanto col majoun (un dolce di hashish) e la marijuana. Quando Paul Bowles andò a fargli visita al mitico hotel Muniria, trovò il pavimento cosparso di centinaia di pagine gialle coperte di escrementi di topi. Ma nel febbraio 1957 Jack Kerouac andò da lui a Tangeri e si offrì di copiare a macchina tutti quei fogli; via via che li leggeva gli chiese perché avesse descritto tanti ragazzi impiccati nelle cantine. "Non lo so", rispose Burroughs. "Ricevo questi messaggi da altri pianeti. Sto liberandomi dalla mia educazione. E una catarsi, dico le cose più orribili che riesco a immaginare". Poi Kerouac se ne andò ma arrivarono Ginsberg e Orlowsky e per tre mesi lavorarono sei ore al giorno sui dattiloscritti di Kerouac. Mentre Howl di Ginsberg e Sulla Strada di Kerouac diventavano libri di culto, Burroughs, entrato in una crisi di rigetto della omosessualità , sperò di risolvere i suoi problemi scrivendo il problema del suo "Io diviso" e lo fece diventare una delle chiavi del libro. Il suo biografo Morgan cita: "Un personaggio mangia il cranio di zucchero del figlio, altri si trasformano chi in insetti chi in gamberi"; l'autore stesso si sente circondato da un virus che si diffonde in Tangeri. Dopo tre anni di permanenza nella Interzone lasciò il Marocco e nel gennaio 1958 andò a Parigi a raggiungere Ginsberg. Questi nel novembre 1957, forte di una sezione di Il Pasto Nudo pubblicata nell'autunno 1957 sull'ultimo numero della "Black Mountain Review" ancora con lo pseudonimo Willie Lee, portò il manoscritto del libro a Maurice Girodias (fondatore della Olympia Press, editore di Lolita e di libri inglesi proibiti tradotti in francese) e lo presentò come "il capolavoro del secolo"; ma Girodias si rifiutò di leggerlo a causa delle cattive condizioni del manoscritto (Lawrence Ferlinghetti lo aveva rifiutato definendo il libro "disgustoso"). Burroughs ritornò a Parigi nel maggio del 1958: nella primavera un'altra sezione del libro era uscita sulla "Chicago Review", sovvenzionata dall'Università e un'altra di nove pagine uscì sul numero dell'autunno 1958, provocando la soppressione della rivista, il cui direttore fondò una rivista autonoma intitolata su suggerimento di Kerouac "Big Table". Il primo numero uscì nel marzo 1959 con dieci episodi di Il Pasto Nudo: naturalmente la rivista venne subito vietata in virtù delle leggi americane. A questo punto si mosse Girodias, che scrisse a Burroughs chiedendogli di mostrargli di nuovo il manoscritto e nel luglio 1959 gli diede dieci giorni di tempo per prepararlo per il tipografo. Così alla fine del luglio 1959 il libro uscì in diecimila copie; tre anni dopo uscì in America per la "Grove Press" di Barney Rosset. Finì la pace di Burroughs. Nel novembre 1959 uscì su "Life" l'articolo che insultò per sempre i Beat senza cercare minimamente di capirli. Il Festival di Edimburgo nell'agosto 1962 impose Burroughs al rispetto dei critici e del pubblico grazie agli interventi di Mary McCarthy e di Norman Mailer, che lo definì "il più grande genio americano vivente" (i due grandi scrittori lo sostennero anche il 18 maggio 1983 quando Allen Ginsberg lo propose alla Accademia americana di Arti e Lettere, che lo accolse a 69 anni nonostante l'ostilità di alcuni membri, risentiti per le sue polemiche sociali, la sua tossicodipendenza, la tragedia dell'uccisione della moglie, la cosiddetta oscenità del libro). Da allora cominciò l'"io diviso" della critica. Quella che lo esaminò con attenzione riconobbe le sue provocazioni estreme, per esempio la denuncia della dipendenza non soltanto dalla droga ma dalla politica, dalla religione, dalla famiglia, dall'amore - soprattutto dal Potere - in Stati-Nazioni fallimentari in cui l'ordine sociale ha perduto ogni significato. Burocrazia e corruzione ne sono gli strumenti e per realizzare il loro scopo di un lavaggio mentale ininterrotto si servono della stampa, la scuola, la televisione. Per esprimere queste posizioni, che ora sembrano profetiche, Burroughs scelse il racconto picaresco con una serie di avvenimenti orripilanti o satirici o fantascientifici narrati dall'antieroe suo alter ego William Lee. Quando non si abbandona alle allucinazioni e alla fantascienza, Burroughs segue il suo vecchio programma che aveva chiamato Fattualismo, una sorta di realismo documentario. E William Lee a creare il sistema politico della Interzone, dove i gruppi più puliti sono quelli dei Fattualisti che combattono i metodi di controllo e si trovano a difendersi dagli intransigenti Liquefazionisti, dai Divisionisti omosessuali e dai Mandanti, esempi di un virus che produce povertà , odio, guerra. Incubi e ossessioni, allucinazioni e visioni, satira e denuncia sociale condotta come parodia sadica in chiave burlesca o grottesca, oracoli e profezie (per esempio del virus venereo così simile all'Aids) incalzano in questo libro di culto che non è mai esaurito, conteso da tutti i gruppi letterari, adorato da accademici e critici che per decenni ne avevano rifiutato l'autore. Abbastanza da indurlo a dire, quando lo accolsero nell'Accademia di Arti e Lettere: "Queste persone vent'anni fa dicevano che il mio posto era la prigione. Ora dicono che il mio posto è il loro club. Non li ho ascoltati allora e non li ascolto adesso".
Fernanda Pivano, Corriere della Sera



***

DA CRONENBERG A JARMAN, I REGISTI ALLE PRESE CON LE SUE ALLUCINAZIONI

L'incontro di William Burroughs col cinema non è avvenuto soltanto con la riduzione cinematografica del suo romanzo più famoso, Il Pasto Nudo, che David Cronenberg diresse nel 1991 e presentò l'anno seguente al Festival di Berlino suscitando non poco scandalo e molte discussioni. Quarant'anni prima, nel 1952, su un racconto fantastico e affascinante, The Junky's Christmas, Nick Donkin aveva costruito un geniale film d'animazione, che del testo di Burroughs riusciva a rendere l'incanto poetico e l'irrequietezza formale. Dieci anni dopo, fra il 1961 e il 1966, Anthony Balch aveva realizzato cinque brevi film in cui Burroughs aveva un ruolo importante e spesso vi compariva con la sua figura allampanata e esile: come una presenza inquietante che dava alle immagini uno spessore inconsueto. Insomma il cinema non aveva potuto fare a meno, sia pure in ambito sperimentale, d'avanguardia, di un autore che aveva segnato una svolta nella letteratura contemporanea, ed era considerato il maggiore narratore, addirittura il maestro della beat generation. Perfino un artista indipendente e appartato come l'inglese Derek Jarman, lontano da quella generazione di scrittori “maledetti” (ma anch'egli a modo suo maledetto), aveva voluto riprenderlo in occasione del suo viaggio a Londra nel 1982, e il suo breve film, Pirate tape, rimane oggi fra le testimonianze più suggestive che restano di Burroughs, del suo spirito caustico, del suo profondo anticonformismo. Ma è naturalmente col Pasto Nudo che il cinema gli dedica una sorta di omaggio complessivo, nel senso che il film di Cronenberg non è soltanto una scommessa riuscita nel voler trasporre in immagini “realistiche” un testo assolutamente irrappresentabile, tutto costruito com'è su immagini mentali, ossessioni, allucinazioni, brandelli di realtà inframmezzati a brandelli onirici; ma è anche un testo complesso, in cui la realtà del film si carica di uno spessore fantastico grazie alle parole di Burroughs, che prendono corpo e sostanza in una serie di inquadrature e di sequenze capaci di trasmettere allo spettatore l'intera visione allucinata e allucinatoria dello scrittore. D'altronde, come risulta dal bel documentario di Chris Rodley sulla lavorazione del film, con testimonianze di Cronenberg, di Peter Weller (il protagonista) e dello stesso Burroughs, egli non soltanto approvò in pieno l'operazione arrischiata del regista, ma ne rimase visibilmente soddisfatto. Anche perché, forse per la prima volta nella storia del cinema - ma Cronenberg c'era riuscito in parte già nella Mosca e più ancora negli Inseparabili - la mostruosità che nasce dalla trasformazione degli oggetti in esseri viventi non è fine a se stessa, ma nasce da una necessità espressiva, trasmette l'angoscia, persino la pietà attraverso il disgusto. Ed è quest'angoscia, questa pietà, che ritroviamo nell'opera di Burroughs, non solo nel Pasto Nudo.
Gianni Rondolino, La Stampa
[Modificato da |Painter| 10/06/2010 19:29]
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Cerca nel forum

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 12:45. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com