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La Nuova Carne - Mutazioni e tentazioni iperrealiste

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 18:13
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02/12/2007 20:16


David Cronenberg - David Lynch - John Carpenter

LA NUOVA CARNE
Il cinema della mutazione e le tentazioni iperrealiste


Gabbia di Mutamenti,
comincia a innalzarsi.
(Emilio Villa)


Il cinema fantastico contemporaneo ha assunto caratteristiche fortemente divergenti rispetto ai propri presupposti storico-formali. Tralasciando le produzioni delle origini, in cui tutto il cinema, per il solo fatto di rappresentare delle immagini in movimento su uno schermo, incarnava l'immaginario in maniera portentosa (sia Méliès che l'espressionismo tedesco, ma anche i Lumiere, Buster Keaton, o lo stesso Griffith), possiamo osservare come, per decenni, l'elemento fantastico sia rimasto circoscritto a un pubblico specialistico, sia ad alcune figure registiche. Si è passati da un momento sostanzialmente artigianale (quello di George Pal e di Jack Arnold, per intenderci), con pellicole fortemente di genere, a un cinema più intellettuale (in cui Stanley Kubrick, John Losey, John Boorman orientano sia il pubblico che la critica verso le potenzialità espressive di questo genere). Ora ci troviamo di fronte nuovamente a una forte tendenza di genere, ma con una risposta del pubblico molto rilevante.
Il polo creativo di questo cinema, con sceneggiature e scelte registiche molto personali, ruota creativamente attorno a un gruppo ristretto di registi tra cui spiccano senz'altro John Carpenter, David Lynch e David Cronenberg. Non sarebbe privo d'interesse analizzare quale funzione di precursori hanno portato avanti George Romero e Ken Russell nei loro confronti, ma quello che più interessa sviluppare al momento è una riflessione su alcune tematiche più immediate.
Il cinema fantastico vive del continuo rapporto tra la realtà rappresentata e la realtà oggettiva dello spettatore. Ovviamente, a seconda che la trama percorra i binari della science fiction (con i suoi paradigmi molto rigorosi) o quelli dell'horror, questo rapporto presenta differenti caratterizzazioni. Per la science fiction questa interazione tra la realtà rappresentata e quella empirica dello spettatore si raccoglie attorno le categorie dello straniamento cognitivo (1); per l'horror, invece, la realtà dello spettatore e quella del film devono inizialmente coincidere, per poi divergere radicalmente a causa di qualche avvenimento anomalo. L'uso di queste categorie garantiva differenziazioni efficaci tra il cinema fantastico e quello realista, sempre tollerando le eccezioni che alcuni geni sono stai capaci di creare. Il cinema degli anni '80 ha iniziato progressivamente a trasgredire questi canoni teorici, e a trovare in questa trasgressione una delle sue caratteristiche più interessanti.
A proposito di After Hours di Martin Scorsese si è osservato che "una realtà osservata troppo da vicino diventa un incubo" (2); questo film, o altri come Blue Velvet, Dead Ringers o Wild at Heart non sarebbero classificabili come opere fantastiche (come, a suo tempo, sarebbe dovuto accadere con Assault on District 13 di John Carpenter), se non che l'iperrealismo delle inquadrature, la perfezione dell'effetto speciale, non richiedono più allo spettatore la sospensione temporanea dalla realtà; piuttosto lo tengono in bilico nell'equivoco di un'esperienza possibile. Ciò che assimila queste pellicole al genere fantastico, agghiaccianti proprio per la collocazione quotidiana, è che "la realtà è costruita con l'andamento dell'incubo" (3). A proposito di Rumble Fish, After Hours e Blue Velvet si è detto che "questi film lavorano sul superamento e la contraddizione dell'iperrealismo che ha dominato il più fertile cinema americano degli anni '70, e che per tutti e tre si è costruita la vicenda con la tipica scansione dell'incubo notturno" (4).
Dunque la realtà è un incubo, o almeno lo diventa se si spinge la riflessione su di essa alle estreme conseguenze. Ciò che spaventa sono sostanzialmente i cambiamenti. In Possession di Andrej Zulawskj, l'estrema tensione che si viene a creare nella coppia, l'incomunicabilità (una volta tanto raffigurata al al di là della preoccupazione borghese della perdita di senso esteriore del proprio linguaggio, bensì provocata dall'irrompere di un linguaggio nuovo, un linguaggio alieno), l'inquietudine del contesto urbano di una metropoli tedesca, Berlino, in cui coesistono indifferenti una reale periferia metropolitana e un centro città che possiede misteri di cui non ha coscienza, sfociano nella visione di un mostro. Ma la visione dell'alieno non fa che ridurre drasticamente lo spazio creato per l'immaginario. La visione di qualcosa che non si può vedere svolge una funzione rassicurante: solo l'intervento di un fattore mostruoso, quindi esterno e raro, può mettere in crisi il tessuto della realtà convenzionale. Deve però essere notato che l'effetto fantastico di maggiore pregnanza si era realizzato precedentemente alla visione dell'alieno, e si manifestava nella devianza della protagonista (Isabelle Adjani) raffigurata nell'ambiguità di un'esperienza vivibile anche dallo spettatore. Tutto il cinema fantastico è permeato da una paura primordiale, quella della pazzia dei protagonisti. Dalla summa costituita da Invasion of Body Snatchers di Don Siegel, in cui l'ordine è ristabilito a priori perché lo spossessamento è provocato da una causa esterna, i baccelloni, e non da un tradimento interiore, fino a oggi assistiamo a un duello linguistico sulla rimozione di questo tabù (si pensi, a titolo di esempio, ad Images di Robert Altman come una delle rare infrazioni). Così in Possession lo spettatore vede rinsaldarsi, almeno a livello teorico, l'ordine proprio perché indebolito dall'esterno e non dall'interno.
Tra i precursori del cinema iperreale di cui ci occupiamo, riscontriamo che in Erasehead di David Lynch l'immaginario non si risolve limitandolo nei confini di un corpo, seppure mostruoso, perché sono tutti i particolari della realtà raffigurata ad avere le caratteristiche dell'incubo. Mentre la Berlino del film di Zulawskj contiene l'azione della devianza, circondandola con una indifferente normalità, la Filadelfia in cui si muove Henry Spencer, il protagonista di Erasehead, è completamente mutata assieme a lui. Dalla rappresentazione dello spazio urbano (assimilabile forse solo all'unico esterno del cortometraggio di Samuel Bekett, Film) a quella della fabbrica, fino a concepire un mondo tra gli elementi del termosifone, tutto, comprese le comparse e le suppellettili, è stato oggetto di una mutazione irreversibile.
In un genere come il fantastico, in cui uno dei temi che lo caratterizzano è proprio la storia del corpo (dal corpo alieno, all'ibrido ricostruito di Frankenstein, fino al corpo artificiale della tuta spaziale o dei corpi biomeccanici del cyberpunk), "la paura è vedere la propria identità dissolversi e corrompersi nella mutazione incontrollata di un corpo impazzito" (5). Videodrome di David Cronenberg rappresenta nel corpo, tramite le mutazioni che assistiamo nel protagonista, una serie di mutazioni scientifico-sociali che avvengono nella realtà; non è solo una fessura nel ventre che permette a Max Renn (James Wood) l'inserimento della videocassetta, ma il sottintendere tutto un meccanismo di compatibilità tra umano e artificiale. Quindi assistiamo a una mutazione del corpo nel senso stretto in cui la intende la biologia, ma questa mutazione potrebbe non essere spontanea, casuale, bensì indotta. "Il capitalismo si impadronisce degli esseri dall'interno. (...) Gli individui sono equipaggiati di modi di percezione o di normalizzazioni del desiderio al pari delle fabbriche, delle scuole, dei territori" (6).
Le teorie relative alle trasformazioni che si possono presentare nei sistemi naturali e sociali si dividono, sostanzialmente, in due categorie: la teoria trasformazionista e la teoria della mutazione/selezione.
La teoria trasformazionista fa risalire le modificazioni di un certo sistema a cambiamenti qualitativi negli elementi che lo costituiscono. Contrariamente, la teoria della mutazione/selezione sostiene che i cambiamenti nel complesso di un sistema derivano da alterazioni nelle proporzioni numeriche tra le forme differenti dei singoli elementi. La mutazione avviene casualmente, e non per un piano di sviluppo preordinato; e crea un elemento nuovo. Sarà tramite una maggiore attività riproduttiva (o, equivalentemente, una inferiore mortalità) che la popolazione si arricchirà di elementi di forma nuova, e quindi avverrà la selezione.
Le differenze tra queste teorie consistono:
1) Nel caso trasformazionale tutte le singole unità sono soggette alla medesima trasformazione, mentre secondo l'altra teoria solo alcune (o, addirittura, una soltanto) subiscono il cambiamento.
2) Nel primo caso il cambiamento avviene come conseguenza diretta della dinamica del sistema; nel secondo caso i fattori che scatenano la mutazione sono estranei al sistema.
Sia il cinema che la letteratura della mutazione trovano lo sviluppo del proprio testo nell'osservazione del momento della mutazione (per radiazioni o altri agenti chimico-fisici, o, altre volte, interiore, proveniente dall'interno del corpo, comunque imprevedibile) e del momento della selezione, in cui si scatena la lotta per la sopravvivenza. È proprio il meccanismo selettivo a correlare l'individuo con l'ambiente; l'armonia viene minacciata dalla mutazione, sia essa biologica o sociale.
Potrebbe essere semplicistico affermare che queste mutazioni tendono a minacciare l'armonia sociale più evidente, cioè quella del corpo sociale borghese. Nel cinema di David Cronenberg, ad esempio, possiamo notare che i protagonisti rappresentano, anche se per ragioni differenti, nodi di contraddizione nel contesto sociale borghese. Seth Brundle (Jeff Goldblum), lo scienziato di The Fly, conduce la propria ricerca secondo metodologie assolutamente contrastanti ai parametri in vigore negli U.S.A. Oppone una figura quasi faustiana a un ambito in cui il costante controllo dei finanziatori sui risultati della ricerca e la necessità del lavoro d'equipe sono diventati caratteri imprescindibili (inoltre la mutazione in corso nel DNA dello scienziato, causata da una trasgressione delle regole, sembra essere un'analogia dell'AIDS, con tutte le conseguenze morali e sociali che comporta). I gemelli Mantle (Jeremy Irons) di Dead Ringers, nel loro sofferto processo di ricongiunzione che li porterà inevitabilmente alla morte, perdono progressivamente tutte le caratteristiche di socialità (tra cui la sessualità) con le quali risultavano perfettamente integrati nel loro ambiente. In The Dead Zone, Johnny Smith (Christopher Walker), emarginato proprio per le sue caratteristiche mutanti, potrà risaldarsi alla società da cui è diventato differente solo tramite una catarsi anarcoide difficilmente comprensibile al tessuto sociale emarginante. Max Renn, in Videodrome, portatore dell'infezione della nuova carne, mutando fisiologicamente, e irreversibilmente, perde ogni possibilità teorica di una reintegrazione.
Questi mutanti finiranno tutti distrutti, come la biologia darwiniana prevede; l'individuo mutato è, per definizione, differente da quello già adattato, e, nella maggior parte dei casi, la mutazione, agendo con casualità, è deleteria per il soggetto e porta alla distruzione del ceppo mutante. La stessa figura della donna mutante, e degli strumenti chirurgici per lei ideati, nel contesto di Dead Ringers, resta a un livello teorico in cui non esiste interazione con i gemelli. La donna mutante non resta gravida; la mutazione si manifesta come transitoria e non progredisce in nuove forme. Ciò che distrugge la mutazione, come prescritto dalle teorie darwiniane, è proprio un minore tasso di riproduzione rispetto alla popolazione dominante (e nel caso di Dead Ringers si tratta proprio della sterilità).
Il rapporto con il corpo, visto attraverso la biologia, non si ferma ad un'arida e meccanicista rappresentazione del traslato organismo biologico-organismo sociale, in cui è troppo semplice identificare il deviante con una malattia che interessa una parte del corpo ammutinandosi. C'è in Cronenberg un aspetto visuale, forse artistico, che vede nel corpo una fonte d'ispirazione. Questo soffermarsi sulla forma deviante, sull'estraneo che nasce dal nostro corpo, che aspira a diventare l'oggetto cercato dai movimenti di macchina, il soggetto dei primi piani, ci porta a considerare l'impatto visivo del cinema iperrealista. Senza soffermarsi sulle inquadrature scarsamente significative di 9 and Half Weeks di Adrian Lyne (paradossalmente significative proprio per l'assoluta mancanza di significato, in cui un primissimo piano di un pomodoro inverosimilmente perfetto raffigurava l'analogia di un corpo inverosimilmente perfetto), dobbiamo considerare come la realtà osservata da vicino sia proprio quella dell'ottica mostruosa che in Wild at Heart è significativamente scandita dalle inquadrature a tutto schermo dell'accendersi dei fiammiferi, dalla combustione delle sigarette, come dall'inquadratura dell'orecchio in Blue Velvet o di certe immagini di Twin Peaks.
Il nucleo attorno a cui ruotano sia il cinema di Lynch che quello di Cronenberg, sembra consistere in una attrazione verso quei territori che sono contenuti dalla normalità, che ne sono rivestiti. Per Lynch, dietro la superficie dei normali rapporti si cela una realtà atroce, costituita da perversioni sessuali, violenza, efferati omicidi (sia negli ultimi due film, sia in Twin Peaks); per Cronenberg dentro il corpo si cela la possibilità di una mutazione inconcepibile. È una realtà permeata dalle onde invisibili del segnale del Videodrome, dove è sufficiente sintonizzarsi sulla giusta frequenza. Come nell'etere coesistono infinite realtà multimediali di cui, per il momento, solo una è usufruibile dal soggetto, mentre le altre esistono solo potenzialmente, così questi mondi notturni si snodano e si sviluppano segreti. A proposito di Blue Velvet viene osservato come "evidenti dicotomie rappresentative sottolineano l'esistenza di due mondi in un'unica persona: di qui famiglie riprese nella loro quieta routine borghese, di là una famiglia distrutta dalla follia e dalla perversione sessuale" (7). Si tratta della notte (intesa come spazio sociale diverso da quello dominante, già proprietà dei vampiri e degli altri mostri) di After Hours o di Into the Night. Una volta che Max Renn si sintonizza sul nuovo canale, muta in un commutatore bio-elettronico in grado di essere attraversato dai segnali della nuova realtà, che, da virtuale che era, riesce a coprire tutta la sfera fenomenologica fino a diventare assolutamente attuale.
Certamente Dead Ringers rappresenta un nodo fondamentale di questo cinema contemporaneo, visualmente estremistico e, al tempo stesso, rigorosamente concettuale. Questo film è estremamente interno alla storia del cinema in quanto ne rappresenta due temi tra i più classici e significativi: i gemelli e la visione.
Senza riprodurre nello specifico le particolarità di questa tematica (8), notiamo come Dead Ringers trasgredisca il teorema che vuole i gemelli, identici nella carne, irrimediabilmente opposti nel carattere; in particolare uno buono e dolce e l'altro malvagio e freddo. Cronenberg determina i gemelli Mantle in un'ottica di intercambiabilità interiore, capace di disorientare lo spettatore nel processo di distinzione, esattamente come accadeva nell'accavallarsi dei due tragitti temporali de L'année Derniére à Marienbad di Alain Resnais, procedendo verso una totale sovrapposizione. Inoltre, come è stato da più parti notato, mentre nella canonica storia dei gemelli tutto l'intreccio narrativo è finalizzato alla tragica recisione del cordone ombelicale, che porterà solo uno dei due a sopravvivere e a costituirsi come unità, in Dead Ringers, invece, la coppia di inseparabili si protende verso la creazione di un organismo triadico (ovviamente mutante).
Se tutto il cinema horror era stato precedentemente impostato sulla paura di vedere qualcosa che ci facesse paura, e non tanto sul vedere qualcosa di pauroso, Cronenberg riesce a ricanonizzare il proprio narrato nelle categorie originali del genere, proprio in un periodo in cui la perfezione dell'effetto speciale l'aveva profondamente svuotato di significato. La bellezza interiore, ciò che sta dentro i corpi, diventa l'oggetto perduto del cinema horror; qualcosa che può esistere come ente focalizzante l'immaginario, come nuovo irraggiungibile tabù. "Lubrifica accuratamente l'indice e il medio della mano destra ed esplora la vagina di Claire Niveau. Invece di un collo dell'utero ne sentirai tre. Traduzione: ti sei appena scopato una mutante". Così viene descritta la mutazione che sta alla base di Dead Ringer, non mostrata perché irrappresentabile, ma più significativa di quella che, ad esempio, è visibile dallo spettatore di The Fly.
Dead Ringers è un film estremamente ricco di riferimenti estetici più formali, ma non per questo meno significativi; la qualità delle inquadrature e la scelta dei colori e delle luci mette David Cronenberg in relazione alle opere di Peter Greenaway. Se gli interni del ristorante di The Cook, the Thief, the Wife and her Lover ricordavano Piranesi, o gli esterni di Drowning by Numbers la pittura fiamminga, Cronenberg chiude la storia dei gemelli Mantle facendo scivolare la mdp sulle superfici dei loro corpi, seguendo le pieghe immaginarie dei tessuti dei drappi in una riesposizione cosciente del Cristo Morto di Andrea Mantegna o della Pietà di Masaccio. Siccome in The Belly of an Architet la dissimetria biologica della malattia del protagonista rispecchia una riflessione a largo raggio sulle dissimetrie della natura e dell'arte, come non chiederci se il corpo dell'arte non sia stato da sempre una raffigurazione delle forme mutanti?

Note
1. Si veda Darko.Suvin, Le metamorfosi della fantascienza (Metamorphosis of Science Fiction), Mulino, Bologna, 1985.
2. Emanuela Martini, "Una postfazione: Che fine ha fatto Roman?", Cineforum 286, pag. 104.
3. Emanuela Martini, op. cit., pag. 105.
4. Emanuela Martini, "Velluto Blu", Cineforum 260, pag. 43.
5. Mario Sesti, "Il Visibile e il Mostruoso", Cineforum 286, pag. 34.
6. Paul Virilio, "L'Uomo Soggiogato" in Macchinazione, inserto de Il Manifesto.
7. Adelina Preziosi, "Velluto Blu", Segno Cinema 26, pag. 79.
8.A questo proposito si rimanda alla monografia "Il Doppio e il suo Multiplo" apparsa sul fascicolo n. 38 di Segno Cinema.

Domenico Gallo, intercom.publinet.it
[Modificato da |Painter| 10/06/2010 18:13]
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