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Cronenberg su Cronenberg - pt.1 infanzia e scuola

Ultimo Aggiornamento: 30/03/2011 15:44
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Post: 529
Sesso: Maschile
02/10/2007 13:46


Cronenberg su Cronenberg: parte 1, l'infanzia e la scuola


Nasce a Toronto, Canada.
La sua identità canadese è sempre stata ribadita. Non ha mai lasciato che le sue origini venissero obliate nella plurietnica bolgia hollywoodiana. A tutt’oggi non ha mai girato una sola scena in territorio USA.

Nasce il 15 marzo 1943, a Toronto.
Vive in College Street, una nota strada di immigrati, in una casa straripante di libri.
C’erano pareti composte letteralmente da libri; corridoi in cui da bambino passeggiavo senza rendermi conto che non si trattava di vere pareti. Non c’era altro posto dove mettere i libri.
Il padre è principalmente giornalista ma scrive anche racconti per una rivista canadese; è stato proprietario di una libreria durante la Depressione del ’29. La madre è una pianista, accompagna cori e danzatori negli show in città.
I primi studi li compie alla Dewson Street Public School, alla Kent Senior School, allo Harbord Collegiate, al North Toronto Collegiate. Vive un’infanzia assolutamente serena e stimolante.

Non direi che mi sentissi coscientemente diverso dagli altri. […] Ma credo di aver avuto una predisposizione a essere leggermente ‘diverso’ nella società. Non al punto da esserne danneggiato; non ho mai provato l’insicurezza e la paranoia che alcuni bambini ovviamente provano. Non ero assolutamente condizionato dai miei genitori. […] Sono sempre stati assolutamente incoraggianti ed entusiasti per qualunque cosa volessi fare. […] Io penso di aver preso dalla mia famiglia un’incrollabile, assolutamente realistica fede nelle mie capacità, e la sicurezza di essere capace di realizzare quello che voglio. Io e la mia famiglia comunicavamo molto, e molto bene. […] Mi sono accorto solo più avanti che avevano creato la loro versione personale di molte cose […], di cosa significasse appartenere alla media borghesia […], di cosa significasse essere ebrei.
È alla Harbord Collegiate High School che apprende l’ebraismo, sentendosi tuttavia estraneo a qualsiasi celebrazione o funzione religiosa ebraica. Ne ignoro le procedure. Eppure se mi domandi ‘Sei ebreo?’ io ti rispondo di sì. Entrambi i miei genitori erano antireligiosi, ma senza manie di proselitismo. […] Io comunque sono cresciuto senza odio o sdegno per nessun tipo di religione, nemmeno per l’ebraismo. Semplicemente non sentivo di farne parte.
Una delle esperienze di svolta nella vita di questi anni è la morte del padre, in seguito alla quale la sua immagine lo perseguita. Era in parte il tentativo di negare la sua morte, diventando mio padre. In termini psicologici, ho vissuto dall’interno le credenze sulla reincarnazione e sulla possessione. Mio padre aveva cominciato a spegnersi fisicamente, non mentalmente. […] Non aveva una patologia specifica. La sua malattia era cominciata con degli attacchi di colite, per poi diventare un’incapacità molto strana ad assimilare calcio. Le sue ossa erano diventate fragili. Si girava nel letto e gli si spezzavano le costole. Era davvero orribile.
Viene naturale pensare che forse è qui che prende origine quella malattia e quella mutazione corporea e mentale che caratterizza la sua poetica cinematografica, tuttavia lui nega che la morte del padre (e più tardi quella della madre) abbiano influenzato il suo lavoro. Ma la sua sfera personale ne rimane senza dubbio coinvolta, trasferendosi poi nell’uomo adulto.
Già nell’infanzia, le sue passioni (oltre a quella più volte dichiarata per le automobili e la velocità) sono sia le materie scientifiche – la biologia, l’entomologia – sia le materie classiche – la musica, la scrittura creativa.
Ho aspirato a scrivere fin da piccolo. Ero interessato alla scrittura underground, a William Burroughs, a Henry Miller […]. Ho sempre scritto. Non ricordo un periodo della mia vita in cui non abbia scritto, in cui non mi sia espresso. […] Scrivevo racconti e li spedivo alle riviste. Come primo tentativo di essere pubblicato […]. Poi c’è stata la scienza. Ero affascinato dalla ricerca del funzionamento delle cose e dal modo in cui ogni scoperta viene codificata e organizzata. […] Alla fine della scuola superiore avevo davanti a me un futuro schizofrenico: scienza e letteratura. La mia dicotomia. Da adolescente avevo molto ammirato Isaac Asimov, che sembrava in grado di conciliare le due cose. […] Mi iscrissi inizialmente alla facoltà di scienze, perché pensavo che mentre la scrittura non la si può imparare, la scienza si deve studiare.

Nel 1963 spalanca le porte della University of Toronto, iscrivendosi al corso di laurea in scienze.
Penso che gli scienziati migliori siano matti, eccentrici e creativi, come gli scrittori o gli artisti di qualsiasi tipo. Mi sono sempre identificato molto nei medici e negli scienziati. Spesso sento che sono la mia maschera nei film che faccio. Anche se possono diventare tragici e pazzi, non sono d’accordo con chi sostiene che giocano con cose con cui non si dovrebbe giocare. Devi credere in Dio per affermare che ci sono cose che l’uomo non deve conoscere. […] Siamo tutti intenti a sperimentare per trovare un modo di vivere, di risolvere i problemi, di proteggerci dalla follia e dal caos. Quindi, per me, i personaggi dei miei film rappresentano le persone in generale, coloro che in qualche modo devono capire cosa stanno facendo, quale sia il loro valore, il loro rapporto con la società, come usare la loro energia creativa, sia quella distruttiva.
Afferma in seguito che i suoi film sono laboratori dove si praticano esperienze.
Tutti gli stereotipi si scoprono veri. Questa è la cosa orripilante della vita. Tutte le cose contro cui ti sei battuto da giovane: cominci a realizzare che sono stereotipi perché sono reali! Frequentavo un corso di chimica […]. Solo due ragazze seguivano quel corso. Una delle due era molto attraente e usciva con uno studente della facoltà di scienze. Mi ricordo che li guardavo e dicevo a me stesso: ‘è come se vedessi due marziani. […] Non riesco a immaginare che tipo di relazione abbiano. Non capisco assolutamente cosa stia succedendo’. […] Significa che in quel momento io ero realmente un estraneo: non potevo partecipare […]. Non sapevo cosa spingesse gli altri a fare le cose. […] I due bambini di Inseparabili sono in parte modellati su di me: da bambino portavo gli occhiali, ero interessato alla scienza ed ero precoce. Ho tutt’ora una sensazione ambivalente per tutto questo, perché l’ho amato. […] Se avessi continuato gli studi sarei diventato un biochimico […], la chimica mi interessava perché è collegata al corpo, non solo al corpo umano ma all’intero corpo del pianeta. […] La biochimica nel senso più ampio del termine, perché si può parlare di biochimica anche per il cervello, quando si ricerca la base fisiologica del pensiero e dell’immaginazione. Credo che fosse naturale per me dover provare a mettere insieme quelle parti di me stesso e integrarle, alla fine, nella realizzazione dei miei film.
L’anno successivo abbandona la facoltà per passare a quella di letteratura inglese ed inizia a conseguire i primi risultati. Vince l’Epstein Award per il miglior racconto originale e, alla fine del primo anno, la borsa di studio come miglior studente allo University College. In quel periodo avevo finito il primo anno del corso in materie umanistiche […]. Così decisi di mollare per un po’ e di andare in Europa per un anno. Vissi principalmente a Copenaghen, ma trascorsi parecchio tempo a Londra.

Tutti gli interventi diretti di David Cronenberg e tutte le informazioni sono tratte dal libro Il cinema secondo Cronenberg (Cronenberg on Cronenberg) di Chris Rodley (Pratiche Editrice per l’Italia), a cui rimando e consiglio per un approfondimento ancor più ampio; si tratta della fonte biografica più completa e corretta esistente, essendo Cronenberg stesso che parla, costituita appunto da interviste raccolte tra il 1984 e il 1993. Purtroppo l’edizione italiana è fuori catalogo da anni; spero che la casa editrice decida presto per una ristampa.
Matt - davidcronenbergitalia.tk

[Modificato da |Painter| 30/03/2011 15:44]
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