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RECENSIONI - Rassegna Stampa / 1

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 19:24
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Sesso: Maschile
07/10/2007 18:57


RASSEGNA STAMPA PARTE 1


Si rimanda al ricco approfondimento sulla tematica sessuale di Il Pasto Nudo, nella sezione Poetica.


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In preda a allucinazioni (macchine per scrivere come schifosi coleotteri pantografati; striscianti ibridati esseri sessuati; alieni dell'Interzona che secernono droga lattiginosa dai peni), un aspirante scrittore (P. Weller), che fa il derattizzatore a New York, uccide la moglie drogata (J. Davis) per sbaglio, si rifugia a Tangeri dove s'immagina coinvolto in complotti architettati da mostruosi alieni. Liberamente ispirato dal primo, infilmabile (e per molti illeggibile) romanzo (1959) di William Burroughs (1914-97) con spunti presi da altri racconti e innesti biografici dello stesso scrittore, è un film sul mestiere (pericoloso) dello scrivere, sul nesso tra scrittura e delitto, sulla paura della donna castratrice e l'omosessualità, sul viaggio nei meandri mentali sotto l'influsso della droga. D. Cronenberg ha messo in immagini il mondo delirante di Burroughs con una rappresentazione dov'è caduta ogni barriera tra finzione e realtà, mescolando, sul filo di una livida ironia, fantascienza, romanzo gotico, racconto di spionaggio, parabola grottesca, satira politica. Prodotto dall'inglese Jerry Thomas. Bella colonna musicale di Howard Shore con interventi jazzistici del trio di Ornette Coleman, funzionale fotografia di Peter Suschitzky (Inseparabili), un'eccellente J. Davis nella doppia parte della moglie e di Joan Frost, alias Janet Bowles, sposa di Tom Frost, alias Paul Bowles (Il tè nel deserto), interpretato da I. Holm.
Il Morandini 2007 (Zanichelli)



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Il Pasto Nudo è un film d’importanza fondamentale nell’opera cronenberghiana; è il film a cui il regista è più affezionato, perché non è semplicemente la trasposizione di un libro (e infatti The Naked Lunch, di Burroughs, ha un articolo in più) ma la reinvenzione cronenberghiana dell’intero universo di Burroughs, autore della beat generation di cui il Cronenberg ventenne era letteralmente innamorato. Confluiscono nel film non solo la storia del libro, ma la biografia stessa di Burroughs: ci sono l’omicidio della moglie, l’amicizia con Kerouac e Ginsberg (che nel film si vedono mentre sono in casa sua con la moglie e che poi lo raggiungeranno a Tangeri spronandolo a continuare la scrittura del suo romanzo, Il Pasto Nudo per l’appunto) ed altri suoi romanzi come The exterminator o le Lettere da Tangeri. Cronenberg insomma rimescola l’opera di Burroughs e la rilegge attraverso l’occhio, molto cinematografico, di sé stesso. Ne dà una reinterpretazione personale che però ha avuto il pieno assenso di Burroughs stesso; ha trasformato in immagini ciò che di più infilmabile potesse esistere nella letteratura contemporanea. E l’ha fatto; tra l’altro, seguendo una logica che invano si ricercherebbe in Burroughs, perché Il Pasto Nudo è un film dalla trama ben precisa, non sconclusionato come potrebbe apparire ad una analisi superficiale: William Lee (Peter Weller, autopropostosi come protagonista dato il suo amore per entrambi i numi tutelari dell’operazione) è un disinfestatore di scarafaggi che finisce per iniettarsi il piretro e provare tremende allucinazioni. Dopo aver ucciso per sbaglio la moglie parte per Tangeri (in realtà Cronenberg, causa la Guerra del Golfo, ha dovuto ricostruire gli esterni e gli interni africani in Canada) dove, sempre più preda degli allucinogeni, in particolare della “carne nera”, vede ad ogni nuova assunzione la realtà trasformarsi radicalmente (le macchine da scrivere in scarafaggi, ad esempio) ed è convinto di trovarsi in un posto fantascientifico, l’“Interzona”. Quando la droga cessa gli effetti in mondo torna (quasi) normale, fino all’assunzione successiva. E quindi ci sono continui sbalzi tra realtà verosimili (quando lui è semisano) e tra realtà caricaturali (quando ha appena preso la “carne nera”). Per capire questo basta vedere la scena esplicativa in cui Tom Frost comincia a parlare a Bill di cose normali per poi passare (causa inizio dell’effetto allucinogeno) a parlare di “Interzona” e si vede la bocca di Tom non in sincrono con le parole. Ecco: quello è un momento di “passaggio” tra realtà e allucinazione. Letto così il film è chiarissimo, affascinante (anche se tremendamente pesante, per chi non abbia la pazienza di calarsi nel mondo folle di Bill Lee). È il film più autoriale di Cronenberg, che si avvale di effetti speciali (opera del “mago” Chris Walas) straordinari, tutti perfettamente connessi con la storia, di un ottimo cast, di musiche (Howard Shore con inserti jazz di Ornette Coleman) forse un po’ troppo soporifere. Il Pasto Nudo è comunque più un’esperienza che un film, sicuramente, quanto di più vicino al ricordo allucinato della beat generation sia mai stato concepito.
davinotti.com



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Dopo aver ucciso, sotto l'effetto di una potente droga, la moglie Joan, William Lee, derattizzatore e aspirante scrittore in crisi di ispirazione, fugge da New York e si rifugia nella labirintica "Interzone", avveniristica città libera, ricettacolo di sbandati e di spie, dove spadroneggia il sadico torturatore dottor Benway. In questa sorta di Casablanca del vizio e della violenza, Lee cade in balìa di ogni specie di allucinazione: macchine per scrivere che si trasformano in insetti, esseri umani deformi, orribili fenomeni di mutazione - i misteriosi "Mugwumps" - lo spingono verso lo scrittore Frost - la moglie del quale è una sosia della sua Joan ed ha il suo stesso nome - e verso il giovane Kiki, con il quale intreccia una sofferta relazione omosessuale. Preda della disperazione e della paura, Lee tenta di fuggire da "Interzone" assieme a Joan Frost, ma, catturato, è costretto a ripetere l'omicidio della donna e a rientrare nelle sue disperazioni e nelle sue paure.
Il film, frutto di un lavoro durato più di sette anni e di una lunga frequentazione del regista con lo scrittore Burroughs, doveva essere girato in parte a Tangeri, ma la "guerra del Golfo" dirottò la troupe negli studi di Toronto dove si preferì ricostruire gli esterni. Nella pellicola viene raccontata (nel romanzo la vicenda non è citata) la morte della moglie dello scrittore, così come realmente accaduta: sotto effetto della droga la donna si era prestata a fare da bersaglio in una tragica parodia alla Guglielmo Tell. Il Pasto Nudo tenta l'ambiziosa (e forse impossibile) operazione di tradurre sullo schermo l'opera trasgressiva ed autobiografica di William Burroughs, considerata uno dei manifesti più rappresentativi di quella corrente artistica battezzata "beat generation" da Jack Kerouac. Il risultato (che, peraltro, ha diviso la critica e il pubblico) va ben oltre l'apparente e formale mix - pure a tratti geniale - di tematiche horror, fantascienza, noir e dramma. L'"Interzone" di Cronenberg è una amara metafora della società americana: viva, universale e fagocitante come un organismo malato, si frammenta nei corpi tragici o grotteschi dell'incubo esistenziale ma conserva la logica aberrante di un sistema repressivo che obbliga l'individuo a pagare duramente i dubbi e le ansie di una crisi artistica o di una impotenza sessuale, la ricerca della propria identità, il delitto di una riappropriazione della parola, il peccato della solitudine. Attraverso Burroughs, Cronenberg racconta di una strisciante violenza sotterranea che ispira e muove le relazioni sociali e di una lacerante utopia liberatoria collocabile soltanto nel rifiuto e nella negazione.
fantafilm.net, a cura di Bruno Lattanzi e Fabio De Angelis



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In molti dizionari ed enciclopedie del cinema, consultare per credere, il cinquantenne canadese David Cronenberg ancora non figura, pur avendo firmato 14 titoli dall'ormai lontano '66; e pur assurto in cerchie ristrette a regista di culto per film come Il demone sotto la pelle, Scanners, Videodrome, La Mosca e soprattutto (forte di una torva incarnazione gemellare di Jeremy Irons) Inseparabili. Appare chiaro che a questo cineasta molti hanno continuato a non fare credito per la sua insistenza nell'applicarsi a un genere come l'horror, considerato basso. A ristabilire l'equilibrio è uscita a Parigi, nella collezione "Auteurs" dei "Cahiers du Cinema", una monografia di Serge Grunberg che accompagna il film Il Pasto Nudo, salutato dal critico come l'approdo della poetica di Cronenberg alla sua fonte perenne, l'opera di William Seward Burroughs. Magari facendogli la tara di qualche esclamativo in più , da intendere peraltro come una risposta polemica ai detrattori di Cronenberg, il libretto è stimolante nelle sue variazioni cinefiliaco letterarie e aiuta a capire le finzioni della pellicola. Grunberg ci ricorda che il titolo, The Naked Lunch, fu apposto da Jack Kerouac come etichetta del pasticciato brogliaccio di Burroughs e da quest'ultimo fu spiegato così : "Quel momento congelato in cui ogni convitato vede ciò che ha sulla forchetta". Tale titolo è stato leggermente cambiato dal regista, togliendogli l'articolo, per far capire che di altra cosa si tratta. Non un adattamento dello scandaloso libro pubblicato nel ' 59, ma il "romanzo di un romanzo". Cioè la fantacronaca di come uno scrittore maledetto, avvelenato da tutte le droghe reperibili, compilò lo stoico consuntivo della propria esperienza. Impresa non facile: perché se a Burroughs, nell'affanno di rincorrere le immagini della sua paranoia, capitò di scrivere che la letteratura ha cinquant'anni di ritardo sulla pittura, Grunberg aggiunge che il cinema potrebbe avere cinquant'anni di ritardo sulla letteratura. Ed è a film come Il Pasto Nudo che si vorrebbe affidare il compito di un'accelerazione sperimentalistica della settima arte in chiave di "cut up": la tecnica figurativa prediletta da Burroughs, uno spericolato montaggio delle impressioni.
Pur adorato dai critici, negli USA Il Pasto Nudo non alza un dollaro; in Europa, a giudicare dalla vibrante accoglienza berlinese, dovrebbe avere un esito migliore. Interamente girato negli studi di Toronto dal canadese David Cronenberg, maestro dell'horror moderno, il film non è un adattamento dello scandaloso libro pubblicato da William S. Burroughs nel '59, ma piuttosto il "romanzo di un romanzo". Cioè la fantacronaca di come uno scrittore maledetto, avvelenato da tutte le droghe reperibili, compilò lo stoico consuntivo della propria esperienza. Sullo schermo vediamo una specie di Bogart, con il cappello sempre in testa e le labbra a fessura, impegnato a debellare scarafaggi nella New York del '53. Ben presto William Lee (è uno pseudonimo di Burroughs, interprete somigliante e bravissimo è Peter Weller) prende a colloquiare con uno scarafaggio gigante, che parlando col sedere lo invita a uccidere la moglie e fuggire altrove (come più tardi farà il protagonista di Dillinger è morto di Ferreri). Detto fatto, Lee piazza un bicchiere in testa alla sua compagna Joan, in stile Guglielmo Tell, e sbaglia la mira. Scappa poi in una Tangeri tutta immaginaria, che piacerebbe a Fellini, e incontra una reincarnazione della defunta in un'altra Joan (l'attrice è sempre la stessa, Judy Davis), moglie eccentrica dell'eccentrico americano Tom. È evidente l'allusione alla strana coppia di Paul e Jane Bowles; e occorre ricordare che qui il produttore, Jeremy Thomas, è lo stesso di Il tè nel deserto, evidentemente affascinato dagli americani della Diaspora. Se Il Pasto Nudo non è un rendiconto del romanzo, non lo è neppure della vera esistenza di questa comunità di espatriati che nelle memorie di Bowles troviamo in situazioni di più ordinaria follia. In Cronenberg tutto si svolge in una irrealtà pantografata dagli allucinogeni, dove impazzano omuncoli da Guerre stellari e dove le macchine per scrivere si trasformano sotto le dita in petulanti mostricciattoli pronti a sbranarsi e invece la carica omosessuale del romanzo risulta attenuata: in fondo il regista ha voluto raccontare soprattutto l'avventura di uno scrittore che tenta di uscire dalla favola nera di una stagione all'inferno. Solitario e nobilissimo come il sax alto di Ornette Coleman che gli fa da eco, il nostro eroe ci ripropone dallo schermo un itinerario che per le strade impervie del male di vivere arriva a un imprevedibile risultato di fraternità . Lo stesso che prorompe dalle pagine di Burroughs, il nostro inviato oltre le frontiere della percezione.
Tullio Kezich, Corriere della Sera



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Cervelli che esplodono in Scanners, videocassette infilate nello stomaco di James Woods in Videodrome, Genevieve Bujold che morde a sangue la carne che unisce i gemelli siamesi in una sequenza di Inseparabili: i film di David Cronenberg hanno sempre unito un corrosivo senso dell'umorismo e una tendenza alla fantasia del grottesco ai temi dell'ossessione e della trasformazione. Se c' era una persona al mondo capace di portare sullo schermo i lavori altrettanto distorti di William Burroughs, quella persona è David Cronenberg, ha osservato la stampa americana all'uscita di Il Pasto Nudo, il nuovo film del regista canadese tratto dall'omonimo celebre romanzo di William Burroughs del 1959. E Il Pasto Nudo sembra aver soddisfatto le più ambiziose aspettative di entrambi, Cronenberg e Burroughs, per altro già ammiratori reciproci. Uscito in solo cinque cinema di New York e Los Angeles, dove ha incassato discretamente, ora il film sta per fare il suo ingresso sulla scena nazionale. E che il paese sia pronto o meno per questa nuova elegia del grottesco, la critica già si è fatta sentire e il suo verdetto, che va dall'esaltato al laudatorio, non lascia dubbi in proposito. Il film ha già vinto il premio per la migliore sceneggiatura del Circolo critici cinematografici di New York e della Società nazionale critici che ha anche eletto Cronenberg miglior regista. Jack Mathews di Newsday l'ha elencato fra i dieci migliori film dell'anno. Sul New York Times, Janet Maslin ha scritto che il film rappresenta un "formidabile incontro di menti: geniale e allo stesso tempo abile e disgustoso, il film ha uno stile cinematografico audace quanto quello di Burroughs sulla pagina". Sul Los Angeles Times, Peter Rainer osserva come Cronenberg abbia "spinto la sua ossessione verso il putrido e il marcio a un livello febbrile. È un film per quelli che veramente capiscono e apprezzano Cronenberg, e forse non per molti altri". "In una vivida evocazione di una mente finita male" scrive Richard Corliss su Time "Cronenberg ci porta nel Padiglione dell'inferno di Disneyland". "Vedere Il Pasto Nudo significa pensare di nuovo al collegamento fra Burroughs e Poe" dice il Village Voice, "Cronenberg è riuscito a fare una cosa notevole: non solo ha creato un Burroughs per il pubblico di massa su qualcosa che si avvicina ai termini burroughsiani, ma ha fatto il ritratto di uno scrittore americano". Dal suo ufficio di Toronto, in Canada, dove tuttora risiede e dove ha girato interamente Il Pasto Nudo, Cronenberg ha definito la reazione al suo film "piuttosto buona e forte", ma si riserva di vedere come il grosso pubblico, quello delle piccole città americane e canadesi, lo accoglierà. "Per il momento non ho ancora avuto un pubblico reale, tutti quelli che hanno visto il film sono in qualche modo legati all'industria cinematografica o sono gli intellettuali e gli artisti di Los Angeles e Manhattan" dice il regista "Ma fra i giornalisti e altri registi ho avuto ottime reazioni. Bernardo Bertolucci ha visto il film a Londra e ha detto che è un capolavoro. Non dice spesso cose del genere". Parte delle lodi è dovuta alla sincera meraviglia di fronte al fatto che Cronenberg sia riuscito a rendere cinema il 'non filmabilè , un libro che più che un racconto compiuto è una serie di tetre, buffe, orribili allucinazioni unite insieme in un'atmosfera da incubo. Una narrazione frammentaria, con scene di sodomie di massa, defecazioni, morte e sesso, che per anni, da quando Burroughs stesso aveva proposto a John Huston di farne una versione cinematografica nel 1961, era stata considerata impossibile da filmare. "Forse se ne sarebbe potuta fare un miniserie di quattro ore con un adattamento fedele" dice Cronenberg "ma nessuno l'avrebbe mai prodotta". Con la benedizione di Burroughs, Cronenberg ha così evitato una traduzione fedelissima del libro, inventando invece la storia di uno scrittore tossicodipendente chiamato William Lee (un nome che Burroughs ha spesso usato come alter ego letterario e lo pseudonimo con cui ha pubblicato il romanzo La scimmia sulla schiena) che uccide accidentalmente la moglie ed espatria a Tangeri, dove combatte contro i suoi demoni per scrivere un libro chiamato Il Pasto Nudo. La sceneggiatura si ispira liberamente agli anni di Burroughs eroinomane e lupo solitario in Marocco, e a diversi elementi tratti dai suoi romanzi. Ambientato in un reame fittizio chiamato Interzone (come Burroughs aveva chiamato la Zona Internazionale di Tangeri, ricostruita interamente in studio a Toronto), Il Pasto Nudo è una favola surreale in cui sogni da morfinomane si trasformano in realtà allucinate. Il risultato è irresistibile, sostiene Michelle Green sul New York Times, almeno per chi ha familiarità con la vita degli espatriati a Tangeri durante gli anni ' 50, dove il libro era stato ideato a partire dalle lettere di Burroughs al suo ex amante Allen Ginsberg dopo che quest'ultimo l'aveva abbandonato per il poeta Peter Orlovsky. I personaggi ispirati a Paul e Jane Bowles, conosciuti da Burroughs nel 1954 a Tangeri, sono chiaramente riconoscibili, insieme a fatti veri della vita di Burroughs e tratti non solo da Il Pasto Nudo, ma anche da altri suoi romanzi. "Nel libro di Burroughs non ci sono personaggi, non c' è narrazione, non c' è struttura tranne quella associativa" continua Cronenberg "I personaggi non sono veri personaggi. Sono archetipi o fumetti o tante altre cose, ma non quello che normalmente riteniamo personaggi e questo porta a molti sketch satirici di tipo swiftiano". Ma il film, come tutti hanno notato e Cronenberg non esita ad ammettere, è molto meno radicale del romanzo, e senz' altro meno fitto di immagini disgustose: "Non ho fatto molte concessioni all'aspetto commerciale ma credo che questo film, forse anche più di miei altri, possa funzionare per il grande pubblico" osserva il regista "Sembra affascinare molta gente che non sa niente di me o di Burroughs, un pubblico che va a vederlo per qualche altro motivo". "Penso che sia paradossale ma è vero che per essere fedele al libro lo devi buttare via" continua Cronenberg. "Devi tradirlo per poterlo ricreare sullo schermo. Tutti i tentativi che ho visto di essere fedeli a un testo sono stati orribili fallimenti e la ragione è solo che i due media sono totalmente differenti. Sarò arrogante e completamente sregolato, ma io così affronto la traduzione di un libro sullo schermo. L'ho fatto con La Zona Morta, con La Mosca e lo farò con il mio prossimo film". Che sarà l'adattamento della commedia di David Henry Hwang M. Butterfly, probabilmente interpretata da Jeremy Irons. L'associazione di Il Pasto Nudo con gli insetti è tale che molte recensioni gli hanno affibbiato il soprannome 'Bugsy' (da ' bug' , cioè scarafaggio). Il protagonista, William Lee (interpretato da Peter Weller) è ossessionato dagli insetti soprattutto dopo che la moglie, Joan Lee (Judy Davis, che interpreta le due donne nel film, Joan Lee e Joan Frost, il personaggio ispirato alla moglie di Paul Bowles) gli ruba la sua polvere insetticida per iniettarsela, mischiata a lassativo per bambini, nel petto: "È una sensazione kafkiana" dice al marito "ti senti come un insetto". Nei suoi incubi allucinatori, Lee è visitato da insetti, scarafaggi, esseri orripilanti che lo mandano in missione di spionaggio nella Tangeri del suo delirio, dove macchine da scrivere diventano insetti e omosessuali come Julian Sands diventano 'Mugwumps', giganteschi millepiedi che uccidono giovani prostituti dopo il rapporto sessuale. Cronenberg, spiega, ha i suoi motivi per insistere su queste immagini. "In pratica sto cercando di cambiare la reazione estetica della gente a ciò che generalmente viene considerato repellente e disgustoso. La maggior parte della gente trova gli insetti disgustosi. Non vogliono saperne, schiacciali e buttali via. Mentre io ho sempre pensato che gli insetti fossero belli e affascinanti fin da quando ero bambino. Il disgusto appartiene ai critici che trovano queste immagini repellenti, non a me". La metafora, continua Cronenberg, è esplorata nell'idea della trasformazione. "Nel film La Mosca, la malattia di cui parlavo era l'invecchiamento, la malattia con cui tutti siamo nati" dice il regista "Altri hanno pensato all'Aids. Ma nessuno è ancora riuscito a trovare un modo per guarire dall'invecchiamento. Quando vedi quell'uomo che si trasforma in una gigantesca mosca, devi decidere chi sei: una versione minore di quello che eri prima o una versione più pulita di una cosa completamente diversa? E nell'affrontare questa questione sei costretto a creare la tua realtà, che è quello che io faccio in Il Pasto Nudo e altri film".
Silvia Bizio, La Repubblica



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Sebbene William Burroughs, 77 anni, tema che Il Pasto Nudo venga interpretato come una sua biografia, cosa falsa gli preme di precisare, si è dichiarato soddisfatto del prodotto finito. "Sento che la sceneggiatura di David Cronenberg è molto fedele alla sua figura di regista e molto coerente con l'alto livello di creatività per cui è conosciuto" ci dice lo scrittore per telefono parlando dalla cittadina rurale di Lawrence, Kansas, dove vive da anni. "Ci sono molti momenti del film basati veramente sul mio libro, e anche quando i personaggi sono diversi la fonte è sempre la stessa. Mi è piaciuta particolarmente la decisione di David di ricreare l'Interzone in uno studio di Toronto quando la Guerra del Golfo l'ha costretto a cancellare le riprese a Tangeri. Il film ne ha guadagnato perché dà l'effetto voluto che tutto è un'illusione". Se Il Pasto Nudo segna il primo vero e proprio adattamento di un romanzo di Burroughs allo schermo, vari altri registi stanno seguendo l'esempio di Cronenberg, fra cui il grande ammiratore di Burroughs Gus Van Sant (già autore di Drugstore Cowboy e My own private Idaho), che girerà The wild Boys, e John McNaughton che ha comprato i diritti per la sceneggiatura di The last words of Dutch Schultz. "Non ho mai saputo bene cosa pensi il grande pubblico del mio lavoro" osserva Burroughs, "ma credo che reagiranno a questo film più o meno come hanno reagito agli altri film di Cronenberg. Non sarà mai un film per un pubblico di massa. È molto sottile, in cui è facile perdersi degli elementi. Io stesso vorrei rivederlo di nuovo, per capirlo meglio in tutti i suoi aspetti. Credo che David abbia fatto un film non consolatorio. Un film che parla del pericolo di essere uno scrittore, quel pericolo senza il quale lo scrittore cessa di scrivere, o il pittore di dipingere". Burroughs ne sa qualcosa. Da anni infatti si dedica alla pittura con lo stesso entusiasmo con cui continua a scrivere: attualmente è impegnato nella stesura dei suoi sogni. "Sono commenti sui sogni e sulle idee che quei sogni suggeriscono, brevi racconti incastrati fra loro" spiega: "È come un diario che si spinge in tante diverse direzioni".
Silvia Bizio, La Repubblica



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Cronenberg ci ha abituati a un cinema dell'orrore di altissima qualità. In Il Pasto Nudo tenta con estremo coraggio di materializzare i fantasmi di uno dei più inquietanti scrittori contemporanei: ma proprio quando ci fa vedere la fisicità dei mostri sembra perdere, almeno in parte, la profondità "insopportabile" dei suoi film migliori. Lo scrittore vive la triste realtà come chiunque altro. La sola differenza è che ci scrive sopra dei rapporti.» Lo dice Bill Lee, lo scrittore bloccato di Il Pasto Nudo. Ma chi è Bill Lee? La risposta è ovvia: Bill Lee è lo pseudonimo con cui, nel 1959, William Burroughs pubblicò The Naked Lunch. In realtà, fu l'amico Jack Kerouac che lo spinse a dare ordine a un migliaio di fogli dattiloscritti. Da quel lavoro, cui sembra abbia messo mano lo stesso Kerouac, vennero tre libri: oltre a The Naked Lunch, anche The Soft Machine nel 1361 e Nova Extress nel 1964. Questo racconta David Cronenberg: la nascita faticosa di un libro, ossia di un oggetto dotato di senso e identità espressiva, dalla scrittura, ossia da un'attività straripante e informe. Per farlo, nel suo film "contamina" tra loro elementi di The Naked Lunch e suggestioni della vita di Burroughs. Ecco allora che il blocco della capacità di narrare si mescola con l'orrore di macchine per scrivere mostruose come esseri alieni sgocciolanti ogni sorta di liquidi, o sozze come scarafaggi con sfinteri enormi e loquaci. L'uccisione della moglie e la fuga in varie città del Sudamerica prima e a Tangeri poi portano, nel film, a un Marocco indeterminato, posto fuori dalla realtà: qui Bill Lee è in balia di fantasmi paranoici e sessuali che sono anche di Burroughs. L'uso del piretro come droga inverosimile si lega al mestiere di disinfestatore di insetti realmente esercitato per otto mesi dallo scrittore... L'elenco può continuare, ma l'essenziale non cambia: Bill Lee è un essere in transizione, che si perde sul confine tra l'assurdo dell'incubo e l'assurdo della realtà, nella terra di nessuno dell'Interzona abitata da mostri che sono insieme oppressivi e creativi. Come accada che l'oppressione e l'incubo diventino creatività e letteratura: questa è in fondo la metamorfosi raccontata da Il Pasto Nudo. È troppo facile e scontato citare qui Franz Kafka (al cui Gregor Samsa, però, il film rimanda in modo esplicito). In ogni caso, Bill Lee è un essere in transizione: lui allo stesso modo dei suoi fantasmi che, dall'orrida bocca viva della macchina per scrivere, si riversano sul bianco dei fogli e lì diventano frammenti di un libro "possibile".
Una grande metamorfosi era già stata raccontata da Cronenberg in La Mosca (1986, remake molto libero di L'esperimento del dottor K, Kurt Neumann 1957). Il suo Seth Brundle perdeva la propria umanità nella mescolanza con il patrimonio genetico di una mosca. O forse, al contrario, l'orrida creatura nata da quella contaminazione, e subito in disfacimento, metteva a nudo il lato mostruoso dell'essere uomini, dell'esserlo "normalmente": la condanna a vivere, consapevoli, il processo distruttivo della morte che trionfa irresistibile nella malattia e nell'invecchiamento (metamorfosi che non può esser vinta, appunto). Che l'essere uomini abbia un lato mostruoso è una convinzione radicata di Cronenberg. I suoi film - fin da Il demone sotto la pelle (1974) e Rabid (1977) - lo esplorano, quel lato, nelle allucinazioni delle menti e nel tormento delle carni (egli stesso ricorda quanto l'abbia segnato, in gioventù, la morte per cancro del padre). Che Bill Lee, alla fine, sia Cronenberg? Come lo scrittore/disinfestatore, anche il regista lega la propria creatività all'attraversamento di un'Interzona, di una terra di nessuno che sta fra realtà e incubo, tra due dimensioni diverse e contigue dell'assurdo. Mio compito in quanto artista - sostiene - è «andare a vedere cosa succede là dove nessuno s'avventura». Anch'egli, come Bill Lee, affronta quel viaggio con uno strumento materiale, meccanico: con una macchina da presa che immaginiamo gli appaia talvolta mostruosa come uno scarafaggio scrivente. C'è, in questo senso della materialità ambigua dello strumento di scrittura, ben poco di fantastico. Lo sa chiunque abbia provato a strappar fuori dalla minacciosa indifferenza di una tastiera idee e parole: «rapporti», nel linguaggio di Il Pasto Nudo. Sta, quell'ambiguità, nella sensazione strana d'essere posseduti e divorati: tanto più posseduti e divorati quanto più la creatività fluisce. Non lo scrittore scrive, ma qualcos'altro in lui e per lui, più forte di lui. Come dice Bill Lee? Il mio mestiere - dice - consiste nello scrivere «rapporti» sulla «triste realtà». Sarebbe questa la sola differenza tra uno scrittore e «chiunque altro». A parte naturalmente quella, ancor più decisiva, che consiste nel farsi consapevoli abitatori dell'Interzona, riuscendo a non essere distrutti dai fantasmi dell'assurdo. Anzi, incatenandoli e dominandoli fino alla loro metamorfosi in oggetti dotati di senso e identità espressiva - libri o film che siano -, talvolta grandi come Il Pasto Nudo.
Roberto Escobar, Il Sole 24 Ore



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David Cronenberg è un esploratore. Le sue terre vergini non sono un luogo geografico, ma le lande remote ai confini della coscienza. Lo affascina (e lo terrorizza) quella che in Il Pasto Nudo viene chiamata l'Interzona, dimensione sfuggente popolata di mostri, allucinata materializzazione dell'inconscio. È stato così in tutti i suoi film, da Videodrome a Scanners, da La Mosca a Inseparabili. Non ci propina orrori di cartapesta, non sfrutta effettacci brutali, ma dialoga a occhi ben aperti con il lato oscuro, nascosto, rimosso del nostro Io. E così è anche nelle parti migliori di Il Pasto Nudo, tratto dal romanzo di William Burroughs. Si chiama William (Bill) anche il protagonista del film (Peter Weller), uno scrittore schiavo dell'alcol e degli stupefacenti che, per campare, ha accettato un lavoro di sterminatore di scarafaggi. Soffia la sua mortale polvere gialla tra le intercapedini di muri e pavimenti, assistendo con voluttà alla morte degli schifosi animali. Ma, nel bel mezzo di una disinfestazione, la polvere finisce. Non ci vuole molto per capire il motivo: il veleno ha effetti allucinogeni e la moglie tossicodipendente (Tudy Davis) se ne è impossessata. Per William inizia di nuovo un terribile "viaggio al termine della notte": arrestato dalla "narcotici”, ritorna ad avere orribili visioni (un insetto colossale gli si para davanti nell'ufficio di polizia, una creatura aliena è al suo fianco in un bar). Sotto l'effetto delle droghe uccide involontariamente la moglie, e subito dopo fugge in Africa, a Tangeri. Qui incontra strani personaggi, compresa una coppia di scrittori americani. Soprattutto la donna, che gli ricorda in modo impressionante la moglie (è interpretata dalla stessa attrice), esercita su di lui un irresistibile richiamo. Tra incubi e deliri, il libro vede infine la luce. Il viaggio nell'Interzona, tuttavia, non è ancora finito.
Luigi Paini, Il Sole 24 Ore



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Cronenberg: "Tutto è metaforico nel mio film, persino il sesso. Anche perché, se faccio andare in giro sullo schermo Peter Weller con un'erezione, o Judy Davis con le tette di fuori, tutti guardano solo l'erezione e le tette: e questo non mi interessa".
da La Repubblica



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O David Cronenberg è un furbacchione manierista dell'orrore, o più probabilmente è un regista di genio con qualche serio problema e un malloppo di ossessioni che farebbero la gioia di uno psicoanalista. Confesso di avere con lui - e cioè con il suo cinema - un rapporto difficile, da quando, tredici anni fa, riuscì a cacciarmi, in avanzato stato di gravidanza, dalla saletta dove si proiettava per la critica Brood, una sua orrorosa fantasia in cui la povera Samantha Eggar portava in giro, sotto un pancione trasparente, alcuni spaventosi feti di nanetti assassini. L'antipatia è cresciuta quando il regista - ormai diventato autore di culto - ha inventato per Inseparabili dei terrificanti strumenti ginecologici e rituali medici degni di un incubo sadiano. Anzi, mi sono permessa di fondare un piccolo ma ben frequentato Club dei nemici degli Inseparabili, di cui fa parte, tanto per citare, anche l'illustre amico David Robinson. Le iscrizioni, purtroppo, si sono fermate al numero tredici. Morale: le eleganti fantasie malate di Cronenberg piacciono a troppi.
Irene Bignardi, La Repubblica
[Modificato da |Painter| 10/06/2010 19:24]
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