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I temi e le mutazioni cronenberghiane

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 18:12
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Sesso: Maschile
28/11/2007 19:26


Temi cronenberghiani

L'opera di Cronenberg non si limita a osservare, seppure attentamente, la superficie del reale ma, altresì, tende a incunearsi nelle sinuosità e nelle increspature del dato ontologico, a scoprire e inventare nuove parentele tra ciò che, alla vista comune, appare discreto.

Quando si entra in sala per andare a immergerci dentro un film di David Cronenberg, non si sa mai quel che ci aspetta. Il più delle volte, alla fine della proiezione, e se il film ci ha in qualche modo interessato, abbiamo, da qualche parte della nostra psiche, e delle nostre percezioni, la sensazione che il regista canadese ci abbia preso un po' per i fondelli, e ci abbia fatto capire solo una parte di quel che in realtà ci hanno raccontato le sue immagini. Un senso di latenza, e di oscurità, ci assale. Cronenberg ci ha portati al cospetto di mondi nuovi, che non credevamo possibili e, forse, neppure concepibili, ed ha provato a dislocarci in questi mondi - nonostante il nostro senso di estraniazione o fin di disgusto - grazie a quel senso di realtà (magari parallela) che Bazin, prima, e Deleuze, poi, hanno scoperto essere la ragione fondante del coinvolgimento cinematografico. Ed è proprio perché cinema e reale molto spesso si confondono, e non sappiamo più dove termina l'uno e ricomincia l'altro, che un film di Cronenberg non può mai lasciarci al grado di conoscenza e di consapevolezza di cui eravamo in possesso prima d'entrare in sala: un'opera qualsiasi del regista canadese mette in crisi le coordinate spazio-temporali della nostra percezione, mescola le carte di un mondo che davamo per conosciuto, e ci fa sentire, almeno per qualche attimo, esseri inconsapevoli immersi dentro una realtà che, dunque, è cangiante e in perenne movimento.

D'altronde, ogni film di Cronenberg, in fin dei conti, non asserisce nient'altro se non le enunciazioni per cui non solo 'niente può essere immobile' ma, anche, 'non esistono compartimenti stagni tra realtà e realtà' e 'ogni fenomenologìa del reale è pronta a compenetrarsi con qualsivoglia altra'. In altri termini, ogni opera dell'autore di Toronto non si limita - com'è vero per la maggior parte delle esperienze cinematografiche - a osservare, seppure attentamente, la superficie del reale ma, altresì, tende a incunearsi nelle sinuosità e nelle increspature del dato ontologico, a scoprire e inventare - ma in quest'ambito di discorso i verbi finiscono per essere sinonimi… - nuove parentele tra ciò che, alla vista comune, appare discreto; in definitiva, a dar vita a nuovi assetti ontologici lontani da quelli che conosciamo. Il senso di smarrimento all'uscita della sala è dunque il minimo che possa capitare. In tal senso, raccontare il cinema di Cronenberg, con le mescolanze, le fusioni e le ideazioni di cui si fa portavoce, non è cosa facile, allo stesso modo in cui non è semplice decodificare e rendere agli schemi dell'odierna cultura dominante il cinema più avanzato, quello di David Lynch e di Peter Greenaway, di Stanley Kubrick e, anche, di Quentin Tarantino. Eppure, Cronenberg è metodico. Nei suoi mondi, seziona pezzi di realtà e li fa interagire, per raggiungere stadi di comprensione profonda. Non si abbandona a onirismi confusi e anticlassificatori ma, al contrario, in ogni operazione, produce una sorta di metodo scientifico inusitato, che lo conduce a catturare nuovi ordini del reale nelle loro contraddizioni profonde e a sbattercele in pieno viso.

Salta agli occhi, perciò, un primo tema conduttore di tutta la fimografia cronenberghiana: la sessualità. Cronenberg affronta il sesso da quasi tutti i punti di vista: innanzitutto, vuole togliere al sesso ogni aura romantica e osservarlo nella sua chimica di base, nel motore che lo produce; così, ne Il demone sotto la pelle la sessualità è ridotta a un croguiuolo di pulsioni irrefrenabili, liberate e liberatorie. Ma Cronenberg è anche interessato a esplorare i meccanismi che fanno del sesso una malattia o, per meglio dire, che rendono esplicita la patologia attraverso l'espressione sessuale: così, in Rabid - Sete di sangue, il morso di Rose che produce quella sorta di pene ascellare e vampiresco è solo l'inizio di una mutazione che dal microcosmo giungerà a intaccare la sicurezza del macrocosmo, cioè dell'intera società; in Brood - La covata malefica, l'anoressia sessuale di Nola è solo l'emergenza di un disturbo della personalità che affonda le radici nella vita biologica della riproduzione e della conservazione della specie; in M. Butterfly, la sessualità distorta e irregolare è il segno della progressiva e inarrestabile perdita d'identità dei personaggi; in Spider, infine, il sesso si fa tutt'uno con la malattia, la morte e la pulsione di morte, nel classico intreccio, qui rivisitato con sguardo impassibile e diagnostico, di eros e thànatos. Eppure, ci sono infinite altre declinazioni della sessualità, che Cronenberg è deciso a scoprire e disvelare, per estendere la sessualità in quantità e qualità, verso qualcosa di altro da sé: è il caso di Videodrome, ove il sesso comincia a farsi tecnologico, a interessare, cioè, i rapporti tra uomo e macchina, nello specifico tra spettatore e schermo televisivo; o de La Mosca, nel quale i nuovi e ossessivi appetiti di Seth Bundle fungono solo da primo segnale del ribaltamento ontologico che investirà il protagonista; oppure di Crash, film-manifesto della sessuologia cronenberghiana, liberata e rimodellata attraverso le esperienze estreme degli incidenti automobilistici, che sprigionano l'energia sessuale dei morti sui corpi pulsanti e caldi degli esseri vivi; infine, di eXistenZ, per il quale il sesso è solo una stringa di codice all'interno di una virtualità biotecnica che si confonde, in modo oramai inestricabile, con la realtà carnale degli uomini.

Ma di tematiche ricorrenti ce ne sono altre; emerge, per esempio, quella del corpo umano che si disfa e muta, si contamina e cambia, dando luogo, persino, a ignote specie viventi, secondo un'ossessione che fu tipica, per molti anni, non solo di Cronenberg ma di molti altri tra gli autori maggiori del cinema dell'orrore. Cronenberg osseva la mutazione con attenzione e nei minimi dettagli, con spirito da entomologo, ha già detto qualcuno. Il corpo che cambia e si trasforma in altro è già tema portante de Il demone sotto la pelle, con le mutazioni a vista sul corpo di Nicholas Tudor, e lo sarà anche di Rabid, con quel nuovo organo - guarda caso: sessuale - che cresce sotto le ascelle degli infetti; permeerà di sé anche il mondo visivo di Scanners, attento, più che altro, alle aberrazioni psicologiche introdotte da un farmaco che genera uomini nuovi dai poteri telepatici - eppure incline a mostrare a tutto tondo i corpi che si dilaniano, esplodono e cambiano, nel duello finale tra i figli del dottor Ruth; sarà ancora più evidente in Videodrome, nella misura in cui la promiscuità sessuale tra uomini e tv diverrà, di fatto, condivisione delle opposte strutture corporali, con gli schermi che si trasformano in labbra gonfie di rossetto e gli stomaci che si aprono a ingurgitare videocassette atte a programmare «la nuova carne»; e troverà il punto di massima espressione nella struttura melodrammatica de La Mosca, la cui architettura narrativa è tutta concentrata, appunto, attorno all'obiettivo di catturare le anche minime mutazioni del corpo dello scienziato che, da uomo, si fa, prima, uomomosca, e poi uomocapsulamosca, con un evidente richiamo - assai colto, peraltro - alle poetiche estreme della body art degli anni Sessanta e Settanta; dopo La Mosca, la poetica della mutazione corporale diverrà meno centrale nel pensiero di Cronenberg e, quando tornerà ad esprimersi, diverrà autoreferenzialità e citazionismo, nelle improvvise trasformazioni barocche di corpi, oggetti e cose de Il Pasto Nudo e nei gamepod di tessuto animale o nelle pistole fatte di ossa, vertebre e denti di eXistenZ.

Ma i temi prediletti da Cronenberg non finiscono qui. Non può certo passare sottaciuto l'intreccio tra reale e virtuale - o, per meglio dire, la confusione tra diversi livelli di realtà - che è tema tipico della postmodernità, più volte affrontato, con esiti straordinari, dal regista canadese; in tal senso, molte sue opere sono immagini-cristallo purissime, nell'accezione deleuziana; Videodrome confonde la realtà della vita con quella dei mass media elettronici, senza mai suggerire soluzioni di continuità e costruendo, anzi, un tessuto narrativo in cui, alla fine, non sarà possibile comprendere cos'è stato vita e cos'è stato immagine e, più ancora, se esiste davvero differenza tra l'una e l'altra; La Zona Morta, pur essendo opera d'impianto narrativo e figurativo ai limiti della classicità, ruota intorno alle nuove e portentose capacità di Johnny, il protagonista, che sa vedere, allo stesso livello di realtà, il presente, il passato e il futuro; Il Pasto Nudo non esce mai dal circolo virtuoso per cui le allucinazioni di un artista si mostrano più reali del reale - e, di converso, la realtà, con le sue distorsioni e fantasmagorie, si presta, come per natura, ad uno sguardo il più possibile allucinatorio; eXistenZ riprende il discorso avviato da Videodrome, sostituendo, agli schermi tv, la realtà, ancora più impalpabile e diafana, di una nuova generazione di videogames, che giocano sfruttando la corteccia cerebrale degli esseri umani; e Spider, infine, a vent'anni di distanza, raccoglie l'impulso a riflettere sull'intreccio del tempo, che fu tema centrale de La Zona Morta, imprigionando il personaggio di un folle, o di un assassino, dentro una tela di fatti agiti, ricordi vissuti e fantasticherie in cui più niente si distingue da niente.

Infine, l'ultimo tema portante è quello di M. Butterfly: la perdita d'identità di cui è vittima l'uomo contemporaneo. È chiaro che ogni mutazione corporale, o trasformazione sessuale, o confusione dei livelli di realtà, si porta con sé il problema di un'identità che non può più essere concepita come conchiusa, formata e stabile; e, quindi, il tema è affrontato, seppure in sottotraccia, nel tessuto d'ogni film cronenberghiano, al punto da diventarne il motivo fondamentale, anche se non direttamente espresso. Eppure, come abbiamo visto in recensione, M. Butterfly affronta, senza reticenze o contenuti di copertura, il problema dei problemi, ponendosi, anche solo per questo motivo, al centro esatto dell'opera cronenberghiana; assieme ad Inseparabili, la storia dei gemelli ginecologi, il cui vincolo reciproco è talmente forte, ed espresso ad ogni livello, che si può parlare, senza timore, di fusione identitaria e di inglobamento dell'uno nell'altro; al punto tale che, nell'impossibile disgiunzione delle personalità, quando un gemello muore, l'altro non potrà far altro che lasciarsi morire.
Stefano Salvadori, castlerock.it



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Le mutazioni di Cronenberg

La metamorfosi esteriore, nelle pellicole di Cronenberg, si muove sempre parallelamente a quella interiore dei suoi protagonisti.

Incubi kafkiani, metamorfosi, ambigui e misteriosi giochi della mente, i caratteri ricorrenti nel cinema di David Cronenberg sono certamente noti a tutti. L'uscita nelle sale italiane di A History of Violence, presentato lo scorso Maggio al Festival di Cannes, è l'occasione per analizzare la filmografia del regista canadese che, dagli esordi ad oggi, ha saputo disegnare una personalissima poetica cinematografica in cui l'analisi del corpo e delle sue possibili trasformazioni, in relazione anche alla tecnologia e le imprevedibili evoluzioni della scienza, sono certamente i temi ricorrenti, ma che altresì hanno assunto caratteristiche ben diverse rispetto a quelle degli stereotipi del film di fantascienza, e che in più hanno saputo evolversi all'interno della stessa carriera del regista.

La trasformazione sembra in effetti il denominatore comune di tutto il cinema cronenberghiano, ma al di la delle apparenze si devono fare i conti con qualcosa che va ben oltre le crude immagini di interventi chirurgici (Inseparabili) o di torture (Videodrome), perché la metamorfosi esteriore, nelle pellicole di Cronenberg, si muove sempre parallelamente a quella interiore dei suoi protagonisti. Le scene della trasformazione dello scienziato Seth Brundle (Jeff Goldblum) da uomo a insetto, che compongono il film La Mosca, per esempio, sono l'espediente per raccontare ed analizzare cosa questo processo provochi nella mente del protagonista, cosa, cioè, lo sconvolgimento della quotidianità produca in lui. La trasformazione è di conseguenza il pretesto narrativo per allontanare i personaggi dalla loro realtà, per imporgli quindi di abbandonare ciò che di certo e conosciuto appartiene alla vita di tutti i giorni, ed immergerli di conseguenza in quel universo oscuro e privo di leggi che si cela tra le pareti dell'inconscio. Per questa ragione il corpo diventa centro privilegiato di riflessione, l'attrazione per la carne e tutto ciò che la pelle occulta è essenzialmente un interesse verso il nascosto, verso ciò che l'occhio non è in grado di scorgere; per Cronenberg il non visibile è fucina di verità da mettere in mostra, mentre l'esteriorità e l'apparenza sono qualcosa di ingannevole, ma soprattutto una prospettiva soltanto parziale delle cose.

"L'arte é sovversiva perché fa appello all'inconscio. Non sono un freudiano, ma credo nell'equazione "civiltà uguale repressione". L'arte è a favore di tutto ciò che viene represso. Quindi è contro la civiltà, contro la società con le sue norme stabilite. Più un film è collegato con l'inconscio, più è sovversivo. Come lo sono i sogni".
Ma tutto questo impone allo spettatore di fare i conti con un linguaggio cinematografico complesso, ma soprattutto con i propri incubi. Ecco perché è tanto ricorrente la definizione "horror" per la maggior parte dei film del regista canadese, e forse proprio per questo il cinema di Cronenberg continua a rimanere una realtà "non per tutti"; complesso ed impegnativo, perché certo non tutti sono disposti ad aprire i cancelli della mente e a scontrarsi con l'imprevedibile e l'inesplorato, con tutto quello che un semplice occhio non può, o non vuole, vedere.

Nel suo film-manifesto Videodrome sono riscontrabili tutti quegli elementi che, a torto o a ragione, vengono tutt'oggi definiti "cronenberghiani"; l'intrecciarsi dei temi della malattia, della sessualità e della scienza sembrano essere il nutrimento che rende possibili gli incubi e le metamorfosi che popolano le sue opere. Temi comuni nella società contemporanea, quanto apparentemente ordinari e familiari sono gli scenari di partenza, che finiranno però con l'essere distorti e deformati dalla macchina da presa governata da Cronenberg, assumendo le prospettive inquietanti di un occhio che ha - a differenza di quello umano - il coraggio di annientare l'illusione di perfezione che la stessa società impone.

Sin dai primi lavori, infatti, emerge l'esigenza da parte del regista di usare la scienza come mezzo che permette lo scatenarsi di un cambiamento. L'ultimo secolo è stato di fatto soggetto a cambiamenti e sconvolgimenti determinati dalle rapide ed inesorabili evoluzioni scientifiche. Nei film di Cronenberg l'uomo è vittima, oltre che fautore, delle sue stesse scoperte; in Stereo mediometraggio del 1969, per esempio, la cui idea centrale verrà poi ripresa successivamente nel film Scanners, è la ricerca medicina portata agli estremi a generare l'incubo. La malattia invece, al di la delle apparenze, non è un demone ma piuttosto un ulteriore mezzo di conoscenza. In La Zona Morta, il protagonista (Christopher Walken) scoprirà di avere dei poteri soprannaturali dopo essersi risvegliato da un coma durato cinque anni. Malato è anche il signor O'blivion di Videodrome, e lo è il pod infetto che contamina chi lo usa di eXistenZ.
Come le differenti prospettive con cui ognuno di noi vive la realtà, anche la sessualità è una variabile priva di una legge che la governi. Presenza forte già nei primi lavori, la sessualità nel cinema di Cronenebrg - quella conturbante e brutale delle sgranate immagini di violenza che escono dal televisore di Max Renn (ancora Videodrome), edipica in Spider, è l'ossessione morbosa messa in scena in Inseparabili, fusa alle contaminazioni meccaniche in Crash - sempre qualcosa di totalmente indipendente dalla morale e da qualsiasi tipo schema.

In effetti, i protagonisti del cinema di Cronenberg sono, a ragione, da lui stesso definiti "personaggi che non consentono l'immedesimazione del pubblico", razionalmente estremi e troppo lontani da quanto ci circonda per comprenderne le azioni, ma proprio in questo risiede il fascino del cinema di questo regista. In fondo tanto lontani poi non sono. È come se, nel cinema di Cronenberg, il tema classico di amore e morte venisse definitivamente oltrepassato, evolvendosi in quello di erotismo e "decomposizione", una decomposizione in grado di generare una nuova civiltà, o meglio una nuova carne - che si lascia inghiottire da uno schermo televisivo, o che dialoga con degli scartafacci (Il Pasto Nudo) - che, evidentemente, non ha fatto altro che superare il sottile confine tra visibile e invisibile, confine che attraverso il mezzo cinematografico Cronenberg ci permette sempre di varcare, a scapito forse della totale comprensibilità di ciò che ci si prepara a vivere attraverso le sue immagini, ma a favore, sempre, di un'esperienza cinematografica unica.
Valentina Torresan, castlerock.it
[Modificato da |Painter| 10/06/2010 18:12]
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