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Cronenberg su "Inseparabili"

Ultimo Aggiornamento: 29/02/2012 16:03
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Post: 529
Sesso: Maschile
18/10/2007 22:16


CRONENBERG SU INSEPARABILI

Cronenberg: Ho sentito parlare per la prima volta dei gemelli Marcus quando ho letto un titolo di giornale che diceva: “Gemelli medici trovati morti nei quartieri alti”. […] La prima stesura di Norman conteneva alcune cose fantastiche ed altre terribili. Tra queste alcune erano dovute al suo tentativo di usare il materiale del romanzo. […] Le persone che incontravo avevano quasi tutte sentito parlare dei fratelli Marcus; si ricordavano che non riuscivano a togliersi dalla testa quella storia, l’atmosfera della storia. […] Il progetto ha attraversato molte fasi alterne, in alcuni momenti si è pensato che un film severo e ben fatto sulla droga avrebbe avuto successo, specialmente un film con toni moralistici. Naturalmente i protagonisti non sopravvivono: è tutto molto tragico. Non c’era quindi sempre resistenza all’argomento droga, ma c’era una resistenza continua nei confronti della ginecologia, degli aspetti oscuri. Era questo il commento ricorrente: “Ci sono troppi aspetti oscuri!” […]
L’idea era che la donna coinvolta nella relazione con i due gemelli sopravvivesse, e che la storia fosse raccontata un po’ più dal suo punto di vista, in questo modo il finale non sarebbe stato così cupo; lei imparava qualcosa da sé stessa e cose del genere. […] In Il cowboy con il velo da sposa c’è confusione sul fatto che ci siano due Hayley Mills, ma non ci sono elementi per definire le diversità tra i due personaggi. I gemelli cercano disperatamente di dividere tutto, questa è la ragione per cui in Inseparabili ho scritto la battuta: “Non puoi dire di averla scopata fino a che non l’ho fatto anch’io”. Non puoi dire di aver fatto qualcosa fino a che non ho fatto lo stesso anch’io. Sono come gli amanti che vogliono dividere tutto.
Dopo tutto quel tempo non sapevo davvero se ci sarei riuscito. Forse è per questo che avevo sempre evitato di scrivere io stesso la sceneggiatura, avevo paura di provare senza riuscire. Ho cominciato con del materiale che forse non era decisivo per il film, ma era fondamentale per me: gli strumenti, le sequenze oniriche, l’apertura sui bambini, il “divaricatore di Mantle”. […] Finalmente avevo una bozza che mi piaceva, di cui il 60 per cento apparteneva a me e il 40 per cento a Norman. […] Ero andato a trovare Raffaella De Laurentiis. Aveva i capelli dritti, perciò sapevo di essere nei guai. […] In quel momento, Inseparabili non era un film che potevano permettersi di fare, non potevano permettersi un altro film tipo Velluto Blu. […] Era l’inizio di un’agonia che sarebbe durata dieci mesi e che non avevo mai provato prima. Sapevo che se avessimo fatto smantellare le scenografie – in seguito avremmo speso trentamila dollari solo per sbarazzarcene – avremmo aggiunto altre spese a carico degli eventuali nuovi finanziatori.
[…] Tutti hanno saputo di quella incredibile ricerca condotta a Minneappolis che mostra come gemelli separati in tenerissima età avessero finito per sposare persone con lo stesso nome, per esempio, o per fumare la stessa marca di sigarette, o vestirsi nello stesso modo. Viene da domandarsi se i nostri cromosomi e i nostri geni siano talmente programmati nei dettagli da farci reagire al suono di un nome di donna alla maniera dei gemelli. È molto misterioso, ma tutto questo implica che gran parte di ciò che siamo è biologicamente predestinato. […] Il fatto che Elliot e Beverly siano gemelli identici è parte della loro evoluzione in qualcosa di mostruoso. Si tratta di creature strane quanto La Mosca. Esiste qui un doppio gioco: la scissione mente/corpo è ancora presente nella mia mente (e probabilmente anche nel mio corpo) ma in questo caso il corpo è separato in due. Di solito ai gemelli Inseparabili piace, perché tratta argomenti di cui non si parla. È come quando vedi sullo schermo la città dove vivi.
Per molte persone questo film è più faticoso da accettare di La Mosca, che si nasconde dietro lo scudo della fantasia. Inseparabili è troppo vicino alla realtà. È una sensazione simile a quella che si prova guardando un acquario, come se i due protagonisti fossero strane creature marine esotiche. Per questa ragione ho voluto che il loro appartamento fosse violaceo, blu, sottomarino. È un ambiente freddo. Il pubblico trova il film estremamente inquietante. Il fatto che nessuno riesca a spiegarne la ragione, visto che non c’è molto sangue e cose del genere, è ancora più fastidioso. […] Ho giocato con le stesse cose in Videodrome, ed è su questo stesso aspetto che Il Pasto Nudo va ricollegato agli altri miei film. Uno dei parametri della realtà sono i nostri corpi, che sono anch’essi effimeri per definizione. Quindi a qualsiasi livello centriamo la nostra realtà – e la nostra comprensione della realtà – nei nostri corpi, stiamo affidando quel senso di realtà alla precarietà dei nostri corpi. […]
[…] Il mio senso della composizione è molto preciso, mi sento male fisicamente quando guardo in macchina e vedo che la scena non è composta nel modo giusto. In Inseparabili le scene che si svolgono in sala operatoria erano molto realistiche della sceneggiatura. Ho dovuto confrontarmi con la tetraggine delle sale operatorie e tutte quelle immagini fiacche, mentre invece avevo bisogno di immagini molto potenti, di una metafora. […]
La ginecologia è una bellissima metafora della scissione mente/corpo: la mente dell’uomo, o della donna, che cerca di capire gli organi sessuali. […] Uomini che esplorano con le dita le loro compagne riescono tranquillamente a dire che l’idea della ginecologia è disgustosa. Di cosa stanno parlando? Questo è uno degli aspetti che voglio evidenziare. Ciò che rende la ginecologia ripugnante per le persone è il suo aspetto formale. L’asetticità clinica, il fatto che il medico sia uno sconosciuto. […] Un’altra ragione per cui la ginecologia mette a disagio gli uomini è il fatto che sono gelosi. Qualcun altro conosce meglio le loro mogli, non solo fisicamente […]. Lui può confrontare l’apparato di tua moglie con quello delle altre donne: stabilire se il tessuto si presenta precanceroso e cose del genere. Non voglio discutere sul fatto di aver guardato o meno tra le gambe di mia moglie con una lampadina, non avrei nessuna paura a farlo se volessi. E nemmeno lei avrebbe paura. Si tratta di qualcos’altro, è una metafora molto potente, una base ideale per discutere questi argomenti.
[…] In realtà è un concetto banale, un luogo comune, ma non sempre adeguatamente compreso: ogni cosa che fai è autobiografica, nel senso che è filtrata attraverso la tua esperienza e la tua sensibilità […]. Forse questo lo ha reso più accessibile, gli ha dato una forma e un contorno più evidenti, e una forza. Perché La Mosca è autobiografico tanto quanto Brood, solo in maniera più sottile. Inseparabili lo è anche di più. Conoscendomi diresti che non c’è nulla di me in Inseparabili, ma nel profondo del mio sistema nervoso io posso rapportarmi totalmente a quel film; è autobiografico. È così fuorviante fare un’affermazione simile, perché sei subito criticato: “Certo, sei misogino, odi le donne, ti piace dissezionarle”. Eppure è molto sottile.
[…] Molte persone dicono: “Suppongo che le donne trovino questo film ancora più difficile da guardare”. La risposta è: “Assolutamente no”. Per moltissime donne la scena iniziale della visita ginecologica non è nulla di speciale. Più avanti nella storia, quando le cose assumono uno strano aspetto, naturalmente comincia il disagio. Ma per moltissimi uomini la scena peggiore è quella iniziale. Non ci sono mai stati, non hanno mai visto quella situazione, non vogliono pensarci. Quando stavamo lavorando al film sentivo che quella storia usciva principalmente dalla parte femminile di me stesso. Forse è per questo che ha avuto successo nel provocare ripugnanza: stavo descrivendo i due fratelli dal punto di vista di una donna. Sono terribili, ma anche carismatici ed esotici. […]
In Inseparabili, la verità anticipata dai genitori di Beverly – o da chiunque abbia scelto di chiamarlo così – è che lui è la parte femminile dell’unità yin/yang. […] Per Beverly, l’idea che lui sia la moglie all’interno della coppia è inaccettabile, non può accettare che siano una coppia. Elliot ha scopato con più donne, ha maggiore dimestichezza con la leggerezza delle cose, con la leggerezza del sesso. Ma riguardo al rapporto emotivo con le donne, Elliot è completamente incapace. Beverly al contrario ha questa capacità, ma non la vive come un elemento positivo, la vede come un altro aspetto della sua debolezza. […] Beverly ha moltissime difficoltà ad ascoltare la sua voce interna.
Inseparabili ha suscitato una reazione che non avevo mai ottenuto con gli altri miei film. Ho assistito a una delle prime proiezioni pubbliche a Toronto e un tizio, un dottore, mi ha chiesto: “Mi sa dire perché mi sento così maledettamente triste dopo aver visto questo film?” Io gli ho risposto: “Questo è un film triste”. […] Non è qualcosa che riguarda direttamente la ginecologia o i gemelli. Riguarda l’essere umano, l’ineffabile tristezza che appartiene all’esistenza umana.
[…] Il mio modo di fare i test consiste nel controllarli di persona, senza dare di fatto risposte a nessuno. In questo senso Inseparabili era perfetto, perché io ero anche il produttore. Ero libero di ignorare anche tutte le risposte, però volevo sapere. […] Le due sequenze oniriche erano ovviamente le prime su cui riflettere. Ero sicuro che alcuni critici avrebbero detto che il mio film era quasi naturalistico (qualsiasi cosa significhi) e che però non avevo potuto fare a meno di ricorrere agli effetti speciali e a qualcosa di ripugnante. D’altra parte, sentivo che quelle scene erano cruciali per il film; quelle sequenze permettevano di entrare nella vita interiore di Beverly in un modo che non è possibile con il dialogo. In termini di rappresentazione era il modo migliore per rendere ciò che avviene dentro di lui: la forma della sua ansia nei riguardi di Elliot, la dipendenza dal fratello e la paura che questa donna possa separarli. Ho fatto proiettare delle versioni differenti: una senza i sogni, una con un sogno e una con entrambi i sogni. Sul questionario ho messo la seguente domanda: “Pensi che le scene dei sogni facciano parte del film?” L’unica buona ragione che ho trovato per escluderne una, basandomi sul giudizio degli spettatori piuttosto che sull’analisi critica, è che le persone ne erano schifate. Rispetto al film sentivo che dovevo lasciarne una, non due. La seconda andava troppo oltre, rompeva l’intesa con il pubblico.

da Il cinema secondo Cronenberg, di Chris Rodley, edizione italiana Pratiche Editrice (attualmente fuori catalogo).



***

Penso che Dead Ringers sia uno dei suoi film più belli e misteriosi, oltre ad avere una delle più belle colonne sonore di Howard Shore. Sicuramente tra le più originali. Nella pellicola c’è poi una delle più sorprendenti teorie della forma: lei fa dire a uno dei personaggi che se si potesse vedere il corpo umano dall’interno, esso avrebbe una bellezza – di colori, forme e strutture – forse ancor più interessante di quella a cui siamo abituati. È un po’ come dire che la nostra concezione della bellezza è stata dominata dall’arte classica, da Fidia e dalla grande arte antica, per intenderci, ma ce ne potrebbe anche essere una completamente diversa che riguarda il corpo e che è a noi completamente sconosciuta.

Cronenberg: Uno dei gemelli, Elliot, afferma: «Perché non ci sono concorsi di bellezza per l’interno del corpo umano ma solo per il suo esterno?» e significa che non abbiamo ancora affrontato la totalità di ciò che siamo. Secondo me, il corpo è il fattore primario dell’esistenza umana. Ed è facile perdere di vista questo fatto perché vi sono numerose forze nella cultura e nella società che tentano di sviare l’attenzione da questa realtà, e ovviamente intendo la religione, molta arte, il lavoro e le interazioni sociali. Molte sono le cose che ci aiutano a evadere dalla realtà del corpo umano che per me, ateo che non crede a una vita ultraterrena e allo spirito che vive separatamente dal corpo, è un’evasione dalla realtà della condizione umana. Ne comprendo la ragione, perché è davvero qualcosa molto difficile da affrontare. Fondamentalmente si tratta della mortalità e la morte, unitamente alla nostra estinzione, sono cose difficili da immaginare. Come la propria inesistenza. È quindi assai più facile inventare un’esistenza che proseguirà nonostante tutto. Detto questo, come accennavo prima, parte di quel che faccio nella mia attività di regista è provare ad affrontare la mia mortalità ovvero quello che è l’esistenza umana. Mi considero un esistenzialista, cosa che oggi è davvero fuori moda, contrariamente a quanto avveniva un tempo. Ovviamente anche del mio esistenzialismo ho un’interpretazione personale: vivere la vita autentica essenzialmente significa affrontarla con una reale comprensione della realtà della condizione umana. Molto difficile a farsi ma credo questa sia una delle cose che vado esplorando in tutti i miei film, si pensi a eXistenZ, e naturalmente a Dead Ringers, realizzato prima dell’avvento del computer. In quest’ultimo si tratta il tema dell’identità così come anche nel film Spider. Io ritengo si debba lavorare molto per conservare un’identità, perché non è qualcosa con cui si nasce bensì qualcosa che l’uomo crea, un atto creativo. Ogni mattino, al risveglio, si ricompone quell’identità e si deve lavorare molto per conservarla. Lo si può vedere in tutte quelle persone che hanno smarrito la volontà di mantenere una personalità, lo si scorge nella schizofrenia o in molte condizioni mentali in cui la volontà di tenere assieme la personalità viene meno e ci si disintegra.

Estratto dall'intervista di Mario Sesti, temi.repubblica.it/micromega-online
[Modificato da |Painter| 29/02/2012 16:03]
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