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Le interviste internazionali (pt.3)

Ultimo Aggiornamento: 20/07/2013 10:45
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Sesso: Maschile
20/07/2013 10:44


COSMOPOLIS
LE INTERVISTE INTERNAZIONALI
PARTE 3



Il Blu-ray di Cosmopolis esce nel cuore della campagna per gli Oscar. Ho la sensazione che lei non sia troppo infastidito dal fatto che questo film non sia più in discussione come contendente.
Sì. Ogni anno cerco di esserne il più disconnesso possibile. Quest’anno è molto facile perché non siamo nominati per nessun premio. […] È un sollievo. È molto facile farsi travolgere se si è nominati. Le persone che producono il film si entusiasmano, vogliono che tu faccia di più, e lo puoi capire, perché i premi possono forse arrivare a portare più persone a vedere il film. Questo, da una parte, è positivo. Tuttavia, sono tutte cazzate, tutto è scocciante e molto problematico. […] Non guarderò nessuna cerimonia di premiazione.

Non si tratta solo di farsi vedere per quella sera, ci sono mesi di campagna pubblicitaria.
Oh, sì. Ho parlato con diverse persone, uno dei quali era Denys Arcand, un regista franco-canadese che ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero per Le Invasioni Barbariche – lo conosco bene. Ha detto che non lo farebbe mai di nuovo, mai. Ha detto che è stato un anno, un anno incredibilmente intenso, e, alla fine, piuttosto noioso. Perché lui non sta facendo affatto qualcosa di creativo, solo vendere.

Per uno come Denys Arcand, però, un premio influisce sui suoi risultati? Influenza la sua carriera? Sarà in grado di comprare una nuova casa dopo aver vinto?
No, non proprio. Al contrario, ciò lo ha spinto a ritirarsi. Ha deciso che non vuole essere coinvolto in niente che abbia lontanamente a che fare con Hollywood. Vuole fare film del Quebec. Ha tentato di fare alcuni film in lingua inglese con star emergenti ed è stato un disastro — non fa per lui.

Per un attore, tuttavia, forse è una storia diversa. Viggo Mortensen è stato nominato per alcuni dei suoi film, Keira Knightley è stata presa in considerazione per A Dangerous Method. Ma supponiamo che [Keira] avesse vinto – l’avrebbe elevata, e avrebbe ottenuto ruoli che non avrebbe ottenuto in altro modo?
Non credo. Lei è incredibilmente richiesta – nonostante il fatto che i critici inglesi le stiano spesso addosso […]. È troppo intelligente, bella e talentuosa, e questo li fa impazzire. Non vedo come [un premio] possa fare qualcosa per lei.

Tuttavia, nelle liste di fine anno, Cosmopolis è finito secondo nella top ten di Cahiers du Cinema.
Sì, e anche nella lista di Sight and Sound.

Quindi agli snob europei è piaciuto il film. E non c’è dubbio che finirà da qualche parte nella mia top 20, credo. [Nota: è arrivato al 12° posto.]
Se ti pagassi, lo metteresti più in alto?

No. Quindi?
Dipende da quanti soldi ti offro. Dai, parliamone. 100.000 dollari hanno il loro peso.

Mi daresti 100.000 dollari per scrivere che Cosmopolis è il miglior film dell’anno?
No! [Ride] Ma è un’idea.

Siamo onesti – in questa fase della sua carriera, diciamo che ha incontrato il critico più rinomato al mondo, lo ha incontrato in un bar e lui le ha detto: “Oh, amico, ho veramente bisogno di soldi in questo momento, metterò Cosmopolis al primo posto della mia classifica dell’anno per un tot X di dollari”, lei prenderebbe la cosa in considerazione per un secondo?
No. Ma questo è perché sono troppo avaro. Ma …il fatto è che sono stato in quelle liste, il New York Times è stato molto positivo riguardo ai miei ultimi film, abbiamo tre ottime recensioni da tre critici del New York Times per A Dangerous Method. Ma ancora non abbiamo ottenuto…[Ride]…non ha fatto…

[…] Lei è sotto una buona luce, però, ora. Lei è in una “zona Woody Allen” - mantiene i suoi budget bassi, ha abbastanza ritorno economico in Europa, le persone negli Stati Uniti apprezzano, apprezzano e poi gira il film successivo.
Questo è vero, e ogni volta che ho provato a lavorare con gli studios non ha mai funzionato. Io non biasimo loro o me, è che le varie sensibilità non si accordano tra loro, non siamo adatti gli uni agli altri. Senti, vedo dei grandi film e penso “Oh, sarebbe divertente e impegnativo da girare”. Poi subentra la realtà e ciò non avviene. La tua stima di dove sono all’interno del mondo del cinema è abbastanza precisa.

Cosmopolis in Blu-ray. Ci sono particolari scene tagliate?
Solitamente sono riluttante nell’includere scene tagliate. Sono state tagliate per un motivo. […] Su A History of Violence ne ho inserite una o due perché erano insolite, ma che è l’unica volta che l’ho fatto. D’altra parte, apprezzo molto un buon documentario “making of”. Trovo che gli studenti di cinema e gli appassionati di cinema, che altrimenti non potrebbero avere esperienza del set di un film, possono davvero vedere qualcosa se tu, il creatore, sei onesto. Naturalmente, non faccio stesso il “making of” – sono troppo occupato a fare il film – ma incoraggio il principio di realtà. Non voglio che il “making of” sia solo uno spot promozionale. Allo stesso modo, quando faccio un commento, come ho fatto per Cosmopolis (anch’esso non presente nella versione italiana, ndt), non dico cazzate. […] Parlo della realizzazione di quel particolare momento che stiamo guardando.

Cosmopolis è tutto schermo verde o blu e interni progettati per assomigliare ad esterni, giusto?
Sì. C’erano set ibridi con arredo urbano, poi oltre a quello era tutto schermo verde. È incredibile quanto sia convincente. Per me, i migliori effetti speciali sono quelli invisibili. Ho creato creature, come per eXistenZ e altri film, ma per lo più gli effetti speciali sono uno strumento meraviglioso per cose invisibili molto convincenti che prima non potevi realizzare .

Ha visto il nuovo formato HFR che Peter Jackson ha utilizzato per Lo Hobbit?
No, anche se lo vedi in televisione tutto il tempo. Gli spettacoli sportivi sono in 60 fotogrammi. Quelle perfette moviole senza sbavature. Non ho ancora visto Lo Hobbit, ma credo che sarebbe bello allontanarsi dai 24 fotogrammi al secondo – anche solo a 30 fotogrammi al secondo. […] La vecchia tecnologia non ci serve più. […]

Credo che Jackson abbia detto che avrebbe fatto 60, se avesse potuto, perché James Cameron parla di 60 per il prossimo Avatar, ma quando erano pronti a cominciare, questo era ciò che era disponibile. La cosa che mi ha colpito, almeno su Lo Hobbit, è quanto si noti l’artificio in altri settori, la costruzione del set, il trucco, gli effetti speciali.
Questa è stata la grande paura proprio con l’alta definizione in televisione. È interessante il fatto che ci potrebbe essere un aumento di chiarezza, ma per eccesso.

Il suo prossimo progetto è pronto a partire?
Sto finendo il mio romanzo per ora, e spero di cominciare le riprese di Maps to the stars a Maggio […]. Tuttavia, è un progetto indie il che significa, quindi, che potrebbe andare in pezzi.

Beh, il romanzo è solo lei e la pagina, quindi non ha scuse per quello.
Esatto. Spero che venga pubblicato alla fine del prossimo anno.
Intervista per Movieline [Dicembre 2012]



***

Molte persone si sono trovate alla fine di Cosmopolis con delle domande, pensa che documentari come “Citizens of Cosmopolis” possano chiarire le idee, o approfondire alcuni punti?
Penso che il “making of” sia in realtà più lungo del film, quindi potrebbe fare qualcosa del genere. Ovviamente tutti coloro che hanno acquistato il DVD saranno comunque abbastanza interessati al film da stargli dietro. Credo che una delle ragioni per cui mi è piaciuto davvero fare un buon “making of” è che l’abbiamo fatto […] per mostrare qual è stato veramente il processo di creazione del film. Di conseguenza, per esempio, è ideale per studenti di cinema e appassionati […]. Così abbiamo fatto di tutto per far sì che fosse preciso, onesto, diretto e illuminante.

[…] Questo particolare personaggio, Eric Packer, è spinto al confronto con quest’altra parte di sé stesso, cioè il personaggio di Paul Giamatti, Benno Levin. […] Sembra come se, per avere quell confronto, ci debba essere un certo livello di violenza tra loro. Mi chiedo se ciò è parte del suo interesse per la violenza in generale, per l’idea che la distruzione violenta dell’io sia in qualche modo necessaria per ciascuno di noi come individui.
È molto interessante che lei dica questo, perché nel film che ho fatto prima di questo, A Dangerous Method, una delle rivelazioni per il personaggio interpretato da Keira Knightley, Sabina Spielrein, era la distruzione dell’io nella sessualità e l’atto sessuale, la paura e l’ansia che in sé può causare. Quindi, la protezione dell’io può essere un’impresa abbastanza disperata. Penso che se lo osservi, lo vedrai ogni giorno nella vita sociale. Eric arriva ad un punto in cui vuole scomparire, dissolversi. […] E ciò significa distruggere la vita che si è creato. […] Le persone sono rimaste molto scioccate quando egli spara a Torval, la sua guardia del corpo nel film, e penso anche che si siano chieste il perché. Torval, anche se è stato assunto per proteggerlo, non è solo una guardia del corpo, rappresenta anche la vita che Eric si è creato. […] Quindi la prima cosa che deve fare è liberarsi di Torval, se vuole liberarsi della sua vita. […]

Lei ha definito i momenti tra il personaggio di Paul Giamatti e quello di Robert Pattinson come l’essenza del cinema […]. Ciò fa sorgere una questione: qual è lo scopo del cinema? Le persone parlano dei blockbuster “d’autore” in questi giorni, e molti hanno detto che Christopher Nolan è un autore moderno nel fatto che sembra che abbia trovato un modo di esprimere la sua visione nella struttura di un enorme franchise, o un film dal grande budget. Lei ha notoriamente detto che non la vede in questo modo.
Beh, il cinema è una forma d’arte, e ciò significa che ha molte, molte funzioni. […] Dunque non credo che si possa definire l’arte in un solo modo. […] Per quanto riguarda i film di Batman e simili, sai che un giornalista mi ha chiesto (e questo è ciò che manca sempre: la domanda che ha provocato la mia risposta): “Dato che i cinefumetti, e soprattutto i film di Batman, hanno provato di essere capaci di funzionare agli alti estremi dell’arte cinematografica, sarebbe interessato nel dirigerne uno?” e io ho detto “Beh, aspetta un minuto, chi dice che funzionino agli alti estremi dell’arte cinematografica? Non credo che lo facciano”. […] Penso che se stai lavorando entro le aspettative di un cinefumetto, tu sia limitato. Hai automaticamente limitato i tuoi orizzonti e le tue aspettative, perché hai un pubblico che si aspetta certe cose, e non puoi osteggiare quelle aspettative ed avere successo, quindi devi lavorare entro questi limiti. E quei limiti sono troppo pesanti per permetterti di essere un’artista creativo […] A quel punto tutto dipende da cosa cerchi nei film. Come lei ha detto, qual è lo scopo dell’arte e del cinema? Beh, potresti chiedere ad uno spettatore: “Perché vai ora al cinema a vedere questo film, o perché stai mettendo questo DVD nel lettore?”. Non avrai le stesse risposte da tutti.

[…] So che molte persone hanno menzionato il fatto che A History of Violence fosse tratto da un fumetto. Le differenze tra quella storia e un personaggio iconico come quello di Batman sono abbastanza chiare, ma per lei dove subentra la distinzione?
[…] La sceneggiatura che ho ricevuto non rifletteva molto il romanzo a fumetti, era una totale reinvenzione di esso. Quindi, in realtà, non sapevo che la sceneggiatura fosse basata su un romanzo a fumetti, nessuno me l’aveva detto. Stavo già girando il film prima che sapessi ciò. Non ho visto la graphic novel, quindi non penso a quel film come un adattamento di un romanzo a fumetti […]. Ovviamente una graphic novel in cui stai inventando personaggi che nessuno ha mai visto prima è abbastanza differente dal fare un altro film di Batman, del Calabrone verde, o di Superman […]. Ero un po’ scioccato quando il giornalista mi ha detto quella cosa. Ho pensato “Wow, come fai a paragonare Il cavaliere oscuro – Il ritorno con 8 ½ di Fellini?”. Io non vedo il nesso, francamente.

Alcuni dei suoi primi lavori come La mosca e Videodrome potrebbero essere considerati come elevati film di genere.
Oh, sono decisamente di genere. È diverso, secondo me. […] Non ho mai pensato che fare un film di genere significasse essere esclusi dal tempio dell’arte. Intendo dire, ci sono gangster movies incredibili che sono decisamente arte, e io direi arte cinematografica alta. Quindi dipende, molto specificamente, da cosa stai discutendo. Non penso che le generalizzazioni aiutino molto. Stavamo parlando dei film di Batman in quella conversazione, era qualcosa di abbastanza specifico.

[…] Recentemente ho intervistato un attore che ha cominciato a dirigere. Ora tende ad apprezzare il fatto di recitare in grandi film-evento come quelli di Roland Emmerich, ma dirige film indipendenti. Dice che oggi recitare è divertirsi, ma se deve perdere tempo a dirigere, vuole che ciò abbia molto più significato per lui.
Lo capisco completamente. Io stesso ho recitato un po’, e se qualcuno mi chiedesse “Vuoi recitare in un film di James Bond?”, direi: “Sì, assolutamente”. Non lo vorrei dirigere, ma sarei felice di recitarvi. Sarebbe possibile, perché come attore hai una responsabilità molto limitata […], che è andare sul set avere padronanza del personaggio. È una sfida, non la sto minimizzando. Ma non è allo stesso livello di ciò che devi fare come regista. Quindi, capisco completamente il motivo per cui attori molto seri come Ralph Fiennes e Anthony Hopkins, e altri, si possano ritrovare ad interpretare i cattivi in film di intrattenimento. Perché no? È divertente, guadagni soldi e vedi posti interessanti. Quindi, in termini di quello che stai facendo con la tua vita è qualcosa di creativo.

[…] […] Don Delillo dice che scrive libri sul vivere in tempi difficili. Quando lei pensa ai film che le interessa fare, c’è una particolare tematica che viene fuori. […] Sembra che molti dei suoi film trattino il modo in cui interagiamo e anche le barriere della comunicazione. Non sempre, ma spesso, nello specifico, della tecnologia.
[…] Sono sempre stato interessato alla tecnologia, e ciò si vede in tutti i miei film. […] La gente spesso parla di tecnologia disumana e io dico “no, la tecnologia è umana al 100%”. Siamo le uniche creature che si occupano di tecnologia. […] Quindi, esplorare il rapporto con la nostra tecnologia è senz’altro esplorare la condizione umana in forma pura. Penso che internet […] incarni tutto ciò che siamo come esseri umani. Tutto ciò che è un essere umano è internet, ed è una perfetta illustrazione della mia visione della tecnologia.

Sono d’accordo, la tecnologia è l’aspetto più umano di noi stessi, poiché gli altri aspetti sono spesso molto animaleschi e internet è un certo senso un megafono per ogni cosa che sia umana. Pensa che esplorerà mai i più lontani estremi della tecnologia con cose come l’idea della “nuova carne” nei suoi primi film, o vuole guardare ad essa in modo diverso?
Onestamente non ho un programma, non ho un piano. […] Quando sto girando un film è come se non avessi mai girato un altro film prima, onestamente. Non penso agli altri miei film. A volte penso che la gente pensi che io dica: “Accidenti, ora guardando l’andamento della mia carriera dovrei fare un film come questo”. Ma non è mai così. Prima di tutto, è così difficile far sì che i film vengano finanziati che non puoi davvero controllare quando il film che hai in mente potrà essere fatto. Ad esempio con Inseparabili la gente mi ha detto, “perché adesso?” E io ho detto: “Beh in realtà avevo provato a farlo dieci anni fa, e se avessi ottenuto il finanziamento allora l’avrei fatto allora.” […] Quando il libro Cosmopolis mi fu presentato da parte del produttore, è stato qualcosa di inaspettato, e tuttavia la mia risposta è stata subito positiva. Ho datola mia risposta riguardo a quel libro senza pensare agli altri libri di Don DeLillo, anche se ne avevo letti molti, o agli altri miei film. […] Bisogna filtrare le interferenze. Ci sono un sacco di interferenze, che vanno filtrate per avere un rapporto diretto con il lavoro che stai svolgendo, e trovo che sia naturale per me. E non lo trovo così difficile da fare.

Cosa l’ha portata a fare un qualcosa che diventasse profetico?
[…] Con Videodrome è cominciato col ricordare come da bambino avessi una TV con l’antenna che ruotava e alle tre del mattino cercavo di trovare un canale, e prendevo strani canali di cui non conoscevo la provenienza. Era molto bizzarro, e vedevi cose bizzarre, anche se non bizzarre come Videodrome. E quindi stavo riflettendo su ciò, dicendomi “Beh, che succederebbe se tu cominciassi a percepire qualcosa di veramente sinistro e disturbante e volessi sapere cosa fosse?” . E così è cominciato, piuttosto che col dire: “Nel futuro le persone faranno questo”. […] Lo stesso è stato con Cosmopolis. Don [DeLillo] dice che non ha cominciato Cosmopolis con la grande idea del futuro del capitalismo o di Wall Street, l’ha cominciato col vedere una limousine nelle strade di New York, pensando “Perché qualcuno vorrebbe avere una macchina così grande a Manhattan? Chi la potrebbe possedere e perché? E dove è parcheggiata di notte?” […] Questo è il modo in cui crei un senso di realtà, tramite questi dettagli, e questo è solitamente il modo in cui comincia un progetto, piuttosto che con una grande idea, la quale si manifesta da sola, in retrospettiva, e pensi “Wow, Videodrome stava veramente dicendo qualcosa riguardo questo o quello”. Ma comincia con un dettaglio molto piccolo, interessante o intrigante.
Intervista per ign.com [Gennaio 2013]



***

[Cronenberg ripercorre alcuni punti della sua carriera e spiega in che misura sia cambiato il suo metodo]
Ricordo tutto degli effetti speciali di La Mosca, naturalmente, e sono molto diversi da quelli di oggi, innanzitutto perché tutto, allora, era in analogico e non in digitale. C’è una differenza enorme: nel film in pellicola ogni effetto speciale la deteriorava, quindi l’utilizzo era molto limitato; col digitale, non si deteriora nulla e puoi fare molti effetti speciali e molto dettagliati. La Mosca ha vinto un Oscar per il trucco ed è stato grandioso. […] Ciò significava che avevamo bisogno di un attore che non avesse paura di quella che chiamavamo “la gomma”. Avevo parlato con molti attori oltre a Jeff Goldblum per La Mosca, ma erano spaventati che non sarebbero riusciti a recitare con quel tipo di trucco. Jeff, invece, non era affatto spaventato da questo. Ed è questa la cosa che ricordo con più piacere de La Mosca, il fatto che Jeff non fosse intimorito dal trucco.
Penso che quando fai un film, debba essere “succoso”, avere molto potenziale, suggerire molte idee, essere provocatorio…questi sono i film che mi sono sempre piaciuti. Per me un film non è un prodotto di consumo. […] Quando ero ragazzino, c’era un altro modo di fare cinema, in particolar modo in Europa, [quei film] erano provocatori e non venivano “consumati” con una sola visione, ci riflettevi a lungo, li rivedevi ancora e scoprivi nuove cose; era esaltante. Questo è il genere di film che mi piace fare. […] Non mi dispiace l’analisi e l’interpretazione, ma spesso dico ai giornalisti che non faccio i miei film in maniera così analitica. Infatti, mentre giro un nuovo film, non penso a quelli precedenti. […]

[Sull’accoglienza di Crash in Inghilterra] In Inghilterra, per un anno intero, la gente si scandalizzava per il film, alla radio, sui giornali, ogni giorno. Siamo stati accusati di pornografia, non avevano nient’altro di meglio a cui pensare, è stato strano. È tuttora vietato a Westminster, non puoi proiettare il film lì.

[Su Videodrome] In quel periodo, a Toronto, si giravano i film prima che finissi di scrivere le sceneggiature. […] Così, l’ho praticamente scritto mentre stavamo girando: ciò significava che c’era molto caos. Non è il mio modo preferito di lavorare. A volte, pensavo alle conseguenze di tutto ciò e ho pensato persino di abbandonare il progetto, perché cambiavo spesso idea su molte cose. Era una situazione particolare, un po’ come lo è stata per Scanners. Ripeto, non è il mio modo preferito di lavorare, preferisco avere molto più controllo. Ma un giovane regista coglie tutte le occasioni che ha, ed è quel che è successo con Videodrome.
Io e il mio direttore della fotografia lavoriamo entrambi molto diversamente rispetto a quando abbiamo cominciato a lavorare insieme, nel 1988 per Inseparabili. […] Quando hai passato così tanto tempo in sala per il montaggio dei tuoi film, conosci i tuoi ritmi. […] Il risultato è stato che abbiamo finito Cosmopolis cinque giorni prima del previsto. Non è che mi sento cambiato, ma mi sono costruito un mio metodo e sono maturato.
Intervista video per Total Film [Giugno 2012]


[traduzione di Max984]
[Modificato da |Painter| 20/07/2013 10:45]
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