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RECENSIONI - Rassegna Stampa / 1

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 19:03
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Sesso: Maschile
09/10/2007 21:13


RASSEGNA STAMPA PARTE 1


Il programmatore di una piccola rete TV che mette in onda pornofilm è affascinato da misteriose e sadiche trasmissioni che hanno sugli spettatori un tremendo potere allucinatorio. Egli stesso diventa una macchina assassina. Gli hanno rimproverato di avere una brillante idea di partenza sviluppata senza efficacia e di puntare troppo sui disgustosi effetti speciali di Rick Baker. Ma rimane una tappa significativa nella fantascienza biologica del canadese Cronenberg, ossessionato dalle idee della contaminazione, della degradazione e della mutazione del corpo.
Il Morandini 2007 (Zanichelli)



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Videodrome è la quintessenza del cinema di Cronenberg. In quanto tale suggerisce innanzitutto una molteplicità di interpretazioni teoricamente senza fine. Arriviamo a metà film credendo di aver compreso l’originale idea alla base della storia, da lì in poi ci perdiamo in un labirinto ineludibile costituito dal sovrapporsi tra realtà e allucinazione. Cosa è vero di quello a cui Max Renn (uno straordinario James Woods) assiste e prende parte? Gli incredibili effetti speciali di Rick Baker (di un realismo impeccabile, frutto di una fantasia unica) ci guidano in un universo dove ogni certezza scompare, dove apparentemente Cronenberg abbandona ogni logica per proseguire sommando suggestioni visive. Non è così: il regista (e autore unico dello script) sceglie deliberatamente di confondere lo spettatore per approcciare un modo diverso di fare cinema: non dobbiamo più credere che quanto ci viene mostrato è vero; il cinema inganna, può ingannare. Ognuno potrà dare la sua libera interpretazione di Videodrome e sarà comunque corretta, perché la moltiplicazione dei punti di vista è prevista e ardentemente desiderata da Cronenberg. Lasciamoci quindi avvolgere dalle immagini, dalle cupe sinfonie classiche composte dall’inseparabile Howard Shore in stile Arancia Meccanica, tuffiamoci in questo incubo rosso (sicuramente il colore dominante) accompagnati dall’ex singer dei Blondie Dabby Harry (un viso e una bocca sensualissimi), sarà un’esperienza! Probabilmente non tutti riusciranno ad entrare nella logica cronenberghiana (già molto vicina agli scritti di Burroughs, forse persino più del Pasto Nudo, da Burroughs derivato ufficialmente): aborriranno l’eccesso di alcune scene splatter, giudicheranno qualunquisticamente il film con l’appellativo “incomprensibile”, si annoieranno… Per chi invece lo capirà Videodrome non potrà che rappresentare un capolavoro.
davinotti.com



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Videodrome è un film seminale, affascinante nella sua raffazoneria, e da qua che Cronenberg lancia il suo percorso originale per cui ad una realtà più ampia e virtuale deve corrispondere una nuova carne, preciserei io un nuovo ricettore di neuroni, non c'è più confine tra sogno e realtà come non ce più demarcazione tra reale e virtuale, Videodrome è antesignano di quella maniera di trattare la materia filmica che caratterizzerà in parte il decennio successivo, non solo al cinema, ma anche in pubblicità, nel videoclip e addirittura in alcune sperimentazioni TV. Il testo si nega e nega la possibilità di distinguere il piano della realtà da quello dell' allucinazione. Il tema è evidentemente la televisione, l'ipnotizzatore che comporta l'esposizione catodica e la proprietà manipolatrice del mezzo.
Videodrome è la trasmissione di un segnale, uno dei tanti segnali televisivi socialmente pericolosi e non una funzione del medium, non un messaggio, ma un input subliminale indipendente da una rappresentazione, il cui scopo non è mostrare ma incidere direttamente sul sistema nervoso. La visione viene così ingollata dal corpo attraverso una metamorfosi fisica e lo spettacolo abolito. Questo sistema d'informazione perde così i suoi referenti nel mondo reale. Il reale viene distrutto e ricostituito in un iperreale che è reale in quanto fatto fisico, tangibile, materiale, ma che ha perso ogni legame con il vecchio mondo da cui prende forma. Il corpo continua in qualche modo ad esistere, ma androide, fuso nella macchina, una sintesi biomeccanica, "una video-parola fatta carne". Non c'è più un individuo che fruisce una tecnologia, la acquisisce materialmente, dentro di sé, protesizzandosi, mutando in una nuova forma, in "nuova carne". Il vecchio corpo esiste solo nell'iperrealtà del corpo monitorizzato. Il primo personaggio che ci viene presentato, la segretaria, è un'immagine video preregistrata, appartenente ad un altro tempo e ad un altro spazio. La prima apparizione di Nikki Brand è tradotta da uno schermo, e così apparirà per tutta la seconda parte del film. Brian O'Blivion, come ce ne dà notizia già il nome, esiste solo nel ricordo impresso sul nastro magnetico, il suo non-essere / neo-essere si confonde abilmente con l'essere "normale", biologico, senza che nessuno ci faccia caso. Max Renn va a penetrare l' enorme bocca di Nikki che uno schermo vivo e sensuale ospita avidamente e colma l'antica assenza, affondando in quella mammella negata e ritrovata, che l'essere tecnologico gli offre. Durante la sua performance sado-maso al Videodrome show frusterà il simulacro, lo schermo in cui come in un peep-show appaiono due delle tre divinità femminili che formano l'antica triade di madre-moglie-figlia, Marsha e Nikki. Quello che viene presentato è un universo fatto di forme in trasformazione, in cui i concetti di presenza e spazialità assumono accezioni nuove. I referenti fuori dallo schermo video scompaiono inesorabilmente, inglobati nello spazio del nuovo mondo e Max Renn vive questo processo di destrutturazione e ristrutturazione del reale direttamente sul suo corpo trasformandosi in un videoregistratore umano finalmente capace di leggere la nuova realtà ed essere programmato per essa. Alla evoluzione corporea dei personaggi corrisponde quella degli oggetti della tecnologia: televisori e videocassette si umanizzano, vivono, respirano e trasmettono la loro sensualità.
Nel momento in cui perde il suo carattere di referente, il reale non viene però perso, esso subisce uno spostamento epistemologico radicale in congruenza del quale viene trasformato in nuova forma. Questa trasformazione viene espressa dalle attività della Spectacular Optical, dall'ambizione fascista di ripulire l'America e controllarne l'intera organizzazione sociale attraverso il dominio del mercato audiovisivo. È attraverso il casco fornito da questi cospiratori che la visione di Max si fa più implosiva, carnale, viscerale, il suo corpo diventa il luogo delle percezioni interne e, simultaneamente, delle manifestazioni esterne. A questo punto del film si giunge ad un nuovo regime visivo in cui ciò che Max esperisce non è più riconoscibile, ogni tentativo di scindere la realtà dell'allucinazione dalla realtà effettiva risulta vano, i punti di vista sono sempre più frammentati e le scene che si susseguono assomigliano sempre più a scatole cinesi, fino alla reiterazione potenzialmente infinita della sequenza finale. Da questo momento in poi non si esce più dal piano dell'allucinazione, le immagini indotte dal casco si inseriscono nella consecutio temporale "normale" provocando una continua mis en abime dello spettatore. Max Renn è ormai completamente in balia degli eventi, il suo condizionamento coincide con il suo desiderio di non essere più indipendente dalla tecnologia. Ridotto a videoregistratore umano, riceve Videodrome dentro di sé attraverso l'orifizio vaginale apertosi nel ventre, si lascia programmare, deprogrammare e riprogrammare, diventa una biosintesi, una "video-parola fatta carne", per proclamare infine "morte a Videodrome, gloria e vita alla nuova carne" nel catartico suicidio conclusivo di cui non sappiamo se ne sia attante o eterno spettatore. Evidentemente il suo post-modernismo risiede anche altrove: nel pastiche dei generi a cui fa riferimento. È infatti possibile una lettura economica, politica, sessuale, morale del testo, una sua affiliazione al film horror e splatter, un'identificazione con la detective story, per non parlare del legame estetico con tutta l'arte spazzatura, in particolare la pornografia e lo snuff movie.
Zero Cool (da IAC), centraldocinema.it



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"La televisione è la realtà, e la realtà è meno della televisione".
Il radicale pessimismo presente nelle parole pronunciate dal professor O’Blivion, riassume la sensazione di una realtà soggiogata all’immagine fittizia della televisione. Ma la percezione che Cronenberg ha di questa iper-realtà è ancora molto disturbata (come il canale pirata che trasmette il segnale Videodrome), e ricerca quindi una conferma nella pura analisi dell’interazione tra realtà e televisione, dove il mezzo, l’accesso, è semplicemente l’uomo. Quello di Cronenberg sarebbe da definirsi quindi un presagio, uno sguardo in divenire sul mondo mass-mediale odierno, che non cade mai nella critica o nell’autocommiserazione di una società assuefatta a ciò che vede, bensì tratta la contestualizzazione di una diversa possibilità, di una parallela realtà che sta lentamente fagocitando la nostra.
Questa intuizione, avuta dal regista nel 1975, si intitolava inizialmente Network of Blood, primo ed esile bozzetto di quella che nel 1981 sarebbe divenuta la sceneggiatura definitiva di Videodrome, le cui riprese avranno luogo l’anno successivo. Il regista canadese trovò però particolari difficoltà nel progettare un finale efficace per lo script, che solo poco prima delle riprese riuscì a definire. Il film uscì nelle sale durante il 1983, sollevando numerose polemiche, a causa della violenza efferata di alcune immagini, e delle provocatorie, apocalittiche suggestioni ideologiche delle quali Videodrome è in buona parte composto.
La presa coscienza dell’esistere di una realtà televisiva alternativa, si rivela più valida in Videodrome che in lavori precedenti e successivi di registi quali Bertrand Tavernier (La morte in diretta), Sidney Lumet (Quinto Potere) e Wim Wenders (Fino alla fine del mondo), fattore che spinse Andy Warhol a definire il film come "l’Arancia Meccanica degli anni ’80". In letteratura sono invece Burroughs e MacLuhan a suggerire a Cronenberg l’approfondimento di determinate manie e ossessioni che riecheggiano nella figura ambigua di Max Renn, incarnato nel corpo e nel volto di un fantastico James Woods.
Proprio per il ruolo predominante costituito dalla costruzione del racconto, vale la pena ricostruirne i passaggi salienti.
Max Renn sta dormendo (perché poi non lo vediamo più dormire? È forse tutto un sogno quello che accade nel film?), quando la televisione si accende sul canale della Civic TV ("Il canale che vi portate a letto!") e compare il viso della segretaria che tenta invano di svegliarlo. Adesso Max fa colazione, e raggiunge i suoi soci negli studi televisivi di Canale 83, ove visiona insieme a loro alcuni filmati porno giapponesi che trova fiacchi, mentre lui invoca qualcosa di forte, che "spacchi". Uscito dalla saletta, Max si reca da Harlan, il suo tecnico di fiducia, il quale deve mostrargli un segnale pirata che spesso riesce a captare, il segnale Videodrome (è solo ciò che Max vuol vedere?). Dopo aver assistito ai truci spettacoli di violenze e torture del canale pirata, Max si reca al The Rena King Show, dove è ospite insieme alla diva radiofonica Nicki Brand e all’esperto di mass media Professor Brian O’Blivion, collegato in video. Per Max la partecipazione al programma diventa unico pretesto per invitare a cena l’eccentrica Nicki. Max viene a sapere da Harlan che il segnale Videodrome proviene da Pittsburgh, e non dalla Malesia come supposto inizialmente. Va a prendere Nicki allo studio radiofonico dove lavora per portarla a cena da lui, dove ha la possibilità di saggiare una videocassetta Videodrome, che trova terribilmente eccitante.
Il giorno seguente Max incontra nel suo ufficio Masha, una produttrice di film porno cui affida il compito di trovare informazioni su Videodrome. Max rivede Nicki, sempre a casa sua, dove lei gli mostra il suo lato più perverso e masochista, infliggendosi anche sevizie al seno. Max incontra nuovamente Masha a cena in un ristorante, e lei lo avverte della pericolosità di Videodrome, ove non si finge: "è la morte in diretta", dice lei. Max si reca quindi alla Cathode Ray Mission, dove molti sfollati vanno a nutrirsi guardando la televisione, e dove vive il Professor O’Blivion, unico a essere a conoscenza di Videodrome, secondo Masha. Ma la figlia del professore riferisce a Max che suo padre non lo può ricevere, e che gli farà comunque avere una videocassetta con un suo messaggio registrato. Tornato a casa, la segretaria lo raggiunge per lasciargli la videocassetta promessa da O’Blivion, che sembra pulsare e respirare tra le sue mani (come un [a]geometrico pod di eXistenZ). Rimasto solo Max guarda la videocassetta, dove sono registrate le sue allucinazioni, come l’assassino di Brian O’Blivion e l’apparizione di Nicki che lo invita ad attraversare il televisore per raggiungerla. Così, traumatizzato torna da Bianca, la figlia di O’Blivion, per chiedere spiegazioni a riguardo; Bianca gli mostra una stanza piena di videocassette, dove con esse, in teoria, dovrebbe ancora vivere il Professor O’Blivion. Max torna a casa con una delle tante videocassette, la quale mostra Brian O’Blivion spiegare alcuni effetti di Videodrome, come la nascita e conseguente crescita di un nuovo organo e di nuova carne nel cranio, e la comparsa di numerose allucinazioni. Max nota un’apertura verticale nell’addome, nella quale infila la sua pistola. Dopodiché squilla il telefono, e una voce a lui sconosciuta lo invita a prender posto nell’auto che lo attende sotto casa. Max obbedisce, e in breve tempo si ritrova davanti alla sede della Spectacular Optical, che tra le altre cose produce Videodrome. Fa qui la conoscenza di Barry Convex, il quale spiega a Max le caratteristiche dell’esame ottico cui sta per sottoporlo: gli posiziona infatti sulla testa uno speciale apparecchio che gli permette di visionare e registrare le allucinazioni che ormai avverte di continuo. Nello schermo vede sé stesso frustare Nicki nella videoarena di Videodrome.
Durante la notte Max si sveglia nel suo letto accanto al cadavere di Masha. Fa accorrere immediatamente Harlin, che in verità non trova niente sotto le sue coperte, e si lamenta per il trattamento che ha ricevuto, concedendogli però visita al suo studio un’ora dopo. Là non trova altro che Harlin insieme a Barry Convex: quest’ultimo ordina, tramite l’immissione di una videocassetta nel ventre di Max, di uccidere tutti i suoi soci di Canale 83, e di cederglielo, in modo che possano così trasmettere liberamente "Videodrome". Max si reca ai suoi studi e uccide i suoi due soci, poi si dirige verso la Cathode Ray Mission dove gli sfugge Bianca, ma lui non sfugge alla televisione, che gli spara nel ventre dal centro dello schermo, cancellandogli la programmazione/ordine di Barry Convex. Così libero, Max raggiunge la sala congressi dove la Spectacular Optical presenta la sua nuova linea primavera-estate, e lì spara a Barry Convex, colpendolo a morte.
Max si trova ora presso uno squallido estuario di periferia, si addentra su di un cargo abbandonato, e vi trova al suo interno un televisore funzionante sul quale schermo appare Nicki (da sempre morta, come ha detto Bianca?), che gli spiega cosa deve fare. Max Renn guarda il teleschermo che come uno specchio lo riflette e anticipa ogni suo movimento, che lo vede adesso portare la pistola alla tempia, e gridare "Gloria e vita alla nuova carne!", sparandosi. La televisione esplode insieme alle sue viscere organiche. Come in un replay, Max ripete la sua morte.
A partire da Stereo, suo primo lungometraggio risalente al 1969, Cronenberg inizia un percorso di analisi comportamentale dei suoi personaggi, protagonisti o comprimari che siano. Ciò avviene grazie all’accezione peculiare di "difficoltà" e "pericolo" che i suoi personaggi – specie i main characters – cercano fino all’ultimo di combattere ed eliminare, finendo invece invariabilmente con il soccomberle, il più delle volte in maniera tragica, quasi beffarda. Infatti Il demone sotto la pelle e Rabid, considerati i due horror di serie B del regista canadese, sono anche i film che meglio esplicano la commistione virginea/diabolica dell’allora nascente filosofia cronenberghiana. Mentre i successivi Brood e Scanners esprimeranno una concezione maggiormente dislocata e sociologica, in luogo di quella che con Videodrome appare come la forma cristallizzata di un’attenta e distaccata osservazione degli eventi, dati da minime cause, e squassanti effetti. Videodrome è quindi l’esasperazione contenutistica, l’effetto delle teorie più o meno visibili che contraddistinguevano i precedenti film del "Barone del sangue"; Videodrome è anche, con tutta probabilità il progetto più "estremo" che Cronenberg abbia mai affrontato, sulla sua pelle, incurante delle numerose incomprensioni e critiche che sarebbe andato certamente a generare. Non è un caso che oggi si tenda a riconsiderare, a revisionare gran parte del cinema del primo Cronenberg, cineasta che sollecita anche una serie di interrogativi circa la realtà contemporanea, nella quale è facile rintracciare numerosi elementi tra quelli "profetizzati" dal regista nei suoi film.
Gli ambienti scarni di Il demone sotto la pelle si ripresentano in Videodrome, quasi tutti interni di asettici e grigi palazzoni; come è altresì un retaggio della sua filmografia passata la presenza ossessiva del colore rosso del sangue – quello della videoarena e del vestito di Nicki – dominante già adottata in Scanners. La macchina da presa di Cronenberg si fa ancora una volta "narratrice", ma non esclusivamente a focalizzazione interna e non solo perfettamente onnisciente: ci fa anzi addentrare in prima persona nel personaggio chiave di Max Renn, senza farci affezionare a lui, non raccontandoci mai del suo passato o delle sue abitudini di vita, in perfetta sintonia con il desiderio del regista canadese di "non approfondire".
Cronenberg riflette sullo stato di vita "sospensivo" di Max solo nell’epilogo, quando il vivere instabile del protagonista di inizio film, che viene in seguito controllato dal segnale Videodrome incancrenitosi in lui sotto forma di tumore al cervello, lo porterà a uccidere recisamente gli altri e se stesso, come un videoregistratore esegue la registrazione stabilita. Così come l’ossessione dello scienziato "creativo" (o pazzo), tipica dei primissimi lavori di Cronenberg, trova nel professor O’Blivion una nuova immagine, mutata, maturata, necessariamente morta o nascosta, ma re-vivificata e immortalata dalla tecnologia, dalla video-parola che si fa carne.
Videodrome è un’unica grande metafora del controllo esercitato dal mondo mass-mediale sulla persona, una previsione di ciò che questo potere causerà agli uomini isolati e dimenticati in luoghi reconditi, dove non troveranno altro che il nutrimento platonico di nuova carne.
Davide Ticchi, cinemavvenire.it



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Controllo della psiche, aberrazioni mentali, mostruose allucinazioni e una realtà varia e mutevole che si trasforma a ogni pie sospinto in qualcos'altro. Il mondo di Videodrome è un universo instabile e terrificante, un circo catodico programmato per soggiogare le menti dei milioni di telespettatori americani, o solamente per condurli alla follia. È ciò che sperimenta sulla propria pelle Max Renn (James Woods), dirigente di un piccolo canale privato che lotta per sopravvivere nella giungla dei networks guadagnandosi audience a colpi di pornografia e nefandezze varie, finché, in modo apparentemente casuale, incappa nelle trasmissioni pirata di Videodrome. Quelli che a prima vista sembrano semplicemente sadici snuff movie nascondono, in realtà, un complesso progetto di controllo progressivo delle menti umane attraverso l'uso della televisione, veicolo privilegiato di diffusione del morbo di Videodrome, e Max, suo malgrado, si trasformerà in una pedina di questo gioco perverso.
Profeta visionario o geniale precursore dei tempi, David Cronenberg realizza un'opera di straordinaria attualità che contiene in germe tutte le ossessioni del suo cinema: dominio della tecnologia, perversioni sessuali, immersioni nel subconscio, fenomenologia della malattia (sia fisica che mentale) si intrecciano in un magma angosciante e visionario che culmina nella metamorfosi di Max Renn che, da semplice spettatore/addetto ai lavori, diviene braccio armato del Videodrome fino a sublimarsi in "videoparola che si è fatta carne". E se la nuova carne, come ogni culto che si rispetti, esige un sacrificio umano, sarà Max, custode e sacerdote della nuova dottrina, ad immolarsi alla sua causa perché chi ha scrutato nelle profondità dell'abisso catodico ha scoperto che l'immagine, in fondo, è più vera della realtà che ci circonda. L'iperrealtà creata dalla tv si manifesta violentemente sin dall'incipit con la sveglia della segretaria di Max che, grazie ad un videotape precedentemente registrato, gli ricorda gli appuntamenti della giornata. La stessa Nicky, affascinante e perversa conquista di Max, appare per la prima volta in uno schermo tv, così come la più suggestiva creazione di Cronenberg, il professor O'Blivion, dilaniato dal cancro di Videodrome e destinato a sopravvivere esclusivamente nei nastri registrati prima di morire.
All'ossessione per gli schermi, duplice simulacro della realtà e del cinema (il cinema, in quanto regno dell'immagine, viene eletto da Cronenberg al rango di "vero"), si affianca l'ossessione per il carne e la sangue. Ecco che, grazie al Videodrome, Max Renn si trasforma in una massa informe pronta a fondersi con il metallo della pistola che tiene in mano o ad aprire le proprie cavità per accogliere i videotapes destinati a riprogrammarne la mente. L'ossessione del complotto e la fagocitazione dell'individuo in un disegno diabolico teso al controllo dell'umanità accomunano Videodrome al di poco successivo Essi vivono di John Carpenter, altra pellicola indubbiamente debitrice della filosofia Cyberpunk. A differenza del pamphlet politico vivacemente genuino, artigianale e raffazzonato in perfetto Carpenter style, Videodrome è un prodotto già discretamente raffinato, intriso di riferimenti filosofici e cinematografici che lo assimilano al postmoderno, è pervaso da un'atmosfera angosciante acuita da inquadrature strette che fotografano ambienti cupi, soffocati da apparecchiature tecnologiche e immersi in una narcotizzante luce rossastra che avviluppa progressivamente ogni cosa fino al secco finale che interrompe la pellicola. "Morte a Videodrome, gloria e vita alla nuova carne".
Valentina D'Amico, castlerock.it



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Videodrome è una trasmissione satellitare in cui si vedono torture, mutilazioni, stupri. Videodrome mostra cose reali. Cose che accadono. Videodrome emana delle onde elettromagnetiche che influenzano il cervello. Videodrome causa allucinazioni.
Partendo da questi presupposti Cronenberg costruisce la sua storia.
Questa volta la sua analisi si muove verso la televisione e i suoi effetti. Le teorie del professor O'Blivion parlano di una tv più reale della vita vera, in cui l'immagine sullo schermo prende il sopravvento. Quello che vediamo è quello che siamo.
Il protagonista della storia, Max (James Woods), lavora all'interno di una rete televisiva che trasmette in prevalenza porno e film violenti. Grazie ad un tecnico che lavora per lui riesce ad entrare in contatto con Videodrome. Mano mano che lo guarda ne rimane prima attratto e poi totalmente influenzato. Inizia ad avere delle allucinazioni.
Cronenberg usa la televisione come mezzo per esplorare il labile confine che divide le molte realtà che ci circondano. Come al solito è un problema di percezione. Se questa è alterata inevitabilmente anche la realtà apparirà tale.
Inquietante è il discorso che O'Blivion fa sul suo tumore al cervello. Causato da uno studio troppo insistente su Videodrome. Questo ammasso di carne che gli si forma nel cervello è pensato come una mutazione/evoluzione dell'uomo. L'ampliamento di un organo (il cervello) che permetterebbe all'uomo di cambiare la sua percezione. Il suo punto di vista sulle cose. E in effetti è quello che ha fatto la televisione nel nostro tempo. Partendo dalla scrittura e dalla stampa (Il Pasto Nudo), passando per la televisione (Videodrome) e arrivando alla realtà virtuale (eXistenZ) l'uomo ha cambiato il suo modo di essere nel mondo. Con l'avvento della scrittura e soprattutto della stampa siamo stati messi davanti a un libro. Imparando a leggere abbiamo anche imparato a cogliere segni. A visualizzare simboli. Questo ha fatto si che la nostra percezione della realtà cambiasse. Ci siamo dimenticati di sentire il mondo che avevamo intorno per imparare a interpretarlo. A saperlo leggere. Decifrare. Il mondo, da intorno a noi, è passato davanti a noi. Poi si è materializzato su uno schermo. Prima la fotografia, poi il cinema e infine la televisione. La realtà è diventata quello che guardavamo. La vista ha preso il sopravvento.
Cronenberg riflettendo sull'ambiguità del vedere (l'allucinazione) ci mostra come sia pericoloso credere solo ad esso.
Oltre al discorso sul nostro rapporto con la realtà Cronenberg si sofferma anche sul corpo. L'uomo diventa un Ibrido. Ancora una volta. La nuova carne è quella della fusione dell'uomo con la macchina. Intesa come nuovo mezzo percettivo. La televisione e il videoregistratore hanno cambiato il nostro modo di vedere. Il passo successivo è che essi diventino parte integrante del nostro corpo. Il protagonista si ritrova a fare sesso con una televisione. A frustarla in una pratica sadomaso. Questa, forse, è una ulteriore riflessione sulla pornografia. Sul fatto che in fin dei conti masturbandosi davanti ad un film porno è la televisione l'organo che ci eccita. La televisione e il videoregistratore. Sono loro gli apparati meccanici che permettono il nostro godimento. Cronenberg supera questo dato di fatto. Fa si che tra l'uomo e la macchina avvenga il vero rapporto sessuale. E non tra l'uomo e quello che la macchina mostra.
Videodrome è un film allucinato e macabro. Inquietante.
Il doppio finale è ambiguo e aperto. Una volta entrati in Videodrome non c'è ritorno alla realtà. Il protagonista diventa una sorta di messia catodico. La parola del video che si fa carne. Forse nella scena finale assistiamo al suo sacrificio. Forse uccidendosi fa morire anche Videodrome. O forse dovremmo smetterla di credere ad ogni cosa che ci passa davanti agli occhi.
Emiliano Bertocchi, kultunderground.com



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Il malessere sociale, le paure di una civiltà sono stati tra i temi prediletti di tanto cinema e sono stati metaforizzati spesso nella lotta contro l'Altro; un Altro incarnato nelle figure di zombie o vampiri, quindi un male esterno trasmissibile, contagioso, da cui difendersi fino all'estremo, per sopravvivere, per salvaguardare il proprio corpo, ovvero la propria umanità... Cosa succede se il Male è interno, se non si può contrarre, perché è come un germe congenito, un virus innato che aspetta il momento giusto per conclamarsi? Questo male non si può combattere, se non distruggendo il proprio corpo, dando vita alla nuova carne. Non c'è più nessuna umanità da difendere. Max Renn (James Woods) mette una mano nel proprio ventre e ne tira fuori una pistola. Ecco il post-umano, anche se ci si domanda se l'umano sia mai esistito e se non sia da considerarsi post-umana la vita che si conduce quotidianamente nel posto di lavoro o in famiglia. Il corpo dilaniato si trasforma, si apre a nuove e più evolute dimensioni; il cervello apprende inedite nozioni e produce un sovrappiù di carne, un tumore. Il male non è semplicemente sopito dentro di noi, non occupa illegalmente il nostro corpo, è indissociabile da noi. La pistola che James Woods estrae dal proprio ventre fa parte del suo corpo, è una sua diramazione, tanto è vero che nelle sequenze successive la pistola si fonde con la sua mano: una sorta di propaggini simili a radici escono dall'arma e si immettono nella sua carne-terra, affondando sempre più come alla ricerca del nutrimento. Il corpo e il metallo si fondono ricreando esternamente quello che già esisteva nascosto internamente. Il corpo ha in sé la linfa, la vita, e la sua distruzione. Gli strumenti dell'autodistruzione sono creati e alimentati da noi stessi: questo è il compito della pistola che si fonde con la mano e questo è il compito del tumore, altra propaggine, creata e alimentata dal cervello.
Donatella Valeri, offscreen.it



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Ritratto delirante del mezzo televisivo come quarto e quinto occhio che ci osserva e ci scruta in ogni momento e che diventa parte del nostro piccolo mondo. Un mondo folle che trasforma la realtà in qualcosa di altrettanto reale ma folle.
Il "grande fratello" che controlla le nostre vite e le indirizza dove vuole lui. Un grande fratello orwelliano, molto più schizzato e molto più esagerato. Un grande fratello che è non quello dei reality show di moda oggi ma un degno antesignano di grande caratura e di grande spessore... Forse i reality show di oggi dovrebbero prendere esempio di questo... essere veramente dei reality dove le persone che si vedono non sono al corrente di essere "in video" ma sono protagonisti inconsapevoli di un mondo "altro" che si raffigura in modo esagerato e sopra le righe. Un mondo che in apparenza è riservato e probo, ma che poi in camera caritatis è ben diverso. Chi appare osceno e privo di scrupoli è dotato di maggiore moralità di chi si mostra come un "angelo"... un angelo che non provoca ma che in realtà con le sue azioni provoca e tende a manipolare la realtà in un'aberrazione fuori da ogni canone di comune senso del pudore.
Ma questa è solo una delle tante chiavi di lettura del film. Un film che mostra un mondo che fagocita (letteralmente) tutto e tutti. Un mondo che ingloba la realtà per farla diventare la nuova realtà... e poi ancora il potere della comunicazione attraverso il mezzo televisivo (ci dobbiamo guardare da Berlusconi? Forse... ma dovrebbero farlo gli enti preposti, che però non fanno nulla) che porta il mondo in un realtà subliminale dove noi "poveri umani" siamo strumenti da forgiare come argilla per rinascere in un mondo nuovo... o forse dobbiamo fare ricorso alla "Chiesa Catodica" presente nel film per sperare nella redenzione? Forse...
Il potere che la televisione ha è di gran lunga superiore a quello del cinema (del quale Mussolini aveva già capito l'importanza, ma al tempo la tv ancora non esisteva) e che Cronenberg rimarca ad ogni passaggio in questa epifania carnascialesca a tinte forti, dove quello che si vede è la realtà che noi vogliamo vedere. Dove quello che noi siamo è solo una nostra proiezione di altri.
Ma alla fine, quindi, viene spontanea una domanda: noi esistiamo? O siamo solo un'invenzione del potere che domina e controlla ogni cosa? Forse. Questa è la storia alla quale assistiamo in Videodrome. Dove i protagonisti sono solo delle marionette in mano ad altri. Marionette senza fili visibili, ma controllate dall'interno... nelle loro viscere. Viscere che sputano pistole e non sangue. Un mondo frammentario e frammentato da un potere occulto. Un grande maestro, un "grande fratello" di immenso potere che può tutto. Un "grande fratello" che indirizza la nostra vita dove e come vuole, e, al quale è impossibile ribellarsi... un mondo "estraneo a noi"... un mondo a cui nessuno si può sottrarre...
La cosa più incredibile del film è la sua "immensa visione" di un futuro prossimo che poco alla volta si sta avverando... Ci dobbiamo guardare dalla televisione... Il nemico è tra noi? Chissà... Ma certamente...
Marcus, zabriskiepoint.net



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"La televisione è un mezzo di intrattenimento che permette a milioni di persone di ascoltare contemporaneamente la stessa barzelletta, e rimanere egualmente sole"
Thomas Stearns Eliot, in “New York Post”, 22 settembre 1955.
Stati Uniti, primi anni Ottanta. Max Renn, presidente della Civic-Tv e ideatore della piccola televisione Canale 83, nell’intento di aumentare l’audience con prodotti pornografici e voyeuristici, s’imbatte in una strana programmazione cui è riuscito a captare le frequenze. Videodrome è un concentrato di sadomasochismo, perversioni e morte, che certamente avrà un forte impatto sugli spettatori. Ossessionato dal volere a tutti costi conoscere l’origine del messaggio captato, si lancia in una pericolosa ricerca in cui coinvolge Nicki, la sua ragazza. L’immagine registrata di Videodrome suscita in Max stati d’allucinazione ossessiva e permanente che lo portano direttamente nella “realtà” che aveva generato il mostro dell’etere. Nicki, intanto, attratta dalla possibilità di partecipare ai macabri giochi della perversa video-arena, sparisce nel nulla. Max scopre che dietro Videodrome c’è il professor O’Blivion, luminare della comunicazione catodica che appare solamente in video. Ma anche O’Blivion è un inganno mediatico: dietro il professore, che in realtà è morto da mesi per un tumore al cervello e vive solamente in un’immagine registrata, c’è un complesso meccanismo di potere che vuol drogare e uniformare le coscienze attraverso la suggestione delle immagini. Max, al culmine dello stato allucinatorio, diventa un’arma in mano all’oscuro potere, ma riconvertito con lo stesso metodo dalla figlia dell’illustre professore, si ribella a Videodrome in un finale dominato dall’orrore e dal sangue . Solo e vinto dall’allucinazione permanente, scopre che Videodrome è ben lungi dall’esser sconfitto. Risucchiato in un vortice nel quale crolla ogni riferimento alla realtà, viene definitivamente vinto dall’allucinazione: si spara alla testa.
Allucinante - mai come in questo caso il termine è calzante - viaggio nel metamorfico mondo onirico di David Cronenberg, Videodrome è un inquietante fanta-horror che fortifica il personalissimo stile visivo-narrativo del regista canadese. Già autore di pellicole visionarie come Il demone sotto la pelle, Rabid e The Brood, Cronenberg esaspera i temi tipici del suo cinema, che ritroveremo nelle famose opere successive (La Mosca, Il Pasto Nudo, Crash, eXistenZ) e che costituiscono il suo originale marchio di fabbrica. Corpi mutilati, deformati e mutanti, iniziano ad interagire con le macchine (tv e vhs, in particolare) estetizzando visioni disturbanti che diventano parola, comunicazione, metafora, archetipo e specchio del nostro tempo: allegoria apocalittica. Quando Max comincia la sua ricerca sull’origine e le finalità di Videodrome, lo spettatore si trova di fronte all’impietosa interpretazione che Cronenberg dà della realtà mediatico-catodica americana - che già cominciava ad insinuarsi in tutto l’occidente. Un potere che controlla, che annienta le menti e le coscienze, che cresce a dismisura col crescere dei messaggi subliminali introiettati attraverso il mezzo televisivo. “La televisione è realtà e la realtà è televisione”, sentenzia l’immagine registrata del professor O’Blivion, che ha cominciato prima di morire un improbabile studio con l’ausilio di barboni raccattati per le strade d’America, poi proseguito dalla figlia Bianca. I barboni, soffrendo di deficit televisivo, in qualche modo e nella sua idea malata aggravano ulteriormente la loro condizione socio-intellettiva. È altrettanto agghiacciante il modo con cui Videodrome rende schiavi i fruitori delle sue immagini: Il segnale provoca un tumore nel cervello degli spettatori che si espande man mano che aumentano le visioni, creando deformi allucinazioni di violenza e di morte - sotto forma di piacevoli perversioni. “Che cos’è la nostra realtà se non la percezione della realtà”, asserisce convinto il capo della Spectacular Optical - ideatore di Videodrome - spiegando a Max l’importanza futura della video-arena. C’è un solo video-sistema di allucinazioni programmate che dominerà il mondo perché: “L’America sta diventando debole e il resto del mondo più aggressivo” e ancora: “Viviamo in un’era selvaggia, dobbiamo prepararci ad esser puri, ordinati e anche forti se vogliamo sopravvivere”. Farneticazioni vere e proprie che in questi ultimi vent’anni sono state fatte proprie, con un linguaggio non troppo diverso, da più d’un inquilino della Casa Bianca. Cronenberg sembrava aver capito già allora lo sconcertante destino dell’occidente - del mondo… pian piano arrivano ovunque, ovunque portino democrazia -, rincoglionito dalla tv e soggiogato dai suoi burattinai. Anch’essi burattini, comunque, nelle mani d’un potere che tanto occulto non è più. Le suggestioni di orwelliana memoria echeggiano, dunque, anche in questo film ossessivo-paranoico (paranoico nemmeno tanto, a ben guardare), che consente al regista canadese di sviscerare il suo estro in modo non banale, anche se liberato attraverso un registro di genere. Il sesso, altro tema caro a Cronenberg, vive di pulsioni irrefrenabili e diventa anch’esso una mistura tra reale e virtuale: sesso tecnologico, rapporto uomo-macchina. La conclusione è simbolica e senza speranza: “Lei ora è video-parola che si è fatta carne”, interiorizza l’oramai semicosciente Max. È carne che si trasforma e che degenera. Egli, prima della morte, è più vicino ad essere una macchina (il video) che un uomo. Trovandosi a doversi uccidere, secondo il comando ricevuto, probabilmente lo diventa del tutto.
James Woods è il protagonista di questa inquietante discesa agli inferi che lo ha visto interpretare uno dei ruoli più convincenti della propria carriera cinematografica - lo ricordiamo nel bellissimo affresco esistenziale ed epocale di Sergio Leone: C’era una volta in America. Ed è stata una fortuna, perché nello stesso periodo Dario Argento gli aveva proposto il ruolo di protagonista per il suo Inferno, film tra i meno convincenti della prima fase creativa del regista romano. La cantante-attrice (allora molto conosciuta) Deborah Harry è la protagonista femminile, costretta ad esprimersi nel tubo catodico e continuamente riproiettata nelle allucinazioni di Max. Cronenberg, come detto, ci omaggia ancora una volta del suo inconfondibile talento autoriale, virtuosistico e narcisistico, che lo accomuna tanto al genio del grande Lynch - un altro David, ambedue poco amati in America e lontani dagli stereotipi hollywoodiani e dallo star system -, nonché di una spietata critica degli Stati Uniti e del loro ottuso e perverso mondo mediatico. A mio giudizio, Videodrome è una pellicola da non perdere. Andate sempre a vedere i film di Cronenberg, anche i meno riusciti non sono mai banali. Vi diranno che sono diseducativi, ma voi non credeteci.
Léon, lankelot.eu



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Quale film migliore per riassumere egregiamente quelle che sono le tematiche più care al regista canadese? Lo sdoppiamento della mente che vive numerose realtà, la metamorfosi del corpo come risultato del cambiamento interiore, la distorsione delle verità che ci circondano e qui possiamo aggiungerci anche alcuni elementi di originalità che differenziano di volta in volta le varie pellicole di Cronenberg: l’analisi degli effetti del video sulle nostre menti, di ciò che viene trasmesso in tv (ma quanto possiamo attualizzare questo tema sostituendo i nuovi mezzi di comunicazione alla tv?) e di quanto questo influenzi i nostri modi di fare, di comportarci, persino di pensare e di essere; ma anche il fascino che la violenza può esercitare con conseguente riferimento agli snuff-movies, che sono poi quelli che vengono trasmessi su Videodrome e che causano allucinazioni incredibili, folli e visionarie. Max (il grandissimo James Woods) si ritrova così catapultato in una realtà altra, nella quale è intrappolato, e dalla quale è allo stesso tempo inizialmente affascinato e man mano spaventato. Dopo aver visto per la prima volta la trasmissione di Videodrome, nella quale una donna veniva seviziata, la sua vita non sarà più la stessa. Conoscerà una donna, Nikki (la bellissima ed estremamente sensuale Deborah Harry), che si rivelerà essere una masochista e che vorrà a tutti i costi raggiungere il luogo nel quale vengono girate le scene degli snuff-movies; comincerà a vedere le videocassette e i videoregistratori muoversi e assumere forme diverse; vedrà il suo stomaco aprirsi in un varco molto simile ad una vagina nel quale inserire le varie trasmissioni di Videodrome che lo programmeranno e lo porteranno ora da una fazione ora da un’altra; vedrà fondersi la sua pistola con la sua mano; sognerà di torturare Nikki e poi una cara amica; compierà stragi più o meno giustificate e, soprattutto, vedrà il suo corpo entrare in una vera e propria simbiosi con lo schermo della tv dal quale dapprima fuoriusciranno le labbra di Nikki nelle quali si rifugerà e nel quale poi immetterà quasi la totalità del suo corpo, fino ad arrivare ad un finale enigmatico ma molto significativo.
Cronenberg, insomma, non si smentisce mai e, soprattutto, riesce sempre a sorprendere in una maniera o nell’altra non solo per la mostruosa, paurosa e delirante messa in scena, ma anche per i messaggi subliminali e per i significati impliciti in quelle immagini apparentemente create con un unico scopo, quello di impressionare e spaventare lo spettatore, ma sicuramente fonte di ben più profonde e interessantissime riflessioni. Le metafore esplicitate tramite teste che scoppiano facendo fuoriuscire bubboni o tumori che secernono sostanze non ben identificate o pistole che entrano nello stomaco ed escono fondendosi con la mano in un miscuglio orripilante di ossa, vene e tubi; sono talmente profonde e coinvolgenti da lasciarci con una scia di pensieri e considerazioni. Come non lasciarsi trasportare in mille riflessioni dall’immagine di un uomo che viene completamente “divorato” dallo schermo di una televisione o da un uomo ormai morto da un anno che comunica solo tramite alcune registrazioni televisive?
E’ impossibile non soffermarsi a meditare sul ruolo che hanno i mezzi di comunicazione nella formazione delle nostre personalità e delle nostre menti, della potenza della televisione nel catturare l’attenzione e nella formazione dei gusti e delle preferenze degli spettatori. In Videodrome l’uomo diventa video e il video diventa uomo, in un continuo interscambio di allucinazioni, di parti del corpo e via di questo passo. E se all’inizio il gioco risulta apparentemente innocuo, man mano che ci si fa sempre più impossessare dalle allucinazioni, dalle trasmissioni, dalle videocassette, dagli schermi televisivi, da tutto quello che Videodrome rappresenta; è necessario solo un enorme sforzo di volontà è in inusitato sacrificio per riuscire a cambiare pelle: “Morte a Videodrome! Gloria e vita alla nuova carne!”, urla infatti a fine pellicola il protagonista ormai finito nella spirale ossessiva e letale della realtà parallela a quella fino ad allora conosciuta. Andando a scavare a fondo tra le vicende di Max che si ritrova impantanato in una brutta storia senza riuscire a capire da che parte sta il torto e da che parte la ragione (ma è sempre possibile poter effettuare questo discernimento? Cronenberg evita il giudizio super-partes e ci mostra solo gli effetti, senza indicare da dove e da chi provengono le cause), possiamo giungere alla conclusione che abbiamo assistito alla fusione di due realtà completamente diverse: quella reale e quella che noi stessi creiamo con le nostre percezioni, molto spesso nascenti o influenzate dai mezzi di comunicazione, gli unici che ci permettono di correlarci col mondo e col prossimo, “l’unico occhio dell’uomo sulla tavolozza del mondo”, così come dice Bianca O’Blivion al nostro protagonista sempre più sperduto. La donna non ha tutti i torti, ma Cronenberg cerca con questo film e con le vicende di Max che culminano con l’apparente sconfitta di Videodrome, di aprirci gli occhi mostrandoci il percorso e la parabola di “una parola-video fatta carne”, carne che alla fine si tenta di eliminare e di sostituire con una nuova e incontaminata.
Più che ad un horror vero e proprio, ci troviamo di fronte ad una sorta di splatter, che non delude gli amanti del genere e soprattutto gli affezionati del regista. Grazie ad una serie di effetti speciali davvero ben confezionati il Nostro riesce a dare vita, metaforizzandole in maniera originale e unica, a tutte le sue ossessioni, in questo caso affidate al volto sempre più shockato, così come shockati siamo noi che assistiamo al delirio sempre più allucinante, del bravissimo James Wood perfetto interprete e rappresentante della follia, dell’angoscia, dell’incubo, della paranoia che si impossessano anche dello spettatore più sensibile, interessato e attento a determinate tematiche e problematiche.
ale55andra.splinder.com
[Modificato da |Painter| 10/06/2010 19:03]
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