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Cronenberg e i generi - intervista

Ultimo Aggiornamento: 07/11/2013 22:06
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Post: 529
Sesso: Maschile
07/11/2013 22:06


INTERVISTE A CRONENBERG:
I GENERI



Li rivedi i tuoi vecchi film?
No. Non li guardo, in verità. In effetti se faccio zapping e mi imbatto in uno dei miei film, vado nel panico e cambio. Ci sono varie ragioni. Ci sono molti attori che non gradiscono vedere sé stessi sullo schermo, e questo perché sono preoccupati di vedere i difetti, e non gli piacerebbe, e preferiscono lasciare tutto nei ricordi e nel passato. Oltre a questo, non riesco proprio vedere i miei film come film. Sono troppo attaccato a essi. In effetti sono più come documentari su quello che facevo quel giorno. In ogni ripresa mi ricordo chi ha avuto uno scatto d'ira quel giorno. O quali problemi mi circondavano, o dove ero, o com'era il tempo. Non riesco a vederli come film. Immagino che quando sarò all'ospizio e vorrò ricordarmi delle cose, potrò usare i miei vecchi film. Ma non li vedo come film e non posso discuterli analiticamente.

Credi che i progressi tecnologici abbiano reso giustizia alla visione dei tuoi primi film?
Be', vedi, non cerco mai questo genere di giustificazione, quindi non ci faccio caso. Quando la gente dice, “Videodrome è veramente profetico”, io rispondo, “non è il mio mestiere fare il profeta. Lo è essere un artista”. Nella fantascienza, ci sono persone come Arthur C. Clarke che adorano poter dire, “avevo predetto i sistemi satellitari 40 anni prima che fossero inventati”. E, se sei uno scrittore di fantascienza techno-hardcore, questo sarebbe un trionfo. Ma per me non significa niente. E' qualcosa di collaterale. In Rabid, ho inventato qualcosa che ora è diventato realtà. Le cellule staminali sono esattamente quello di cui parlavo in Rabid, questa sorta di tessuto neutro che legge il contesto in cui è inserito e diventa un certo tessuto. Questo è accaduto 26 anni fa. Ma non desidero un riconoscimento per questo... Non sento di dovermi giustificare in alcun modo.

Qual'è la più grande malcomprensione che vedi nei tuoi film?
Non ho bisogno di esserne consapevole. In effetti è un po' controproducente. So che mi apro a quelle domande, perché sono molto analitico in ciò che faccio, e molto verbale. Sai, ci sono artisti, registi e attori che vogliono assolutamente parlare di questo genere di cose. Sono troppo coscienti di sé, e si bloccano. Noi lavoriamo molto sull'istinto. C'è un interscambio tra l'intelletto e la ragione nelle arti, ma molto dipende dall'istinto. E' tutta intuizione, e se quella non funziona, allora farai un film vuoto. Non puoi lavorare solo con la parte analitica del tuo cervello. Ecco perché non credo in quelle cose. Se mi fai una domanda così, la vera risposta sarebbe che il pregiudizio peggiore è che sono brutti, quando in realtà sono ottimi. Alla fine è semplice. [Ride]

Sei più disposto tu a parlare di come i tuoi film andrebbero visti rispetto a tanti altri registi. Martin Scorsese una volta disse che, leggendo una tua intervista, pensava che tu non comprendessi i tuoi stessi film. Sei a tuo agio sapendo che i tuoi film sono aperti a letture multiple?
Be', Marty è cattolico. Crede nel diavolo. Crede nel male e nell'apocalisse. Credo che lui pensi che i miei film parlino di questo. E io, sorta di esistenzialista ateo, non credo in queste cose. Quindi non andiamo d'accordo. Ma la cosa bella è che io comunque lo penso, si parla della condizione umana. Qualche volta è stato fatto attraverso metafore e strutture drammatiche, e cose così. Stiamo veramente – lui e io, e tutti gli artisti in verità – cercando di fare i conti con la stranezza dell'esistenza come essere umani. Ecco perché non dico che lui sbaglia. In un certo senso apprezzo che dica una cosa così. Ma penso di sapere cosa voglia dire, e vorrei poter dire che sbaglia. Penso di sapere esattamente cosa... Se qualcuno vuole interpretare i miei film in senso marxsista, per esempio, io direi, “be', puoi anche usarli come esempio a supporto del marxismo, ma certamente non puoi dire che io, Cronenberg, sia un marxista, e abbia cercato di promuovere il marxismo attraverso i miei film”. Perché non è vero, lo posso affermare. Ma non posso dire, per esempio – sto usando questo esempio per non offendere nessuno – che un critico marxista non possa pensare che i miei film dimostrino qualcosa di buono nel marxismo. Tutte queste cose sono aperte alla discussione, e io sarei molto interessato a leggere quell'articolo.

Sei sempre interessato ad adattare qualcosa di Philip K. Dick?
Penso che il materiale di Philip Dick basterebbe per 100 film. Mi sorprende quanti pochi invece ne siano stati fatti. Se ne fossi veramente ossessionato l'avrei voluto fare, quindi immagino di non esserlo. Un paio di suoi libri sarebbero film grandiosi. Ma come sempre Dick, come puoi vedere dai film tratti dal suo lavoro, non ci sapeva fare molto coi finali. Era bravo nell'iniziare e nel costruire le cose, ma scriveva molto in fretta. Era molto commerciale come scrittore, e scriveva giorno e notte velocissimo, e puoi leggere questa furia nella sua scrittura. Trovi spesso persone, come con Atto di Forza... Con quel progetto, hai un grande inizio, la metà è così-così e il finale non c'è. Penso sia la ragione per cui molte cose non sono state fatte dai suoi lavori – anche i racconti zoppicano verso la fine. Richiede molto lavoro farne un film solido.

[…] Ti interessano i generi? C'è un genere dentro cui vorresti lavorare?
Io non ragiono in termini di genere, assolutamente. Posso pensare, “ecco un grande film che vorrei fare”, e riconoscere che è un film horror. Ma non penso proprio in questi termini. E' un altro modo di mettere la tua mente in una scatola. Per esempio, mentre faccio Il Pasto Nudo dovrei preoccuparmi se è un film horror, solo perché ci sono effetti speciali? O Inseparabili – in che categoria va messo? Per me, il genere è un problema di marketing. O può essere una questione di critica, ma non è certo parte del processo creativo.

[…] Faresti più film se potessi?
Sì. In parte è mia la colpa, nel senso del modo in cui porto avanti le cose. Non sviluppo 20 cose temporaneamente. Non faccio le cose alla Spielberg, non accendo una macchina colossale. Ho un impiegato che siede nel nostro ufficio, e questo è tutto, a leggere i soggetti e trovare il materiale e sistemare le cose per me.
Keith Phipps, avclub.com 2003



***

Leggi molta fantascienza?
In teoria ho smesso di leggere SF alla fine dei '50. L'unica eccezione è Philip K. Dick. E gran parte di Gibson. Ho letto tutto di Ballard anche se non è proprio classificabile come SF. Il nutrimento di finzione di cui ho bisogno non proviene tanto dalla SF.

Hai seguito il cyberpunk e le questioni accademiche sulla liberazione dei cyborg?
Ne so abbastanza ma non lo seguo ossessivamente. Sono stato invitato a queste conferenze dove volevano darmi tre-quattro letture sul postmodernismo e sul corpo... e io non ho niente da dire. Sono ignorante.

Pensi che realtà virtuale e interattività online abbiano un valore?
L'interattività online evolverà definitivamente in un nuovo medium imprescindibile, anche se è interessante chiedersi se dominerà l'aspetto del gioco o l'aspetto interattivo. Personalmente penso che l'arte sia un dittatura benevola, non una democrazia.
R. U. Sirius, Wired 1997



***

[…] Nel tuo commento sul dvd di Rabid [nell'edizione americana, ndt] hai toccato un punto interessante, quando dici di ritenere l'horror come un genere “libero”. Puoi spiegarlo?
Sì, in un certo senso il genere ti protegge perché le aspettative della gente sono diverse. Il loro approccio e la loro comprensione verso ciò che stanno guardando sono abbastanza diversi quando sanno di guardare un film horror o di fantascienza. Materiale che sarebbe molto difficile realizzare – sia finanziare che essere appetibile per il pubblico – nel caso fosse solo un semplice e realistico film mainstream drammatico, se c'è il velo protettivo dell'horror è molto più facile. E userò La Mosca […] come esempio. Se lo guardi come un dramma, parla di due attraenti ed eccentriche persone che si incontrano e si innamorano. Una di loro contrae una malattia segreta e devastante e la sua amante non può far niente se non guardarlo e aiutarlo a morire. Questo è essenzialmente il soggetto di La Mosca quando togli i suoi elementi horror o fantascientifici. Davvero arduo da vendere! Sarebbe un film difficile da guardare, emotivamente e così via, ma grazie alle altre cose che ci sono all'interno puoi raccontare quella storia con tutta l'emozione che vuoi, e riesce comunque a essere assorbita. E' come un effetto distaccante. C'è un elemento di fantasia. Ed è sempre interessante, per me, venire a sapere che i fan di quel film lo sono per via della storia d'amore e non per via degli effetti speciali. Lo spettatore viene toccato ma in un modo tollerabile. Sarebbe una storia molto difficile da fare in termini realistici. Quindi, all'interno di un genere puoi sperimentare con la fantasia, la realtà e l'emozione in un modo che probabilmente sarebbe difficile o impossibile a farsi fuori dal genere.

Perché non molti registi riconoscono questa cosa? L'horror è una sorta di cosa sporca. Sono più a loro agio con i “thriller soprannaturali” o cose del genere.
Penso che sia principalmente per via di un certo fastidio. L'horror coinvolge il corpo e la morte. I fluidi. E' molto primitivo nella costruzione della trama. Questo mi attrae. Filosoficamente, il corpo è il primo fatto dell'umana esistenza. Noi siamo fisici. Siamo corporei. Ecco perché io non vado mai nella direzione soprannaturale. C'è una realtà psicologica, in quello, ma non concreta. Non credo proprio ai fantasmi, alle anime che esistono al di fuori dei corpi o alla vita dopo la morte. Suppongo che mi darai dell'esistenzialista. Dall'altro lato, capisco il concetto di essere impossessati. Puoi essere infestato dai tuoi ricordi di qualcuno che è morto e sentirli molto reali. L'horror è corporeo e fisico. Molti registi sono troppo ricercati e non vogliono avvicinarsi a quel tipo di materiale. Perché è veramente potente, in tutta sincerità, e credo che abbiano repulsione o paura nei suoi confronti. E, quindi, come in ogni genere, ci sono film horror orribili. E' così dappertutto. Non lo vedo come un problema. Ci sono registi molto, molto rispettati, nella storia del cinema, che hanno lavorato all'interno del genere. Bergman per esempio. Carl Dreyer, anche. Ci sono classici del cinema muto che sono assolutamente film horror. The Cabinet of Dr. Caligari, Nosferatu. Non tutti i registi seri, quindi, hanno evitato il genere, ma molti lo fanno. Penso che abbia a che fare col potere insito nel genere horror.
G. Noel Gross, dvdtalk.com 2004
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