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RECENSIONI - Rassegna Stampa / 1

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2010 20:49
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Sesso: Maschile
06/10/2007 14:28


RASSEGNA STAMPA PARTE 1


Per la società Antenna Research, Allegra Geller ha ideato il gioco di realtà viruale eXistenZ, che prevede l'uso di un dispositivo semiorganico (gamepod) collegato a un cordone pseudombelicale inserito nel corpo dei giocatori mediante un foro nella spina dorsale. Ted Pikul, dipendente dell'Antenna Research, la salva da un attentato durante una dimostrazione pubblica. Entrati nel gioco, i due attraversano un labirinto di esperienze fittizie al termine delle quali si scopre che tutto era un altro gioco virtuale (transCendenZ), ideato da una casa rivale. I due vi erano penetrati per sabotarlo. È forse il film più teorico di Cronenberg, il 1° dopo 15 anni su soggetto tutto suo, anche se collegato all'universo di P.K. Dick. Chiari gli assunti: la realtà artificiale non ha più bisogno di macchine per entrare in funzione; le macchine si sono fatte carne, l'unica regola del gioco è l'inafferrabilità di regole che provengono da un altrove ignoto anche ai suoi inventori. Film povero ideato per sottrazione, senza effetti né attrezzi tecnologici (aboliti computer, monitor, televisori e anche specchi), è “nella sua asciuttezza un bell'esempio di cinema fantastico raccontato alla maniera classica” (Bruno Fornara), un videoludico resoconto su una cultura malata, non cupo né angosciante, persino divertente qua e là, percorso da un umorismo surreale nella sua miscela di gore, splatter e Kitsch, ma radicale nel suo pessimismo: ci siamo tanto abituati all'assurdità del gioco da volerlo proseguire a qualsiasi costo.
Il Morandini 2007 (Zanichelli)



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Ecco l’esempio di quanto un film, anche di fantascienza, pur non essendo affatto originale, possa lasciare comunque pienamente soddisfatti. La principale chiave di lettura sta nel titolo: si scrive eXistenZ ma si legge “esistence”, esistenza. La fantascienza è ancora una volta scelta per coprire un discorso metafisico (esattamente come fu per il Contact di Zemeckis) sull’ingannevolezza del reale. Cronenberg quindi, che già sul tema ha costruito gran film come Inseparabili, M. Butterfly, Il Pasto Nudo, si riallaccia al suo capolavoro Videodrome girandone quasi un remake (anche a livello di effetti speciali), sostituendo il mondo della televisione con quello, in tremenda espansione, dei videogiochi. Nel frattempo ci sono stati Atto di forza, Nirvana, Strange Days ed altri, ma non fa nulla se ci si chiama Cronenberg. Ed infatti il suo cinema è distante anni luce dalla massificazione e la spettacolarizzazione dei prodotti simili. La scelta della location, delle luci, dei personaggi, della fotografia cupa, degli effetti speciali strabilianti nel concetto più che nella forma, sono il trademark di un autore con la A maiuscola, incapace di concedersi alla faciloneria imperante oggi a Hollywood. E pensiamo al finale, per una volta aperto, sì, ma giusitificatamente; perché Cronenberg, per coerenza, non poteva dare una riposta certa all’ultima domanda. Più che cinema è filosofia in celluloide, ricoperta da un impianto fantascientifico di prima qualità. Cos’è eXistenZ? È un nuovo videogioco iperinterattivo, nel quale il protagonista entra perdendo a più riprese il senso della realtà, confondendosi tra i personaggi fittizi non si sa fino a che punto. Un tema affascinante, che pur se ampiamente battuto dall’ultima generazione di cineasti, crea sempre interesse, specie se a condurlo è un grande artista come Cronenberg.
davinotti.com



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Un fanatico del "Gruppo Realista" interrompe drammaticamente la dimostrazione pubblica che Allegra Geller sta dando del suo ultimo gioco virtuale "eXistenZ" nei locali di una chiesa, sparandole contro con una pistola dalla stranissima foggia. Ted Pikul, addetto alle pubbliche relazioni della manifestazione, la sottrae alla confusione che si è scatenata e seguendo le indicazioni della ragazza cerca un luogo dove non possano essere rintracciati da eventuali nemici. Nel rifugio di un anonimo motel, Allegra convince Ted ad iniziare con lei una partita del gioco per verificare se il prezioso "pod" sia stato o meno danneggiato nel corso della sparatoria. Ted, con una certa riluttanza, accetta di farsi innescare illegalmente una "bioporta" dall'equivoco gestore di una stazione di servizio e collegandosi al "pod" parte con Allegra per un'avventura virtuale in un mondo dove i personaggi agiscono se sollecitati in maniera adeguata dai giocatori. Spostandosi tra uno chalet nel quale si riparano "sottobanco" i "pod", uno stabilimento ittico dove si squarciano trote e rane per rifornire di materia organica i costruttori dei "pod" e un ristorante cinese il cui piatto speciale dovutamente manipolato ricostruisce la pistola dell'attentatore, i due giovani combattono una difficile battaglia contro coloro che vogliono sabotare la libertà che i giochi virtuali regalano. Al termine dell'ultimo scontro a fuoco, Allegra, Pikul e tutti gli altri personaggi che hanno partecipato e sono morti nel gioco, si ritrovano nella sala della chiesa per commentare con soddisfazione le emozioni provate e per candidarsi al nuovissimo gioco "traScendenZ". Ma qualcuno sospetta che Allegra e Pikul siano dei "terroristi" intenzionati a sabotare il prossimo appuntamento: una volta affrontati, i due ragazzi impugnano le pistole e cominciano a sparare al grido di "morte a traScendenZ".
Cronenberg ci parla di un futuro a nostra misura. Ci vende il Gioco che riplasma la realtà oggettiva, azzerando i confini tra certezza e allucinazione, liberando dalle gabbie della ragione la vitalità dei sensi. Per giocare, basta avere una bioporta. Certo, esistono norme che disciplinano il commercio delle bioporte, ma è facile aggirarle: un garagista con una certa esperienza ce la può innescare senza troppi rischi sparandocela (con un marchingegno, per la verità, un po' minaccioso) nel fondoschiena per un modico compenso. Se poi stiamo attenti ad inserire bene nella bioporta lo "spinotto" del pod - una specie di cordone ombelicale collegato ad una specie di feto - ed accarezziamo con voluttuosa delicatezza il pod stesso, possiamo esser sicuri di rinascere da protagonisti in un mondo virtuale. Un mondo dove piccole creature mutanti (incrocio di lucertole e ranocchi) bisognose di coccole sono "il segno dei tempi", ma nel quale tutti sono pronti a farci la pelle. Se giochiamo bene, noi saremo i vincitori della battaglia per l'esistenza. Per un'esistenza priva di logica, insensata, violenta, sensuale e folle, che continua quella altrettanto insensata, ma anonima, di tutti i giorni. Il film parla di una possibile, irreversibile crisi dei concetti di identità fisica e di strumentalità della macchina indotto da un galoppante sviluppo tecnologico. L'uomo diventa - per necessità dei tempi - un terminale; e la macchina, rinnovandosi in una struttura organica e vivente, arriva per gestire l'esistenza (...e la trascendenza) della persona. Cronenberg - in perfetta coerenza con la sua filosofia - parla di una vita che è in tutte le sue manifestazioni, interamente carne: visceri e cuori pulsanti, tessuto organico, nervi che dialetticamente si cambiano in altro, e interagiscono in una delirante corsa ciclica dominata dalla casualità materiale. Il registro che Cronenberg sceglie per il suo racconto è insolitamente ironico e la prospettiva è - nella dichiarata impossibilità di evadere dal gioco della vita - riappacificante, ma il contenuto è ancora quello di un incubo, come lo squallido paesaggio nel quale si svolge l'avventura, completamente estraneo alle ricche immagini che la fantasia è portata ad associare ai giochi virtuali. Sembra che l'ispirazione per il film sia venuta a Croneberg nel 1995, dopo un'intervista a Salman Rushdie, artista perseguitato per le sue creazioni. Lo sceneggiatore, attore, regista Don McKellar (nel ruolo di Ted Pikul) ha firmato e interpretato anche Last Night. Il film è stato premiato con l'Orso d'argento al festival di Berlino 1999.
fantafilm.net, a cura di Bruno Lattanzi e Fabio De Angelis



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Un film estremo ha inaugurato il Torino Film Festival. Un film del Tremila, di oscurità e di malessere, in cui il grande David Cronenberg continua la sua riflessione sulla realtà individualizzata, sull'uomo e la tecnologia già in simbiosi (con telefoni, microfoni, videocamere, occhiali intesi come protesi e prolungamenti della carne, del corpo). Un film che già dal titolo si vuole irregolare: in eXistenZ l'iniziale minuscola, le maiuscole interna e finale ostentano un sovvertimento, magari modesto. Un film affascinante e insieme deludente, che può non piacerti ma al quale non puoi smettere di pensare: imperfetto, pericoloso, confuso. L'inizio somiglia a Nirvana di Salvatores. La protagonista Jennifer Jason Leigh è Allegra Geller, la più geniale e famosa tra gli inventori di giochi elettronici, una star ammirata come Einstein e venerata come un idolo. Agli industriali della Antenna Research, suoi datori di lavoro, presenta l'ultima creazione, appunto eXistenZ, un gioco che va oltre ogni confine tra la realtà e l'immaginazione. Il modulo del gioco è di tipo organico, sembra un animaletto vivente di rosea pelle umana in forma di doppio capezzolo: unito al giocatore sia da una specie di cordone ombelicale, sia da una spina inserita nella colonna vertebrale e collegata al sistema nervoso, fa sì che il gioco sia perennemente mutevole a seconda dello stato d'animo del giocatore. Contro l'ideatrice e il suo gioco si schierano dei fanatici “realisti anti-eXistenZialisti” che la condannano a morte, disposti a pagare cinque milioni di dollari per la sua testa (viene pronunciata la parola fatwa, si pensa al caso di Salman Rushdie, colpito per quanto ha scritto dalla condanna a morte di integralisti musulmani). Comincia la fuga per la salvezza dell'inventrice, protetta da un ragazzo guardia del corpo. Nell'affanno della fuga si vedono le cose immaginate dalla fantasia perversa di Cronenberg, che ha pure scritto il film: un'arma ossea a forma di mandibola, che spara ad alta velocità devastanti denti umani; un mattatoio di rettili e d'altre creature vischiose-schifose, grande come una fabbrica; stanze d'albergo abitate dalla tristezza più accorata e profonda, chalet abbandonati; un universo cibernetico in cui nulla corrisponde alle apparenze, il gioco è la realtà e la realtà è il gioco che si sviluppa ai diversi livelli d'un sistema incomprensibile; un mondo strano in cui non si sa mai dove ci si trovi, se dentro il gioco o fuori del gioco. Irritante? Anche. Interessante? Moltissimo. L'esplorazione della realtà intrapresa dal canadese David Cronenberg, che ha adesso cinquantasei anni, sin dal suo primo lungometraggio Stereo (1968), attraverso Videodrome (1983), Inseparabili (1988), Crash (1997), prosegue raggiungendo il suo scopo: mettere a disagio gli spettatori, cancellare i confini tra bene e male, proclamare la necessità di vivere senza illusioni, reinventare un proprio cinema. Uno dei personaggi di eXistenZ dice che “le aspettative della gente sono limitate, ma le possibilità sono illimitate”: e il regista è convinto che il cinema sia ancora agli inizi, all'alba della sua esistenza. C’è in eXistenZ un che di lambiccato, un sovraccarico di filosofie anche un po' troppo semplici e sensazionaliste a proposito del sogno buio del futuro, ma gli interpreti sono eccellenti (anche Jude Law, Ian Holm, Willem Dafoe) e il film è irresistibile, all'opposto dei film hollywoodiani che Cronenberg giudica con ironia da rivale: “Hollywood realizza film violenti che non danno fastidio a nessuno. I personaggi s'ammazzano l'un l'altro in situazioni atroci, e tutto è piacevole, divertente. Mel Gibson o Bruce Willis rimangono eroi positivi. Strano, no?”.
Lietta Tornabuoni, La Stampa



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eXistenZ, bellissimo e notturno il film del regista canadese premiato a Berlino.
In eXistenZ, universo buio, sogno futuro d'ambiguità, mescolanza di horror, dramma e azione diretto dal regista contemporaneo più trasgressivo e grande, David Cronenberg, la protagonista è una geniale ideatrice di giochi (come era Christopher Lambert in Nirvana di Salvatores) che ha inventato uno strepitoso gioco di realtà virtuale, che è stata condannata a morte da fanatici «realisti» disposti a pagare cinque milioni di dollari per la sua testa (viene pronunciata la parola fatwa), che sfugge ai killer protetta da una giovane guardia del corpo, oscillando tra realtà della realtà e realtà del gioco. Lo strumento del gioco sembra un animaletto di pelle umana, roseo, in forma di doppio capezzolo, collegato al giocatore sia da una specie di cordone ombelicale sia da una spina inserita nella colonna vertebrale e collegata al sistema nervoso, così che il gioco è perennemente mutevole a seconda dello stato d'animo del giocatore. Il gioco si chiama appunto eXistenZ: l'iniziale minuscola e la maiuscola nel corpo della parola umana più importante vogliono indicare subito un disordine, un capovolgimento, una rottura delle regole. Ci sono nel film cose tipicamente appartenenti all'immaginazione di Cronenberg, che è pure soggettista e sceneggiatore: l'incertezza costante sul dove ci si trovi, se dentro o fuori del gioco; mattatoi di rettili e d'altre immense creature vischiose, schifose; un'arma ossea a forma di mandibola che spara a gran velocità denti umani devastanti; il fantasma filosofico dell'esistenzialismo; il ricordo di Salman Rushdie, uno scrittore colpito per quanto ha scritto dalla condanna a morte di integralisti musulmani. C'è un grande talento e la personalità del cineasta canadese cinquantacinquenne, il più intelligente, il più notturno e capace di sfide, anche di quelle estreme, nauseanti o profondamente allarmanti: La Mosca, Inseparabili, Il Pasto Nudo, Crash sono i film terribili della sua celebrità nel mondo, della sua bravura nello sperimentare, ricercare, tentare l'esplorazione di modi di narrare diversi. Strano e unico, premiato al FilmFest di Berlino 1999, eXistenZ è recitato benissimo da Jennifer Jason Leigh, immerso in atmosfere desolate, e affida la propria originalità anche al gusto di sottrarre, di togliere: nella storia fantafutura non appaiono mai computer, nè televisori, né orologi, né telefoni.
Lietta Tornabuoni, La Stampa



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Camicia nera. Giacca nera. Niente cravatta, occhiali. Faccia affilata, mento a punta. Capelli un poco bianchi e un poco castani, composti in belle onde ordinate. David Cronenberg, canadese, ha cinquantacinque anni ed è il regista più ambiguo, più intelligente, più notturno e più capace di sfide, anche di quelle estreme, sgradevoli o nauseabonde o profondamente allarmanti che non servano a fare soldi: La Mosca, Inseparabili, Il Pasto Nudo, Crash sono i film terribili della sua celebrità nel mondo. Crocefisso, accerchiato, aggredito da chi non ha capito la sua nuova opera eXistenZ, parla volentieri di spavento e di giochi, di mutazioni e del corpo umano. Cos'è per lei la paura? E la razionalità? "La razionalità sta nell'atto che compio quando scrivo, un film o altro: è quello il momento del pensiero lucido. Della paura fisica oppure esistenziale non ho un'idea particolarmente esotica, la mia paura è simile ai timori di tutti, corrisponde alla definizione del dizionario: la peggiore, si capisce, è la paura fisica". Quando sogna, quali sono i suoi incubi? "A volte situazioni terrificanti, altre volte condizioni quotidiane: ma non si ritroverebbero mai nel mio lavoro. I film sono sogni a parte: se li nutrissi con i miei veri incubi, diventerebbero comici". In eXistenZ è rappresentato un gioco di morte molto violento. "Non sono contro la violenza al cinema: dipende dal contesto. Ma in genere, secondo me, bisogna far vedere tutto, sperimentare il più possibile, ricercare. Un film non è come un videogioco, neppure come un videogioco interattivo dove è sempre il giocatore a dominare, a determinare la posizione delle figure. Un film, come un libro o un quadro o una scultura, ha qualcosa di dittatoriale, è quello che è, non tollera interventi ma appena reazioni emotive o interpretative. Per questo deve rifuggire dalla banalità. Nella maggioranza dei miei film tento l'esplorazione di modi di narrazione diversi da quelli convenzionali o hollywoodiani: magari sconcertanti" . Anche orribili? "eXistenZ dice cose in cui credo: la realtà oggettiva non esiste, ciascuno si crea la propria, e la più clamorosa delle realtà virtuali è proprio il cinema; gli esseri umani sono responsabili delle modificazioni che li circondano. Siamo stati noi ad alterare l'ambiente, a modificare il mondo naturale in mondo artificiale. Siamo stati noi ad alterare il nostro corpo che non amiamo più, a minimizzarne certe parti (le gambe, mettiamo), a svilupparne altre parti con l'uso di quelle protesi che sono tutte le macchine elettroniche. Mi sento dire: nei suoi film compaiono esseri raccapriccianti. Non è vero. Lo spettatore vede cose che ritiene di dover giudicare orribili, e che invece sono creature normali appartenenti all'universo. Ma la cultura è sempre obsoleta: da anni le strade sono piene di persone tatuate o trafitte dal piercing, e queste nella visione culturale ancora restano novità tremende, segni di imbarbarimento. L'estetica e la società si sono sempre evolute o almeno rinnovate, i corpi hanno subito mutazioni: il cambiamento a me interessa, mi interessano le trasformazioni fisiche, corporali". Non superficialmente, cosa c'entra Salman Rushdie con il suo film? "Non superficialmente, è un'altra testimonianza della pluralità del reale. Rushdie scrive i Versetti satanici. Nel mondo occidentale uso alla libertà vengono letti in un modo, altri la leggono secondo regole cultural-religiose diverse. La sua letteratura è unica, ma da una parte provoca ammirazione e fama, dall'altra genera minacce di morte. In questa realtà mutevole, le possibilità di cavarsela sono sempre quelle: tolleranza, curiosità, sperimentazione, spregiudicatezza. Mente aperta".
Lietta Tornabuoni, La Stampa



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Non potrebbe aprirsi meglio, questa edizione del Torino Film Festival. Perché quando, fra non molto, si tireranno le somme del cinema di fine secolo, ci si accorgerà che David Cronenberg merita di figurare tra le personalità più significative dell'ultimo ventennio. Non un semplice regista di serie B, come in fondo è sempre stato considerato per via dei suoi esordi che risalgono alla metà degli Anni Sessanta, ma un autore di razza tra i più singolari e innovatori del cinema americano (benchè canadese di nascita e di residenza). Dovranno ammetterlo anche coloro che oggi, disturbati dal fascino inquietante dei suoi film, giungono a forme di rifiuto quasi patologiche che impediscono loro di cogliere la straordinaria novità e bellezza di film quali Inseparabili, M. Butterfly e soprattutto Crash. Il fatto è che il cinema di Cronenberg - affascinato dalla pornografia e, ancor più, dalle trasformazioni della natura che cambia sotto l'effetto della scienza - è un cinema di frontiera, un laboratorio sperimentale popolato di mutanti transgenici e mostri tecnologici fatti di materia organica. Un'esplorazione radicale nei territori da incubo di una civiltà che scherza con il fuoco della tecnica e della genetica, incapace di valutare e controllare le conseguenze delle proprie scoperte. Anche eXistenZ (bizzarro sin dalla grafia del suo titolo) si muove su questa linea. Sembra, anzi proporsi come una sorta di catalogo dei temi ricorrenti e delle figure di stile più tipiche del suo cinema, quasi un inventario nel quale gli spettatori abituali non faranno fatica a riconoscere i rimandi, e in qualche caso, le citazioni dirette di molti dei suoi film precedenti. A cominciare da quella sorta di spartiacque del cinema degli Anni Ottanta che fu Videodrome, di cui riprende l'idea centrale del corpo umano come macchina destinata a farsi ricettore di immagini e impulsi esterni, al punto da annullarsi in essi. Lo fa mettendo in scena una giovane inventrice di giochi di realtà virtuale costretta ad entrare ed uscire dalla sua ultima creatura, perché inseguita da una banda di fanatici terroristi in nome di una Realtà sacra che andrebbe difesa da ogni tentativo di riproduzione. Naturalmente, più il film procede più i contorni sfumano sino a perdere di vista ogni possibilità di distinguere il reale dal virtuale, in una costruzione a spirale che si affaccia su abissi di vertigine interpretativa. Gran parte del fascino del film, che svela quanto di chimerico ci sia nell'idea tuttora confortante ma illusoria di realtà, risiede nella sua forma, consapevolmente debitrice nei confronti dell'estetica dei B-movie, spinta sino alle estreme conseguenze. Come quando il compagno d'avventura Jude Law, dovendo collegare la playstation al corpo di Jennifer Jason Leigh attraverso una «bioporta», non resiste alla tentazione di introdurre la lingua nell'orifizio nero, che ricorda inevitabilmente un ano. Effetto irresistibilmente ironico, ma nello stesso tempo sommamente inquietante: una metafora tanto scoperta da diventare una sineddoche del cinema di Cronenberg, cioè una parte che rappresenta (mirabilmente) il tutto. eXistenZ sarà magari un film minore nella filmografia del nostro, ma è un divertimento godibilissimo, un'ennesima prova della forza evocatrice del cinema, nonchè la dimostrazione di come si possa dar vita a un mondo virtuale senza ricorrere agli effetti speciali digitali, che sono la nuova frontiera ma anche il limite del cinema americano contemporaneo.
Alberto Barbera, La Stampa



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Questa vita non ci basta. Ci fa orrore questo corpo destinato a svanire nel nulla, ci soffoca la gabbia in cui è rinchiusa la nostra mente. E allora, esclusa dall'orizzonte la prospettiva della fede, ecco farsi strada la tentazione dell'autosuperamento, l'eroica e insieme disperata ricerca di un indefinito qualcosa che rompa i confini, che spezzi le catene. Qualsiasi cosa, anche un gioco. Proprio come eXistenZ, l'invenzione della geniale Allegra Jennifer Jason Leigh) che da il nome al film di David Cronenberg. La psiche che si espande, la carne che si apre attraverso un'inquietante "bioporta", pertugio dolorosamente scavato alla base della colonna vertebrale per permettere ai giocatori-cavie di connettersi l'uno all'altro e, tuffi insieme, agli apparecchi in grado di condurre nei territori virtuali dove nulla e davvero come appare. È triste Allegra, perché l'industria concorrente e pronta a tutto pur di soffiarle l'invenzione, anche a tentare di ucciderla. È angosciata Allegra, perché i nemici sono quasi riusciti a rompere il suo giocattolo (un piccolo big- computer dall'aspetto fetale, un altro dei tanti mostri cui il cinema di Cronenberg ci ha ormai abituato). Non le resta che una cosa da fare: insieme a Ted, un ragazzo che si è trovato al suo fianco dopo che i concorrenti hanno tentato di eliminarla, abbandona la realtà e penetra nel gioco. In questo modo, forse, riuscire a sfuggire a chi la vuole morta, salvando le sue creature. Ma il nuovo territorio si rivela infido come il precedente: un labirintico gioco di specchi popolato di creature mutanti, un inquietante vortice di situazioni-limite in cui i protagonisti (e gli spettatori) finiscono inesorabilmente per essere risucchiati.
Luigi Paini, Il Sole 24 Ore



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Di fronte a un piatto colmo di cartilagini e pezzi di mutanti, invece di ritrarsi schifato, il volonteroso Ted Pikul (Jude Law) s’appresta al più orrido dei pasti. Affonda le dita tra filamenti e bave, né trae bocconi stomachevoli e poi succhia e mastica. Ad Allegra Geller (Jennifer Jason Leigh) - che lo guarda con raccapriccio -, spiega che a quell'orrore lo muovono il carattere e l'impulso del gioco. È sufficiente, questo, per vincere non solo un rifiuto alimentare, ma anche altri disgusti, più morali? Uccidere un cameriere cinese, per esempio, potrà parer legittimo? Certo. Anzi: addirittura doveroso, stando al gioco. Scempio della carne, stupro d'ogni limite tra organico e inorganico, invasione meccanica dei corpi, trasformazione corporale degli strumenti meccanici: questo è il cinema di David Cronenberg. E però - che l'autore canadese si ponga la questione seriamente o che ci "giochi" - eXistenZ tende a un punto di vista esterno. Meglio: a un punto di vista quasi filosofico rispetto alle metamorfosi virtuali-fisiologiche, alle protesi sparate a mo' di pallottole, all'eros per interposte porte biologiche.
Per la verità, pensiamo, basta avere un po' di dimestichezza con l'iconografia onirica dei videogiochi, per non cadere nella trappola narrativa su cui inizia il film. Non abbiamo dubbi: nessuno "nella realtà" spara ad Allegra gridandole: «Morte al demone Geller”. Saremmo tentati di ragionare sul fatto che, poco prima, qualcuno l'ha presentata come la "dea" dei computer game. Che la sceneggiatura alluda alla labilità del confine tra le due realtà, quella divina e quella demoniaca? Subito, tuttavia, siamo presi dallo strano mondo in cui Allegra e Ted ci introducono: un bosco che potrebbe rappresentare l'essenza d'un bosco, una "stazione di rifornimento di campagna" egualmente stereotipata... Ne serve una, dice lei, per trovarci qualcuno che dia a lui la sua prima bio-porta. Di colpo - in quel delirio d'onnipotenza che è ogni sogno informatico -, la stazione si "materializza" dal nulla, con tanto di "Country Gas Station" scritto sull'insegna. Pronto alla bisogna che un benzinaio che, guarda caso, si chiama Gas (Willem Dafoe).
Insomma: in platea ci è chiaro che niente sta accadendo nella realtà (per quanto cinematografica). La fuga di Allegra e Ted è già il gioco. Già nel gioco sta quel riferimento alla contiguità fra dei e demoni. Già nel gioco i due s’apprestano a iniziare un gioco ulteriore, e poi un altro ancora e di nuovo un altro. I giochi, nati dai giochi, vivono e muoiono nei giochi. Ognuno è per ogni altro un livello di virtualità ulteriore, o al contrario di paradossale e rassicurante realtà. Fuggire di gioco in gioco - da un impulso a un impulso - e di volta in volta, per i due, il solo modo per sottrarsi a una realtà virtuale o a una virtualità reale minacciose.
Nel frattempo, Cronenberg da fondo ai suoi personalissimi fantasmi. Lo sfintere della bio-porta - via d'accesso al piacere che si nutre del disordine e del raccapriccio di quel che sta sotto la pelle - diventa una specie di caricatura d'un organo sessuale. Un cavo di collegamento tra la porta e il pod (incrocio tra un feto informe e un joystick) è un evidente cordone ombelicale. La virtualità in cui, certo per impulso di gioco, veniamo sempre più immersi, sfuma in un sistema complesso di finzione per così dire all’opera è finzione percepita come tale, in qualche modo autocosciente. E siamo così, di nuovo, al vago sentore filosofico di eXisteNz. Che Cronenberg faccia sul serio o giochi, appunto, in ogni caso sembra volersi accostare a temi grandi, e il cui peso potrebbe schiacciare più d'un film. Su tutti spicca, esplicitamente dichiarato, quello del libero arbitrio. In uno dei loro giochi, Ted dice ad Allegra di sperimentare lo stesso grado di libertà nella decisione che, per lo più, si sperimenta nella vita: per quanto si sia convinti di scegliere, non lo si fa altro che all'interno di un carattere previsto dal gioco. E così magari capita - argomentiamo in platea - di uccidere per dovere un cameriere cinese, o chiunque altro suggerisca l'impulso prevalente del "software". È qui che tornano alla mente le parole con cui, all'inizio, Allegra ha giustificato la superiorità del videogioco rispetto alla vita reale: in questa, noi siamo programmati per una gamma troppo ristretta di possibilità, in quello siamo gli dei creatori del programma. Ebbene, eXistenZ è la smentita di quest'assunto: la stessa Allegra è giocata dal suo gioco, non più libera d'una qualunque donna reale... Mentre così pensiamo, il film si chiude con una sorpresa. Non la sveleremo. Basterà ricordare come confuti alla radice questa conclusione. In fondo, anche questo (un po' patetico) filosofare sta dentro un gioco: corrisponde a un carattere, obbedisce a un impulso ludico, e certo cinematografico.
Roberto Escobar, Il Sole 24 Ore


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eXistenZ affronta questo interrogativo nell'era virtuale: viviamo nella realtà o in una nostra immaginaria dimensione? Il dilemma era stato proposto da scrittori come Hesse e Fowles, che prediligo con Crichton e King. David Cronenberg racconta il suo ultimo film eXistenZ (da oggi nelle sale italiane) in quella Hollywood che il regista canadese ha messo alla sbarra come presidente della giuria dell'ultimo Festival di Cannes e della quale tuttavia ammira "la struttura industriale e tecnologica, alleata del mio Paese, il Canada, ma non i modelli ripetitivi di cinema". Premette: "eXistenZ è la storia di un videogame. Il gioco interagisce con la vita dei protagonisti (Jennifer Jason Leigh e Jude Law) attraverso una "bioporta" nella colonna vertebrale. I personaggi entrano in una sorta di iper-realtà mentre altri danno vita a spionaggio industriale ed esistenziale. La battuta finale spiega la mia storia: ‘Dimmi la verità . Siamo ancora nel gioco?’. Viviamo tra apparenti certezze, sommersi da dubbi". Nato e cresciuto a Toronto, 56 anni, Cronenberg ci ha raccontato gli incubi del nostro Medioevo prossimo venturo. Rifiuta le definizioni di "barone dell'orrore" e fugge dal cinema che fa spettacolo gratuito. "Ciò che mi interessa - dice - è creare un collegamento tra il corpo e la mente, tra l'irrazionale e il razionale". Maestro riconosciuto di storie inquietanti alla Hitchcock, ha scritto eXistenZ dopo aver fatto una intervista allo scrittore Salman Rushdie, perseguitato dal regime iraniano per i suoi Versetti satanici. "Da quel momento ho cominciato a pensare a una storia capace di riflettere la situazione di un artista che ha creato qualcosa di innocente mentre la sua opera acquista un'altra vita". A volte si diverte a fare l'attore (come in Last Night del canadese Don McKellar), ama la letteratura, il cinema e la pittura e spesso espone i suoi disegni. "Ho un animo e un cervello da professore di Scienze mancato - suggerisce - e mi piace lavorare con i giovani". Perchè questa predilezione per il cinema nero? "Ma i miei interessi artistici non derivano da qualche trauma! Ho vissuto una giovinezza di stimoli: mio padre era un affermato giornalista, mia madre una pianista. Ho studiato Letteratura all'Università di Toronto, ho cominciato giovanissimo a dirigere film. Sono felicemente sposato da 25 anni, ho figli grandi che spesso lavorano con me". Ma i suoi film sono pessimisti, spesso crudeli. "Riflettono il mondo in cui viviamo e quello che abbiamo creato. Per il film ho anche creato una sorta di dizionario tecnologico... Comunque, tra le pellicole che cercano una verità in primo piano metto quello di Andrej Tarkovski: il suo Stalker è, in assoluto, uno dei miei preferiti". Lei è ancora criticato per il verdetto di Cannes e i premi a Rosetta e L'Humanitè.... "Il cinema americano quest'anno è cambiato. Temi importanti, storie ricche di contenuti, generi mescolati stimolano i giovani. Cannes ha aiutato queste ricerche. Tra gli ultimi film mi ha entusiasmato The Hurricane del canadese Norman Jewison, una storia reale, che sembra surreale nella sua tragica verità . Prediligo autori come Egoyan e tutti coloro che portano, dopo Fellini, l'immmaginario nella realta". eXistenZ come può aiutare la platea? "Mi auguro che tanti si chiedano se ciò che toccano è la realtà o un gioco pericoloso". In Videodrome aveva messo sotto accusa la tv come macchina capace di alterare la realtà . Cosa prevede per il Duemila? "Videodrome proponeva il pericolo di un villaggio globalizzato, Crash l'attrazione per il rischio come sfida della vita. Non so dove andrà il mio immaginario nel Duemila: siamo sempre più interconnessi con ciò che ci circonda. Io stesso non saprei più usare una macchina da scrivere. Forse la Filosofia, come sistema di pensiero, ci aiuterà a ricostruire la nostra identità e anche, me lo auguro, a studiare la conoscenza dei nostri limiti".
Giovanna Grassi, Corriere della Sera
[Modificato da |Painter| 10/06/2010 20:49]
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