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RECENSIONI - Rassegna Stampa

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2011 10:31
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Sesso: Maschile
06/10/2007 21:38


RASSEGNA STAMPA

Dopo cinque anni in coma per un incidente, Johnny Smith, prof. di letteratura, scopre di avere poteri medianici che gli permettono di “vedere” il passato e il futuro delle persone con cui entra in contatto fisico. È un dono – o una maledizione? – che gli succhia a poco a poco la vita e dal quale cerca di fuggire, specialmente quando diventa celebre perché salva vite altrui o individua un assassino periodico. In modo diverso dal romanzo (1979) di Stephen King, da cui è liberamente tratto con la sceneggiatura di Jeffrey Boam, la “zona morta” è quel tanto di imprecisione che esiste nelle sue visioni del futuro (applicazione letteraria del principio di indeterminazione del fisico tedesco Werner Heisenberg, premio Nobel 1932) e che gli dà la possibilità di cambiarlo. Come il tragico epilogo conferma. Pur girato in esterni canadesi, è il 1° film hollywoodiano di D. Cronenberg (onore a Dino De Laurentiis che l'ha prodotto) e, tolto Shining, il migliore tra i tanti desunti dalla narrativa di S. King. È il più conciso, compatto e “classico” del geniale regista canadese a livello narrativo anche se meno originale di altri per la tematica. Memorabile interpretazione del 40enne C. Walken che rende con dolente intensità l'infelicità del protagonista. Forse l'unico film di Cronenberg che va in prima serata TV senza tagli.
Il Morandini 2007 (Zanichelli Editore)



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Allora: abbiamo qui un regista tra i migliori in circolazione, un soggetto (l’omonimo romanzo) che è un capolavoro, in assoluto il più intenso libro di Stephen King, un protagonista (Christopher Walken) in stato di grazia capace di un’immedesimazione quasi perfetta col Johnny Smith kinghiano, una fotografia ottima dai colori ora tenui ora violenti… Perché allora il risultato finale è meno che mediocre? Principalmente la ragione è una: il romanzo di King è lungo, denso di accadimenti e per questo impossibile da sintetizzare nella canonica ora e mezza della pellicola. Cronenberg perde il senso del tempo, soprattutto a causa dell’infelicissima sceneggiatura di Jeffrey Boam, il quale mescola senza senso alcuno le varie vicende tra di loro, confondendole e affastellandole come per ricostruire un mosaico distorto. Tutta la bellissima introduzione del libro viene stravolta e compressa in cinque minuti, la storia del killer di Castle Rock si risolve ridicolmente in quattro stupidi dialoghi, la conclusione è semplicizzata senza tener conto della definizione che King dava al termine “zona morta” e anzi stravolgendolo in modo da poter spiegare il titolo al pubblico con una frase invece che con lunghe analisi del problema. La figura di Stillson compare sempre forzatamente e pretestuosamente, quella di Sara è evanescente e frivola (la colpa è non è solo della pur inadatta Brooke Adams), la madre è un personaggio secondario quando invece nel libro era preponderante. Ma si potrebbe continuare all’infinito accorgendosi che il film non ha nemmeno una qualità in più del libro: inoltre vi è nei dialoghi uno strano imbarazzo sottolineato, nei momenti topici, dalla semi-assenza della pur buona colonna sonora di Michael Kamen. Tutto sembra esser stato fatto solo per rispetto del contratto, svogliatamente, sprecando così uno dei più belli e completi thriller d’ogni tempo. E il tutto a dispetto di un Christopher Walken che, in quanto a interpretazione del personaggio concepito da King, può essere superato solo dal Jack Nicholson di Shining e avvicinato dal Keith Gordon/Arnie di Christine. Un brutto colpo per Cronenberg, che tuttavia si rifarà dopo poco sfornando due “masterpiece” del calibro di La Mosca e Inseparabili. La stessa sensazione di “compressione delle scene” è comunque tipica di chi nei film cerca di far entrare tutto ciò che compare nel libro, finendo per dare un asettico riassunto, quasi un promemoria incompleto. No, The Dead Zone era romanzo troppo complesso e variegato per potercelo schiacciare in pochi metri di celluloide. Il consiglio, quindi, non può essere che uno: leggetevi il libro perché quello sì che vale la pena.
davinotti.com



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[…] Tragico e desolante come non mai, Cronenberg ci mostra la drammatica vicenda del protagonista […] che vorrebbe vivere la propria esistenza come tutti gli altri ma, per colpa di un destino avverso, è stato costretto a vestire i panni dell’eroe e a immolarsi per il bene dell’umanità. Il regista ci mette in guardia contro la cecità imperante che non ci permette di cogliere una realtà popolata da politici corrotti, da serial killer che imperversano indisturbati, da un potere mediatico insensibile alle umane sofferenze. Il titolo fa riferimento alla “zona morta”, a quella capacità che Johnny sviluppa nel tempo, che gli permette di poter vedere il futuro e di modificare il corso degli eventi. Il film da un punto di vista stilistico è un po’ ibrido e s’intuisce che Cronenberg, abbandonati i lidi cari al cinema horror, navigherà sempre più verso quelli cari al cinema d’autore.
Ignazio Senatore, Psyco-Cult, Centro Scientifico Editore, 2006



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Entrato in coma a seguito di uno spaventoso incidente stradale, il professor Smith (Christopher Walken) riprende coscienza dopo 5 lunghi anni. Il risveglio, nonostante le attenzioni del dottor Weizak (Herbert Lom), suo terapista, è per Smith un'esperienza traumatizzante: non soltanto egli apprende che Sarah, la sua fidanzata, si è nel frattempo sposata ed è diventata madre, ma avverte di aver acquisito una straordinaria facoltà intuitiva che gli permette di predire il futuro delle persone alle quali sfiora fugacemente la mano. Il "dono", che gli si rivela per improvvise visioni e si accompagna a stati di profonda prostrazione fisica, gli consente di salvare la figlia di un'infermiera da un incendio, un suo allievo dall'annegamento e di guidare la polizia nella cattura di un serial killer, ma gli predice anche che il leader politico Greg Stillson (Martin Sheen), attualmente impegnato nella campagna elettorale, sarà un giorno presidente degli Stati Uniti e condurrà il paese nel baratro di un conflitto nucleare contro la Russia. Posto di fronte ad una tragica scelta, Smith decide di adoperarsi per risparmiare all'umanità un futuro apocalittico e, armatosi di un fucile, si prepara ad uccidere Stillson durante la celebrazione di un comizio...
Come tutti i film di Cronenberg, anche questo è un'escursione nella dimensione dei poteri sconosciuti del corpo e della psiche, ma a differenza di altre occasioni, in questo caso, lo scontro dialettico con una realtà oggettiva che - dietro l'ordine rassicurante dei ruoli sociali dei personaggi - rimanda ad altro da sé, non si concretizza in allucinanti descrizioni di metamorfosi bio-metafisiche, rimanendo costantemente su un piano più astratto e suggerito. La "seconda vista" che perseguita Smith come un dono maledetto, è la porta di ingresso ad una "zona morta" nella quale è forse possibile rimodellare il corso degli eventi: sollecitata dal contatto fisico, che da casuale diventa via via sperimentato e voluto, agisce come una droga che produce assuefazione; i suoi effetti, desiderati e insieme temuti, danno al protagonista una vitalità creativa di sapore quasi divino che apre prospettive di onnipotenza ma indebolisce il fisico, stordisce la mente e carica l'anima di nuove, dolorose ansie. Allontanandosi in parte dallo spunto del romanzo di Stephen King (che pure ha considerato il film come tra le migliori trasposizioni cinematografiche delle sue opere) Cronenberg, significativamente, colloca il dramma esistenziale del protagonista tra le soglie della vita e della morte (l'incidente e il coma) costruendo un thriller parapsicologico e fantapolitico sull'irrisolvibile dicotomia tra finitezza della condizione umana e spinta ad una libertà trascendente. Ottima prova di interpreti e di un regista che, pur alle prese con un prodotto destinato alla grande distribuzione, non rinuncia alle sue ossessive tematiche e al suo abituale rigore stilistico.
fantafilm.net, a cura di Bruno Lattanzi e Fabio De Angelis



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La zona morta è quella parte più recondita e complessa del nostro cervello, una sorta di buco nero attraverso il quale è possibile scrutare altri tempi e luoghi, facoltà solitamente inutilizzata, ma capace di riattivarsi misteriosamente. È quello che accade a Johnny Smith (Christopher Walken), insegnante di letteratura che si risveglia improvvisamente dopo cinque anni di coma e scopre che il tocco di una mano altrui gli scatena visioni di eventi futuri o passati. La vita di Johnny è distrutta, il suo fisico minato per sempre dall'incidente e Sarah, la sua ragazza, si è sposata con un altro uomo; in compenso le incredibili facoltà acquisite attirano l'attenzione dei media e Johnny cerca di mettersi a disposizione di chi ne ha più bisogno, salvando vite e aiutando la polizia a scoprire l'identità di un pericoloso serial killer. Sarà l'incontro con Greg Stillson (Martin Sheen), candidato politico piuttosto naif che, dietro il volto umano di amico del popolo, cela pericolose tendenze destrorse, a spingere Johnny all'estremo sacrificio evitando che Stillson divenga presidente degli Stati Uniti e scateni un terribile conflitto nucleare.
La Zona Morta è uno dei più riusciti romanzi di Stephen King, autore plurisaccheggiato da cinema e televisione. Curiosamente David Cronenberg, regista di culto nonché creatore di un cinema autoriale e personalissimo, decide di accettare la regia di questo adattamento letterario, rinunciando così in parte alla propria unicità stilistica. La pellicola che ne consegue è un lavoro asciutto e calibrato, sorretto da una regia elegante e puntuale tesa a ricostruire la vicenda narrata nel romanzo originale senza distaccarsene eccessivamente se non dove necessario. All'interno del film spicca l'ottima performance di Christopher Walken, il cui volto stralunato è ben lontano da quello dell'uomo medio, ma che, dal momento del risveglio dal coma in poi, riesce a dar forza e credibilità ad un personaggio difficile e sfaccettato che regge quasi interamente sulle proprie spalle il peso della pellicola. Cronenberg rinuncia, in questo caso, a molti degli elementi tipici del suo cinema, in particolare vengono a mancare del tutto la dimensione gore e l'insistente rappresentazione del carne, della sangue, delle mutazioni a vista del corpo dovute alla costante condizione di metamorfosi tipica di tutti i suoi personaggi. La metamorfosi di Johnny, invece, è vissuta in modo quasi completamente interiore e il regista sceglie la via del pudore, limitando le concessioni al macabro anche nei momenti più invitanti, come la messa in scena dell'incidente d'auto o il suicidio del serial killer. L'agire per sottrazione, in questo caso, acuisce ancora di più la raggelante atmosfera orrorifica che si intensifica negli squarci provocati dalle visioni di Johnny così come la rinuncia agli effetti speciali permette di concentrarsi esclusivamente sul dramma interiore del personaggio.
Difficile identificare le cause di questa svolta cinematografica: l'origine letteraria del soggetto o l'esordio hollywoodiano che per la prima volta mette a disposizione del regista grandi nomi e abbondanti finanziamenti, ma il risultato è un film penetrante e ipnotico, meno personale e immediatamente riconoscibile, ma sicuramente affascinante da riscoprire.
Valentina D'Amico, castlerock.it



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La trama
USA. John Smith, professore di letteratura alle scuole inferiori, di ritorno da un appuntamento con la sua fidanzata Sara, rimane vittima di un incidente. Ricoverato presso la clinica del dottor Sam Weizak torna in sé dopo cinque anni di coma e scopre che Sara si è sposata con un altro uomo. Un pomeriggio, afferrando il polso di un’infermiera, John è colto da una visione della figlia di quella minacciata dalle fiamme. La premonizione aiuta a salvare la vita della bambina. Durante un colloquio con Sam, stringendogli la mano, John ha una seconda premonizione che lo porta ad assicurare al medico che sua madre è scampata alla guerra ed è ancora viva. L’uomo verifica la visione e quando sente la voce della madre chiude la telefonata. Un giorno va anche Sara a fargli visita e lo mette al corrente che tutti i giornali, dopo che si è sparsa la voce, parlano della sua seconda visione. John allora decide di tenere una conferenza durante la quale svela il passato di un giornalista. La madre, che assiste alla scena in diretta televisiva, ne muore d’infarto. Durante le feste di Natale, lo sceriffo di Castle Rock si rivolge a John per essere aiutato nelle indagini su un pericoloso maniaco che uccide le donne del paese. John si rifiuta e nemmeno il padre, dal quale è andato a vivere, riesce a smuoverlo. Alcuni giorni dopo Sara torna a trovarlo e passa una giornata d’amore in sua compagnia. John, dopo essersi riconciliato con il passato, decide allora di aiutare lo sceriffo a catturare il pericoloso assassino e toccando il corpo di una giovane vittima individua subito il colpevole. Monta in John la forma del dubbio circa il suo particolare dono, se lasciare che il destino si compia o intervenire per cambiarlo. L’occasione per trarne una conclusione si presenta quando un suo giovane allievo, che in una visione John ha visto affogare in un lago durante una partita di hockey, ascoltato il consiglio del suo professore, decide di non parteciparvi e si salva, mentre altri due suoi amici muoiono. L’episodio convince John per la seconda delle due ipotesi. Conosce il candidato al Senato Greg Stillson il quale ha tutta l’apparenza di potersi mostrare come un cattivo governante. John si convince che deve incontrarlo e ad un comizio riesce a stringergli la mano e a prevedere il futuro, nel quale scorge Greg Stillson nei panni del Presidente degli Stati Uniti deciso a scatenare una guerra mondiale. Fucile in braccio cercherà di ucciderlo durante una conferenza, invano. L’episodio riuscirà comunque a cambiare le sorti del paese: per difendersi dall’attentato, il candidato aveva cercato riparo dietro il corpo di un neonato.

Prima pellicola made in Usa per Cronenberg (prodotta da De Laurentis e Debra Hill), con evidenti miglioramenti tecnici per il suo cinema. Tratto dall’originale testo di Stephen King, The Dead Zone è un film che ancora di più si distacca dal filone horror che aveva dato fama al regista canadese, mostrandosi come una delle pellicole dal linguaggio più diretto e con immagini più accessibili. Sebbene egli cerchi di affrontare la trama concentrandosi sulla realtà distrutta del protagonista (dice, infatti, il medico a John “Tu sei in possesso di una nuovissima capacità umana, o forse antichissima” eliminando così l’idea di tempo che imprigiona il personaggio e ponendolo in asse trasversale con il tempo) è sulla struttura che in realtà si concentra la sua rappresentazione (le prime immagini, sulle quali il titolo si compie grazie all’oscuro che sopraggiunge, sono di luoghi, spazi definiti, così come la primissima immagine, che introduce la scuola nella quale lavora John), spostando lo sguardo da John sui destini degli altri protagonisti (singoli o collettivi). Se è vero che Cronenberg rinuncia a quella serie di violenze della carne che è stata la caratteristica del suo cinema mutante, non mancano i riferimenti al lavoro passato: ancora una volta la trama parte da un contesto clinico (è lì che c’è la prima manifestazione dei poteri di John) e fatalistico (ancora una volta è l’incidente che cambia il senso del percorso). La Zona Morta è uno dei primi tasselli verso la strada di Crash (1996), quello spazio oscuro nel percorso di una vita che permette di cambiare il destino delle cose. Si avverte, sulla definizione del personaggio interpretato da Walken, quel particolare senso mitico del paranormale, caro all’autore del romanzo. Per entrambi gli autori, il sonno è un viaggio senza tempo (così come le immagini): per John cinque anni sono lunghi come una notte ed il presente può essere anche il passato, o il futuro. King però sembra riuscire a costruire meglio i legami umani tra i personaggi e soprattutto Cronenberg rinuncia (forse proprio perché è la prima pellicola Americana) a costruire l’ascesa di Stillson che nelle pagine del romanzo è fatta di cani presi a calci, omicidi, guardie del corpo poco raccomandabili. Nella pellicola manca anche il riferimento alla ruota della fortuna: è la vincita di John e Sara al luna park che gli si rivolta contro, il lato oscura di una medaglia. Impressionante tutta la sequenza delle fiamme, disturbante il lungo carrello che introduce alla clinica, interessanti molti carrelli corti e i movimenti della macchina da presa così come il commento musicale, un elemento della tensione che non manca quasi mai nella pellicola così come la fobia del contatto, dopo la prima stretta di mano rivelatrice, che coglie lo spettatore in ogni avvicinamento fisico tra i personaggi, il sospetto che s’insinua nell’abbraccio tra due innamorati. Geniale. Quando Sara fa ritorno a casa dopo la prima visita a John, si vedono i riflessi dei fari del set sulla portiera dell’automobile. Nel 2003 è stato trasmesso un serial televisivo in Italia (produzione statunitense) ispirato allo stesso romanzo.
Mario Bucci, cinemah.com



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Dopo aver "prestato” Carrie - lo sguardo di Satana a De Palma nel 1976 e Shining a Kubrick nell '80, Stephen King "affida" La Zona Morta ad un altro maestro del cinema d'autore: David Cronenberg. Insegnante in una piccola cittadina, John Smith (Christopher Walken) subirà un incidente automobilistico ed un coma di cinque lunghi anni. Al suo risveglio molto è cambiato, Sarah (Brooke Adams), la sua fidanzata, s'è sposata ed ha un bambino, ma soprattutto John si ritrova con un "potere" mentale miracoloso-calamitoso. Può leggere nel futuro della gente solo al tatto. Cronenberg rimane tutto sommato ancorato ai capitoli del libro di King, ne rispetta successione e sequenze. Il film così, appare partito in episodi e, forse, un pò sbrigativo proprio nel tentativo di intrappolare tutte le sfaccettature del testo in un centinaio di minuti di pellicola e in più conserva un'inedita sobrietà estetica; inedita considerando i precedenti roboanti del regista canadese come Scanners e Videodrome. Cos'è la zona morta? È quella porzione di cervello in cui si ha la possibilità di mutare l'esito delle proprie previsioni, e difatti John riuscirà ad interrompere il progetto assassino di un serial killer e quello folle di un politico spudorato.
Il film si presenta dunque come antesignano del Minority Report spielbergiano, per lo meno per quanto riguarda il rapporto tra uomo ed il proprio libero arbitrio. Che faresti se conoscessi il nuovo Hitler sapendo cosa farà in futuro?
a cura di Riccardo Marra, ilcibicida.com



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Johnny Smith è un giovane professore di letteratura, anonimo e mite quanto il suo nome. Una sera, dopo una gita in campagna insieme alla fidanzata Sarah, Johnny resta coinvolto in un incidente automobilistico. Entra in coma e vi resta per cinque lunghi anni. Quando si risveglia il passato che ricordava non esiste più: Sarah si è sposata con un altro ed ha un bambino. Johnny intanto si rende conto che il suo lungo dormire ha provocato in lui una trasformazione. Johnny si accorge di avere il potere di vedere eventi futuri e passati, attraverso il contatto con persone ed oggetti. Inizialmente incredulo, Johnny riesce, grazie al suo dono, a salvare la vita alla figlia di una infermiera e rivela a questa che sua madre, creduta defunta, è in realtà ancora viva. La fama per Johnny arriva rapida e rapace: immediatamente posto sotto i riflettori di mezzo mondo, John è trattato come un fenomeno da baraccone, deriso e schernito anche in televisione. Sua madre, vedendo in uno show televisivo e maltrattato dai giornalisti, ne muore dal dolore. Depresso e frustrato, John si rifugia in una piccola cittadina di provincia. Ma qui lo sceriffo locale lo coinvolge nelle indagini su un maniaco omicida. Johnny ne esce vivo per miracolo. Continuando la sua fuga dal mondo, Johnny si imbatte nel figlio di un politico locale, a sua volta amico intimo del candidato alla presidenza alla Casa Bianca. Grazie ad un visione, John apprende che il candidato una volta eletto avrebbe innescato un nuovo conflitto nucleare su scala mondiale, e decide di ucciderlo. Stillson, il candidato, tuttavia si accorge dell’attentatore e vigliaccamente si fa scudo col bambino di Sarah, il quale rimane ucciso insieme a Johnny. Ma il sacrificio dell’uomo non è stato vano: una visione mostra Stillson che si suicida, distrutto dai sensi di colpa.

Le "zone morte"
Per chi ha letto il romanzo di Stephen King - scrittore di dubbio valore (e moralità!) ma autore di interessanti soggetti cinematografici, basti pensare a Shining o allo stesso La Zona Morta - è facile comprendere che per zona morta, lo scrittore intendeva quella imprecisione, quelle informazioni che, nelle visioni di John, mancavano o, quantomeno, erano latenti. Se così non fosse stato John sarebbe stato del tutto simile a un dio, con la piena coscienza dei suoi poteri, nonchè il pieno controllo di essi. Invece c’era sempre qualcosa di oscuro, di impreciso, nelle visioni dell’uomo, un nome di una strada non visualizzato, il momento dell’evento futuro spesso approssimato, insomma un particolare che rendeva la visione imperfetta e quindi meno funzionale.
Nella trasposizione cronenberghiana la zona morta è più la condizione di John Smith. Non soltanto per la situazione difficile in cui egli si trova nella società - che si potrebbe ricondurre, semplicisticamente, ad una forma da complesso di Cassandra - , ma soprattutto per la sua situazione temporale. Per spiegarsi meglio si dovrebbe essere fisici quantistici. Ma si potrebbe ragionare in questa maniera: John stringe la mano a Stillson, futuro presidente, e in un attimo vede il futuro. Sì, ma quale futuro? E’ il futuro che prevede l’elezione di Stillson, che prevede lo scoppio di una terza guerra mondiale. E’ il futuro che non concepisce l’esistenza del Johnny-profeta, che di fatto andrà a modificarlo. Quindi, si tratta solo di uno dei possibili futuri. L’argomento è abbondantemente esemplificabile con Minority Report o Ritorno al futuro, tra i tanti, e che ha fatto la fortuna di Donnie Darko.

Il cervello e la cinepresa
Ci sono interessanti risvolti metafisici - metacinematografici. Il volo cerebrale di John, la cavalcata delle sue visioni verso il futuro, non è altro che un fenomeno di flash-back e flash-forward. Se in Videodrome James Woods viveva un rapporto carnale con il televisore, e l’attenzione era rivolta in primis verso l’hardware - il marchingegno catodico - in La Zona Morta Cronenberg presta più attenzione ai meccanismi video, ai vari canali, allo scorrimento veloce, al significato dei single frames ovvero le visioni di John, decodificate dal suo cervello e interpretate in un secondo luogo.
Johnny Smith rappresenta un crocevia, incrocio tra futuri possibili, futuri probabili e futuri inverosimili, tutti in un precario equilibrio, sottilissimi fili a reggere un’intera struttura che sembra essere incosciente - o incurante - della propria precarietà. John rappresenta una pericolosa variabile, una particella impazzita. Forse la sua fine non poteva che essere inevitabile. Ma la sua non è la caricatura di un perdente e non soltanto per il mezzo lieto fine (la morte del futuro distruttore della Terra e di conseguenza la salvezza di questa). John decide di rischiare la propria vita per difendere un mondo che lo ha schernito e costretto all’isolamento per la sua diversità. Agli occhi del pubblico sarebbe risultato un eroe anche solo per averci provati. Anzi, sarebbe diventato un martire.
Il sesto film di David Cronenberg sembra essere il meno personale. Forse perchè troppo influenzato dallo script originario di King, forse perchè tenuto sotto pressione dalla produzione, forse perchè ostacolato dal budget più consistente mai avuto, il regista canadese è meno incisivo del solito. Tuttavia l’interpretazione di Christopher Walken è impeccabile, regge benissimo i panni di un personaggio carico di afflizione. Inoltre il film è incredibilmente ipnotico. Il lavoro di fotografia è ai massimi livelli del primo periodo del regista - ma Suschitzky, che arriverà poco più in là, rimane sempre uno dei migliori direttori della fotografia, è lassù insieme a Nykvist. Un film che, dunque, non reputo tra i migliori del regista ma in ogni caso un dramma intenso ed una feroce satira contro il potere mediatico.
Paolo Castronovo, lankelot.eu



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Un discreto adattamento del romanzo di Stephen King, portato sullo schermo da Cronenberg (alla sua prima produzione americana - ricordo che lui è canadese), che strizza l'occhio al mainstream e non mette in scena i suoi soliti, ma pregevoli, eccessi del cinema della carne. La Zona Morta infatti, a parte "la scena delle forbici", rientra con grande difficoltà nel genere horror, e se alcuni vogliono questo film in tale genere è solo perché la pellicola è stata tratta da un romanzo di King. In verità The Dead Zone è più un thriller con risvolto drammatico e nel messaggio insito nell'opera ricorda da vicino Unbreakable (2000) di Shyamalan. Johnny (Walken) è infatti una specie di supereroe suo malgrado, triste e solo essere superumano che non riesce a convivere "gioiosamente" con i suoi poteri. Nel finale e in quella che è l'idea, cioè "da grandi poteri derivano grandi responsabilità" riusciamo a tracciare un trait d'union con l'attuale Spider-man. Ed anche in questo caso John vive male il suo ruolo tanto da chiedere consiglio all'amico dottore prima di prendere decisioni drastiche. Il film di sicuro deluderà tutti coloro che hanno conosciuto Cronenberg attraverso film come La Mosca oppure tramite le sue opere meno recenti come Rabid (1976) o Brood (1979), ed in effetti non mantiene quella tensione-paura che sembra promettere data l'accoppiata regista/King. Anche a livello narrativo il film spiazza con la sua netta divisione fra la vita di John dopo il coma ed i fatti che si innescano in seguito con il politico Stillson (Sheen). Si passa così, abbastanza bruscamente da un "circa" horror ad un thriller fanta-politico. Eppure il film vale una o più visioni dal momento che l'interpretazione di Walken è pregevole (più qui che altrove), il cast è ottimo, la fotografia e la regia non deludono, così i dialoghi. Mi sono chiesto se valesse la pena di inserire la recensione del film in questo sito, dal momento che non è né weird né particolarmente horror, ma, dovendo in futuro inserire tutti gli altri film di Cronenberg, ho pensato che sarebbe stato un torto lasciare fuori tale pellicola, un po' dimenticata ma validissima. Ripeto: non aspettatevi il solito Cronenberg, La Zona Morta non è un film di carne e sangue, ma il ritratto dell'inquietudine, della solitudine e dal sacrificio che derivano dal possedere capacità superiori.
exxagon.it
[Modificato da |Painter| 23/04/2011 10:31]
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