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Interventi di Cronenberg e di Mortensen

Ultimo Aggiornamento: 29/02/2012 16:06
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Sesso: Maschile
27/12/2007 12:13


Interventi di David Cronenberg e Viggo Mortensen


Dopo A History of Violence, il regista canadese ha scelto Londra per ambientare il suo nuovo film. Dove un semplice autista si trasforma in un pericoloso sicario. E la violenza, ancora una volta, domina su tutto.
Dopo A History of Violence, David Cronenberg torna a esaminare la violenza, con il thriller La Promessa dell'Assassino ambientato a Londra tra i meandri della mafia russa, il crimine organizzato e lo schiavismo sessuale. Viggo Mortensen, l'attore con cui Cronenberg torna a lavorare dopo A History of Violence, è il minaccioso Nikolai, che da semplice autista diventa uno dei sicari più benvoluti di un mafioso russo; Vincent Cassel è il figlio del boss, mentre Naomi Watts è un'ostetrica che si ritrova coinvolta per caso in un pericoloso intrigo. Canadese di Toronto, 64 anni, Cronenberg è conosciuto per film bizzarri e viscerali come La Mosca, Crash e Spider.
Nel film, Viggo Mortensen, nudo, sfida due sicari a colpi di coltello in una sauna, altre volte la macchina da presa indugia sui tatuaggi dei personaggi. Che rapporto ha con il corpo umano?
«Un rapporto intimo. Direi esistenziale. Il corpo per me è una cosa seria e fotografandolo è come se catturassi l'essenza della persona».
È la prima volta che gira un film a Londra, in genere lavora nella nativa Toronto. Perché?
«Come Toronto, Londra è il prototipo della metropoli multiculturale. Ovvero è un'alternativa alla teoria in voga negli Stati Uniti secondo cui chiunque emigri in Usa deve diventare un americano al cento per cento. Invece puoi emigrare in Paesi come il Canada o l'Inghilterra e conservare la tua cultura. Londra è piena di ceceni, albanesi e russi che cercano di ricreare la loro piccola patria all'estero. Questa dinamica dell'integrazione umana e sociale mi affascinava e su questo è centrato La Promessa dell'Assassino».
Ancora una volta, però, un film violento.
«Violento? Molto poco, per i miei standard».
Silvia Bizio, Il Venerdì di Repubblica



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“Questa realtà è abbastanza diversa da quella della Mafia. Inoltre, nel moderno mondo russo o nella diaspora di Londra, si sta tramutando in qualcosa di assai differente ed è questo ciò che volevamo esplorare in Eastern Promises”.
Cronenberg afferma: “Viggo ha persino imparato il russo piuttosto bene, per questo ruolo. Nel film parla inglese con l’accento russo, il ché modifica leggermente il tono della sua voce; nonostante questa trasformazione riesce a regalare a Nikolai intensità e umorismo. Si può dire che Viggo riesce sempre a trasformarsi totalmente quando interpreta un ruolo."
Osserva Cronenberg: “Naomi è molto rispettata nel nostro ambiente; tutti la considerano una persona fantastica nonché una piacevolissima partner di lavoro. L’attore francese Vincent Cassel è stato scritturato nella parte dell’instabile Kirill. Penso a Kirill come al figlio di Saddam Hussein: troppo potere, troppa poca profondità e tante insicurezze, una miscela molto pericolosa. Al contrario di Nikolai, Kirill è passionale ed emotivo, quindi i due formano una strana coppia. Sullo schermo, Vincent riesce a trasmettere un caos interno ed esterno con tale precisione e padronanza, che è un vero piacere lavorare con lui. Sapevo che il suo aspetto così particolare e la sua forte presenza scenica avrebbero creato un bel contrasto con Viggo”.
da Maria Antonietta Amenduni, agenziaradicale.com



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Il misterioso e ruvido Nikolai (Viggo Mortensen) è legato a una delle più note famiglie criminali di Londra. Gestisce la sua vita in maniera attenta e metodica; tutto questo viene però sconvolto quando sulla sua strada appare Anna (Naomi Watts), un'ostetrica che vuole indagare sul mistero che circonda una sua paziente, una prostituta morta durante il parto. Anna scopre accidentalmente delle prove compromettenti per la famiglia cui Nikolai è legato: questo scatenerà una serie di delitti, menzogne e ricompense, con Nikolai a fare da perno a tutti gli avvenimenti.
Ad alcuni potrebbe sembrare facile vestire i panni dell'assassino glaciale: dopotutto, ci sono numerosissimi esempi del genere, sia tra i film meno recenti, che tra i più contemporanei, come Hitman. Viggo, tuttavia, non voleva cadere nella banalità propria dell'uomo di ghiaccio, così ha cercato di astrarsi dai comuni film sulla mafia russa e orientale, preferendo l'esperienza diretta: "Ho dato molta importanza all'apprendimento degli accenti, perché volevo avere una corretta inflessione russa, anche quando il personaggio non parla in russo, e ho trovato molto interessante studiare la grammatica e il gergo particolare che quel tipo di persona può trovarsi a usare nel corso della vita. Questo mi ha aiutato molto anche a calarmi nel personaggio. Indubbiamente, sarebbe stato più facile vedere un film sui gangster, ma il risultato ne avrebbe risentito".
“Ho incontrato alcune persone che anche Nikolai avrebbe potuto conoscere e che, di certo, non fanno parte del giro di gente che frequento di norma. Era assolutamente necessario, per parlare con soggetti che, per quanto inizialmente reticenti, in realtà poi si sono mostrati collaborativi, soprattutto quando ho spiegato loro che non volevo fare una caricatura o una macchietta, come accade di solito. Tendo a non giudicare i personaggi che interpreto: voglio solo renderli credibili". Mortensen si è così calato nel mondo della mafia dell'est Europa, cercando di assorbire quanto più poteva dai criminali pentiti con cui ha avuto occasione di parlare. I contatti, ovviamente, sono stati presi dalla produzione, ma è stato da parte sua un gesto di grande volontà, che alcuni attori si sarebbero rifiutati di compiere.
“Una volta compreso il ruolo, è necessario immergersi nel personaggio. "Nikolai è, in qualche modo, gentile ma anche brutale, duro e freddo" racconta l'attore. "Io credo che la storia stessa si concentri sul fatto che mostra una qualche bontà d'animo, anche se con tantissima difficoltà. È un uomo che vive in un mondo complicato, che cerca di aiutare persone che non sono in grado di gestirsi da sole. Agisce anche contro logica, anche quando questo mette in pericolo la sua vita professionale e non ne trae alcun vantaggio personale, addirittura anche quando la persona che aiuta non sarà mai cosciente di quello che è successo. Credo che per Nikolai, alla fine dei conti, la cosa che importa davvero sia rimanere in qualche modo un essere umano, e in questo riesce perfettamente".
Claudia Resta, mymovies.it



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«Il mio dentista mi ha detto "Ho già troppi problemi, perché dovrei vedere anche i tuoi film?"».
Così David Cronenberg ama scherzare sulla sua fama di regista dell’inquietudine, ma, dice «ognuno deve fare il cinema che sa fare».
E certo non lascia sereni La Promessa dell'Assassino - da domani in Italia - in cui, dopo A History of Violence, torna a lavorare con Viggo Mortensen, interprete del misterioso e spietato autista di una potente famiglia della criminalità russa (Vory v zakone, letteralmente "ladri della legge") in azione a Londra, con a capo il proprietario di un ristorante dall’aria mite e impeccabile (Armin Mueller-Stahl) e il nevrotico figlio (Vincent Cassel). L’arrivo nel ristorante di un'ostetrica, russa anche lei (Naomi Watts), in cerca di notizie su una ragazza morta dando alla luce un bambino, turba l’equilibrio degli affari criminali.
«Mi ha attratto l’idea di una cultura esportata da emigrati che riproporre in un altro paese lo stile di vita della patria d’origine, creando una società chiusa, quasi impermeabile al costume e alle regole del paese che li ospita. Non a caso nel film non ci sono inglesi, non si vedono i pub o gli scorci più conosciuti di Londra», dice Cronenberg al telefono da Toronto.
Perché proprio Londra? C'entra l’affare Litvinenko? «Intanto Londra per un canadese è una seconda patria, noi crediamo ancora nella regina, il legame è molto più stretto che con gli Usa. Poi il soggetto è di Steve Knight, inglese, autore di Dirty Pretty Things, un'altra storia di emigrati. Litvinenko è stato assassinato mentre stavamo finendo la sceneggiatura, è stata una conferma di aver scelto la città giusta, l’omicidio ha fatto luce su quanto potente, numerosa e varia sia la presenza russa. Ma credo che la caduta dell’impero sovietico abbia creato una diaspora e che l’organizzazione criminale sia diffusa in molte grandi città. E un processo in corso, la realtà derivata dal nuovo capitalismo russo è tutta da capire».
Che differenza c' è tra la mafia e Vory v zakone? «La stessa che c' è tra la cultura italiana e quella russa. Ho letto molti libri, i "Vory" sono nati negli anni Trenta nei gulag di Stalin, è una criminalità che non somiglia né a quella asiatica né a quella occidentale, è cupa, paranoica, pessimistica, deprimente, imperniata di codici ferrei e di rituali di una violenza brutale. Con il dissolvimento dell’Urss i Vory si sono rafforzati, nell’organizzazione sono entrati molti militari rimasti senza soldi per il collasso dell’Armata rossa e anche molti atleti, interi team di boxe ad esempio, che hanno perso il sostegno dello stato. Il personaggio di Viggo sembra non avere via d’uscita, preparandolo abbiamo pensato molto a Dostojevski, alle Memorie dal Sottosuolo».
È un film insolito per lei, qui la violenza è più fisica che psicologica. «In un thriller sulla mafia i personaggi fanno una professione della violenza, dovevo mostrarla per evitare il rischio di deludere lo spettatore. Il problema è sempre lo stesso: è giusto mostrare la violenza? Io penso che in alcuni casi la gente debba vedere per capire che cosa è veramente. Forse non è politicamente corretto, ma non ho mai apprezzato il "politicamente corretto", spesso è un limite all’espressione artistica. Il film comunque è anche un intreccio di drammi famigliari in una subcultura all’interno di una cultura molto forte, con contraddizioni evidenti nella famiglia di Naomi. La violenza psicologica è nell’intrigo tra i tre, Mortensen, Cassel e la Watts, dominato da sentimenti d’amore non molto convenzionali».
Secondo lei il film potrebbe piacere a Putin? «Credo che il personaggi di Viggo alla fine non dovrebbe dispiacergli. Ma non è certo per far piacere a Putin che ho fatto il film».
Maria Pia Fusco, La Repubblica



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David Cronenberg: “Eastern Promises parla essenzialmente della mafia russa a Londra. Era un tema che conoscevamo a malapena prima di iniziare il film, ma già a metà scottava come materiale radioattivo, poiché abbastanza vicino al nostro set era stato avvelenato un ex agente del KGB.
Mi sento attratto dalle sottoculture chiuse e sigillate ermeticamente. A volte le invento io, come nel caso dei miei film di fantascienza, a volte le prendo da altri, come nel caso di M. Butterfly. Il tema di questo film non è solo la cultura russa trasportata in Inghilterra, ma la cultura della mafia, che è una sottocultura di una sottocultura. È la mia mentalità esistenzialista ad attrarmi a questi temi, l'idea che creiamo una nostra realtà attraverso la cultura e l'arte, che appare allo stesso modo vera, ma è transitoria ed è una proiezione della nostra stessa creatività. Lo stesso vale per la famiglia criminale di Eastern Promises.
Il mio intento era di girare un film complesso che si potesse rivedere molte volte e non fosse solo un prodotto di consumo di cui ci si dimentica due ore dopo averlo visto. Valuto il mio lavoro in questi termini e penso che questo film sia riuscito.
Ogni film ha un problema da risolvere e per noi è stato quello della lingua. Dovevamo ingaggiare attori anglofoni che imitano l'accento russo, come abbiamo fatto con Viggo? Ho pensato fosse meglio cercare attori europei che imitassero l'accento russo e sapessero parlare inglese. Per esempio, Armin è tedesco, Vincent è francese, Jerzy Skolimowski – che è più noto come regista – parla russo ma con accento polacco. Abbiamo dovuto rendere omogenee tutte le diverse parlate russe per essere credibili anche verso il pubblico russo.
Abbiamo tutti pensato che Naomi Watts fosse perfetta per il ruolo ed eravamo sicuri che tra lei e Viggo si sarebbe creata una forte intesa. Il che è interessante dato che questa non è una storia d'amore in senso tradizionale, nel film non si mettono insieme. È una cosa insolita, uno degli elementi interessanti della sceneggiatura è che sono come navi che si incrociano nella notte. Sono legati e al contempo non sono legati.
Viggo non è un attore metodico in senso stretto, ma fa molte ricerche. [In Russia] ha incontrato persone che hanno comunicato con lui e ne ha assorbito il carattere russo. Conoscendo i russi, so che Viggo ha centrato in pieno il personaggio. Il modo in cui cammina, in cui parla, muove la testa... è completamente russo.

I tatuaggi

David Cronenberg: “C'era un riferimento ai tatuaggi nel copione originale di Steven [Knight] ma non era essenziale alla trama del film. Poi Viggo Mortensen che è un ricercatore straordinario, mi ha dato un libro in cui si diceva che nelle prigioni russe non si è nessuno se non si è tatuati. Sul corpo viene impressa la storia della propria vita, dei propri crimini e ogni cosa che riguarda te. Se non si è tatuati, si è guardati con diffidenza. Gli altri carcerati li possono leggere e possono quindi capire chi sei, cosa sei. Questo libro era un documentario intitolato The Mark of Cain sulle prigioni russe e sui tatuaggi che vengono fatti nelle prigioni e ha modificato la nostra concezione di come doveva essere il film. Nelle parti di copioni che abbiamo riscritto, i tatuaggi hanno subito assunto un'importanza fondamentale. Si può dar spazio alla creatività ma al contempo bisogna rispettare strettamente la simbologia coinvolta. Il significato di questi tatuaggi è molto chiaro. Attraverso essi bisogna dire la verità su se stessi.”

Steve Knight: “Se sei un ladro hai un certo tatuaggio, se hai commesso un omicidio ne hai un altro tipo. Ma è molto più complesso, c'è un'intera lingua che viene espressa con i tatuaggi e io ho cercato di usarla nel film. Alcuni ricercatori hanno studiato questo linguaggio e ci sono un paio di ottimi libri sull'argomento. Viggo ha trascorso molto tempo con persone che vivono in questo mondo per assicurarsi di avere i tatuaggi giusti. Lo scenografo è stato bravissimo e non ha sbagliato un dettaglio.”

Viggo Mortensen: “I tatuaggi fanno riferimento al linguaggio poetico, alla storia, ci sono molti simboli religiosi che tuttavia non hanno un significato religioso. Il crocifisso sul mio petto denota che sono un ladro e non ha niente ha che vedere con Cristo. Le tre cupole sulla mia schiena rappresentano tre diverse condanne in diverse prigioni e i capimafia l'hanno capito subito. Un ragno che scende significa una cosa, uno che sale un'altra. Il primo che si commettono certi crimini, il secondo che si è smesso. Le frasi sono identiche o analoghe a quelle che ho visto personalmente sui libri. Una è questa: “Che tutto ciò che ho vissuto sia come in un sogno”. Sul mio piede sinistro c'è scritto: “Dove vai?” E sull'altro: “Che diavolo te ne importa?” Lo trovo molto divertente. È come se un piede non rispettasse l'altro.
Ci vuole molto tempo per applicarli e a volte dopo non me li lavo via. Una volta sono andato in un pub. Mi sono seduto accanto a persone che parlavano russo. Le ho ascoltate per vedere se riuscivo a capire qualcosa. Sono riuscito a decifrare qualche frase... ma all'improvviso si sono zittiti e mi hanno guardato le mani. Erano visibilmente spaventati. Devono aver pensato che stavo origliando e che ero un tipo poco raccomandabile. E in effetti venivo dal set, ero pettinato così e avevo l'aria losca. Così ho avuto la conferma che il mio personaggio era credibile, ma ho anche capito che fuori dal set era meglio non mostrare i tatuaggi. Una volta finito era meglio lavarseli via.”
Tratto dai contenuti extra del DVD di La Promessa dell'Assassino (Eagle Pictures 2008), traduzione adattata.



***

Vedendo in parallelo la sequenza nella sauna di Eastern Promises e di Othello (1952) diretto da Orson Welles, la prima domanda spontanea è sapere se David Cronenberg ha in qualche modo studiato, ammirato e citato la sequenza di Welles, visto che si tratta, in tutti e due i casi, di una sequenza (in entrambi i casi una sequenza che è una sorta di assolo di regia) in cui si ambienta una scena di un omicidio in una sauna.

Cronenberg: Non ho mai visto l’Otello di Welles prima, per cui non è certo stata un’ispirazione. Ammiro però molte delle sue pellicole, trovo affascinanti gli alti e bassi della sua carriera; è stato un personaggio straordinario che ha realizzato alcuni film semplicemente fantastici. Ero certo di non essere stato il primo ad aver immaginato una lotta con coltello in un bagno turco, ero infatti certo che fosse già avvenuto in precedenza, magari in qualche film giapponese. Quando lavoro non ho riferimenti o referenti cinematografici benché io sia influenzato da tanti film. Non ho mai seguito alcun corso di cinema, sono un autodidatta e la mia scuola è stata vedere pellicole; così come si impara a scrivere un romanzo leggendone, allo stesso modo si impara a girare film vedendoli. In questo senso mi è stato quindi insegnato a fare film da molte persone. Penso però che certe cose emergano organicamente dai personaggi, dall’ambiente – nel caso di Eastern Promises dalla mafia russa a Londra – e la scena del bagno turco è dovuta al fatto che volevo mostrare i tatuaggi del protagonista, quei segni che raccontano l’intera storia di quello che queste persone sono, la storia di quel che è l’affiliazione in termini di criminalità. Il solo posto in cui i tatuaggi possano veramente vedersi in modo chiaro e inequivocabile è quindi nel bagno turco. I personaggi si incontrano lì per una ragione precisa.
Eastern Promises, ed è la sua caratteristica, è veramente low-tech, quelli impiegati sono coltelli con lame retrattili, strumenti davvero semplici, e non compaiono pistole. Per qualche strana ragione, credo si tratti della visione della tecnologia più primitiva di tutti i miei film. Anche gli strumenti per realizzare i tatuaggi sono del tipo impiegato nelle prigioni russe, si tratta di attrezzi ottenuti trasformando campanelli elettrici che vibrano, questo perché i criminali laggiù non hanno alcun accesso ad attrezzature moderne neppure per fare dei tatuaggi. Nei miei film mostro sempre un certo interesse per la tecnologia e per quello che essa è, questo perché il regista deve necessariamente impiegare la tecnologia dal momento che non è uno scultore né un pittore. C’è un suo impiego sempre maggiore nella realizzazione di film e si tratta sempre di una tecnologia estremamente avanzata; non importa di quale tipo si tratti ma se è avanzata presto o tardi finisce sempre con l’essere impiegata nel cinema. Si sente spesso la gente parlare della disumanizzazione dovuta alla tecnologia e lo trovo davvero sconcertante perché essa è interamente umana nel senso che non esiste alcun altro tipo di tecnologia se non quella umana. Si tratta quindi di un prodotto della mente e dello spirito creativo degli uomini e, sostanzialmente, nasce come estensione del corpo. Basta pensare a un telefono cellulare che non è altro che un’estensione dell’orecchio e della voce, del sentire e del parlare, e poi, se si possiede un iPhone, ci sono altre cose che si possono fare, come il navigatore satellitare che è estremamente utile. Ritengo quindi che la tecnologia sia un nostro riflesso e che ci riveli quel che siamo, quali siano le nostre ispirazioni e fantasie. Quel che intendo è che anche il luogo in cui siamo in questo momento è sostanzialmente tecnologia. Questo stesso edificio non è un prato in cui piove, tutto questo spazio è guidato dalla tecnologia ma riflette quel che vogliamo, la comodità, la protezione dal mondo esterno, la creazione di un nostro mondo, l’amplificazione della mia voce che di certo non sarebbe possibile sentire senza questo microfono. Come stavo dicendo, quindi, la tecnologia è estremamente umana e in tal senso non disumanizzante ma rivelatoria della nostra condizione e questa è la ragione per cui in molti dei miei film riservo molto spazio ad essa o mi piace inventarne di nuove, come in eXistenZ, dove tratto il mondo dei videogame che ben presto è divenuto assolutamente reale. Credo sia effettivamente molto difficile tenere il passo della tecnologia.
Estratto dall'intervista di Mario Sesti, temi.repubblica.it/micromega-online
[Modificato da |Painter| 29/02/2012 16:06]
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