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RECENSIONI - Rassegna Stampa / 3

Ultimo Aggiornamento: 17/09/2012 19:27
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Sesso: Maschile
04/03/2008 18:17


RASSEGNA STAMPA PARTE 3


Premi e Menzioni Speciali: PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA AL 49° FESTIVAL DI CANNES 1996 PER L'AUDACIA, LA CAPACITA' DI OSARE E L'ORIGINALITA' - Crudo, freddo, lugubremente insinuante, Crash è un film fatto per sconvolgere. Un lavoro in cui Cronenberg devia momentaneamente dal filone tutto suo dell'“horror filosofico” per passare ad un’elaborazione se é possibile ancora più sottile e penetrante, sfidando e superando sé stesso. Perché in Crash, film irrisolto e disperato, praticamente privo del consolatorio appoggio di una trama, l’orrido ed il mostruoso non sono più esplicati ma piuttosto implicati nella natura umana. Sono esseri sofferenti quelli che il regista dipinge, ispirandosi al romanzo omonimo di Ballard; uomini e donne che accolgono in sé i demoni della società contemporanea, diventandone ricettacolo, crisalide, piaga aperta.
La violenza cruenta, il sangue, la fusione con la macchina, raggiungono qui un nuovo stadio evolutivo che realizza la conquista ed il contagio delle intelligenze piuttosto che la penetrazione/ibridazione meccanica compiuta sul corpo. La vicenda di conseguenza è interiorizzata, lirica; un grido disperato e sensuale dell’io che perpetra l’annientamento totale dell'anima e del suo involucro in nome di un principio del piacere già sancito in Videodrome: la ricerca dell’eccitazione per l’eccitazione, tanta e subito. Sesso e violenza, sesso violento, desiderio esasperato e ricerca di nuovi appagamenti sono il filo conduttore di Crash.
Ma non c'è nulla di costruttivo né intellettualmente edificante nel viaggio carnale dei protagonisti: la tensione irresistibile verso Thanatos è il vero motore di ogni azione. Ed al di là di qualsiasi esempio più o meno efficace del legame tra le topiche pulsioni opposte, qui Eros non è che l’anticamera del contrario, il passaggio obbligato attraverso un piacere distorto e suicida, il piacere di morire, il masochismo iperbolico che prepara al salto nel nulla.
Ed il corpo, grande protagonista della poetica cronenberghiana, questa volta subisce una mutazione più terrificante di qualsiasi altra perché subdola ed occulta. Il nuovo mostro è l’automobile. Con lo stesso potere di una protesi meccanica cresciuta sulla carne viva, o viceversa della carne a rivestire un arto metallico, è l’unione quotidiana, reiterata, impercettibile dell’uomo con la progenie dell’età industriale. Un rapporto che si consuma ogni istante e da cui nessuno è escluso, un segreto amplesso col non-umano. James Ballard, il protagonista, scopre in un impatto frontale con un’altra macchina, la nuova, perversa eccitazione convogliata dallo scontro. Come spiega il sinistro maestro dell’assurdo culto Vaughan, nel momento dell’impatto il corpo e la mente sviluppano un’indescrivibile eccitazione sessuale. La scena in cui, a bordo dell’auto divenuta rottame, la moglie del defunto guidatore si scopre il seno e con sguardo spiritato fissa lo stordito Ballard è a dir poco alienante.
Crash, parola dai suoni aspri, diventa il nome del rapporto sessuale completo per l’homo tecnologicus. Così un vortice carnale scomposto e privo di gioia, frutto di un amore già cadavere, del desiderio di morte orgasmica, anima tutto il film. Un film indigesto e sgradevole ma grande nel tentativo di raccontare la “religione della perversione” corredata della sua ritualità fatta di simulazioni di incidenti famosi.
Inferno dell’insoddisfazione, ipertrofia della sensorialità, fascinazione per la morte, fuga senza meta di un’umanità traviata, questo è Crash. E di tutto rimangono solo i rottami, persistenti come un incubo senza fine.
Alessandro Di Tecco, cinemovie.info



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Un Cronenberg in grandissima forma che fonde in una miscela esplosiva Eros e Thanatos, dove l'amore per la vita arriva solo attraverso il piacere estremizzato del sesso. Un sesso fatto senza passione, senza amore, senza godimento fisico ma solo per il piacere della mente. Una mente che deve essere gratificata da emozioni forti, da un qualcosa che possa fornire un'alternativa alla passione vera. Una passione artificiosa ma non per questo meno reale... Amore che poco ha a che vedere con il sesso. Ma forse è ancora più stretta la relazione tra le due cose di quel che sembri, specie dopo aver visto la morte in faccia. Una morte imminente e facile da avere che è sempre lì in agguato. Un agguato che non diventa solo fisico ma intacca la mente. Da questo momento, quando il protagonista scopre il legame che esiste tra il piacere e il "piacere" di essere vicini a "renderla" per lui il sesso diventa sempre più estremo. Ballard (è un caso che il nome del protagonista si chiama come l'autore del libro da cui è tratto il film???) entra in contatto con la donna che ha avuto l'incidente con lui, la dottoressa Remington. Da questo momento la sua ossessione per il sesso è legata all'ossessione per la morte... il tutto mediato da uno strano personaggio che è il "folletto pazzo adepto di Thanotos" che introduce tutte le persone coinvolte in questa devianza estremizzata dell'amore... un'amore che non può esistere senza la morte imminente. Senza la puzza/odore della morte che è lì accanto a te in qualsiasi momento della tua vita. Una morte che incombe e che i nostri invece di cercare di sfuggirla (e dimenticarla) la cercano, la vogliono, ne vogliono sentire l'alito sopra di loro. Un alito che non è quello della vita ma per uno strano gioco di contrappesi lo è. Non esiste morte senza vita e il contrario...
Nulla è casuale in questo intreccio di lame contorte, sangue e liquido seminale che sgorga dalla passione insana della quale si nutrono uomini e donne coinvolti in questo gioco (?!?!) insano. Un gioco di vita e di morte, finalizzato solo, però, al desiderio di sentirsi vivi in un mondo di ombre e di uomini che non sanno di essere già morti. E poi chi sono i vivi e i morti? Chi è che ne da una versione veridica e reale di ciò che è nella realtà. E poi cosa è la realtà se non qualcosa che noi umani immaginiamo e costruiamo a nostra immagine somiglianza in virtù di quello che conosciamo e non di quello che non sappiamo. Un limite il nostro che ci porta ad immaginare e vedere solo le cose che già conosciamo e quindi a non elaborare altro che possa essere pura fantasia. Cronenberg, in modo diretto ci racconta questo, ci racconta di questi slittamenti progressivi della perversione sessuale ed intellettiva umana. Ma dove sono i confini per capire se tutto ciò è giusto e sano e al contrario sbagliato ed insano... Non esistono confini, di nessun tipo e di nessun genere, neanche fare l'amore tra uomini e leccarsi le ferite dei propri corpi istoriati ed al di fuori dello schema, di questo particolare schema che ci fa sentire vivi, che ci urla dentro con tutto il suo vigore e la sua disperazione... Anime erranti che cercano nuovo linfa per sentirsi al di là... Una passione disperazione che genera altro dolore e amore...
Uno dei migliori film di Cronenberg da non perdere assolutamente...
John Marion, zabriskiepoint.net



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James Ballard (James Spader) e sua moglie Catherine (Deborah Unger) conducono una frenetica vita sessuale fatta di incontri con partner occasionali nelle situazioni più disparate. Dopo un terribile incidente automobilistico, James incontra in ospedale la dottoressa Helen Remington (Holly Hunter, in un ruolo ben diverso da quello che le fruttò l'Oscar per Lezioni di piano), anche lei coinvolta nello stesso incidente, e viene portato ad esplorare i rapporti fra pericolo, sesso e morte. Quando al terzetto si uniranno anche Vaughan (Elias Koteas), scienziato, fotografo e ricostruttore di incidenti storici, e Gabrielle (Rosanna Arquette), rimasta a sua volta profondamente segnata, anche nel fisico, da un incidente, i rapporti diventeranno sempre più morbosi e frenetici.
Presentato nella Competizione Ufficiale al 49° Festival di Cannes, dove dopo lunghe discussioni ha ottenuto il Premio Speciale della Giuria per l'audacia, la capacità di osare e l'originalità, Crash è l'ultimo lavoro di David Cronenberg, il regista di Videodrome e La Zona Morta. Tratto da un romanzo di J.G. Ballard del 1973, viene descritto dallo stesso Cronenberg come una storia d'amore futuristica ambientata nel presente, che anticipa la psicologia disconnessa e patologica del XXI secolo. I protagonisti esprimono il loro amore e la loro sensualità attraverso la mediazione degli incidenti automobilistici, che possono essere visti come una metafora della collisione della tecnologia presente e della psiche umana.
Il film in se è tecnicamente perfetto: un'ottima regia, una bellissima fotografia ed una colonna sonora (Howard Shore) che, senza prendere il sopravvento, è sempre in sintonia con le immagini. Ma non può che risultare eccessivamente oscuro a chi non abbia letto il libro, dato che troppe cose vengono date per scontate e certi chiarimenti appena accennati. Si può indubbiamente restare affascinati dall'atmosfera che si riesce a respirare, ma difficilmente potrà essere amato da chi ama il vero cinema. È certamente figlio del nostro tempo, ma è triste che i giovani degli anni '90 debbano rispecchiarsi in simili storie.
Senza voler qui fare discorsi di morale, e del resto il film è dichiaratamente diretto ad un pubblico adulto, e pur ammettendo che l'avanzamento della tecnologia possa aver gravemente minato i rapporti umani, non si riesce ad apprezzare il bisogno di inventare una nuova sessualità attraverso le macchine e gli incidenti automobilistici, neppure vedendoli come una metafora. Nello scontro fra i due film scandalo di Cannes, Trainspotting ha decisamente la meglio
Carlo Cimmino, revisioncinema.com



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Ispirato dal libro Crash scritto da J.G. Ballard nel 1973, autore che per sua ammissione è stato influenzato da Burroughs (dal quale Cronenberg trarrà Il Pasto Nudo, 1991), questo film è l'ennesimo viaggio del regista canadese negli inesplorati territori della mente e in quello che il senso comune considera tabù. Quando Crash fu presentato a Cannes nel maggio 1996, alcuni spettatori uscirono dalla sala e questo era solo l'inizio di una piccola crociata (in testa alla quale c'era Ted Turner) contro questo film ritenuto repellente. Probabilmente quegli spettatori così sconvolti dall'opera di Cronenberg non conoscevano le sue tematiche e il suo stile, dal momento che quello che propone Crash non è poi così sostanzialmente diverso da ciò a cui ci ha abituato il regista: il rapporto fra carne, sesso e tecnologia, la spinta autodistruttiva della società e la ricerca della libertà attraverso vie traverse. Forse la cosa che ha sconvolto di più sono le innumerevoli scene erotiche ed il fatto che queste siano costruite su una base di feticismo molto particolare ed estremo, cioè legato alle automobili e agli incidenti stradali. Ma la macchina è solo un "mezzo" tramite il quale elicitare la propria sessualità e se allo spettatore paiono assurdi i comportamenti dei protagonisti e la commistione fra incidente ed eccitazione, basta che lo stesso spettatore applichi il proprio particolare gusto (o fetish, dal momento che ognuno ha il suo) e risulterà più semplice comprendere quello che a prima vista sembra assurdo ed estremamente perverso. Crash è come fosse un film pornografico (nel accezione meno deteriore del termine) in cui l'oggettistica tipica del porno (vibratori,...) viene sostituita dalle macchine e dal metallo. Notate come Chaterine appoggia il seno alla lamiera all'inizio del film, o come è dilatata la scena in cui i pompieri tagliano le lamiere come stessero togliendo la lingerie ad un soggetto erotizzato ed erotizzante, o come ancora i tutori metallici penetrano la carne del protagonista. Ma nonostante i nudi integrali e le scene di sesso, Crash non può essere definito (e non è) un film pornografico ma è un viaggio in alcune parti della mente umana, quelle parti che da sempre sono nucleo tematico di Cronenberg. I detrattori di questo film sostengono che ciò che intende descrivere si esaurisce in poco tempo e il resto diviene sesso ridondante per una durata (100min) eccessiva, essenzialmente il film sarebbe composto da una summa di situazioni "al limite" senza una vera costruzione narrativa (e quindi di conseguenza arriva la noia). Lo stesso accade per i protagonisti, la cui dimensione personale è solo abbozzata. In parte è vero, d'altra parte, prendere o lasciare, questo è il cinema di Cronenberg, e chi ritiene un po' disarticolato Crash è meglio che non guardi Il Pasto Nudo (1991)! Non credo che la bidimensionalità dei protagonisti sia casuale in un film che osa sostituire l'incontro romantico, che di norma avviene ad una festa, fra amici o altro, con un incidente mortale in cui fin da subito James ed Helen dimostrano di essere marionette nelle mani della propria pulsione di vita (sesso) e di morte. È un film in cui il desiderio di vita e libertà cortocircuita nella morte senza altra possibilità. La regia di Cronenberg è gelida e controllata così come la fotografia di Suschitzky e le musiche di Howard Shore. Lo spettatore è spiazzato: a volte distante miglia dalla sessualità dei protagonisti (come quando James ha un rapportosessuale con la ferita alla gamba di Gabrielle) altre volte eccitati dalla stessa eccitazione espressa in modo superbo dagli attori. Tre grandi figure femminili (Chaterine, Helen, Gabrielle) ma soprattutto è notevole l'interpretazione dell'attore canadese Elias Koteas, nei panni di Vaughan, che a tratti ricorda De Niro. Quello che convince di meno è proprio l'attore principale, James Spader. Un film non per tutti Crash, fosse solo per l'elevato tasso di sesso ma soprattutto per la forte impronta registica di Cronenberg che fa un cinema molto distante dal mainstream. Chi apprezza il regista canadese comunque apprezzerà. Un film che ha un valore aggiunto se visto sul grande schermo immaginando che la maggior parte degli spettatori sarebbe tornata a casa in macchina alla fine della proiezione.
FORSE NON TUTTI SANNO CHE...
-Il film, girato a Toronto (Canada), costò circa 10 milioni di dollari.
-La versione italiana (non quella su DVD) ha rimosso la sequenza originale dei titoli che erano metallizzati, sostituendola con scritte in bianco su sfondo nero.
-La versione che si può noleggiare da Blockbuster ha tagli ovunque tali che mancano quasi tutte le scene di sesso. Dura circa 10 minuti in meno della versione cinematografica.
-Fu eletto miglior film del 1996 da "Les Cahiers du Cinéma".
-Cronenberg disse che il film fu girato a mezz'oretta di distanza (in macchina?) da dove abita a Toronto.
-Poiché nel corso delle riprese la macchina di Vaughan diventava sempre di più malridotta, la produzione ebbe bisogno di sei Lincolns d'epoca: tre per le scene di guida, una per l'incidente, una tagliata in due per permettere alcune riprese ed un'altra convertita in pick up in modo da montarci la mdp e compiere riprese con la soggettiva del guidatore o dei passeggeri.
-Le scene di sesso fra Ballard e la sua segretaria furono filmate ma tagliate dal regista, poiché questi credeva che la "chimica" fra gli attori fosse troppo buona, contravvenendo alla natura di tutte le relazioni descritte nel film.
exxagon.it



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Crash è un film che fa davvero paura. E non per tutta quella serie di idiozie a proposito dell’incitamento al suicidio e balle varie di cui era stato accusato, con tanto di richiesta di ritiro dalle sale, ai tempi della sua uscita. Un simile approccio, per favore, lasciamolo ai cretini. No, Crash mette i brividi perché si avvicina, come nessuno mai aveva fatto prima - e in seguito nessuno ha più avuto il coraggio, o la sensibilità, di fare - a quella che è la vera natura dell’uomo. Quella nascosta, latente nel nostro inconscio, che di tanto in tanto riaffiora: e quando lo fa, si tratta di un sussulto che noi non capiamo, perché mai penseremmo di essere in grado di poter formulare simili pensieri o anche solo di immaginare di poter avere inclinazioni del genere.
Un’”esclusiva” che ha luogo nel silenzio e nell’imperscrutabilità della sfera privata, là dove nessuno può vederci o sentirci. Crash, insomma, è il cinema della perversione alla massima potenza. È la vera mostra delle atrocità della società del XX secolo, per dirla come Ballard, dal cui romanzo il film di Cronenberg è tratto. Per questo spaventa. Per questo si cerca di evitarlo. È il rifiuto di vedersi così come si è; è la paura di mettere in discussione la corazza in cui ciascuno di noi si è calato per evitare di perdere il controllo. Crash non è finzione. Ce lo ricorda costantemente il riferimento autoreferenziale del nome del protagonista. E se il romanzo può essere interpretato come una testimonianza autobiografica e un monito - perché in fondo la realtà non è totalmente finzione, così come la finzione non esclude a priori il reale - allo stesso modo il film può diventare il resoconto biografico di una vita vissuta o vivibile e in questo senso uno spaccato sineddotico di tutto il genere umano. Altro che malattia: la perversione di Crash è più che altro una scossa che fa fremere l’animo, sporcandolo. È uno stato di eccitamento mortifero incontrollato che ci fa eiaculare dentro i pantaloni; è lo sperma rancido che incrosta i nostri panni e i sedili delle auto dove abbiamo appena scopato.
Crash è quasi necrofilia dello sguardo. Il processo di mutazione è in atto già da tempo; forse è addirittura già terminato e noi stiamo vivendo oltre la soglia della nuova carne. E non ce ne accorgiamo; o più semplicemente facciamo finta di niente. È qui che Cronenberg prende le distanze da Ballard: aggiungendo un epilogo che fa capire come quello che nel 1973 era un avvertimento di fronte al ruolo sempre più penetrante e morboso della tecnologia nella vita di tutti i giorni (dopo l’amplesso con Cathrine, tra le macerie della vettura del defunto Vaughan, Ballard ha un’illuminazione: «In quel momento seppi di star disegnando gli elementi del mio scontro automobilistico»), venticinque anni dopo, quel monito è diventato una realtà: Ballard, con l’auto appartenuta a Vaughan, sperona (scopa) quella di Catherine fino a farla uscire (venire) fuori strada. E dall’amplesso metaforico si passa a quello di fatto. Capolavoro.
Marco Cacioppo, nocturno.it

[Modificato da |Painter| 17/09/2012 19:27]
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