Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Stampa | Notifica email    
Autore

Le interviste a Cronenberg (pt.2)

Ultimo Aggiornamento: 26/05/2013 19:16
OFFLINE
Post: 529
Sesso: Maschile
26/05/2013 19:16


A HISTORY OF VIOLENCE
LE INTERVISTE A CRONENBERG
PARTE 2


E' stata una decisione esplicita quella di non seguire fedelmente la graphic novel?
Cronenberg:
No, non la abbiamo considerata per via di strane circostanze, forse John [Olson, sceneggiatore] ne aveva parlato, ma io non sapevo che ci fosse dietro una graphic novel, perciò non mi sono approcciato così [come un adattamento]. Non è come quando ho fatto Il Pasto Nudo che era, in un certo qual modo, un omaggio a William Burroughs e alla sua opera. In questo caso non sapevo che ci fosse una graphic novel quindi non ci sono relazioni con essa. Nessun investimento. Il mio investimento, in effetti, è stato nel soggetto di John. Lo abbiamo sviluppato verso una direzione che si è rivelata molto interessante ed entrambi eravamo a nostro agio lavorandoci sopra, ed è stato a quel punto che ho saputo della graphic novel. E ho detto, "cosa, quale graphic novel?" E loro, "oh, non lo sapevi?"
Quindi l'ho guardata e ho visto che, nonostante le premesse fossero ovviamente le stesse, prendeva una svolta molto diversa rispetto a ciò che stavamo facendo noi. E John immagino che fosse cosciente di star andando in un'altra direzione. Ma io no. Io stavo seguendo lui e sviluppando la cosa insieme a lui. Quindi non ha avuto effetto su di me, leggerla. Voglio dire, in realtà la guardavo pensando, "ok, forse c'è qualcosa di interessante che non c'è nella sceneggiatura, ma dovrebbe esserci". Poi però capivo che era essenzialmente irrilevante per la sceneggiatura a quel punto. Quindi non c'era bisogno di fare scelte del genere.

Come mai Viggo Mortensen? Cosa lo rendeva adatto a questo particolare ruolo?
Molta gente aveva una lista da proporre, perché il progetto era avviato già da un po', senza di me. Tutti avevano una opinione su chi doveva fare quel ruolo. E, in particolare, c'erano alcuni personaggi nella sceneggiatura originale di John di cui io mi sono sbarazzato. Quindi c'erano personaggi per il casting che io neanche volevo nel film. E Viggo era nella mia piccola lista. Non era l'unico. Non dimenticare che stavamo lavorando alla sceneggiatura quindi i personaggi cambiavano. E con i personaggi e le dinamiche che cambiavano, diventava chiaro chi avrebbe funzionato col tono [del personaggio]. Sai, Viggo è proprio il tizio perfetto. Non solo come attore, intendo, ma anche per via di com'è nella carriera e in tutto.
Ho iniziato a fare ricerche, cosa che faccio sempre quando ho i nomi degli attori, guardo gli stessi dvd che hai anche tu. I film che hanno fatto. Perché, ovviamente, ciò che ha fatto in Il Signore degli Anelli, per cui è famoso, ha poco a che fare col suo ruolo in questo film. Ma gli altri film che ha fatto, come uno intitolato A Walk on the Moon con Diane Lane, è in sintonia con questo perché in quel film è molto gentile, dolce, tenero. Di solito fa la parte del ragazzo cattivo o che mette paura, ma ho potuto vedere da quel film che era adorabile come tizio gentile e dolce, e anche sexy. Quindi non ha impiegato molto a salire in cima alla lista.
Ma, sai, ci sono sempre cose che sono più politiche del semplice recitare. Voglio dire, Viggo era felice con la New Line dopo Il Signore degli Anelli? Dovevi considerarlo. Era un problema? Perché è un film della New Line, eccetera eccetera. E devi valutare queste cose parlando con gli agenti, e così via. E' bizzarro. Il casting è un'arte cieca. Un processo davvero strano, ci vuole un po' solo per capire come funziona. E' inevitabile che vuoi che l'attore sembri l'unica scelta. Sai, quando vedi il film ti rendi conto che nessun altro poteva fare quella parte. Gli attori lo vogliono, questo, e tu lo vuoi come regista. Ma in effetti, prima che l'attore entri nel cast, chiunque potrebbe fare quel ruolo. Capisci cosa intendo? Mentalmente tu puoi figurarti tutti i tipi di persone e vedere cosa ottieni.

Qualcuno che ha sentito nominare A History of Violence ha pensato si trattasse di un film documentario.
Sì, l'ho sentito dire. Ho risposto, "sarebbe un documentario veramente lungo - molto, molto lungo". Sono abbastanza sorpreso, comunque. In Francia per esempio, non usano la stessa espressione di noi in Nord America, che diciamo, "il sospetto ha una lunga storia di violenza". Per esempio, diciamo che uno che viene arrestato aveva una lunga storia di violenza alle spalle. Loro non usano questa espressione, quindi per loro "una storia di violenza"... significa che parliamo della storia degli Stati Uniti? Degli esseri umani in generale? Di cosa stiamo parlando? Della condizione umana? Penso che ci siano tutti questi livelli. Quello personale, quello nazionale e quello universale sono discussi senza diventare troppo espliciti, ma ci sono tutti. Puoi prendere questo film molto politicamente se vuoi, o puoi prenderlo molto filosoficamente, e comunque funziona.

Sembra che tu sia tornato, dopo Spider, a un film più grafico, pulp.
Spider è solamente uno dei film. eXistenZ pure era un film indipendente e aveva molte creature e cose varie. Immagino di non essere in grado di vedere questa distinzione. Voglio dire, ogni film è una cosa unica per me. E un progetto - è come avere un figlio, sul serio. Se nutri il bambino con ciò di cui ha bisogno, e dai al progetto ciò di cui ha bisogno... Non oppongo resistenze. Prende vita da solo e io non ci infilo dentro qualcosa solo per dire "sono io", perché la gente si aspetta quello da me. Nemmeno tolgo qualcosa perché ci si aspetta da me quello. Quindi per esempio, le riprese più “gore” in A History of Violence, che non sono molte, ci sono per una ragione specifica e la ragione ha a che fare col film. Non ha a che fare coi miei film precedenti, o con la mia carriera. Non ha niente a che vedere con quello che la gente si aspetta o meno da me. Riguarda invece quello di cui il film ha bisogno - lo scopo del film. E in quei casi particolari volevo che il pubblico fosse esaltato e diventasse complice della violenza, e poi che fosse diciamo sottomesso alle ripercussioni, alle conseguenze di quella violenza. Questo riguarda le dinamiche del film. Non quello che la gente pensa degli altri miei film, e il mio approccio è questo, in pratica. Ovviamente ci sono connessioni tra i film e tu puoi individuarle e questo va bene. E' perfettamente legittimo ma è il compito dei critici. Non il mio.

La sfida più grande è fare un piccolo film indipendente o un grande film per uno studio?
Mi sembra che qualcuno abbia detto, "oh Dio, Cronenberg potrebbe diventare di nuovo importante". Quindi ho chiesto a tutti i miei amici, "pensate che sia più importante ora?" Sai, era chiaro che questo film aveva più potenziale commerciale rispetto a Spider o Crash. Quando fai film come quelli non puoi illuderti. Lo sai che hanno un pubblico molto limitato. Questo film è costato 32 milioni di dollari, che è il budget più grosso della mia carriera ed è stato fatto con uno studio che aveva delle aspettative, e le loro aspettative quantomeno riguardavano il fare soldi con il film. E di conseguenza doveva essere più commerciale di Spider. Ma questo è evidente - lo si dice subito. Non è subdolo.
Abbiamo avuto una piccola discussione. Io essenzialmente dicevo, "no, non lo trasformerò in Spider", e loro lo sapevano bene. E quando ho spiegato dove stava andando la sceneggiatura, hanno visto che non la stavo rendendo meno accessibile; solo più forte per ciò che era. Come dico io, cerco di fare i film nella loro miglior versione. Non cerco di forzare qualcosa verso direzioni che non dovrebbe avere.

[…] Lo studio non si è mai preoccupato per il sesso e la violenza presenti nel film?
No, no. Voglio dire, era sempre oggetto di discussione ma non di preoccupazione. Sai, si parlava di normali tipi di cose assolutamente legittime. E' stata una bella collaborazione con le persone dello studio. Mai ostili, mai preoccupate... nessuna di quelle cose che abbiamo letto. E' stato molto positivo, davvero. Le loro domande erano il genere di domande che farebbe un attore. Sai, "la scena sulla scala sarà vista come uno stupro?" Perché l'idea non era uno stupro, ma un atto molto complesso da entrambe le parti. E come possiamo assicurarci che la gente non lo penserà, ma essere comunque violenti da entrambe le parti? E così via. Ho scelto questo esempio perché era specifico. Ma era solo una discussione e, sul serio, non ho mai sentito di avere minor controllo su questo film di quanto non lo avessi su Spider.
Rebecca Murray, movies.about.com 2005



***

NOI E I NOSTRI CORPI

Hai mai pensato di girare un documentario?
Cronenberg:
Curiosamente, penso che il modo in cui dirigo un film sia documentaristico. Sono stato a Telluride al simposio sul documentario, e uno degli argomenti di discussione era quanto obiettivi si può davvero essere. Molte persone si consideravano autori di fiction. Io mi considero un documentarista, perché gli attori sono sulla scena e nel frattempo io cerco di pensare come riprenderli. Il modo in cui lavoro è molto spontaneo. Non cerco di controllare tutto. Non arrivo sul set con un'idea preconcetta su come la scena deve essere recitata. Questo rende nervoso il mio assistente alla regia perché non ho una ripresa programmata neanche la sera prima.
Quando la gente mi chiede se guardo i miei film io dico che non riesco, perché sono letteralmente come documentari su quello che facevo quel giorno. Ogni ripresa è come un minidocumentario: mi posso ricordare cosa stava succedendo sulla scena, cosa passava nella mia testa, e non riesco a vederlo proprio come un film. Durante A History of Violence mia moglie stava filmando il making-of che sarà sul dvd. Quindi, mentre dirigevo, pensavo a questo documentario in corso d'opera. Quando ho iniziato a fare il regista c'erano molti documentari, e molto forti, nei primi anni Sessanta. Poi il documentario è scomparso per un po' sotto pressioni economiche, ed altre, ma per varie ragioni sta ritornando.

[…] Anche il tuo film più recente, A History of Violence, gioca con il genere. Quali erano alcuni dei tuoi obiettivi, come regista?
Al livello più semplice, volevo fare un thriller bello e interessante. Non pensavo in termini di genere. Dovevo lavorare sull'emozione, in termini di narrazione. Se non funziona su quel livello, allora anche tutte le altre aspirazioni fanno fiasco. Quindi era abbastanza lineare, basilare come regia, per spremere tutto il succo dall'idea della sceneggiatura.

Hai anche spremuto molto dagli attori, specialmente Viggo Mortensen. La sua trasformazione fisica da Tom a Joey il pazzo è straordinaria.
Viggo è un attore completo. E' molto viscerale, ma è anche molto cerebrale. Riesce a far convivere entrambe le cose. Capisce sul serio il significato del corpo. Gli attori sono il loro corpo. L'ho capito veramente quando ho fatto un po' di recitazione io stesso. Stai solo qualche metro più in là di dove stai come regista, ma sei in un mondo totalmente diverso. Come regista, a nessuno importa se hai brufoli in faccia, o hai l'influenza e la tosse. Dal momento che dici “azione” e “taglia” stai sempre facendo il regista. Ma come attore, il corpo è il tuo strumento. Qualunque bravo attore conosce il linguaggio del suo corpo, il modo in cui devi stare, ma quando metti insieme questo con il mio orientamento verso il corpo, la mia consapevolezza, hai una performance molto viscerale. Il significato emotivo del corpo è sempre presente.

Per il suo personaggio, hai sfruttato l'idea della memoria corporea: il corpo di Tom ricorda di essere stato quello di Joey. Viggo lo ha trasmesso davvero questo cambiamento – è come se la vecchia struttura ossea della sua faccia venisse allo scoperto.
Joey è diverso dal punto di vista corporeo. E' bello discutere di questo, perché nessuno ancora mi aveva menzionato questo aspetto. Quando Jeremy Irons recitava la parte dei gemelli in Inseparabili, la postura era la chiave. Elliot stava sui calcagni e quindi sollevato, Beverly sulle piante dei piedi e quindi cadeva in avanti. Una differenza molto fisica, ma che comportava cose psicologiche. Con Viggo è stato lo stesso. Joey sta in piedi e cammina in modo diverso. Joey, allo scopo di diventare Tom, recitava. Il film parla del recitare un ruolo su molti livelli (per esempio, la moglie di Tom che si veste da cheerleader). Tom potrebbe essere un attore metodico in un certo senso. Una performance lunga 20 anni che doveva essere impeccabile.

Da questo nuovo corpo emerge anche un comportamento sessuale diverso. Essere Joey comporta infedeltà al vecchio io sessuale, e sua moglie lo rifiuta ma ne è anche attratta, come nella scena del sesso sulle scale.
E' come se i due sulle scale tradissero i loro due nel letto. Entrambi non sono più fedeli. Ecco cosa lo rende delizioso ma al contempo dà un sapore aspro. Puoi vedere che entrambi sentono una disperazione senza speranza.

A History Of Violence ha un look visivo che lo distingue. Come hai fatto ad ottenerlo?
Lavoro da molti anni insieme al mio direttore della fotografia, Peter Suschitzky, e la mia production designer, Carol Spier. Carol e io collaboriamo da 30 anni, Peter dai tempi di Inseparabili nel 1988. Ogni film è una cosa diversa. Lasciamo che il film stesso ci indichi lo stile che dovrebbe avere. Si sviluppa nel corso del tempo, non partendo da un concetto imposto. La prima ripresa che facciamo è critica. Lì tutte le cose che abbiamo pensato devono venire fuori. Le lenti, la luce, il grado di realismo, o di soggettiva come nel caso di Spider. Peter lavora nel mio stesso modo, molto spontaneamente. Non uso storyboard. E' come la scultura, lavorando al materiale che hai. Mi piace vedere gli attori sul set nei loro costumi reali. Lì iniziamo a decidere la coreografia della scena, e questa influenza le angolazioni e le lenti. E' tutto molto organico.

Hai usato lenti speciali in History – 27mm. Che effetto hanno?
Il 27mm non separa le persone dallo sfondo. Se fai un primo piano con un 50 o un 75mm, lo sfondo è sfocato. Io volevo includere tutta la vita intorno ai personaggi, non isolarli. Anche se in un certo senso Tom è isolato, all'inizio non sappiamo quanto. Volevo suggerire un senso di comunità e famiglia. Ogni cosa è a fuoco a seconda di quanto ha importanza. Ma non c'è la distorsione, come per le lenti 17mm. E' piuttosto diverso rispetto a filmare tutto in 75mm e tagliare tra i primi piani.

Il titolo del film è intrigante. Suggerisce un'ambiguità a proposito di quanto Tom decida di fare quello che fa, o quanto semplicemente esca dal suo stesso essere.
Il titolo può anche essere letto come domanda: una persona con una storia di violenza è destinata ad ulteriore violenza, non importa quale? Data la nostra specie, noi siamo piuttosto violenti. Ma come individui è possibile cambiare il corso della propria storia? Ho sempre pensato di sì. Se prendi questo film come lo studio di un'identità, l'idea è che con la forza di volontà tu puoi diventare qualcun altro. Questo non è scritto per forza nel nostro DNA. Ho sempre pensato che l'identità è qualcosa a cui occorre molta forza creativa per crearsi e mantenersi. Spider è lo studio di un uomo che non riesce a mantenere la propria identità; continua a crollare, a fondersi con altre.
Credo che ogni mattino, quando ci alziamo, dobbiamo ricostruisci, ricordarci chi siamo, cosa siamo, dove siamo, cosa ci si aspetta da noi, cosa ci aspettiamo da noi stessi. Puoi assemblare te stesso in modo diverso se lo vuoi davvero. Quindi questo è un altro aspetto del film. Tutti, nel film, cambiano.

E' una storia della violenza professionale, nello specifico – c'è quella battuta su Tom che è “così bravo a uccidere”. E tu hai evitato i cliché sulla Mafia usando la malavita irlandese, che appare più fresca, più tribale.
Sì. Ecco il punto. Una delle cose che ho aggiunto alla sceneggiatura (insieme alle scene di sesso) è stato che Tom e un altro personaggio erano fratelli. Ed era esattamente questo. Anche se c'è la famiglia nei film sulla Mafia, questo lo sentivo come un film sulla Mafia senza cliché. Pensavo anche a Ed Harris e William Hurt, sapendo che non volevo che parlassero italiano. Quindi l'irlandese era perfetto. La Mafia irlandese non aveva ancora il suo film, sebbene Scorsese ne stia facendo uno.

[…] Hai adattato diversi libri. Lo preferisci rispetto a scrivere una tua sceneggiatura?
Scrivere una sceneggiatura originale è molto difficile. In un verso, è come scrivere un romanzo e poi adattarlo. C'è una ragione per cui molti registi che iniziano a scrivere si sono fermati. Per esempio, alla mia età, avere History of Violence che riceve ottime recensioni, va bene. Posso prendermi due anni per scrivere una sceneggiatura che magari non verrà fatta o magari dopo io stesso non voglio farla? O è meglio lasciarsi coinvolgere in un progetto più avanzato, preso da un libro o dal teatro? Questa di solito è la tentazione. Quando inizi non hai scelta. Non so se scriverò mai un'altra sceneggiatura.
Nicolas Rapold, stopsmilingonline.com 2006
Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Cerca nel forum

Feed | Forum | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 13:19. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com