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RECENSIONI - Internazionali /1

Ultimo Aggiornamento: 30/01/2013 12:57
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Sesso: Maschile
30/01/2013 12:57


RECENSIONI
Rassegna stampa internazionale /1

[traduzione a cura di Max984]


Non prendiamoci in giro: poco importa se Cosmopolis sarà ricordato o meno come produzione recente di David Cronenberg. Fatto sta che il regista di Videodrome e Crash cominciava seriamente a mancarci. Stappate lo champagne perché rappresenta ciascun piano di Cosmopolis. Anche se qui adatta l'opera di un altro, il regista canadese ha riconosciuto le sue creature nel romanzo di DeLillo, odissea assurda e ostinata di un giovane rampante della finanza che vede sfilare nella sua limousine i colleghi, le donne e i medici della sua vita. Quando tutto si compierà, forse non lui avrà più nulla (la moneta giapponese minaccia il suo portafoglio, sua moglie gli impone una distanza sempre più insopportabile), se non la risposta alla domanda che lo attanaglia senza che riesca a formularla: chi possiede tutto può ancora desiderare qualche cosa? Cronenberg ha voluto che tutte le ossessioni accompagnassero il suo itinerario, sia quelle intellettuali (la ricerca di un'“altra” realtà), sia quelle carnali (al termine di una scena che farà discutere, Packer scopre che la sua prostata è asimmetrica). Seduto sul trono del sedile posteriore della sua limousine, Robert Pattinson rivela una profondità parallelamente al suo personaggio che arriva a toccare il fondo. Il timore sul suo volto negli ultimi istanti non appartiene solo a questo anti-eroe arrivato al punto di non ritorno, ma è anche il timore di un attore che mette alla prova i propri limiti con coraggio insospettabile.
Matthieu Carratier, Premiere Magazine



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Cosmopolis, una fiaba tanto terribile quanto brillante sul capitalismo
La limousine sarà l'oggetto di questa primavera del cinema?? Abitualmente associate al glamour hollywoodiano così come ai lustrini di Cannes, queste lunghe automobili dai vetri fumè popolano le prime immagini disponibili del Holy Motors di Leos Carax ed essendo uno dei simboli della modernità diventano lo scenario (si veda il personaggio) principale del film di David Cronenberg. Ma nessun incidente automobilistico lacera Cosmopolis. Adattamento (abbastanza fedele) del romanzo di Don DeLillo, il film narra un viaggio attraverso Manhattan a dieci chilometri all'ora a causa di una visita presidenziale che paralizza il traffico. Come il libro, il film è costruito secondo la regola delle tre unità. A bordo della limousine con Eric Packer, cinico e sexy ragazzo d'oro, e da lì non usciremo più.
Cosmopolis è un film interiore, quasi interamente confinato in un luogo ristretto, ma in movimento. L'obiettivo di Packer: farsi acconciare i capelli all'altro capo della città. Lungo la strada parla con i suoi associati (figure logorroiche e con teorie che si potrebbero prendere dal cervello di un matematico o un filosofo cocainomane), incrocia la sua giovane moglie, si scopa una maitresse, […] guarda attraverso i vetri oscurati della sua auto lo spettacolo di una società sull'orlo dell'esplosione: manifestanti, poliziotti, indignati che formano un carnevale infiammabile urbano che non lascia tregua.
Questa veduta in sezione di New York, di per sé pezzo forte, permette tutte le possibili letture simboliche. […] Il Cosmopolis NYC è un concentrato del nostro mondo. Persone ricchissime vivono insieme a persone poverissime, ed è una cosa vecchia quanto il tempo. La novità sta nella vicinanza reciproca indotta dalle nuove tecnologie. Prima i poveri non vedevano i ricchi. Oggi la distanza non esiste più, la proliferazione degli schermi e la velocità di comunicazione riduce il mondo a un villaggio dove tutto è vicino e immediato, dove i desideri e le frustrazioni, i fallimenti e i successi, l'esclusione e l'inclusione, bollono in una pentola a pressione.
Cronenberg rende bene questa convivenza malsana tra l'1 e il 99%: il film è girato dal punto di vista dei nuovi padroni. […] La limousine è un bozzolo, un luogo sicuro, regressiva, tagliata fuori dal mondo reale, come il mondo del lusso e degli stipendi osceni del capitalismo contemporaneo.
L'abitante di questo bozzolo è un essere mezzo angelo, mezzo demone, un uomo che ha tutto ma che non sembra in grado di costruire un rapporto normale con gli altri, perennemente insoddisfatto, un umano incompiuto privo di una scatola emozionale. Maggiore è l'avere, maggiore sono le sue nevrosi.
Per incarnare Eric Packer, Cronenberg ha scelto Robert Pattinson, un colpo di genio reciproco. La star di Twilight in Cosmopolis incarna con incredibile facilità questa miscela di gioventù e crudeltà, sex appeal e il contrario di sex appeal, il desiderio e la morte. Questa malattia della vittoria al limite della patologia morbosa, di cui il film è colmo, è emblematica del nostro tempo.
lesinrocks.com



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[…] David Cronenberg trasforma il viaggio di un giorno in limousine di un giovane titano di Wall Street in un’allegoria freddamente corrosiva di un’era di dipendenza tecnologica, fallimento finanziario e paranoia diffusa, anche se la pesante presenza dei dialoghi con cui [il film] si dedica a questi concetti rimane intenzionalmente distante e in qualche modo impenetrabile. […]
[…] Le iniziali discussioni sulla tecnologia e sulla vulnerabilità finanziaria aprono la strada a discussioni su concetti più astratti: la natura primitiva del desiderio sessuale; il sacrificio delle masse per il bene di un’idea visionaria; la velocità vertiginosa del progresso umano e l’incapacità del linguaggio di starvi dietro. Tuttavia il linguaggio è precisamente ciò che Cosmopolis ha in abbondanza. […]
Cronenberg lascia che le idee di DeLillo parlino da sole, ma le accentua visivamente, in particolare nel modo in cui la telecamera enfatizza la mostruosa insensibilità e arroganza di Eric, con l’accentuare la sua distanza fisica dalle masse intorno a lui. Avventurandosi raramente fuori dalla reggia semovente del protagonista, il film genera uno stato d’animo di inquietante familiarità e isolamento, nonostante il caotico vortice di attività umane per le strade; è una miseria di massa osservata cupamente come da dietro a dei vetri – letteralmente, nel caso dei vetri oscurati della limousine.
[…] Nel presentare uno sguardo così vicino all’animo di Eric, il film suscita simultaneamente sdegno e fascino nello spettatore; a tal fine, il regista ha un collaboratore ideale in Pattinson, le cui caratteristiche non ancora mature ma carismatiche assumono, in questo caso, un’essenza disgustosamente seduttiva. […]
Gli altri attori lasciano solo tracce fugaci, sebbene Samantha Morton esca bene fuori nella sua scena nel ruolo dell’eloquente esperta di teoria di Eric, e Mathieu Amalric abbia una breve e spassosa apparizione nel ruolo di "assassino pasticciere", le cui stranezze riportano alla mente l’incidente della torta in faccia a Rupert Murdoch nel 2011. In un ruolo effettivamente ristretto rispetto al libro, Paul Giamatti è superbo nel ruolo di un licenziato che rappresenta l’antitesi di Eric in ogni particolare.
[…] Howard Shore ci regala una delle sue colonne sonore più subdole, che a volte si esprime come poco più di un inquietante rimbombo sullo sfondo.
Justin Chang, Variety



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[…] Prima che Eric cominci il suo strano viaggio, informa con esitazione il suo capo della sicurezza, Torval (Kevin Durand): “dobbiamo aggiustare il taglio.” In questo contesto, il regale “noi” è, naturalmente, assurdo, sia troppo grande per un desiderio così piccolo, sia terribilmente inconsistente per i secoli di prerogativa regale che Eric evoca quando lo usa. La prima persona plurale suggerisce anche che c’è una crisi d’identità nascosta dietro quegli occhiali scuri.
[…] Lui vuole un taglio di capelli, ma solo dal vecchio barbiere di suo padre, un desiderio che include famiglia, tradizioni, semplicità e quei vecchi giorni passati in cui il denaro comprava qualcosa di tangibile, qualcosa che potessi toccare tanto facilmente quanto dei capelli appena tagliati.
Eric lavora con il denaro, ma in senso astratto. Non muove denaro, ma piuttosto fissa numeri che scorrono sui raggianti monitor blu della limousine. […]
[…] La regia di Mr. Cronenberg in Cosmopolis è impeccabile, sia dentro che fuori dalla limousine. Le difficoltà di girare in uno spazio così stretto, che sembra espandersi e contrarsi a seconda della scena (come se la macchina respirasse), sono cospicue, ma rese invisibili dalla sua regia magistrale. Mr. Cronenberg ti affascina, anche quando la storia e gli attori non lo fanno. […] “Cosmopolis può sembrare un film ovvio e quasi banale. Ma queste banalità […] sono proprio il punto: il mondo sta bruciando, e tutto quello che alcuni di noi riescono a fare è guardare le fiamme con stanca familiarità. […]
Manohla Dargis, New York Times



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Cosmopolis è il primo film di Cronenberg da Videodrome che non solo si identifica in un particolare spirito dei tempi, ma lo ingloba nella forma e nel contenuto. Com’era la televisione per Videodrome, così è la digitalizzazione di tutte le informazioni per Cosmopolis. Cronenberg non si trattiene nel mostrarci il viaggio nella morte del digitale, e il risultato è coinvolgente e liberatorio. […] Cosmopolis segue una singola giornata della vita di un certo Eric Packer, interpretato da Robert Pattinson, che imita l’accento del Queens di Christopher Walken per suggerire che sotto gli abiti perfetti e l’ipnotizzante perfezione del suo volto impassibile, rimane un po’ di asprezza che tradisce le sue origini, e, poiché ciò è fuori dal suo controllo, preannuncia la sua rovina — ovvero, Pattinson è tanto subdolo quanto spettacolare. […] Cosmopolis è chiaramente ambientato nella realtà distopica di oggi, eccetto che lo yuan non è ancora commercializzato come le altre valute. Lo sarà in un futuro prossimo, e allora in quel momento rimpiazzerà sicuramente il dollaro come valuta più influente, un fatto con cui Eric non sa fare i conti; di qui, il fallimento del suo sistema.
[…] La limousine è il correlativo della mente di Eric, così come è il suo carro funebre. Il suo interno è così meticolosamente insonorizzato che nemmeno il rumore delle proteste all’esterno o dei meccanismi della macchina penetrano nella bolla in cui Eric attende passivamente che la morte lo reclami. Le parole sono sospese in questo vuoto come se fossero oggetti concreti, come parole in un sogno.
Certamente l’intero film si esprime come una sorta di sogno ansioso in cui ciascuno si guarda da una distanza, impegnandosi in una lotta contro la morte da cui ci si sente distaccati, finché non ci si sveglia gridando. Il sogno di Eric contiene molto sesso e molta violenza, e il tutto sembra avvenire con un controllo a distanza. Il suo distacco è quello di uno psicopatico. Quando uccide la sua fedele guardia del corpo in modo che possa essere in grado di affrontare la morte da solo, pur non considerando mai che l’uomo sia più che una mera funzione nella vita di Eric, sappiamo che la sua azione è malata, che lui è totalmente privo di empatia, e tuttavia è anche il nostro Everyman (“Uomo comune”). Non stiamo anche noi lasciando prendere la mano a quella che Freud chiamava “pulsione di morte” mentre il pianeta collassa, milioni di persone muoiono di fame, e monotoni sfruttatori che controllano tutto da lontano uccidono in modo impersonale e allo stesso modo gli innocenti e i colpevoli? Cronenberg non dice niente di tutto questo nel film, lascia semplicemente a voi lo spazio per proiettare la vostra mente in quella di Eric, e il risultato è esplosivo dal punto di vista emozionale.
Amy Taubin, Film Comment Magazine



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[…] Persino i fan della freddezza di Cronenberg e dello stile delle interpretazioni disumanizzate che egli predilige nei suoi attori, potrebbero trovarsi di tanto in tanto infastiditi dalla claustrofobia e dal riserbo del film, ma Cosmopolis sviluppa un crescente fascino che dà vita ad un film che è indimenticabile e audace nella sua inerzia.
[…] Cosmopolis non è progettato per soddisfare chiunque si chieda: “Beh, che succede?”. Il 98% del film è costituito da conversazioni in cui nessuno alza la voce, dunque preparatevi ad un’esperienza verbosa e bizarra.
La cosa folle è che funziona. Non sono ancora sicuro se Pattinson sia un genio dell’underacting o se Cronenberg si sia servito della sua innata calma nello stesso modo in cui Kubrick lo fece con Keir Dullea in 2001, ma, in ogni caso, la star di Twilight afferra bene il tono del film (un tono basso e mormorante).
[…] [Il film] richiede un’intensa concentrazione, perché Cronenberg offre poco nel suo modo di esporre, mentre si lascia sfuggire piccoli suggerimenti sui personaggi e sulle conseguenze (delle loro azioni, ndt) nel corso di conversazioni enigmatiche.
Potrebbe volerci un anno o due prima che io possa decidere se Cosmopolis sia un colpo di genio, ma è un film troppo intelligente, complesso e provocatorio da respingere come qualcosa di meramente pretenzioso o innamorato della sua stessa voce. È il tipo di film che dà vita a dibattiti, quindi guardatelo come se non vi fosse altra ragione (per vederlo, ndt) se non sapere da quale parte starete.
Alonso Duralde, The Wrap



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Probabilmente non vi piacerà Cosmopolis di David Cronenberg. È un film difficile da apprezzare. Due persone se ne sono andate dalla mia proiezione — e queste persone sono pagate per vedere film. È un film denso, verboso e discute del capitalismo attraverso l’uso di ottuse metafore, e, francamente, queste sono le più grandi barriere se non siete sintonizzati, svegli e investiti (per dir così) da quello che sta succedendo. Vi è anche un’intrinseca bruttezza e spiacevolezza nel protagonista Eric Packer, compensate dallo spigoloso e fin troppo perfetto Robert Pattinson – di per sé una brillante scelta di casting.
Quindi sì, probabilmente non vi piacerà questo film – e non vi biasimerei. È una pillola amara e sa di esserlo. David Cronenberg (Videodrome, eXistenZ), tuttavia, è in buona forma qui […].
Per l’adattamento del parimenti inaccessibile romanzo di Don DeLillo, Cronenberg ha preso fin dagli inizi alcune sagge decisioni. […] La performance di Pattinson è così raffinata e brillante che, in momenti in cui rompe le sue apparenze da uomo di Wall Street, si mostra come un uomo veramente pazzo e mostruoso. […]
Scegliere di collaborare con la band Metric per la colonna sonora è stata un’altra saggia decisione. L’ossessivo rock alternativo e l’occasionale elettronica ricorda quasi l’approccio di Trent Reznor per The Social Network; è una soundtrack tecnologica per un oscuro film sugli affari.
Quando Cronenberg ha affrontato questo film, ha anche raccolto una sfida dal punto di vista tecnico: come puoi rendere il film interessante se una larga parte di esso si svolge dentro una limousine? Gli scenari con una sola stanza possono tirar fuori il meglio dai registi (si pensi a Buried - Sepolto del 2010), e Cronenberg gioca con lo spazio in maniera incredibile, cogliendo inquadrature poco convenzionali e usando il veicolo come uno splendido modo di mostrare le divisioni di classe e l’alienazione di Packer dal resto del mondo, in un colpo solo.
Cosmopolis, tuttavia, non è un film privo di humor. […]
Questo tipo di narrazione richiede, naturalmente, una certa quantità di pazienza – e mentre sospetto che ciò sia una richiesta enorme per la maggior parte del pubblico, c’è anche il problema, più grande, della ricompensa. […] Le cose si fanno sempre più surreali mentre Packer comincia a staccarsi dal suo lavoro, dalla sua città, dalla sua vita. [Il film] costruisce molto – ma non vi è mai risposta a nulla. […]
Pur essendo uno dei film più intelligenti che abbia visto ultimamente, Cosmopolis è anche uno dei meno fruibili, apparentemente. Ciò in nessun modo lo rende meno di un grande film, comunque. Ma se siete in grado di digerire la vaga poesia dei dialoghi, il pesante uso delle metafore e il ritmo di tanto in tanto lento, questo film vi lascerà a riflettere a lungo, dopo averlo visto, sulla sua visione della cultura.
Patrick Kolan, shotguncritic.com



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[…] Cosmopolis è un film sulla disconnessione. […] Il sesso è freddo, così come le interazioni tra i personaggi. […] Queste persone sono marionette nello stile alto del Teatro dell’Assurdo, mentre declamano descrizioni e teorie senza alcuna reale corrispondenza per loro. Non lo siamo tutti (marionette, ndt)? […] Eric ad un certo punto cerca di acquistare una cappella progettata da Mark Rothko, e gli viene detto che appartiene al pubblico. Egli risponde che se fosse così, si dovrebbe permettere al pubblico di acquistarla: il Capitalismo come un rito e una cerimonia, per nulla differente dalla religione. Di conseguenza, Cronenberg dà al suo parassita un santuario.
Tuttavia, Cosmopolis non è un film politico. Esso tratta del movimento di Occupy nello stesso modo distaccato in cui tratta dei leader della finanza che lo hanno ispirato: entrambi sindromi impersonali ed insidiose quanto un cancro, e identiche nella loro progressione metastatica. […] Esso è, infine, un riassunto del lavoro di Cronenberg fino a questo punto, ed anche un’affermazione di assoluto terrore e disgusto.
Walter Chaw, Film Freak Central



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[…] In molti dei precedenti adattamenti letterari da parte di Cronenberg, egli ha spesso cambiato molto del materiale di partenza per rendere il tutto più personale e che riflettesse i suoi interessi come regista. Quello che è sorprendente di Cosmopolis è che, per la maggior parte, Cronenberg (che ha scritto per la prima volta una sceneggiatura da eXistenZ, del 1999) ha trasposto il romanzo di DeLillo in modo sorprendentemente diretto. Come il libro, il film è fondamentalmente una serie di scene indipendenti tra loro, guidate quasi interamente dal dialogo, che ricopre una scala che va dal gergo finanziario alle riflessioni metafisiche, il tutto pronunciato in un modo poco ricercato e deliberatamente straniante, ed è di tanto in tanto interrotto da brevi esplosioni di sesso, violenza o vera e propria stravaganza. Eccetto l’esclusione di alcune scene e il finale lievemente più ambiguo, Cronenberg non solo ha portato la storia di DeLillo sullo schermo lasciandola relativamente inalterata, ma è anche riuscito nel ben più difficile compito di mantenere anche la sua voce autoriale. Il materiale, pur essendo stato scritto una decade fa, ha anche una certa puntualità, il che gli dà una certa spinta […], ci sono momenti che rispecchiano gli eventi attuali in modo così incredibile che a volte sembra di stare vedendo un documentario.
[…] Dal punto di vista puramente cinematografico, c’è anche una parte dei suoi lavori precedenti - grazie ai contributi di collaboratori di vecchia data come il direttore della fotografia Peter Suschitzky e il compositore Howard Shore - e [Cronenberg] presenta un mondo che sembra abbastanza familiare in superficie, almeno per quello che abbiamo la possibilità di vedere attraverso i finestrini oscurati della limousine mentre essa attraversa le strade, ma che tuttavia contiene uno strano sottofondo che dà tensione a tutto.
Una delle chiavi principali del successo di Cosmopolis, per quanto sorprendente possa suonare ad alcuni di voi, è la performance di Robert Pattinson nei panni Eric. Quando fu annunciato che Cronenberg aveva preso un ragazzo conosciuto soprattutto per aver interpretato il vampiro più noioso del mondo nei film di Twilight, le reazioni variavano dalla totale derisione a chi metteva in dubbio la sanità mentale del regista. Tuttavia, se c’è qualcosa che Cronenberg fa innegabilmente bene, è trovare gli attori perfetti per i suoi e film tirarne fuori grandi performance - nel corso degli anni, ha ottenuto le migliori interpretazioni della carriera da talenti molto diversi tra loro […]. Basandomi su questo, sono andato a vedere il film ritenendo che se Cronenberg si era preso un così grande rischio nello scegliere Pattinson per il ruolo, doveva aver visto qualcosa nel suo lavoro che gli aveva suggerito che l’idolo delle adolescenti fosse giusto per la parte. Qualunque cosa fosse, quell’istinto era giusto perché [Pattinson] coglie perfettamente ogni aspetto della sua performance e crea un personaggio di pura e assoluta arroganza, che è sempre affascinante da vedere, anche negli aspetti più acerbi, quando [l’attore] si permette qualche sprazzo di atteggiamento simpatico per uscire, di tanto in tanto, da sotto la sua apparenza immacolata. […]
È possibile che Cosmopolis, a un certo punto, farà grattare il capo persino ai fan più devoti di Cronenberg, e chiunque attirato nel vederlo basandosi solo sulla presenza di Robert Pattinson andrà via probabilmente confuso e sconvolto […]. Tuttavia, quelli capaci di venirne a capo saranno ricompensati con uno dei film più particolari e impegnativi dell’anno e un altro straordinario sforzo da parte di uno dei migliori registi del nostro tempo, anche se spesso sottovalutato. […] A differenza di quello che sostiene la maggior parte di coloro che ha commentato il film, Cosmopolis è un investimento da cui si ricavano enormi guadagni.
Peter Sobczynski, efilmcritic.com



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[…] I dialoghi del film sono qualcosa di estetico, frasi gloriose che solleticano le lingue degli attori e poi si dissolvono fin troppo velocemente. Descrivono l’economia, il denaro, la ricchezza, gli affari e simili argomenti in termini vaghi e sognanti, mentre la città avanza silenziosamente lenta fuori dai finestrini della limousine.
Ma sono umani coloro che hanno queste idee, e gli umani sudano, si arrabbiano, si stancano, hanno voglia di sesso e sentono l’ansia e il dolore. Man mano che il film si sviluppa, Packer diventa sempre più trasandato, privato dei suoi occhiali, della sua giacca e della sua cravatta, e alla fine finisce con della crema nei capelli e un taglio a metà.
[…]Cosmopolis, non un film facile, vale lo sforzo.
Entra nei nostri oscuri e travagliati tempi finanziari, non imprecando contro i ricchi, ma vedendoli in maniera distorta. Essi, protetti in maniera estrema, si muovono in strane direzioni, come piante che si piegano per trovare la luce del sole. E niente, nemmeno 10 miliardi di dollari, può impedire loro di essere umani.
Jeffrey M. Anderson, San Francisco Examiner



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[…] Con un protagonista tanto distante e relativamente odioso, è facile vedere come Cosmopolis possa rivelarsi come un film più filosofico che viscerale. […] Potrebbe sembrare che le scene individuali, caratterizzate da conversazioni profondamente filosofiche con attori come Juliette Binoche, Jay Baruchel, Emily Hampshire, e Paul Giamatti non siano assolutamente connesse tra loro, ma ciò è parte del suo significato. Cosmopolis è volutamente distante. […] È l’unico modo per avvicinarsi al libro di DeLillo.
I miei problemi con Cosmopolis non hanno a che fare con quello che potrebbero pensare molti puristi del cinema. […] Cronenberg sapeva come usare il naturale distacco di Pattinson a vantaggio del personaggio, ed ha ottenuto un’incredibile lavoro di qualità da parte del giovane attore. […]
Quel che manca a Cosmopolis per me ha a che fare con lo stesso problema che costringeva A Dangerous Method, l’ultimo film di Cronenberg, ad essere “buono, ma non grandioso”. L’uomo che un tempo trafficava con un materiale così istintivo, viscerale, da pugno nello stomaco, è diventato un regista più freddo, cerebrale e filosofico. Non sto dicendo che i nostri artisti non debbano cambiare, ma c’è un elemento umano che manca negli ultimi due film di Cronenberg – uno sporco, un sudiciume, un’energia sessuale che era solita essere il suo marchio di fabbrica e che è stata ampiamente sostituita dal dialogo. Cronenberg è magistrale dal punto di vista tecnico, ma mi mancano le sue forme diseguali, mentre quelle di suoi lavori più recenti sono tutte normali e semplici.
[…] Comunque, nel momento in cui Packer, Cronenberg, e DeLillo giungono all’estesa scena finale, Cosmopolis mi ha convinto che è qualcosa che vale la pena vedere ancora, da analizzare senza aspettative. È decisamente un viaggio interessante, e, perché no, grandioso dal punto di vista cinematografico.
Brian Tallerico, hollywoodchicago.com

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